Una volta qualcuno mi ha detto: se non fossi umana, sarei un fiore selvatico. Uno di quelli che nascono spontanei, imprevisti, che crescono silenti in luoghi che non sempre gli appartengono, che subiscono le intemperie ma sopravvivono sempre, che rifioriscono dopo le tempeste finché cause di forza maggiore non li sradicano dal loro suolo. È complesso il sentimento di non appartenenza. È comune ai fiori selvatici e alle persone sensibili, quelle che, come i fiori, “sentono” ma “non parlano”.
Guardando “Inside Out 2”, ennesimo capolavoro della Pixar, che se la cava alla grande anche con i sequel, riflettevo su come e perché alcuni di noi tendono a trattenerle quelle emozioni che poi sono ciò che fa di noi quel che siamo. Gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto, ansia, invidia, imbarazzo, noia, nostalgia sono le mattonelle della nostra vita interiore, i motori di una grande console che quando cresciamo cambia insieme a noi e monitora la nostra singolare vita. Possiamo imparare a regolarle, ma anche lasciarle un po’ giocare per far sì che le cose capitino, che gli eventi avvengano. Possiamo imparare a sentirle un po’ meglio. Se imprigiono la gioia con la paura, l’ansia, e l’imbarazzo, il destinatario del mio amore non lo riceverà mai; se trattengo la paura con la rabbia e la nostalgia, il luogo che non mi appartiene non lo lascerò mai; se mi arrendo all’ansia, alla paura e alla nostalgia, non lascerò entrare la novità in nessuna forma.
Straordinario come un “semplice” film animato possa suscitare una serie di riflessioni profonde su sé stessi, sulla quotidianità, sulle persone che ne fanno parte e sul futuro.
Straordinario come i film siano in grado di insegnare ed ispirare la creatività ma anche le decisioni e il cambiamento.
“Inside Out 2” mi ha fatto pensare ai fiori e alle emozioni e alle emozioni suscitate dai fenomeni esterni, incluso il cinema.
GIOIA
“Kill Bill Vol I” di Quentin Tarantino
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Pura celebrazione della forza e della resilienza umana: tra i film che evocano emozioni profonde, “Kill Bill Vol. I” è gioia pura per lo spettatore. La protagonista, Beatrix Kiddo, incarna la determinazione nel superare sfide apparentemente insormontabili: ogni combattimento vinto rappresenta non solo un passo verso la sua vendetta, ma un trionfo personale che risuona come un’esplosione di gioia. Quentin Tarantino trasforma le sequenze d’azione in coreografie impeccabili, dove la violenza diventa quasi una danza ipnotica. Non solo forza narrativa ma anche bellezza visiva: una gioia anche estetica che ci fa credere che noi possiamo tutto.
TRISTEZZA
“His Three Daughters” di Azazel Jacobs
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Un film che esplora il sentimento della tristezza scavando nelle complessità emotive che emergono quando una famiglia si confronta con la malattia terminale di un genitore. Questa storia non si limita a mostrare il dolore della perdita, ma indaga le tensioni represse, i silenzi carichi di significato e i conflitti irrisolti tra le tre sorelle protagoniste. Ognuna di loro rappresenta un modo diverso di affrontare il lutto ed elaborare la tristezza: dalla negazione alla rabbia, fino alla rassegnazione. L’emozione della tristezza viene amplificata dai silenzi, gli sguardi e le parole non dette, attraverso una rappresentazione autentica del dolore, della colpa e del desiderio di riconciliazione.
PAURA
“L’amant double” di François Ozon
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Una combinazione di elementi tipici del thriller e un’esplorazione di temi come le bugie e il tradimento. La trama segue la protagonista Chloé, una giovane donna che scopre che il suo compagno, Paul, nasconde un’identità oscura e inquietante. Man mano che la storia si sviluppa emergono segreti che minano la percezione della realtà, creando un’atmosfera carica di tensione e sospetto.
Il film gioca abilmente con la paura dell’ignoto e dell’inganno nelle relazioni, sfruttando l’ambiguità e la dualità dei personaggi per destabilizzare lo spettatore. La paura di non conoscere veramente la persona amata e di essere traditi si mescola a un senso di claustrofobia, dove ogni certezza viene messa in dubbio. Questa combinazione di terrore psicologico e tradimenti emotivi rende il film un’esperienza che tocca le paure più profonde legate alla fiducia e alla vulnerabilità umana.
RABBIA
“La zona d’interesse” di Jonathan Glaze
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Questo film è una rappresentazione implacabile e distaccata della realtà dei campi di concentramento nazisti: il film mostra con freddezza l’orrore e la sofferenza nella loro forma più pura, ponendo a confronto l’indifferenza della vita quotidiana di una famiglia tedesca che vive vicino al campo e le atrocità che si consumano sotto i loro occhi. Rabbia pura deriva dalla presa di coscienza dell’incapacità o del rifiuto dei protagonisti di riconoscere la brutalità che li circonda. Il loro continuo distacco emotivo amplifica il senso di frustrazione e indignazione dello spettatore, alimentando la disumanizzazione della guerra e dell’oppressione.
DISGUSTO
“The Substance” di Coralie Fargeat
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Questo film nominato agli Oscar rappresenta visivamente e narrativamente temi inquietanti legati alla manipolazione genetica e all’alterazione della natura umana. Disgustose, soprattutto, le immagini che mostrano corpi deformati o esperimenti falliti, sottolineando l’aspetto grottesco e abominevole delle conseguenze della scienza quando è priva di etica. Ad accompagnare ed accentuare il tutto, il film utilizza anche una colonna sonora inquietante e una fotografia cupa, amplificando il senso di repulsione, facendo leva su paure ancestrali e sull’idea di perdere il controllo sul proprio corpo e sulla propria identità.
INVIDIA
“La Jalousie” di Philippe Garrel
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Il film esplora le dinamiche complesse delle relazioni amorose e familiari. La storia parla di Louis, un attore in crisi che lascia la moglie per una giovane attrice, Claudia. Louis, nonostante il suo nuovo amore, è tormentato dalla possibilità di perdere ciò che ha conquistato, mentre Claudia si sente intrappolata tra la ricerca di indipendenza e la paura di essere messa in ombra dal successo altrui. Così l’invidia si insinua nell’aria in modo sottile e struggente, emergendo dai rapporti tra i personaggi, manifestandosi nella tensione tra il desiderio di affermarsi e l’insicurezza delle proprie scelte.
Garrel, inoltre, sfrutta sapientemente la malinconia del bianco e nero per sottolineare l’intensità emotiva e la fragilità dei sogni, evocando quel familiare senso di gelosia che pervade la vita quotidiana e affligge anche i più intimi e solidi dei legami.
ANSIA
“This Closeness” di Kit Zauhar
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Questo gioiello del cinema indipendente esplora le dinamiche complesse che emergono quando una giovane coppia, Tessa e Ben, si ritrova a dividere temporaneamente un piccolo appartamento con un coinquilino, Adam. La storia si sviluppa attorno alla crescente tensione tra i tre personaggi, con Adam che si insinua lentamente nella vita della coppia, disturbando l’equilibrio precario tra i due. Ambientazioni claustrofobiche sottolineano l’intrusione di Adam nello spazio personale di Tessa e Ben, amplificando il senso di ansia e disagio che questo personaggio emana. Le interazioni quotidiane tra i tre, cariche di ambiguità, diventano sempre più tese, suggerendo conflitti latenti e segreti non detti. Questo clima di oppressione trasforma gesti comuni in fonti di inquietudine, insinuando un’ansia che avvolge lo spettatore, rendendo palpabile il senso di minaccia che permea l’intera storia.
NOIA
“Il male non esiste” di Ryūsuke Hamaguchi
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Questo film evoca volutamente il sentimento di noia come elemento prezioso di uno stile di vita autentica, attraverso una narrazione lenta e contemplativa che si sofferma su dettagli apparentemente insignificanti della vita quotidiana. L’uso di lunghe sequenze statiche, dialoghi essenziali e un’ambientazione spoglia contribuiscono a creare il senso di vuoto e ripetitività tipico del sentimento della noia. La noia è infatti un elemento essenziale del film, che vuole sottolineare la difficoltà di trovare un senso o uno scopo in un mondo in cui il male sembra assente ma, allo stesso tempo, latente.
IMBARAZZO
“Babygirl” di Halina Reijn
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Il film cattura la vera essenza della vulnerabilità emotiva e relazionale, quando una CEO di grande successo inizia una relazione illecita con il suo tirocinante molto più giovane. La protagonista si trova spesso in situazioni cariche di tensione, in cui i suoi desideri e le sue insicurezze vengono esposti in modo crudo e familiare. L’imbarazzo emerge non solo nelle interazioni goffe o nei conflitti non detti, ma anche nella difficoltà di affrontare sé stessa e il mondo che la circonda, creando un senso di disagio condiviso con lo spettatore. La regista accentua questi momenti con uno sguardo intimo, enfatizzando il linguaggio del corpo e i silenzi carichi, trasformando l’imbarazzo in un’esperienza universale ed empatica.
NOSTALGIA
“Licorice Pizza” di Paul Thomas Anderson
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Questo film è una rappresentazione romantica della San Fernando Valley degli anni ’70, un’epoca ricreata con una cura visiva e sonora che immerge lo spettatore in un passato un po’ imperfetto. La storia segue le vite intrecciate di Gary, un giovane imprenditore e attore adolescente, e Alana, una venticinquenne in cerca della propria identità, mentre esplorano il confine tra amicizia e amore in un mondo pieno di avventure e personaggi memorabili. Le scene si susseguono come una serie di ricordi dolci e caotici, accompagnate da una colonna sonora d’epoca e dall’uso della pellicola analogica, catturando un tempo che appare tanto reale quanto idealizzato. Ci resta dentro un senso di nostalgia per un’epoca vissuta o solo sognata.
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