Seguire la moda ed essere rispettosi dell’ambiente allo stesso tempo? Ci pensano 3 ragazze a fare della moda ecosostenibile un elemento della nostra quotidianità!
Tre ragazze divise dalla distanza ma unite da un proposito e da una missione. Silvia Stella è italiana, VJ Taganahan londinese ed Elina Cerell finlandese. Sono accomunate dalla stessa passione per la moda e sua comunicazione e dalla volontà di rendere il mondo un posto migliore con un tocco di stile. La loro energia e ricerca hanno portato alla nascita di Iluut, un brand di moda ecosostenibile che promuove capi senza tempo e adattabili a qualsiasi personalità, mantenendo i prezzi accessibili e la possibilità di tracciare il percorso di produzione, nel nome della trasparenza, la stessa promossa a gran voce da Fashion Revolution.
Incontriamo Silvia Stella Osella a Milano, texture designer del brand, e sin da subito ci conquista con la sua voglia di mettersi in gioco, di cambiare il mondo e di creare qualcosa di bello che sia portatore di un messaggio positivo allo stesso tempo. Abbiamo così cercato di conoscere meglio lei e il brand Iluut, tentando in questo modo di essere parte anche noi di questo movimento:
Chi è Silvia Stella, come ti definiresti?
Sono una texture designer e una consulente nell’ambito dell’abbigliamento e dell’ interior design da qualche tempo. Ho lavorato per 8 anni in alcune aziende tessili grosse, anche a livello europeo, mentre da 2 anni mi sono messa in proprio come designer tessile: mi occupo di progettare ogni cosa anche per quanto riguarda l’arredamento; parallelamente svolgo un’attività di consulenza sui colori, le tendenze e le parti più materiali, mantenendo un focus fisso sulla stampa.
Cosa distingue il tuo stile di texture designer?
È una domanda difficile, non so dire se ho uno stile mio perché negli anni in questo settore si impara a mettere da parte il proprio per capire al meglio come accontentare i clienti, declinando le tendenze nei diversi stili dei vari brand, è un’esperienza da cui si impara tantissimo. Ora, essendo in proprio, sto cercando di tornare a occuparmi dell’aspetto personale ed è con Iluut che si realizza questa possibilità, anche se lo stile è scandinavo e caratterizzato da colori più tenui, lo sento comunque mio.
Quando è stata la prima volta in cui ti sei innamorata di un tessuto e quando hai visto prendere vita la tua idea?
Già da piccola ero interessata all’aspetto materico delle cose e mi piaceva disegnare, inoltre in casa mia giravano parecchi tessuti perché mia mamma ha la passione per le decorazioni. Poi ho studiato illustrazione e ci sono finita un po’ per caso, mi piace l’dea di vedere i miei disegni su un piano concreto. Non ricordo la prima volta esatta ma ricordo invece la prima volta in cui ho visto qualcuno indossare i miei disegni: è stato proprio stranissimo!
C’è un progetto che hai seguito che ti ha stupita?
Illut, essendo il primo progetto veramente mio ma tanti altri come esperienza, persone e insegnamenti.
Da texture designer, come ti sei accorta che qualcosa non andava nel settore, e di conseguenza ti ha portato a realizzare qualcosa di tuo nel mondo della moda ecosostenibile?
Avendo lavorato in aziende tessili che si occupano anche della parte di produzione si viene a contatto con la parte legata allo smercio e ai processi non conosciuti dall’utente medio nei quali ho trovato diverse cose sbagliate, come la sovrapproduzione; è un meccanismo che per anni ha avuto un impatto sull’ambiente molto elevato.
Vivendolo in prima persona e capendo quanta merce venisse buttata, mi sono resa conto che non aveva senso, è paragonabile allo spreco di cibo o di qualsiasi altra cosa.
Cos’è Iluut? E cos’è per te?
Iluut è la volontà molto forte da parte delle persone che hanno lavorato in questo ambito e che hanno toccato con mano propria cosa stia succedendo all’ambiente e a una certa industria, e che di conseguenza vogliono cercare nel loro piccolo di portare a un cambiamento. Ci siamo chieste per un periodo se avesse senso creare nuovi prodotti, ma se un marchio riesce a infondere una nuova consapevolezza negli altri facendo loro vedere cosa c’è dietro, tramite un processo di trasparenza, allora sì che ne vale la pena: produciamo qualcosa di durevole ed ecosostenibile nel tentativo di sensibilizzare il pubblico.
Quanto è difficile per te trovate i tessuti giusti?
Non credevo sarebbe stato così difficile, solo la prima produzione ci ha impegnate per un anno e mezzo! Nel 2016 pensavamo ormai che ci fossero tante persone a proporre prodotti ecosostenibili e invece ne abbiamo trovate pochissime; per me è molto importante condividere il processo produttivo con i clienti finali e di conseguenza gli standard sono per forza altissimi, anche se questo richiede più tempo.
Ci parli dello stile di Iluut?
Un po’ perché nato da Elina che è finlandese, abbiamo seguito uno stile scandinavo pulito che comunque piace a tutte: il gusto estetico è la caratteristica chiave affinché qualcosa possa durare per tanto tempo, quindi serve un prodotto neutro che non ci si stanchi di mettere e che si porti avanti nel tempo in chiave contemporanea, caratterizzato da materiali di buona qualità e rifiniture durevoli.
Qual è il tuo capo preferito tra questi? Ci puoi dire qualcosa a riguardo?
Abbiamo lavorato talmente tanto su tutti i capi e su qualsiasi aspetto che con ognuno di essi abbiamo un rapporto maniacale! Ma la camicia mi piace particolarmente perché rappresenta un po’ l’obiettivo che ci siamo poste: è un capo difficile che sartorialmente deve essere impeccabile, richiede un lavoro duro per adattarlo a ogni corporatura; sono molto contenta di ciò che rappresenta essendo stato fatto a distanza (tra Milano, Londra ed Helsinki), e perché quando ha raggiunto il pubblico ha raggiunto il risultato sperato raggiungendo persone con stili diversi e feedback super positivi.
Sul problema dell’educazione alla moda ecosostenibile, cosa pensi manchi di più in Italia? Ci vorrebbe una maggiore educazione, a scuola ad esempio, o da parte di chi fa tali tessuti?
Tutto parte dalla sensibilizzazione del consumatore finale. Quello che fa anche Fashion Revolution ad esempio è partire dalle scuole per spiegare i vari passaggi che si celano dietro a un capo; inoltre, la campagna spinge le persone a taggare i brand chiedendo loro come sono stati realizzati i vestiti e sicuramente nel tempo metterà pressione a tali brand per portarli a investire nella sostenibilità. È un problema che c’è in Italia come nel resto del mondo anche se nei paesi nordici c’è forse una maggiore attenzione, ma in generale sussiste ovunque. Dovremmo raggiungere la stessa consapevolezza che invece nel frattempo abbiamo conquistato nel cibo, che è un’industria di uguale impatto: le schifezze che indossiamo sono come quelle che mangiamo alla fine, è una questione di educazione che manca proprio alla base e che richiede del tempo.
Mantenere i costi bassi per il pubblico per voi è essenziale. Come mai questa decisione?
In tanti ci hanno chiesto come mai avessimo scelto una tale fascia prezzo: non potremmo mai competere con le grandi catene che hanno alle spalle diverse produzioni, ma abbiamo comunque cercato di mantenere il margine bassissimo perché il problema grosso alla base della sostenibilità è che o non è molto interessante esteticamente o è troppo costoso. Volevamo smentire questo fatto per non sentire più scuse che possano bloccare l’investimento nel sostenibile.
Voi siete in 3 e vi occupate di cose diverse: qual è il processo che sta dietro Iluut?
Facciamo all’inizio una ricerca delle tendenze perché vogliamo inserire i capi nella contemporaneità, capendo di conseguenza dove vogliamo investire e il mood generale per quanto riguarda stile, colori e forme. Poi si realizzano gli sketch dei capi e di seguito li vediamo insieme; nel caso del nostro ultimo vestito abbiamo seguito un processo di design condiviso chiedendo alle persone di votare il modello, le fibre e il colore preferito; da qui abbiamo creato il capo finale.
Parallelamente portiamo avanti la ricerca di tessuti e fibre, chiedendo alle aziende le novità in questi settori che potrebbero interessarci. Per esempio l’ultimo vestito è fatto al 100% di tencel, una fibra completamente biodegradabile e innovativa. Infine passiamo alle stampe e facciamo le varie prove: tutto ciò avviene online, la distanza non è troppo un problema sapendo la direzione che vogliamo prendere, anche se richiede un maggiore impegno.
Il tuo sogno per Iluut?
Vorrei diventasse un progetto sempre più complesso, dal punto di vista educativo soprattutto. Deve creare consapevolezza, informare, non essere semplicemente un marchio ma un vero e proprio proposito più ampio, che nel nostro piccolo stiamo già attuando e perseguendo.