Tra i protagonisti del nuovo film di Claudia Gerini, “Tapirulàn”, c’è Lia Grieco: una grande appassionata, di arte e di vita, di emozioni e di avventura. Devota al potere del cinema, cultrice dell’educazione emotiva che, come lei stessa ci ha detto, è la forza più grande di quel mondo, Lia è agli inizi della sua carriera ma, nonostante ciò, ha già appreso l’arte del liberarsi dal giudizio, soprattutto estetico, quando si tratta di convivere con i personaggi da interpretare.
Degli incontri che le hanno cambiato la vita, dei consigli più divertenti e più sbagliati che abbia mai ricevuto, delle sue ispirazioni e modelli di comportamento, Lia ci ha parlato con spontaneità e confidenza, soffermandosi anche sul suo rapporto conflittuale con la danza e l’amore per il canto, di cui sogna forse anche ispirata da una speciale isola felice.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
A casa mia si guardavano molti film. Credo che mio padre abbia visto qualsiasi film esistente sulla faccia della terra, di qualsiasi genere ed epoca, senza però mai ricordarsi un titolo né il nome di un attore o attrice che vi partecipasse. Io ricordo che spesso mi fermavo a sbirciare alcune scene dei film che lui stava guardando e rimanevo incantata, incuriosita.
Il mio primo vero ricordo consapevole però legato al cinema credo sia “Harry Potter e la pietra filosofale”. I protagonisti avevano pochi più anni di me ed io mi ero totalmente immedesimata in quel mondo, in quei personaggi, così tanto che mi emozionavo sinceramente con loro, ero totalmente partecipe. Credo poi sia questa la forza più grande del cinema, la capacità di restituire una sorta di educazione emotiva, un esercizio all’empatia.
Sei tra i protagonisti del film “Tapirulàn”, diretto da Claudia Gerini. Quale aspetto di questo progetto ti ha intrigata maggiormente quando ne sei venuta a conoscenza?
È un film che ha molte particolarità, ma sicuramente uno degli aspetti che da subito saltano all’occhio leggendo la sceneggiatura è il fatto che nessuno dei personaggi, o quasi, si incontri mai realmente con Emma, la protagonista. Questo aspetto può sembrare strano ma viene anche molto normalizzato dal contesto che è poi lo stesso che viviamo noi oggi.
Siamo sempre più abituati alla vicinanza virtuale e meno quella fisica e stiamo diventando piuttosto bravi a gestirla questa virtualità, nel senso che la umanizziamo o almeno ci proviamo.
Qual è stato il tuo primo pensiero quando hai letto la sceneggiatura e la prima domanda che hai rivolto alla regista?
Il primo pensiero è stato: “Daje!”. Mi pare di ricordare di aver tartassato Claudia di domande al primo provino dal vivo che abbiamo fatto, la scena era toccante ed io volevo rendere al massimo la condizione di questa ragazza, volevo essere specifica, lei mi ha aiutato molto a tirar fuori qualcosa di vero da portare al personaggio.
Come hai costruito Gaia, il personaggio che interpreti?
Ho cercato di empatizzare con la condizione descritta e di non giudicarla, attenendomi a quello che mi rimandava il testo, che difficilmente sbaglia.
Quanto c’è di Lia nel tuo personaggio? E cosa ti ha lasciato, invece, Gaia?
Il conflitto che ha Gaia è su una questione enorme e direi universale. L’accettazione di sé, il voler piacere a sé stessa, agli altri, ai suoi genitori, a tutti o a nessuno. È proprio una cosa enorme, difficile e delicatissima. Io lavoro ogni giorno su questo aspetto e non mi sento mai risolta da questo punto di vista, forse è anche sano così. Quindi direi che questo tipo di conflitto è sicuramente ciò che più sento vicino di questo personaggio o quantomeno quello che più mi risuona. Crearlo è stato terapeutico, mi sono data la possibilità di recitare liberandomi dal giudizio estetico, in quanto attrice è una grande liberazione!
“…mi sono data la possibilità di recitare liberandomi dal giudizio estetico, in quanto attrice è una grande liberazione!”
Il film racconta la vita di una donna, Emma (C. Gerini) che rimugina mentre corre sul tapis roulant. C’è un’attività che, come la corsa per Emma, ti aiuta a pensare? E cosa ti fa NON pensare, invece?
Io mi perdo sempre nei miei pensieri, soprattutto mentre faccio i cappellini e le sciarpe a maglia (dà una grandissima soddisfazione e non è da vecchi! Giuro!). Per non pensare invece devo fare qualcosa che mi coinvolga emotivamente, quando ballavo era così. Ad oggi direi che riesco a non pensare quando canto forse e quando recito, credo sia per questo che le considero necessità.
Come descriveresti “Tapirulàn” con una sola parola?
Introspezione?
Che ruolo ricopre ancora la danza nella tua vita?
Domanda difficilissima. Ho un rapporto molto conflittuale con la danza, l’ho sempre avuto in realtà. Ho smesso a 21 anni e non ho mai ricominciato. Fa parte di me e sicuramente continuerà ad essere così per il resto della mia vita; se faccio due conti sono più gli anni in cui ho ballato che quelli in cui non l’ho fatto, avendo cominciato professionalmente a nove anni. Però devo dire che sono proprio felice di aver preso una strada diversa, non rinnego nulla del mio percorso ma darmi un’altra possibilità è stata certamente la cosa più giusta per me.
Ti piacerebbe poter unire il mondo della danza e della recitazione in un progetto?
Mi sono appena immaginata di trovarmi a fare un provino per un ipotetico remake de “Il cigno nero”… Sarebbe incredibile oltre che una sfida enorme, non solo dal punto di vista attoriale ma anche da quello umano. Sarebbe bello poter raccontare qualcosa che conosco così bene in una chiave diversa, poi sarebbe anche un modo per esorcizzare tutta una serie di cose…
Beh dai, la risposta è un super sì!
Un personaggio del cinema che vorresti come amico?
Quentin Tarantino, mi piacerebbe così tanto se avesse voglia di essere mio amico, secondo me fa ammazzare dalle risate e credo che anche io potrei riuscire a farlo ridere!
Quale personaggio realmente esistito ti piacerebbe interpretare? Magari qualcuno del mondo della danza…
Premetto che avere l’occasione di interpretare un qualsiasi personaggio realmente esistito è un’occasione unica per un’attrice o attore. Ma più che nel mondo della danza, oggi mi piacerebbe infinitamente interpretare il ruolo di una cantante realmente esistita. Il canto è la mia seconda grande passione dopo la recitazione. Quando ho lasciato la danza ero indecisa su quale delle due strade potessi provare ad intraprendere e forse ho scelto la recitazione perché le canzoni proprio non le so scrivere e poi perché recitare ti da la possibilità di essere tutto, che è la cosa più incredibile che ci sia! Non vorrei spararla grossa però, se fosse in cantiere un film su Mina, farei carte false per fare il provino.
“Recitare ti dà la possibilità di essere tutto”
Qual è stato l’incontro cinematografico più significativo della tua carriera finora?
Ho avuto la fortuna, nonostante la mia carriera sia proprio agli inizi, di lavorare con attori bravissimi di qualsiasi età sia in teatro, che nella serie Netflix “Luna Park” e anche al cinema. Però forse per quanto riguarda esclusivamente il cinema, Claudia Gerini è stato il mio più significativo incontro. La ammiro da sempre e aver avuto l’occasione di lavorare con lei è stato davvero appagante.
Chi o cosa ti ispira sul lavoro, ma anche nella vita di tutti i giorni?
Ma lo sai che non lo so dire con precisione? Ogni giorno sono ispirata da una cosa diversa. Mi entusiasmo così facilmente! Sono come una bambina in questo, quindi ogni cosa che mi capita, che entra in collisione con la mia vita, è potenzialmente uno stimolo, un’ispirazione.
Se ci penso bene però, l’ispirazione costante che ho avuto nella mia vita e che mi ha guidata in un certo senso, è mia sorella Eva. Lei, oltre che essere una meravigliosa persona, è una danzatrice, attrice, poetessa, coreografa, insomma non ho remore nel dire che la ritengo una vera artista, non perché sappia fare tutte queste cose, ma per come le fa e per la profondità che sa restituire ad ognuna di esse. È sempre stata un esempio per me.
“…ogni cosa che mi capita, che entra in collisione con la mia vita, è potenzialmente uno stimolo, un’ispirazione”.
La playlist della tua vita comincia e finisce con quale canzone?
Potrebbe iniziare con “It’s Oh So Quiet” di Bjork o con una bella “Breakfast in America” dei Supertramp e finire con qualsiasi canzone di Filippo, Fulminacci. Credo sinceramente che ogni sua canzone potrebbe adattarsi a qualsiasi finale rendendolo perfetto.
Il consiglio che più ha impattato il tuo modo di lavorare? E la cazzata più grande che ti è mai stata detta e che sei contenta di non aver ascoltato?
Il consiglio più grande ed anche il più esilarante aggiungerei, mai ricevuto, è stato quello di una mia insegnante della scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volontè, che dopo vari giorni ed ore di lezione sullo studio del personaggio, sulle tecniche, i metodi, gli esercizi, i sensoriali, poco prima di fare la famosa scena del balcone di “Romeo e Giulietta” mi disse: “Bene… Ora dimenticati tutto”. La cazzata più grande è quella che non mi è stata ancora detta… No dai, non è vero! Volevo fare la filosofa… Forse quella che, per farti notare ad un provino, devi essere già come fossi il personaggio che stanno cercando o in qualche modo ci devi somigliare anche al di fuori del momento in cui stai recitando, nella vita reale insomma. Ecco io questa la trovo davvero una grande, grandissima, enorme cazzata.
La cosa più coraggiosa che hai fatto?
Ce l’ho! È stata sicuramente subito dopo la mia Laurea in Accademia. Mi sono trasferita in Belgio, a Bruxelles, sono partita senza un soldo, davvero, senza quasi nemmeno avvisare i miei genitori, cioè li ho avvisati tipo il giorno prima ed erano ovviamente contrariati. Arrivata lì poi ho lasciato la danza e sono stata un po’ così, nel vuoto a chiedermi cosa potessi fare della mia vita da lì in avanti.
Di cosa hai paura invece?
Nonostante la risposta alla domanda precedente che mi fa sembrare una tipa davvero molto avventurosa, la mia paura più grande è proprio il vuoto. La solitudine, lo “stare” senza avere stimoli o l’idea esatta di dove dover andare, il ritrovarmi senza niente in cui credere o in cui sperare. Forse ho un po’ la mania del controllo, non so!
“senza niente in cui credere o in cui sperare”
L’ultima cosa o persona che ti ha fatto sorridere?
Brando Pacitto, un mio amico attore, che mentre compilo questa intervista si improvvisa tutto fare e tenta di aggiustare la mia sedia rotta con lo stucco a legno, dice di essere bravissimo… Mi fa sorridere, ma forse sorriderò meno quando avrà finito.
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Essere consapevoli.
La tua isola felice?
Filippo!
È decisamente Filippo la mia isola felice.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup by Carmen Simeone.
Thanks to Woolcan.
Location: MAAM Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz.
LOOK 1
Total Look: Art dealer
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LOOK 2
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LOOK 3
Total Look: REDValentino
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