Pochi quotidiani, alcune riviste ed un gran numero di esperti stanno cercando di far arrivare la notizia ai ‘Potenti del Pianeta’ che la terra ha i giorni contati se continuiamo a maltrattarla come stiamo facendo da novant’anni a questa parte. Partendo dal dato di fatto che alcuni segni del prossimo tracollo sono visibili, questo ‘fatto di cronaca’ ha scatenato le fantasie (non così fantasiose, ahimè) di un buon numero di cineasti e sceneggiatori.
Da alcuni anni a questa parte, si è visto il fiorire di pellicole (quanto è vintage ed elegante usare ancora questo termine!) di ‘genere apocalittico’ o ‘post apocalittico’. Molti si sono cimentati nel provare a toccare con mano l’evento catastrofico e divertirsi a far giocare i personaggi delle loro storie con le macerie di un pianeta sconvolto, mostrandoci ancora una volta la potenza profetica delle forme d’arte.
Confesso di essere molto attratto da questi soggetti e riconosco che alcuni risultati siano molto efficaci.
The Road
_____
Voglio cominciare con “The road” (2009, John Hillcoat) perché trarre un film da un romanzo di Cormac McCarthy (che ha preso il Pulitzer per quest’opera) mi sembra un’ottima idea. Il film trasuda tristezza e desolazione di fotogramma in fotogramma ma è un ben diretto ed interpretato. La scelta delle location e le scene (di Chris Kennedy) sono bellissime: ci sono campi lunghi di pianure americane che fanno venire i brividi, distese di alberi caduti, case fatiscenti e scenari di devastazione naturale e artificiale che catapultano lo spettatore in una dimensione di crudo realismo molto vicina alla scrittura di McCarthy.
“CRUDO REALISMO”
Degni di nota sono la fotografia (di Javier Aguirresarobe) in perfetta sintonia con sceneggiatura e regia e i costumi (di Margot Wilson) molto efficaci per tutti i personaggi. La collaborazione tra questi tre settori rende il film un elogio al marrone in tutte le sue sfumature. L’ampia palette ha il pregio di far apparire un focolare (i due protagonisti hanno tratti in comune con il Prometeo della mitologia greca), un’abitazione, un’automobile o un tratto di mare come dei miracoli. L’ottima scrittura dona il giusto respiro alla desolazione del mondo catastrofico nel quale è di vitale importanza riconoscere i buoni dai cattivi. Per questo la scelta di far intraprendere il viaggio ad un padre e suo figlio è particolarmente azzeccata: il ragazzo è un preadolescente ancora senza cinismo o cattiveria che farà sue, senza moralismi o buonismi, gli insegnamenti del padre.
Snowpiercer
_____
“Snowpiercer” (2013, Bong Joon-ho) ha il pregio di essere tratto da una serie di fumetti francese ed essere diretto da un regista sud coreano alla prima esperienza di pellicola in lingua inglese, quindi siamo di fronte a culture e mezzi espressivi molto differenti in stretta comunicazione. Il soggetto è esaltante: dopo una catastrofica glaciazione gli unici esseri umani sopravvissuti vivono su un treno alimentato a moto perpetuo che attraversa un pianeta totalmente innevato e ghiacciato. Questo mezzo di locomozione presta il fianco ad una suddivisione fortemente gerarchica della società: in prima classe i ricchi, in terza classe i poveri (ricordiamoci il dipinto di Van Gogh).
“SUDDIVISIONE GERARCHICA”
La cruda suddivisione induce ingiustizie e bisogno di rivolta: una buona intuizione per la sceneggiatura è inserire dei misteriosi messaggi di rivolta che corrono di mano in mano sul treno, insistendo, quindi, sul concetto di ribellione per una giusta causa. Film non conosciutissimo in Italia, ha un ritmo serrato, un impianto epico, buoni effetti speciali oltre ad un cast stellare. A parte il protagonista Chris Evans (sempre poco espressivo Capitan America, ma anche stavolta hai portato a casa il film!), Tilda Swinton con uno splendido piccolo ruolo (qualcuno mi aiuti a trovare un fotogramma della sua filmografia in cui non sia superlativa), John Hurt, Jamie Bell e Ed Harris.
I Figli degli Uomini
_____
“I figli degli uomini” (2006, Alfonso Cuaròn) ancora tratto da un romanzo (di P. D. James, stavolta), punta l’attenzione su una società che rischia l’estinzione a causa dell’infertilità del genere umano. Accanto all’uomo più giovane del pianeta, venerato come una star (pienamente in stile mostro da talent show odierno) convivono orde di migranti, spesso catturati e tenuti in centri di detenzione al limitare delle città, che si spostano tra gli stati compiendo atti vandalici e contribuendo al degrado imperante. Il film punta l’attenzione sulla responsabilità dell’essere umano e sugli effetti che i suoi comportamenti errati hanno su sé stesso. Spicca la regia di Cuaròn, sempre ritmica e appassionata, in un film che complessivamente spaventa per la prossimità con la realtà quotidiana.
La Fine
_____
Netflix, negli scorsi mesi, ha sbandierato sulla sua home page “La fine” (“How it ends”, 2018, David M. Rosenthal). La catastrofe di turno è affiancata ad un microcosmo di problemi relazionali: i protagonisti sono lontani a causa del lavoro, il genero e il suocero non si sopportano, la figlia – sola e incinta – è nel bel mezzo della catastrofe, i suoi genitori non sono a conoscenza del suo stato interessante, insomma situazioni degne di un drammone che si sovrappongono ad una misterioso evento devastante. Questo forza alla convivenza padre e suocero (un Forrest Whitaker invecchiato ma sempre in gran forma) in maniera ovvia e quello che potrebbe essere un viaggio di formazione diventa un loffio passaggio di consegne, con la prevedibile riappacificazione dei due antagonisti. Dovrebbero esplodere conflitti, dovrebbe esserci tensione emotiva e dovrebbe esserci mistero ma il ritmo latita, la tensione cala, i dialoghi sono scontati e il culmine è un finale deludente. Due ore noiose per un road movie poco credibile: peccato.
Codice Genesi
_____
Un altro buco nell’acqua è “Codice Genesi” (“The book of Eli”, 2010, Fratelli Hughes). Denzel Washington è Eli, un uomo di cultura e fine esperto di spada ed armi da fuoco che viaggia per un’America desolata e in piena siccità in cui bande di criminali si spartiscono il potere. Armato di Bibbia e scimitarra ingaggerà una lotta violenta con il potente di turno (Gary Oldman) che si snoda tutta attorno al possesso dell’ultima copia esistente di quel libro che è considerato l’arma delle armi. Con citazioni western, tanta azione ed un’attenzione speciale all’importanza vitale dei libri, il tutto risulta poco marcante, entusiasmante solo in poche scene, peccando di un moralismo latente che impoverisce una vicenda che ha delle potenzialità (nonostante la presenza di Mila Kunis nel cast…).
Melancholia
_____
Concludo con due film che ho molto amato ma che trattano principalmente come prepararsi all’avvento di una catastrofe. Non posso non citare “Melancholia” (2011, Lars Von Trier). Come di ogni film del regista danese se n’è parlato fin troppo e sono ormai certo che il buon Lars faccia e dica tutto quello che fa e che dice proprio per provocarci. Ha scritto questo film dopo un suo periodo di depressione (l’ennesimo?), in cui la vicenda principale, che collega le due parti del film, è intima, misteriosa e profondamente conturbante. La seconda parte, intitolata “Claire”, è una riflessione lucidissima e saggia sull’imminenza di una catastrofe e sulle reazioni dei personaggi di fronte ad essa: impressi nei loro occhi e testimoniate nelle loro azioni ci sono molte vie possibili alla sopravvivenza, mentre il meteorite, inesorabile e dopo una finta magistrale, si avvicina di ora in ora all’impatto con la terra al ritmo di Wagner. Da vedere e rivedere.
Take Shelter
_____
Un altro film che ho amato molto e che si concentra su ciò che avviene prima è “Take Shelter” (2011, Jeff Nichols): voglio parlarne poco unicamente per incuriosirvi. Un uomo inizia ad avere incubi ricorrenti su una catastrofe planetaria in arrivo. I suoi sogni sono veri, verissimi e la loro potenza porterà il protagonista a costruire un rifugio antiatomico in giardino. Il film si regge su un’interpretazione magistrale di Michael Shannon (insieme ad un buon cast tra cui Jessica Chastain, Shea Whigham e Kathy Baker) capace di dare mille sfumature, tra primi piani intensi e dialoghi rarefatti, ad un uomo in lotta con un ossessione ma deciso, contemporaneamente, a proteggere la sua famiglia dai suoi incubi.
Il crescendo di tensione è ben orchestrato e non lascia tregua, la lotta di Shannon per nascondere ai propri cari le sue visioni è del tutto encomiabile: la forza drammatica del suo processo interiore ci consegna nelle mani un dubbio senza risposta che permette di apprezzare ancor di più l’intero film, avvicinando la psicosi del protagonista ad un quesito filosofico.
Ho saltato molti film, alcuni buoni ed altri meno buoni, volevo illustrare un breve compendio e rifletterci su. La mia impressione generale è che si tocchi realmente con mano la catastrofe, sia visivamente che emozionalmente, e lo sconvolgimento dei valori sui quali si fonda la società civile che ne conseguirebbe. Ancor più si percepisce l’atavica inadeguatezza del genere umano, incapace di riconoscere il valore della propria presenza sulla terra e il suo assurdo bisognoso di arrivare fino a raschiare il fondo prima di comprendere i suoi errori ‘apocalittici’.