Quando parliamo di musical, Simone Genatt è una pioniera del genere.
È infatti produttrice di Broadway, fondatrice e presidente di Broadway Asia, una delle più grandi società internazionali di produzione, gestione e distribuzione per Broadway e di altri spettacoli dal vivo nei mercati globali, in particolare in tutta l’area dell’Asia e del Pacifico. Inutile dire che è una grande amante del genere sin dall’università, ed è ben consapevole del potere di questa forma di intrattenimento per unire persone provenienti da tutto il mondo e per raccontare storie che ci rappresentano, anche le generazioni più giovani.
In occasione della presentazione dei Milano Musical Awards, l’evento che si svolgerà a Milano il prossimo giugno e che celebrerà e premierà le migliori produzioni musicali a livello globale, abbiamo chiacchierato con Simone su cosa dovrebbe aspettarsi da questo Festival, il suo incredibile percorso nella produzione di musical, e la capacità di questo tipo di spettacoli di varcare ogni confine.
Come e quando è nata la tua passione per il teatro, e soprattutto per i musical?
Mi sono innamorata dei musical mentre ero alla Stanford University. Il capo del dipartimento di Shakespeare è venuto a trovarmi e ha cambiato la mia vita, non ho mai lasciato il mondo dei musical da quando sono al college. Sono sempre stata appassionata del genere, e in particolare di musical per il mercato mondiale perché sono un globalista, parlo molte lingue diverse, quindi la mia carriera è stata una combinazione di musical e mercato mondiale.
Sei una newyorkese: in che modo questa città ti ispira sia nel lavoro che nella vita di tutti i giorni?
Non c’è nessun altro posto come Broadway; abbiamo 40 teatri, le strade sono piene di gente che celebra i musical, e ha un suo spirito, una sua gioia di vivere che è impossibile ricreare altrove, tranne forse a Londra, che è un’altra città teatrale. Quindi, sono come una bestia di Broadway per le strade, è un posto che amo, mi ispira molto, e penso che il percorso da Broadway a Milano sia perfetto per celebrare questo festival.
Sono stata a Broadway solo una volta ma capisco perfettamente quello che dici. La città che non dorme mai! E penso che Broadway e West End abbiano un’energia diversa…
Broadway riguarda principalmente i musical, mentre il West End è storicamente incentrato sulle rappresentazioni teatrali, quindi sono due posti diversi. Ma la bellezza del musical di Broadway, e il motivo per cui è perfetto per Milano, è che Broadway è una collaborazione di forme d’arte favolose: Broadway è moda, è narrazione, è musica, sono tutte queste cose riunite in una forma d’arte commerciale per persone provenienti da tutto il mondo. Pensiamo che questo corrisponda molto allo spirito di Milano.
“Broadway è moda, è narrazione, è musica, sono tutte queste cose riunite in una forma d’arte commerciale per persone provenienti da tutto il mondo”.
Assolutamente, sono d’accordo.
Sei anche uno dei membri fondatori di questo festival: quali aspettative hai e che tipo di messaggio vorresti che le persone percepissero da questa celebrazione?
Vogliamo che il Festival Internazionale Del Musical di Milano diventi un’occasione grazie alla quale persone provenienti da tutto il mondo possano riunirsi attraverso un linguaggio comune, in modo comune, per stare insieme e per celebrare lo spirito dell’arte, della creatività, perché questo è un messaggio globale, ed è così importante in questo momento storico trovare un modo per essere un unico popolo; pensiamo che questa celebrazione possa superare tutte le barriere.
Stai anche lavorando con un incredibile gruppo di consulenti e fondatori. Come ci si sente a ritrovarsi e ad unire tutti i diversi punti di vista e ispirazioni?
La creative advisory board è entusiasta di questa opportunità, tutti quelli con cui parliamo sono entusiasti, e tutti arriveranno qui, tutti vogliono venire a Milano a giugno per stare insieme. È fantastico perché abbiamo artisti, registi, designer, produttori pluripremiati nel nostro comitato, e tutti hanno la stessa sensazione di assoluta eccitazione ed emozione per questo festival.
Non vediamo l’ora di vedere non solo Whoopi Goldberg, ovviamente, ma anche Lea Salonga…
E la cosa bella è che vengono davvero da tutto il mondo, il che è emozionante perché in questo momento siamo separati in tanti modi: dalla pandemia, dalla politica, dal mondo… L’arte ha la capacità di attraversare tutti i confini, e pensiamo che questo sia stato il momento di elevare questa opportunità e di lanciare questo festival per riunire tutti quanti.
Sarà un momento incredibile!
Penso che negli ultimi anni ci sia stato un revival del genere, forse anche grazie ai film o all’interesse che soprattutto le nuove generazioni stanno dimostrando per i musical: pensi e speri che questo fenomeno crescerà ulteriormente?
Credo assolutamente che ci siano nuovi appassionati di musical che nascono giorno dopo giorno, grazie anche al’impegno di compagnie come la Disney, e a spettacoli come “Hamilton” e “Dear Evan Hansen”, che hanno avuto un forte impatto per un pubblico più giovane e “cool”; questo è molto importante per noi. Si tratta di aprire le porte al futuro, e penso che in questo momento Broadway stia abbracciando diverse forme d’arte, così come il West End, dal musical alla tecnologia, all’hip hop, al rap, ma con storie comuni e la cosa importante è che questo è un format narrativo. Penso che porteremo molti nuovi e giovani spettatori da tutto il mondo in questo spazio.
Così possono anche vedersi rappresentati sul palco…
Esattamente, possono sentire se stessi, possono ascoltare le loro storie e possono imparare e pensare cose diverse, possono parlare di cose diverse.
Parlando di musical-mania, non solo a Broadway e nel West End, hai un ruolo pionieristico come fondatrice di Broadway Asia: come è stato finora, per te, questo viaggio nel portare il musical in giro per il mondo? A quali cambiamenti hai assistito?
È stato un viaggio straordinario quello di sviluppare, distribuire e produrre musical in più di 50 paesi nel mondo. C’è una storia in particolare a cui tengo molto: quando abbiamo aperto “The Sound of Music” per la prima volta a Shanghai, ho avuto il piacere di stare seduta accanto a Mary Rogers, la figlia di Richard Rogers, alla premiere; quando la compagnia ha iniziato a cantare “Do Re Mi“, l’intero pubblico cinese si è alzato in piedi e ha iniziato a battere le mani e cantare insieme nel teatro. Potevi sentirla su tutto il corpo, l’essenza della comunicazione oltre i confini, storie che risuonano con le persone ovunque.
Abbiamo visto questa forma d’arte crescere enormemente attraverso i mercati emergenti, ora siamo in India, in Tailandia, in Sri Lanka e in altri mercati che hanno appena iniziato a crescere. Prevediamo che ci sarà una crescita ulteriore perché Broadway rappresenta il meglio degli Stati Uniti da un punto di vista culturale, e i musical sono qualcosa che accomuna tutte le persone, senza alcuna altra influenza politica, o dovuta alla pandemia, o di qualsiasi altra cosa che influisca le nostre vite. Stiamo decisamente assistendo ad una crescita.
“Prevediamo che ci sarà una crescita ulteriore perché Broadway rappresenta il meglio degli Stati Uniti da un punto di vista culturale, e i musical sono qualcosa che accomuna tutte le persone, senza alcuna altra influenza politica, o dovuta alla pandemia, o di qualsiasi altra cosa che influisca le nostre vite”.
C’è qualcosa in particolare che dovremmo aspettarci dal panorama asiatico, quello che una volta hai definito in un’intervista “un ponte culturale bidirezionale”, a cui hai dato vita mescolando la visione, la produzione, l’ispirazione americana e così via?
Assolutamente. Ci sono diversi musical che stiamo considerando per il festival che combinano i principali artisti cinesi, ad esempio, con i principali artisti di Broadway, e che hanno collaborato insieme per creare nuovi musical, quindi ci piacerebbe assolutamente portare produzioni culturali miste al Milano Musical Festival.
Non vediamo l’ora di vederli!
A proposito di come il Covid-19 abbia avuto un impatto enorme soprattutto sulle arti dello spettacolo, ora stiamo poco a poco tornando in presenza, Broadway sta riaprendo, il West End sta riaprendo… C’è qualcosa di diverso a cui hai assistito in quest’anno e mezzo nel tuo modo di approcciarti ad una produzione?
Ci sono molti cambiamenti dovuti al Covid-19. È stato molto difficile per l’industria perché tutti i teatri erano chiusi e tutti gli artisti sono rimasti a casa. Tuttavia, quelli bravi, quelli intelligenti, quelli che non vedevano l’ora di tornare, hanno sfruttato questo tempo per crescere, per creare nuovi spettacoli. Stiamo vedendo che le persone hanno bisogno di lavorare insieme ancora più di prima.
Nel corso della tua straordinaria carriera, c’è stata una produzione che ti ha reso particolarmente orgogliosa, e perché?
Di recente, penso che “An American in Paris” sia una bella produzione e, per molti versi, ha toccato molte delle cose importanti per me: c’erano i Gershwin, i principali artisti di musical di di Broadway, aveva Parigi, che adoro, quindi aveva l’Europa, e aveva Hollywood come parte della sua origine, è stato uno spettacolo bellissimo. Christopher Wheeldon ha fatto un lavoro fenomenale, quindi in termini di bellezza, è stato sicuramente straordinario. Poi, l’altro è “The Sound of Music“, ho fatto “The Sound of Music” in tutto il mondo, sono sicuramente perseguitata da “Do Re Mi!”. [ride]
Ultima domanda: qual è il tuo musical preferito e qual è quello che vorresti vedere prossimamente?
Per il mio musical preferito, devo sicuramente dire “The Sound of Music“, l’ho fatto circa 20 volte in molte lingue, in tutto il mondo, e anche il revival a Broadway, il tour negli Stati Uniti, e stiamo per fare un altro tour globale, quindi “The Sound of Music” decisamente, e inoltre debutterà in Cina nell’estate 2022 e sarà per due o tre anni in tournée in giro per il mondo. Penso che, in termini di musical che vorrei rivedere, mi piaccia celebrare i musical stessi: “Hamilton” ha avuto un enorme impatto sul mondo, la sua originalità, la creatività e lo spirito che attraversa tutti i confini in modo incredibile, è fantastico.
Photos by Johnny Carrano.
Thanks to Milano Musical Awards.