Una visione, un bisogno, un cambiamento. Così nasce la realtà di Bullfrog, la barberia nata dalla mente di Romano Brida, che unisce la tradizione italiana a quella americana in un ambiente bloccato nel tempo.
L’attenzione ai dettagli ma soprattutto ai clienti ha portato Bullfrog ad essere uno dei barbershop più importanti in Italia e, anche se in continua espansione, Romano continua a tenere all’essenza del suo progetto cercando di offrire all’uomo moderno la forma più alta di lusso: del tempo per se stessi.
Bullfrog si è evoluto all’interno del Motoquartiere di Milano e da lì è cresciuto cercando di puntare il più possibile sulle passioni dell’uomo e del lusso maschile. Non è un caso infatti che è uno dei brand co-partner di “Man’s World“, l’evento interamente dedicato all’uomo e alle sue passioni che quest’anno arriva finalmente anche in Italia, dall’11 al 13 maggio a Milano.
Anche per questo abbiamo intervistato Romano Brida, per conoscere meglio le origini e il significato dietro al suo progetto!
Il barbiere muore con la
beat generation in Italia
perché gli uomini si fanno
crescere i capelli lunghi
e i barbieri non sanno
gestire quei tagli.
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Com’è nata l’idea di “Bullfrog”?
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L’idea nasce nel 2011.
Da siciliano avevo una memoria quasi infantile del barbiere, arrivando a Milano nel ‘96, cerco disperatamente un barbiere ma non c’è. Nel 2011 vado negli USA, a NYC, e vedo questo ritorno del barbiere. In realtà non era il vero barbiere tradizionale, che in America hanno vari tipi di barberie, era qualcosa che ricordava di più uno studio di tatuaggi, un bar, un posto figo, dove tu volevi sederti anche solo per stare lì, al di là del servizio.
La cura maniacale per i mobili, per i dettagli, per la fragranza che sentivi, era l’opposto di un parrucchiere. Un posto per uomini. E ho pensato “che figata sarebbe fare una cosa del genere”.
Io non sono un barbiere, sviluppavo business, facevo consulenza, quindi faccio un Excel su quanto potesse valere un business del genere e lo tengo lì.
Ho iniziato poi a vedere nuove barberie anche in Europa, come lo Schorem di Rotterdam, che ti davano quel gusto che avevo visto in America. Ad un certo punto Proraso, prodotto tipicamente da casa che per certi versi era stato il killer dei barbieri perché era quasi il barbiere a domicilio, inizia ad investire in comunicazione posizionando le barberie che avevo visto io in giro per il mondo che erano fichissime, Tommy Gun a Brooklyn e Schorem a Rotterdam.
Se un brand storico da supermercato identifica un trend di stile e di gusto in quello che sto vedendo io, c’è qualcosa che sta arrivando.
Quindi l’idea di fare il barbiere c’era. Dove farlo? Assolutamente in questa zona qua [quartiere Isola di Milano].
Perché? Perché ero un blogger dal 2006 di custom, sia macchine che moto. Avevo fatto questo blog quando avevo smesso di fumare, avevo le pause al lavoro e mi dovevo trovare qualcosa da fare per staccare in qualche modo la testa. Su MySpace giravo bene e sono diventato uno dei migliori blogger di custom d’Europa, quindi in questa zona qui, inizio ad essere conosciuto.
C’era il progetto del Motoquartiere e nel 2013 sembrava concreto, quasi un distretto. In realtà purtroppo la peculiarità di noi italiani è che siamo tanti bravi a giocare da soli ma non riusciamo a fare squadra, quindi questo progetto poteva essere un potenziale incredibile ma è rimasto questo spazio e poco altro, ma l’energia che si sentiva nel 2013 non si è mai sviluppata.
Cercavo in questa zona 100/150 mq, minimo, sennò non ti muovi, io non avevo assolutamente idea di cosa dovevo fare. Mi fanno vedere sta stanza, 20 mq al massimo. Cambiamo approccio. Quanti metri quadrati servono al cliente? Un cazzo. Allora è concettuale, e prendo in affitto la stanza.
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Che cosa trova il cliente quando entra da Bullfrog?
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Noi portiamo un modello di servizio diverso. Per esempio, una rasatura dura 45 minuti. L’uomo di adesso non è adatto ad una rasatura tradizionale, per non spaccarti il viso ci vuole la giusta preparazione. Quindi ci vuole tempo. Tempo soldi, soldi qualità.
Perché uno vuole venire in negozio? Per l’emozione.
Emozione, tempo, lusso.
Dopo la crisi i soldi sono sempre uguali, è il tempo che ti manca per spenderli. A meno che non ne hai, sei un povero disgraziato, che hai tutto il tempo che vuoi ma non hai i soldi da spendere.
Per cui il lusso moderno è avere tempo per se stessi. Ti compri il lusso perché ti prendi il tempo. Le donne vanno a fare i massaggi e i trattamenti, e allora noi andiamo a farci una rasatura.
Nel 2013 questo era il cortile più figo di Milano, e il negozio non era in strada, aveva sbagliato anche il posizionamento su Google Maps, e non aveva nemmeno un’insegna fuori. Bullfrog nasce con Instagram.
Arrivano i primi clienti, rockabilly, i primi hipster che sognando il taglio di Ricki Hall avevano qualcuno che ci poteva provare e venire forse anche meglio. E nasce così il taglio con la riga di lato in Italia. L’Executive contour, si chiama così quel taglio, non c’era, si chiamava il taglio all’Umberto o all’Umberta, fatto a pettine e forbice che però ci mettevi un’ora a farlo, questi invece in 25 minuti eri pronto.
Quindi il pubblico era variegato: hipster, rockabilly ma anche gente che lavora in banca. Botta di culo: arrivano le serie TV “Mad Men” e “Suits” e noi eravamo gli unici a fare quel taglio.
In autunno poi succede un altro fenomeno: arrivano le barbe.
Le barbe non le sapevano gestire, mentre noi sì. Così iniziamo ad introdurre prodotti nuovi ed a specializzarci in barbe, e Bullfrog è completo: rasatura, taglio di capelli, barbe.
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Cosa distingue Bullfrog dagli altri barbershop?
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Ho provato a cercare un barbiere qua a Milano, facendo il cliente misterioso nelle varie barberie, ma erano una noia unica, dovevano sapere tutto loro, quindi tornava la paranoia del parrucchiere.
Mi chiedevo “ma perché in America non mi rompono i coglioni, mi siedo, non parlano, fanno quello che devono fare, in venti minuti mi buttano fuori dalla porta. Io qua ci vado e passano quaranta minuti e passa, quindi è tempo suo che dedica a me, non è tempo mio che mi prendo”.
Faccio parte di un club internazionale di moto e macchine, che dicono sia il miglior car club del mondo con la peggior reputazione, per vari motivi: l’origine del club, i membri, i fondatori. Per cui è una famiglia. Questa famiglia ha tutto. Criminali, spacciatori, consumatori, professionisti, barbieri.
Allora tramite gli americani abbiamo trovato un prospect in Canada che ha detto “Oh, io vengo”, poi però un italiano ci serviva. C’era questo ragazzo di 21 anni, un rockabilly di Padova, terza generazione di parrucchieri, che stava per andare a lavorare a Carnaby Street. Allora lo contatto tramite un altro moto club, e lo invito a Milano a parlare faccia a faccia. Entra, vede e il giorno dopo si licenzia.
Guardando i due barbieri però, mi sembrava che non facessero lo stesso lavoro.
Uno ha una macchinetta a cavo, 4 paia di forbici, 10 pettini. Taglio pettine e forbici, scuola italiana, apposto.
L’altro, 4 macchinette a cavo, tutte diverse fra loro anche per marca, 2 forbici, 4 pettini diversi da quelli dell’altro. Tecnica di taglio completamente diversa.
Confrontandoli iniziamo a fare qualcosa di diverso. In quel momento nasce Bullfrog.
Per cui Bullfrog è una contaminazione delle scuole italiane di taglio con la scuola americana di taglio. Insieme creano qualcosa di nuovo.
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Come mai il nome “Bullfrog”?
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Quando facevo il vecchio lavoro raccontavo sempre una storia sul cambiamento, una metafora per il business, che è la storia della rana bollita, per cui se ti adatti progressivamente al cambiamento fai la fine della rana bollita perché cambia la temperatura, non te ne accorgi e rimani fottuto.
Visto che nel 2012 ero io che stavo diventando la rana bollita ci stava, quindi “Frog” mi piaceva. Però mancava la cattiveria.
Parlavo con un mio amico con un istinto di marketing metropolitano immediato, che mi dice “non è che tu sia proprio una ranella, sei più un bullfrog, una rana grossa”. Sputa, morde, mangia gli uccellini e i topi, devasta le piantagioni, e in più nella fiaba della principessa che bacia il rospo, quello è un bullfrog. Quindi un cesso che diventa un figo, perfetto.
In più nella cultura hippie se lecchi il bullfrog ha proprietà lisergiche, quindi ti faccio vedere cose che non esistono. Puro marketing.
Nome trovato.
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Qual è la marcia in più che ha un vostro studente dopo aver frequentato i vostri corsi?
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Abbiamo due tipologie di studenti, che poi sono corsi di un giorno, massimo due: il parrucchiere/barbiere che ha il suo negozio e vuole introdurre dei servizi che facciamo noi; e il giovane, anche retail, quindi che vende i prodotti, che viene almeno a fare il corso di rasatura da noi per capire questo mondo qua, perché tutto quello che abbiamo sviluppato parte da questa sedia qua. Noi facciamo tre servizi: rasatura, prodotti per la rasatura; capelli, prodotti per la cura dei capelli, per la pulizia dei capelli, per la gestione dei capelli; barba, prodotti per gestire la barba, nutrire la barba, curare la barba, lucidare la barba. In più poi abbiamo messo un po’ di profumo perché quando entri devi sentire qualche cosa.
Questo è Bullfrog, quindi la formazione parla di quello che facciamo noi. Addirittura, abbiamo fatto corsi di formazione sulla comunicazione. Siamo nati su Instagram perché di base avevo bisogno di posizionare Bullfrog per avere altri stranieri che venissero a lavorare qua.
Instagram nel 2013 non era tanto diffuso in Italia, ma crea un fenomeno che i clienti che avevano Instagram a Milano facevano uno screenshot del taglio e mi venivano con la foto di Tizio. Non venivano con la foto del calciatore o del modello, ma con quella di un ragazzo per avere il taglio da un ragazzo. Questo l’ho apprezzato subito perché ha dimostrato la democraticità di Bullfrog nel rapporto dei clienti: questo è un posto per tutti.
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Qual è il tuo cliente tipo?
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È uno che arriva in orario. Siamo sempre su appuntamento, se tu rispetti il mio tempo io rispetto il tuo. Ma è un rispetto reciproco, non giudico nessuno su queste sedie. È un posto aperto a tutti, qualsiasi cosa tu sei fuori da quella porta è ben accetta, purché tu rispetti la sedia. E questo in un barbiere tradizionale siciliano non è assolutamente reale, non rispettano la diversità.
Era divertente vedere i clienti tutti tatuati di fianco a quelli in giacca e cravatta e avevano lo stesso taglio di capelli, e parlavano di prodotti. Poi usciti di lì non si guardavano nemmeno.
Avevamo creato un laboratorio che sociologicamente parlando aveva superato tantissimi limiti per un uomo: mettersi in gioco, prendersi in giro, confrontandosi con realtà completamente diverse.
Le coordinate culturali con cui hanno formato delle generazioni di cos’era la carriera, la professione, la famiglia, il lusso, secondo me sono state disintegrate dall’ultima crisi. Ti faccio un esempio. Una volta avere uno con la barba in banca non era accettabile, ora questa Nazione avendo perso tutto, essendo fallita e ora in cerca di nuovi orizzonti e speranze, quello che hai te lo devi godere per quello che è. Secondo me siamo tornati alle origini e siamo cresciuti e maturati molto, siamo molto più concreti, molto meno edonisti anni ’80. È quindi una forma di lusso diversa basata sull’essenza, sulla competenza.
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Sappiamo che sei un grande appassionato di arte, design, musica. Ci puoi dire quale canzone o band abbineresti a Bullfrog?
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Il primo anno sono stati i Dropkick Murphys. Il punk folk irlandese è parte della cultura del barbershop, ma perché la convivialità tipica del pub che crea questo posto.
E poi un’altra band dell’apertura sono i Social Distortion con due brani fondamentali per Bullfrog: “Story of my life” e “Ball and Chain”.
L’apertura sono i Social Distortion, la progressione sono i Dropkick Murphys.
Bullfrog è tutti questi elementi qua,
ed è anche qualcosa di materiale:
il legno, la temperatura che hai qua dentro,
la fragranza e la musica.
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La scelta del design dello store è stato influenzato dalla tua passione per l’arte e il design?
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Questo negozio è casa mia. Gli altri sono tutti uguali, li abbiamo disegnati noi, ma questo è “Bullfrog madre”, è al Motoquartiere, qui sono io. Gli altri devono essere giusti, contemporanei, mai una replica retro-vintage, deve essere un barbiere aperto a tutti.
L’arredo è casa mia, tutto quello che trovi qua intorno è la mia vita: le macchine, le moto, i miei viaggi.
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Come riesce Bullfrog a coniugare il tutto con l’ottica milanese della velocità e dell’efficienza più che della qualità?
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Noi abbiamo mediamente 200 appuntamenti al giorno a Milano, tutte su appuntamento e tutte al 100% sulla puntualità.
Il milanese è imbruttito, per cui Bullfrog è milanese, infatti il secondo negozio l’ho aperto a Zurigo.
L’estate 2017 Bullfrog è stato certificato ISO 9001: 2015, ovvero tutti i processi, le procedure, le competenze, il modo di lavorare, sono certificati da un ente certificatore esterno e ogni anno ricertificano tutto, quindi come lavoriamo noi è talmente standardizzato che è certificato.
Per cui è molto milanese il modo di lavorare così, e piace anche perché io lavoro ad un euro al minuto e te lo dico.
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Non è la prima volta che Bullfrog affianca Man’s World in Europa…un’affinità “storica” possiamo dire. Cosa vi ha affascinato di questo evento e cosa vi aspettate da Man’s World?
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“Man’s World” è un parco giochi per uomini. Sano, perché tutto quello che ti può affascinare del lusso contemporaneo lo trovi. Il lusso, come abbiamo detto prima, è avere il tempo per godersi le proprie cose. Di base hanno raccolto tutti gli elementi che caratterizzano un uomo, quindi un modello di consumo completamente diverso da quello di una donna, l’uomo gode tanto con la vista, con l’idea di possedere. Sono racchiusi in “Man’s World”.
Ovviamente la Svizzera e l’Italia sono molto diversi come mercato di riferimento, l’idea di raccogliere delle eccellenze che non vuol dire costosissime che possano affascinare l’immaginario di un uomo è una bellissima idea.
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Bullfrog e WOMO, presente tra l’altro a “Man’s World”, sono due realtà praticamente fuse insieme. Due realtà ed un unico comune denominatore, offrire all’uomo una lifestyle experience a 360°. In che modo si traduce questa complementarietà con la clientela?
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Womo è un progetto nato nel 2012 di creare uno spazio d’acquisto per uomini funzionale. Quello che ti serve per viaggiare, per la tua toilette, fuori dal perimetro della moda quindi.
Secondo me è molto simile a Bullfrog. Bullfrog è molto più caratteristico, però dall’altro lato noi uomini certe volte siamo semplici. Cioè, hai bisogno di un prodotto che ti conquisti e ti affascini, per dall’altro lato hai bisogno della forbicina per tagliarti le unghie. Sono due cose che stanno bene insieme, anche se di impatto sembrano l’opposto, però l’uomo ha questi bipolarismi.
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Progetti futuri?
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Bullfrog è un progetto che mi continua a divertire, perché uno come me, un anziano di 47 anni, sta sempre in mezzo a gente di vent’anni che lo tratta da commilitone, perché riesco ad attrarre tanti millennials sia a lavorare che come clienti e questo mi dà tanta energia. Io ho dei serissimi problemi coi 35enni attuali.
Nel 2016 abbiamo sviluppato Bullfrog in franchising e quindi stiamo riuscendo ad aprire posti nuovi senza investimenti pesanti e continuano ad aggregare tanti ragazzi e tanti bei clienti.
Photo Credits: Johnny Carrano
Special Thanks to Ambroeus Milano