The Italian Rêve ha avuto il grande piacere di poter intervistare al Giffoni Film Festival la talentuosa attrice Elena Radonicich che ci ha raccontato, con passione e grande sincerità, quali sono per lei i consigli migliori da dare alle giovani che oggi vogliono intraprendere la strada della recitazione.
Nata a Moncalieri, dopo gli studi a Torino Elena Radonicich si trasferisce a Roma dove si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia. Negli ultimi anni ha raggiunto grandi traguardi: al fianco di Charlotte Rampling in “Tutto parla di te”, “Racconti d’Amore”presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, è tra i protagonisti della serie evento 1992, protagonista dell’opera prima di Adriano Valerio “Banat, il viaggio” e nel film Alaska diretto da Claudio Cupellini.
Circondata da quella che chiama ‘l’onda di energia che travolge’, ha nello sguardo la grinta dell’artista che vuole esprimersi e trasmettere emozioni, e la tanta dolcezza di chi ha voglia di regalare consigli. Consigli che regala attraverso la sua esperienza, un viaggio fatto di molte difficoltà e dove l’umiltà per lei deve essere sempre al primo posto. Ai ragazzi del Giffoni è sicuramente riuscita a donare le emozioni attraverso le sue parole, la sua semplicità e bellezza.
Riguardo il Giffoni Film Festival, luogo dove l’abbiamo incontrata, ha detto: “Credo che questo sia il festival più importante perché si rivolge ai ragazzi, la generazione del futuro. Mi sarebbe piaciuto essere immersa da bambina in un contesto critico del genere, mi sarei fatta più domande e avrei capito prima cosa fare da grande, ma all’epoca non avevo ancora la consapevolezza di fare l’attrice”.
Infatti, il suo grande sogno, quando era più piccola, era quello di diventare una cantante, si è avvicinata quindi alla recitazione un po’ per caso e con molta ingenuità. Oggi invece questo mestiere le fa battere forte il cuore, l’ appassiona dal profondo ma non smette di sottolineare la difficoltà nel farlo. Ma un sogno nel cassetto, che riprendere qualcosa dalla sua adolescenza c’è ancora: recitare un giorno nel ruolo di una cantante “fallita”.
A chi critica il panorama cinematografico made in Italy risponde: “Non credo che il cinema italiano voglia tendere a quello americano. Il caso dell’anno, “Lo chiamavano Jeeg Robot”, funziona perché non fa nulla per sembrare altro, anzi usa un linguaggio completamente nostro. In fondo reinventare è meglio che copiare. Perché rifare Breaking Bad che è già perfetto così com’è? Meglio lanciare progetti originali come Gomorra o 1992 e rimarcare così la nostra identità culturale”.