Colette è una di quelle icone francesi che non passeranno mai di moda. Ora, Wash Westmoreland ha contribuito alla sua immortalità con l’omonimo film biografico “Colette“, interpretato magistralmente da, come è solita fare quando si tratta di film in costume, Keira Knightley.
La sfida di trasformare fisicamente Keira in Colette è stata colta dalla makeup artist Ivana Primorac; nella nostra intervista, Ivana ci ha svelato qual è stato il processo creativo dietro i look di Colette che cambiano nell’arco dei 3 decenni raccontati nel film: dai look della giovinezza in campagna alle più estravaganti mode parigine dettate da Colette stessa.
Come ti sei avvicinata al mondo del makeup e dell’hair design, prima in televisione con la BBC e poi nel cinema?
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Sono cresciuta in una famiglia che teneva molto alla preparazione accademica, in Croazia. Tuttavia, non volevo seguire le orme dei miei genitori in ambito giuridico, quindi ho pensato a lungo a cosa avrei potuto fare e, alla fine, ho realizzato che mi sarebbe piaciuto entrare nel mondo del Cinema. Sarei stata molto felice di poter lavorare in quest’industria con il makeup, ma non sapevo nemmeno che quel tipo di lavoro esistesse, e quindi mi ci sono voluti un paio di anni per scoprire cosa avrebbe comportato. Era una cosa che mi interessava molto, ma non sapevo nemmeno se avessi il talento necessario! Quindi ho voluto trovare un posto dove studiare, il migliore, e capire se fossi in grado di affrontare quella carriera: quel luogo per me è stata la BBC. All’epoca, a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, la BBC produceva i drammi storici più belli.
Si produceva anche molta commedia e hanno fatto un sacco di cose interessanti, ed è per questo che ho amato moltissimo lavorare per la BBC: così mi sono trasferita a Londra e ho lavorato per ottenere una posizione di apprendista all’interno degli studi televisivi. Così è iniziato tutto.
Hai maturato una grande esperienza in quanto a film d’epoca: c’è una ragione particolare? Cosa ti ispira particolarmente in un dramma storico?
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Ho sempre trovato i period drama più interessanti, perché si può imparare qualcosa sulla storia e sul modo in cui le persone si comportavano e vivevano durante un determinato periodo. Certo, i film moderni sono difficili perché devi dare agli spettatori informazioni sui personaggi attraverso il loro aspetto, ma con i drammi d’epoca si impara molto anche sul periodo storico in sé, e la storia mi affascina.
Il modo in cui i personaggi si comportavano e il modo in cui le persone guardavano la realtà è anche molto legato al tempo in cui hanno vissuto; inoltre, le tecniche utilizzate nel makeup erano molto diverse. Mi interessa imparare come si facevano le cose in passato.
“Mi interessa imparare come si facevano le cose in passato”.
Per esempio, nel caso di “Colette”, come hai gestito la ricerca storica? Qual è stato il processo?
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Con una sceneggiatura come “Colette prima di tutto, ci si deve gestire su un arco di tempo molto lungo.
Dipende dalle storie, ma in questa le cose cambiano notevolmente durante l’arco narrativo, ed è anche per questo che Colette diventa un personaggio così interessante: quando è nata il mondo era un luogo molto diverso da quello che conosciamo, viveva in una società patriarcale in Francia, in una famiglia di campagna dove le ragazze avevano ruoli specifici e certamente non erano incoraggiate a cercare lavoro. Quindi, con a disposizione una sceneggiatura come “Colette”, è stato davvero fantastico immergersi nella documentazione di quel periodo e apprendere di più sulla Francia dell’epoca. E poi Colette è una delle figure più importanti in Francia, ha avuto un’esistenza molto lunga e variegata. Noi ci siamo spinti solo fino ad un certo punto della sua vita nel film, ma lei ha continuato a fare cose incredibili e ha vissuto a lungo, è stata una presenza fissa nella società ed in particolare a Parigi. Quindi sì, ho provato a leggere il più possibile su di lei e su Parigi, sulla Francia e sull’Europa in quel particolare momento storico.
Durante il film, il personaggio di Colette si evolve anche visivamente, dalle romantiche trecce delle scene iniziali al taglio corto che le è stato imposto per assomigliare di più a Claudine e che è poi diventato espressione della sua libertà. C’è stato anche un confronto riguardo il look con Keira Knightley? Non è la prima volta che lavori con lei.
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Keira è la collaboratrice più straordinaria che potessi desiderare ed è anche l’attrice meno altezzosa che conosca. Nulla è il risultato del modo in cui vuole apparire sullo schermo, vuole solo ritrarre i personaggi nel modo corretto: quindi, in questo senso, è una gioia collaborare con lei. Ma per “Colette” è stato straordinario avere una documentazione particolarmente realistica, dato che erano disponibili delle fotografie, e non solo dipinti e letteratura d’epoca: il periodo era quello della nascita della fotografia e c’è una grande varietà di riferimenti fotografici che ritraggono la giovinezza di Colette con la sua famiglia, il luogo in cui è nata e poi tutta la sua vita con Willy.
É stato fantastico lavorare con le fotografie dell’epoca, con cui mi è stato possibile vedere il loro aspetto nella vita reale. Anche se, ovviamente, in quel periodo una seduta fotografica era un evento molto speciale e la gente si mostrava solo al proprio meglio; abbiamo dovuto interpretare un po’ le cose, far sembrare loro più “vissuti” e reali.
“Abbiamo dovuto interpretare un po’ le cose, far sembrare loro più ‘vissuti’ e reali”.
Abbiamo adorato i look molto leggeri e naturali e le acconciature, sempre in linea con gli abiti e l’atmosfera del film. Qual è stato il tuo look preferito da realizzare per questo film, se ne hai avuto uno?
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Ho adorato far sembrare Keira molto, molto giovane, e poi farla apparire progressivamente più matura. C’è questo momento particolare nella vita di Colette, a metà della sua esistenza, quando raggiunge Parigi: le forme dei vestiti sono uniche, le gonne erano un po’ più alte mentre poi andavano accorciandosi, la moda cambia e le acconciature delle donne diventano molto voluminose e appariscenti.
Ho amato la sfida che ha portato quel cambio di look: passare da una campagnola, dalla ragazza con lunghe trecce che Willy chiamava “fruste”, perché quando incontrò Colette per la prima volta la ragazza aveva delle trecce molto lunghe che gli ricordavano una frusta, alla giovane parigina che vestiva alla moda. In più tutte le donne avevano questi capelli molto ampi, voluminosi, che sono stati interessanti da realizzare.
Ma poi, quando Colette si taglia i capelli, nessuno l’aveva mai fatto prima: quella è stata una vera rivoluzione.
Quindi mi è piaciuta l’intera transizione del film, la possibilità di rendere tutti questi diversi look e di realizzarli con diverse trame e colori, mostrando così anche l’evoluzione e la maturazione del personaggio. Alla fine, Colette diventa più matura e il suo look si fa più severo, mentre all’inizio era molto dolce e giovanile.
“Ma poi, quando Colette si taglia i capelli, nessuno l’aveva mai fatto prima: quella è stata una vera rivoluzione”.
Ci sono state delle difficoltà particolari nel creare questi look?
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Onestamente, una vera sfida è stata quella di attenersi ai tempi nel creare i look per tutti i personaggi, ma in particolare quelli per Willy e per Colette. Dovevamo assicurarci di poter seguire la tabella di marcia e il film è stato girato solo in 8 settimane, in un giorno di riprese attraversavamo anche tre decenni.
Ho dovuto pianificare tutto in modo meticoloso, avevo tenuto conto di ogni minuto per i cambi, in particolare per Keira e per Dominic West. Dovevamo attenerci alle tempistiche, perché non ha senso progettare qualcosa di magnifico che magari necessita solo un’ora di preparazione: devi progettare qualcosa di cui sei felice ed orgogliosa, ma che può essere realizzato in quindici minuti perché non hai più tempo di quello che ti viene dato. E hai davvero solo un quarto d’ora quando lavori con Wash Westmoreland, che vuole passare la maggior parte del tempo sul set con gli attori. E gli attori stessi non vogliono stare seduti a farsi truccare o cambiare, vogliono recitare: abbiamo ottenuto tanti risultati ogni giorno.
Questo tipo di film avrebbe dovuto essere girato in 20 settimane invece che 8 e avremmo dovuto avere molte più risorse, ma amo accettare la sfida di un film realizzato con un budget minore – questo non era un film a basso budget di per sé, ma era certamente un budget inferiore rispetto a tanti altri.
Inoltre, credo che alcune storie non potranno mai essere raccontate a meno che non lo si faccia con il budget e le risorse che abbiamo: ho amato questa sfida, ed è stata la più grande. Provare, creare e progettare qualcosa che fosse fattibile e mettere a punto un sistema che funzionasse per tutti, in cui potevamo realizzare tutto in location e non dovevamo tornare indietro per il makeup.
Ho dovuto pianificare la cosa un po’ come un’operazione militare.
Come hai detto, una storia come quella di Colette ha bisogno di essere raccontata. Sapevi già qualcosa su di lei e cosa ne pensi del suo impatto sulla questione dell’empowerment, e dei movimenti di emancipazione femminile di cui si sta parlando molto oggi?
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Sì, è indubbiamente un momento interessante per questo film, che penso sia meraviglioso. Stavamo già raccontando questa storia prima del movimento “Me Too” e degli altri che conosciamo oggi e che penso abbiano davvero iniziato ad avere un impatto sulla società. Questo film in particolare è stato realizzato perché Wash era “ossessionato” da questa storia da anni, mentre io ero ossessionata da Colette a modo mio, perché ho molti libri che raccontano la Parigi degli anni ’30, amo gli artisti e i fotografi dell’epoca. Ne sono rimasta affascinata. E Colette in quel momento, che coincide con la fine della sua vita, era un personaggio visivamente molto interessante. Era piuttosto robusta e indossava una grande quantità di anelli, il suo caschetto corto e crespo era ancora più voluminoso e indossava moltissimo trucco nero.
Sono sempre stata interessata al motivo per cui Colette era sempre presente in ogni bar, in ogni ritrovo sociale e in ogni foto dell’epoca: ero affascinata da lei, ma non ho mai approfondito tutti i dettagli della sua giovinezza e certamente non avevo mai letto nessuno dei libri di Claudine.
Così, quando ho parlato con i miei amici che vivono a Parigi e lavorano nel settore, ho scoperto che erano entusiasti del progetto perché Colette è un’icona in Francia. La sceneggiatura ha poi aumentato il mio interesse.
“Sono sempre stata interessata al motivo per cui Colette era sempre presente in ogni bar, in ogni ritrovo sociale e in ogni foto dell’epoca”.
C’è un altro periodo storico su cui ti piacerebbe lavorare?
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Oh sì, ce ne sono molti.
Hai una lista dei desideri?
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Sì, certo che ho una lista dei desideri. Ci sono sicuramente dei periodi che mi spaventano molto e che in un certo senso mi bloccano, perché ho paura che sarebbero molto difficili da rappresentare correttamente, specialmente gli anni ’20 e ’30. Non ho mai lavorato molto su quel periodo, solo un paio di progetti riguardavano persone reali e non erano impegnativi, ma penso che sia il periodo più affascinante, in particolare in America e in Europa.
È stata un’epoca fantastica tra le guerre mondiali: era ricca di personalità decadenti, di alta moda, di capelli corti e di trucco, l’epoca di Man Ray e Picasso e tutti quegli artisti. Mi affascina davvero.
E poi mi piacciono anche epoche più antiche: sono stato abbastanza fortunata da lavorare con Jenny Shircore per anni e l’ultimo film che ho fatto con lei è stato “Elizabeth“, sono stata la sua assistente fino ad allora. Fare ricerca su quell’ambiente e periodo è stato fenomenale.
Quindi, direi che vorrei lavorare su qualsiasi cosa prima e dopo il 15esimo secolo: mi affascina perché, ancora una volta, le persone usano i capelli e il trucco per mutare il loro aspetto, ma anche per stare al caldo, dovendo comunque essere pratici. Perché esistono le parrucche? E perché gli uomini indossavano la parrucca o la acconciavano? Tutto il materiale che possiamo attingere in materia di makeup e stile ha un significato molto, molto profondo, che è anche correlato con il design dell’epoca e l’architettura.
Quindi, sì, ho una lista dei desideri e delle cose che vorrei fare.
Un film, del passato o del presente, che ami in particolare per l’acconciatura e il makeup?
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Uno dei miei film preferiti e il motivo per cui volevo lavorare nel makeup è “Amarcord” di Fellini.
Ancora oggi penso che sia uno dei migliori film in circolazione: è il mio film preferito perché Fellini gestisce molti personaggi e tutti risultano realistici, ma allo stesso tempo sono molto intensi. Ho deciso che avrei voluto lavorare nel makeup dopo aver visto questo film da ragazzina.
E poi “Amadeus” di Miloš Forman: è stato il primo film in cui ho pensato, “Chi ha creato Salieri? Chi è riuscito a trasformare questo giovane attore in un vecchio? E tutti gli altri?” Questi sono i due film che mi hanno portato ad essere dove sono ora.
Cosa riesce sempre a convincerti a prendere parte ad un progetto?
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Sono stata così fortunata da poter lavorare con dei registi che mi sono sempre stati fedeli, leali con il mio lavoro e che mi propongono sempre progetti molto interessanti. Di solito a convincermi è sempre un buon regista e la sceneggiatura.
Cosa ti riserva il futuro?
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Ho tre progetti molto interessanti sul tavolo, di cui non sono sicura al 100% ma che spero di riuscire a realizzare.
Uno di questi è un remake di un romanzo di Jane Austen, mentre l’altro è un remake di un vecchio film di Hitchcock. Spero di riuscire a realizzare entrambi i progetti l’anno prossimo. Sono entrambi film storici, ma trattano periodi molto diversi.