Londra.
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Iniziamo con una domanda facile. Cosa ti ha fatto decidere di diventare un attore?
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Questa è difficile! L’ho capito piuttosto tardi. La ragione principale è che ho fallito come calciatore, non ero abbastanza bravo, fino all’età di 17 anni avrei voluto diventare un calciatore, e mia madre un giorno ha detto “penso che dovresti smettere” e mi ha guardato pensando “non potrebbe mai funzionare”. E poi ho avuto un’incredibile insegnante di recitazione che mi ha invitato a interpretare Fagin (“Oliver Twist”) in uno spettacolo, e ho sentito lo stesso entusiasmo di quando giocavo a calcio. Da quel momento ho ingenuamente detto che avrei voluto andare alla scuola di recitazione, che ho poi iniziato a 18 anni a Oxford. Ogni tanto mi chiedo ancora se voglio diventare un calciatore… No, sto scherzando! Ho iniziato la scuola di recitazione così giovane, che è strano dire che un giorno decisi che volevo fare l’attore. E poi il fascino di esserlo, non avevo idea di quanto sia sorprendente questo lavoro, e tutto ciò che ho fatto alla scuola di recitazione e la scoperta di quanto sia meraviglioso. Non avevo idea che mi sarebbe piaciuto così tanto.
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Che significato ha il teatro per un attore britannico?
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Storicamente e per la scuola di recitazione, direi che il teatro è la spina dorsale della recitazione; penso che sia da dove tutto inizia. Nella mia testa, quando pensavo di diventare un attore, non avrei mai immaginato di essere di fronte alle telecamere, invece ho sempre pensato che sarei stato sul palco; non che mi fosse mai stato detto il contrario, solamente quella era il mio tipo di formazione. Per un attore britannico il teatro è tradizione, penso che sia la forma d’arte più liberatoria che abbia mai visto. E quando vedi un buon teatro, non lo dimentichi mai. Ogni volta che ho un momento di stallo nella mia carriera, assistere a del buon teatro, mi dà una certa scossa ed energia. Le cose accadono in una stanza, in una notte e sono uniche, quello che succede in quella notte è elettrico ed è la cosa migliore.
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Come ti avvicini di solito a un personaggio? E cerchi qualcosa in particolare quando leggi una sceneggiatura?
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Ottima domanda. Ogni volta che mi avvicino a un personaggio, qualunque esso sia, seguo alcuni fondamenti, ma penso che la bellezza di ciò che facciamo, come artisti, sia non fossilizzarsi su un unico metodo, si dovrebbe sempre cambiare. L’altro giorno, mentre eravamo sul set, qualcuno stava chiedendo “come si diventa un attore di successo?” E la risposta che ci è venuta in mente è che non si dovrebbe mai smettere di imparare, qualunque prestazione tu abbia fatto, altrimenti che senso ha andare aventi. Quando leggo una sceneggiatura, [ricerco] una buona scrittura, quando leggi una sceneggiatura puoi capire se è scritta bene, o è divertente, o ti colpisce in un modo che altro non ha fatto prima, come il progetto a cui sto lavorando al momento, “Carnival Row“. E’ uno dei migliori script che io abbia mai letto nella vita, e non appena ho letto le prime dieci pagine, non sono più riuscito a smettere e questo è il segno di una buona sceneggiatura; non vuoi andare a farti una tazza di tè, vuoi leggere l’intera sceneggiatura.
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Per quanto riguarda “Black Mirror”, sognavi di far parte della serie?
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Onestamente? Avevo visto solo un episodio di “Black Mirror” e avevo sentito il fermento, ma quando ho fatto l’audizione ho pensato “wow, questa è una grande audizione”. E con un regista straordinario, e non avevo idea che Andrea (Riseborough) e Kiran (Sonia Sawar) avrebbero partecipato al progetto. Quando ho parlato con i miei amici e detto loro che avevo appena preso questo lavoro con “Black Mirror”, non c’e’ stato alcun tipo di “Cos’è Black Mirror?” C’era un “Oh, c***o, che figata.” Immagino quindi di non aver capito il clamore prima dell’audizione, ma dopo c’è stata eccitazione.
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Lascia che te lo dica, ho adorato il tuo episodio, “Crocodile”. La tua performance è incredibile, in particolare quando investisci il ragazzo, esci dalla macchina e hai quei dialoghi con Andrea. Come ti sei preparato per questo?
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Il modo in cui John Hillcoat (regista) e Andrea lavorano, e sembrerà “strano”, è tutto molto “ciò che accade nel momento, accade nel momento”. Non c’era un ciack simile all’altro. Come mi sono preparato? In realtà non lo so… Quella cosa, che due persone credono sinceramente di sentire, nei primi anni della loro vita, poco più che ventenni, quando potresti far cadere qualcuno e ucciderlo, pensavo a questo. E non so voi, ma a volte ho pensato a cosa diavolo farei se investissi qualcuno o lo spingessi giù per le scale per sbaglio e lo uccido… [ho pensato a] quel tipo di colpa e cosa può implicare per qualcuno. Quella era la forma più semplice per quella scena, piuttosto che complicarla eccessivamente. È stata la cosa più efficace, perché era effettivamente la storia di due persone che hanno passato una bella serata, erano follemente innamorate l’una dell’altra e investono qualcuno, quindi penso che la bellezza di quel momento sia che lo fai e basta.
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C’è anche improvvisazione?
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C’è moltissima improvvisazione, e anche nella sceneggiatura ce n’era molta. E Charly Brooker (creatore) è stato davvero incredibile, per il fatto di averci dato una base fantastica su cui lavorare. E John Hillcoat, il regista, era molto entusiasta nel portare la realtà all’interno della sceneggiatura.
Penso che il pubblico sia diventato più difficile da scioccare.
Non c’è più alcun mistero nel mondo!
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Sappiamo che “Black Mirror” ci fa riflettere sullo stato attuale dell’umanità e dove potrebbe arrivare. Qual è la tua opinione circa gli argomenti che la serie affronta?
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Buona domanda. In realtà penso che il pubblico sia diventato più difficile da scioccare, soprattutto il pubblico più giovane, e questo mi turba, e mi rende perplesso [il fatto che] le persone possano accedere alle cose sul loro telefono. L’altro giorno stavo camminando sul Charles Bridge a Praga e ti garantisco che ero l’unica persona su quel ponte senza telefono. E il modo in cui la gente sorride quando scatta le foto, sorride per le migliaia di followers sul loro Instagram, non sorridono per sé stessi. Questo mi sconcerta costantemente. Non c’è più alcun mistero nel mondo, e penso che Charly abbia creato qualcosa che faccia davvero riflettere la gente e che in qualche modo possa mettere in discussione il mondo in cui viviamo, o se certe cose che facciamo siano pericolose. È assurdo che molti degli episodi delle passate serie di cui ho sentito parlare siano realmente accaduti, l’episodio di “The Waldo Moment” con la piccola ranocchia e la gente che si candida alla presenza e David Cameron, il nostro vecchio Primo Ministro, pare che abbia davvero fatto sesso con un maiale, sì, si ha fatto sesso con la testa di maiale.
È orwelliano e un po’ “1984”, per il pubblico di oggi. Trovo ancora molto strano che si possa avere Netflix e guardare qualsiasi cosa. Sono piuttosto antiquato in questo senso, ed è per questo che non ero stato esposto alla serie di “Black Mirror”. Non ho Netflix, mi piace essere abbastanza selettivo e mi piace ascoltare la radio. A volte mi sembra che ci sia una mancanza di mistero, puoi accedere a tutto, le persone sono così ansiose di raccontare tutto a tutti e registrare anche tutto.
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Come è stata la tua esperienza in “Outlander”?
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Magnifica. Non avevo idea di quanto fossero appassionati i fan dello show, e quanto sia grande il mercato a livello internazionale; è un enorme mercato. E per me è stato un momento così divertente creare il personaggio, qualcuno realmente esistito, un eroe scozzese così iconico. La mia esperienza nello show è stata quella di una famiglia, sono ancora in contatto con diverse persone e lo continuerò ad essere, e ho fatto amicizie per tutta la vita. E continuo a ringraziare la mia buona stella per esserne stato coinvolto in qualche modo, in un piccolo modo.
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E come ti sei preparato per interpretare questo ruolo storico, e così particolare?
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Per quel personaggio avevo un libro, che era la biografia scritta sul principe intitolato “Bonnie Prince Charlie: Charles Edward Stuart” di Frank McLynn. Avevo il libro, che era la mia bibbia, e poi ho avuto un altro libro “L’amuleto d’ambra” (“Dragonfly Amber”) e poi la sceneggiatura, ed è stata gentile una sorta di fusione tra queste tre cose. E poi ho creato la sua voce, ho trovato il rapporto con suo padre, essendo lui stesso un outlander (è un reietto a Parigi). Era una specie di indagine e poi alla fine, dopo aver letto il libro e usando “Dragonfly Amber”, sono arrivato ad un punto in cui mi sono concentrato sulla sceneggiatura, e così ho costruito il personaggio.
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Cosa ci puoi svelare circa i tuoi prossimi progetti, “Carnival Row” and “Humpty Dumpty”?
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“Carnival Row” è una nuova serie Amazon di 8 episodi, che stiamo girando a Praga; è con Orlando Bloom e Cara Delevingne e il mio personaggio è un personaggio fisso che fondamentalmente, nel mondo, proprio all’inizio della serie, investe in una barca in cui vive con la sorella. Le cose non vanno bene sin dall’inizio, la barca continua ad attirare creature mostruose; è un universo fantasy molto difficile da spiegare. È, fondamentalmente, un nuovo mondo creato da Travis Beacham. Il mio personaggio è parte integrante dell’inizio della storia, tutti i tipi di creature vivono accanto agli umani in un posto chiamato Buruqe. Il mio personaggio porta questa barca, che poi affonda, incontro il protagonista, e il mio personaggio praticamente gli cade addosso, e poi tutto ruota attorno al mio viaggio: e questo riguarda le difficoltà con mia sorella e i nostri nuovi vicini. Il creatore è Travis Beacham, che ha creato “Pacific Rim” e lavora costantemente con Guillermo del Toro; abbiamo avuto alcuni registi fantastici e, in fondo, il mondo che hanno creato è una sorta di futuro distopico. Come ho detto, quando ho iniziato a leggere la sceneggiatura, sono state tra le migliori parole e mondi che abbia mai letto. Quindi, sì, sono davvero entusiasta che esca e vedere cosa pensa la gente.
Per quanto riguarda “Humpty Dumpty”, questo è un progetto personale, che sto producendo con un mio buon amico, Steven Walters, di “Outlander”: abbiamo lavorato insieme anche in un altro lavoro in Marocco. Questo è un progetto appassionato su Tommy Quickly che fece parte della scuderia di Brian Epstein e fu l’ultimo dei cinque: i Beatles, Cilla Black, Billy J. Kramer, Gerry and the Pacemakers. E Tommy Quickly è stato l’ultimo a firmare e non molti sanno di Tommy. La ragione del documentario è di approfondire la sua vita, e in sostanza raccontare alla gente questa storia affascinante e non riportata di cui siamo davvero entusiasti. E io sono un grande fan della musica, dell’era dei Beatles quindi sono davvero entusiasta di farlo vedere alla gente.
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E quando potremo vederlo?
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Dato che stavo girando “Carnival Row” io e Steven siamo stati abbastanza occupati e visto che abbiamo avuto un grande aiuto dai fan di “Outlander”, abbiamo detto loro “vogliamo fare questo al meglio delle nostre capacità”. Abbiamo molto materiale girato ma è stato posticipato e speriamo di avere qualcosa da mostrare alla gente entro la fine di quest’anno. È un progetto di passione ed è qualcosa che penso che ogni attore a volte voglia, prendere il controllo, e ci sono certe storie che si vogliono raccontare, e questa è una storia che voglio davvero raccontare alla gente. Sto dirigendo e producendo, è la prima volta che lo faccio, quindi ho un ruolo completamente diverso, un po’ snervante, ma è divertente, è davvero divertente e vedremo cosa succede.
Si è come bambini che giocano a travestirsi.
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Cosa significa per te essere un attore?
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Maledizione, bella domanda! Direi che è una responsabilità, ma è anche una gioia poter mostrare alla gente i lati belli e brutti della vita, quindi qualunque cosa sia, per evasione dalla realtà o per far riflettere la gente. Ma non salviamo vite, non siamo medici. Essere un attore è il genere di cose per cui ringrazio sempre la mia buona stella o chiunque mi dia l’opportunità di lavorare con persone che vogliono farlo con me e io con loro. Penso che sia la cosa principale. Essere un attore per me è trovare persone che hanno una simile immaginazione e creatività, e ti ritrovi e si è letteralmente come bambini che giocano a travestirsi e filmare o davanti a un pubblico. È una gioia.
Must have on set: Tè Rooibos
Superpower: Volare, mi piacerebbe volare! Possiamo renderlo possibile?
Epic Fail sul lavoro: Una volta ho preso parte ad una rappresentazione teatrale di “1984” e invece di essere chiamato Winston Smith mi chiamavano Wilson Smith. Durante tutta la performance pensavo a Tom Hanks in “Cast Away” che urlava “Wilson”. Non riuscivo a tenere la faccia seria!
La tua isola felice: Guardare l’Everton giocare. Sono infatti un grande supporter della squadra di calcio dell’Everton.
Accento preferito: Scozzese, e a seguire l’accento di Liverpool, che è il mio.
Film preferito, da bambino ed adesso: “Ritorno al futuro,” 1 e 2 (non il 3). Il secondo è geniale!
L’ultimo film che ti è davvero piaciuto: “Film Stars Don’t Die in Liverpool”, con Annette Bening e Jamie Bell. Ho pianto come un bambino. Paul McGuigan, il regista, è fantastico.
Parola preferita: “Monotonous”. Mi piace, suona come “hippopotamus”!
Che personaggio vorresti essere: John Lennon. Mi piacerebbe interpretarlo perché penso che una parte di lui debba ancora essere raccontata.
Citazione preferita: mio nonno diceva sempre “Ridi e il mondo riderà con te. Piangi e piangerai da solo “. E’ strano perché è un detto piuttosto triste, ma lui lo diceva con un enorme sorriso sul volto.
L’ultimo Binge-watch: Ho due fratelli maggiori e se quello di mezzo mi dice di guardare una serie, lo faccio sempre. Mi ha detto di guardare due serie: “Motherland” sulla BBC, che è una serie divertente sulle madri e c’è un papà casalingo che penso sia brillante. E uso l’account Netflix di mio fratello per vedere un’altra serie chiamata “Love”, è veramente bella!
Cosa hai già spuntato nella tua lista dei desideri: Ad essere onesti, non ho una lista dei desideri, ma direi che ho già spuntato le immersioni subacquee, l’equitazione, la discesa laterale … ci sono così tante cose che voglio fare. Come quando ero a Matera, ho cucinato pasta fatta a mano e ho pulito il pesce. La mia lista dei desideri è probabilmente un po’ patetica. Voglio davvero andare a Tokyo e non sono mai stato in Australia, ma andrò quest’anno a trovare la mia famiglia.
Ho sognato di… Non ne ho uno, Non penso se ne possa avere uno fintanto che non ti ci trovi dentro. Ma probabilmente qualcosa con la musica.
La cosa più bella mentre giravi “Outlander” e “Black Mirrror”: sia per “Outlander” che “Black Mirror”, la cosa più bella è stata registrare in posti magnifici, rispettivamente in Scozia e in Islanda.
Ops! Break Time
Snack Crush: crumpet
Dolci o popcorn? Popcorn
Dato che siamo italiani… Hawaiian pizza, sì o no? Non fa per me, per niente! Mi piace la pizza piccante.
Photos by Johnny Carrano