Un inizio esplosivo per il regista parigino Jacques Audiard, già vincitore della Palma D’Oro per “Dheepan- Una Nuova Vita”, il cui primo film in lingua inglese segue le avventure di quattro uomini tra il selvaggio West e la leggendaria corsa all’Oro Californiana.
Abbiamo visto la premiere della commedia dark “The Sisters Brothers” a Venezia, ed ecco cosa ne pensiamo!
Titolo
“The Sisters Brothers”
Dietro e Davanti alla Cinepresa
Dimenticatevi gli Spaghetti Western di Sergio Leone, le classiche battaglie tra cowboy e tribù indiane e tutto quello che ci sta in mezzo.
Le scelte registiche di Jacques Audiard lo portano lontano, anche se di certo non intende riscrivere il genere: si limita a vederlo attraverso un prisma nuovo, personale, allontanandosi tanto dalla classica figura del Singing Cowboy (esplorata invece, sempre quest’anno, dai fratelli Coen nella loro opera antologica) quanto da quella del sanguinoso bandito di frontiera.
Le musiche erano affidate invece al compositore franco-greco Alexandre Desplat (“Harry Potter e i doni della morte Pt.1”, “La forma dell’acqua – Shape of Water”, “Isle of Dogs”), che ha preso parte alla crew eterogenea, dopo aver già collaborato con Audiard a “Il Profeta” (originariamente “Un prophète”).
“The Sisters Brothers” presenta un cast dominato principalmente da figure maschili (una scelta coerente, dal momento che il film mira a parlare di “mascolinità e bilanciamento di genere”) ed è composto da Riz Ahmed, John C. Reilly (anche produttore del film, insieme alla moglie), Joaquin Phoenix e Jake Gyllenhaal.
Sia Audiard che Reilly, però, hanno precisato l’alto coinvolgimento femminile nella crew, più che nel cast.
Chi Scrive
La sceneggiatura di “The Sisters Brothers” è stata scritta in collaborazione dallo stesso Audiard e Thomas Bidegain, ma si basa sul romanzo storico “Arrivano i Sisters”, ambientato durante la Corsa all’Oro, scritto dal canadese Patrick DeWitt nel 2011.
Si potrebbe, quindi, dire che “The Sisters Brothers” è un film ricco di prime volte: oltre alla questione della lingua, è infatti anche per Audiard la prima volta che si affida ad un’idea non sua, riuscendo peraltro a dare un’affascinante interpretazione della storia scritta da DeWitt.
Cosa c’è da sapere (NO SPOILER)
Il film racconta effettivamente una vicenda di rara profondità, sia per quel che riguarda le tematiche che per la caratterizzazione degli uomini che gravitano attorno alla Corsa all’Oro e allo stile di vita tipicamente cowboy, guardando ad un genere tanto caro alla cultura statunitense da un nuovo punto di vista.
1851, Oregon City.
All’inizio facciamo la conoscenza di due fratelli, Eli e Charlie Sisters (interpretati rispettivamente da John C. Reilly e Joaquin Phoneix), assassini di professione. I due lasciano la città alla volta di San Francisco, sotto ordine del Commodoro, per aiutare il detective John Morris (Jake Gyllenhaal) a catturare e uccidere il giovane cercatore Hermann Kermit Warm (Riz Ahmed) che, “come moltissimi altri”, sta cacciando fortuna e fama tra le acque vergini dei fiumi Californiani. Così, mentre John anticipa i fratelli, lo spettatore segue il cammino dei Sisters, concentrandosi particolarmente su Eli, tra meravigliosi paesaggi e omicidi, inoltrandosi nel deserto della Costa Ovest.
Osservando da vicino i personaggi, il pubblico scopre così nuovi tratti della loro personalità e nuove sfumature dei loro legami, rimanendo sempre più affascinato, minuto dopo minuto.
Di Cosa Avrete Bisogno
Sarebbe sicuramente preferibile essere amanti del genere, ma anche essere disposti a vederlo distaccandosi da tutti i preconcetti ed accettando una nuova visione: quella di Audiard, in questo caso, ma anche di Eli, la cui sensibilità si allontana dal cowboy e assassino che potreste aspettarvi.
OREGON CITY, 1851.
Cosa Dicono
John C. Reilly: “É stato come costruire la torre di Babele, solo che stavamo andando verso il paradiso: tra francesi, spagnoli, belgi, rumeni, americani, inglesi e italiani, la sfida iniziale per questo film è stata quella di costruire un ponte tra tutte queste diverse culture, a partire dalla lingua, e ne è uscito qualcosa di bellissimo. Devo dire che, in questo periodo di terribile divisione tra i popoli, la nostra comunità era un luogo di grande armonia”.
John C. Reilly aggiunge riguardo il suo personaggio, Eli Sisters: “Il personaggio di Eli Sisters mi ha colpito già dalle pagine del libro, per il modo in cui si muoveva: molta della narrazione del libro avviene attraverso i monologhi di Eli, e ho sentito che si instaurava una vera connessione”.
Il regista Jacques Audiard ha parlato dell’uguaglianza di genere durante la conferenza Stampa del film: “La domanda giusta è ‘I Festival hanno un sesso?’ E la risposta è sì. Sono 25 anni che frequento l’ambiente dei Festival con i miei film e non ho mai visto una donna. Al contrario, spesso mi capita di vedere sempre gli stessi uomini.
E non è una cosa che va bene.”
“Devo dire che, in questo periodo di terribile divisione tra i popoli, la nostra comunità era un luogo di grande armonia”.
Un’Ultima Cosa…
C’è molto amore, in questo film, anche se non in modo plateale (e la mancanza di relazioni romantiche e personaggi femminile potrebbe ingannare).
Si parla, però, di devozione per una donna lasciata alle spalle, che sia una madre o un’amante, di cameratismo che si dipana nei momenti di difficoltà come una bellissima foresta. E sicuramente c’è tanta fratellanza, la stessa che dà il nome al film.
Ciascuna delle declinazioni di un sentimento tanto complesso trova posto ed espressione tra un duello e una rissa da saloon, tracciando i contorni di un quadro emotivamente coinvolgente sullo sfondo dei paesaggi mozzafiato della California della metà ‘800, una terra in costruzione, ancora libera, avventurosa e selvaggia.
Voto su 5 Leoni (Venice Editon)