Netflix non smette mai di stupire. Tra le serie originali sfornate dalla nota società americana di contenuti streaming on demand è di recente uscita Atypical.
Poca, se non assente pubblicità, celavano una vera e propria rivelazione dalla prima all’ottava puntata. Sono 8, infatti, gli episodi da una trentina di minuti circa che raccontano la storia di Sam, un ragazzo americano le cui giornate trascorrono tra famiglia, college, interesse per l’Antartide, terapista e conoscenza del gentil sesso.
Terapista, dicevamo. Sì, perché Sam (Keir Gilchrist) è autistico. E sta qui la bravura dell’ideatore della serie Robia Rashid e del regista Seth Gordon: nel raccontare con intensità e, contemporaneamente, con ironia questo disturbo del neurosviluppo. Atypical è una serie leggera, capace però di sviluppare con attenzione le caratteristiche della vita di chi è affetto da questo disturbo e di chi lo circonda.
Sam è sì il protagonista, ma anche la madre (la bravissima Jennifer Jason Leigh, la Daisy Domergue del western-giallo di Quentin Tarantino “The Hateful Eight”, per cui ha ricevuto una nomination ai Premi Oscar 2016 come miglior attrice non protagonista, ai Golden Globe e ai premi BAFTA per la stessa categoria), il padre, la sorella, il migliore amico, la terapista, la fidanzata vengono caratterizzati nei minimi dettagli facendo emergere il loro essere atipici e… profondamente umani. Tante storie nella storia. Tutte interessanti e coinvolgenti, tanto da affezionarsi presto ai personaggi.
E poi c’è l’autismo: alcune delle sue sfumature sono raccontate con ironia (e questo toglie molta retorica e serietà attorno al tema), ma non mancano i momenti che evidenziano la sofferenza di un male ancora, per molti tratti, oscuro. Così ogni piccola conquista di Sam è un po’ anche una nostra conquista.
Le premesse sono davvero buone per una seconda stagione che, speriamo, Netflix voglia concederci.
E ricordiamo che come dice lo slogan che accompagna il titolo: “La normalità è sopravvalutata“.