Consumatori e designer… Vi siete confessati?
Avete mai meditato sulle conseguenze delle vostre azioni, anche le più piccole e apparentemente insignificanti che potrebbero avere ripercussioni sul mondo in cui viviamo?
Siete ancora in tempo, siamo ancora in tempo.
Perchè c’è sempre speranza, c’è sempre il desiderio di fare meglio, ad essere migliori, per noi stessi, per gli altri e per l’ambiente circostante: a ricordarci l’importanza della riflessione sulle nostre abitudini quotidiani e sulle “influenze” da cui ci siamo fatti incantare, ci ha pensato il brand Freitag durante la Design Week di Milano. Con l’istallazione «UNFLUENCER – DE-SINNING THE DESIGNER», realizzata in collaborazione con l’artista George Lendorff, Freitag ci mette davanti a ciò che è buono e cattivo in materia di design oggigiorno, offrendo un punto di vista opposto ma sincero sul tema della bellezza, dell’uso primario di un oggetto e della sostenibilità.
A farci da guida d’eccezione in questo cammino spirituale, o meglio morale, è stato Daniel Freitag in persona, co-founder del brand: traendo ispirazione dall’esibizione circostante, dai suoi abiti biodegradabili e dal manifesto di Freitag a favore dell’economia circolare, Daniel ci ha illustrato tutti gli step di questo percorso di de-sinning (purificazione) volto a condividere la necessità di un cambiamento positivo, consapevole e rapido, lo stesso ideale che il brand Freitag propone con ogni sua creazine.
Consci del fatto che tutti siamo peccatori (Lui incluso, ha ammesso sorridendo), le parole di Daniel e la visita all’installazione ci hanno aperto ancor di più lo sguardo, portandoci a confessare e a ricominciare, in meglio.
Sostenibilità, design e creatività: quale credi sia la strada giusta per combinare questi elementi in modo sempre nuovo?
__________
Primo, considerate di avere torto, il che presuppone la necessità e la voglia di imparare per tutta la vostra vita.
Secondo, penso che si tratti di un gioco di squadra, della diversità e dell’avere processi e strutture organizzative che forniscono uno spazio per far cooperare le persone.
Terzo, avere uno scopo comune tra le persone che dovrebbero cooperare.
Penso che questi tre elementi siano la chiave per ottenere un processo costante.
Essendo in Design Week, in quale modo vorresti che si evolvesse la relazione tra design e sostenibilità in futuro?
__________
Ricordo di aver tenuto un discorso in una scuola di design, si parlava di design e di design sostenibile: per me, la sostenibilità deve essere parte del design, non c’è design senza sostenibilità. Penso che sia un obbligo per i designer e i creativi al giorno d’oggi non solo pensare all’uso primario, alla bellezza e alla funzione del prodotto, ma anche a ciò che succede dopo. A come si può portare l’oggetto in questione in un sistema circolare, e non deve nemmeno essere un prodotto, si può creare un servizio piuttosto; penso che ci siano così tanti approcci diversi al discorso della sostenibilità. Deve essere un obbligo per i creativi e designer tenere in considerazione quest’aspetto.
Dovrebbe essere un obbligo in tutti i settori.
__________
Sì, esatto. Non solo per il discorso marketing, dovrebbe essere una strategia di base per tutti i brand e le aziende. Da qui poi è possibile costruire l’immagine del brand, l’estetica, ma questo è il secondo strato, mentre quello iniziale dovrebbe essere la sostenibilità secondo me.
“Per me, non c’è design senza sostenibilità”.
L’esibizione si intitola «UNFLUENCER – DE-SINNING THE DESIGNER»: che cosa rappresenta per te la sincerità del confessare i propri errori e peccati in una società così frenetica? Qual è il fine della confessione?
__________
Prendiamo seriamente questo discorso ma non troppo, o meglio, siamo seri a riguardo ma non in modo grave. La Milano Design Week è incentrata sulla bellezza, sui prodotti belli, sull’estetica e sul bel design, e quindi abbiamo pensato che se avessimo fornito un approccio opposto, parando dunque dei peccati di progettazione, sarebbe stata una prospettiva interessante. Credo che non spetti a noi fare i moralisti e dire ciò che è giusto o sbagliato, volevamo semplicemente fornire uno spazio in cui tutti possono riflettere da soli su ciò che credono essere buono o cattivo.
Ecco perché la nostra esibizione è divisa in tre zone: la prima è il momento in cui “de-influenzi” te stesso, e l’installazione di luce di George Landorff serve a perdere ogni prospettiva: non si ha più la sensazione di spazio e di tempo, rappresenta il momento in cui si rallenta; subito dopo, ed è una parte piuttosto sperimentale, c’è una cabina per la confessione: giochiamo col sistema commerciale in cui si prende un biglietto e si aspetta il proprio turno per essere chiamati nel confessionale, come all’ufficio postale.
Abbiamo cercato di introdurre un sistema di apprendimento tipico degli ambienti commerciali rendendolo una componente divertente della confessione. Fondamentalmente uniamo le persone, a volte funziona, a volte non arriva nessuno e altri ancora entrano per poi uscire subito. Ho visto gente confessarsi per 10 minuti, stavano sicuramente avendo una lunga conversazione; di tanto in tanto entro anche io solo per conoscere delle persone in modo causale, parlando con loro di cosa sia il giusto e non nel design.
Mentre la terza parte prevede l’azione: si può marchiare la propria borsa, anche su quella vostra di un altro brand o su quella in lino semplice di Freitag che vi diamo noi, un messaggio per portare la discussione lungo le strade di Milano.
“UNFLUENCE” YOURSELF
CONFESS YOURSELF
BRING THE DISCUSSION
OUT ON THE STREETS
BY WEARING A STATEMENT YOURSELF
Cosa vorresti che le persone “confessassero”, o meglio che ammettessero dopo la visita all’installazione?
__________
In realtà, non mi interessa. (ride)
Quel che conta è l’atto della confessione.
__________
Esattamente. Penso che si tratti di riflettere su quali siano i nostri standard personali. Noi forniamo alcune idee, da Freitag abbiamo i nostri principi e per questo abbiamo creato una sorta di “manifesto del design” in 9 punti; il punto 10 recita: “Per favore aggiungi qualcosa” perché sentiamo di essere in errore (ride). Potreste avere un suggerimento su come allungare il manifesto o su cosa dovremmo scrivere: abbiamo cercato di fornire alcuni input/impulsi per meditare.
Si tratta di un’economia circolare, di condivisione, di design del servizio, di compatibilità dei sistemi modulari e di lunga durata, di durabilità e anche, come ho detto prima, di rallentare e di vincere la corsa contro il tempo.
Dando questa libertà e la possibilità di esprimersi, si può avere una visione più completa riguardo il tema.
__________
Sì, alla fine non so cosa sia la verità, ma sicuramente stiamo realizzando che, in qualche modo, dobbiamo cambiare. Penso che il sistema della moda, che prevede la vendita fast fashion due, quattro, sei volte all’anno, non stia seguendo la giusta direzione. Quindi, in realtà, serve a far pensare: “Ok, quanto mi servono le cose che ho? Sono davvero rilevanti per me o devo cambiare la mia vita?”. Penso che sia una discussione che tutti dovrebbero fare. Alcune persone sono felici con un centinaio di oggetti nella loro vita, altre hanno bisogno di molto di più, penso che non ci sia una visione giusta o sbagliata, ma dovremmo esserne consapevoli.
Parlando di moda, abbiamo visto al press day i nuovi abiti in tessuto biodegradabile…
__________
Li indosso proprio ora: i miei pantaloni, la mia giacca, l’unica cosa che non puoi buttare via sono i bottoni, ma puoi riutilizzarli per altre giacche, quindi probabilmente il bottone sopravviverà alla giacca o addirittura a me (ride).
Da dove nasce l’idea?
__________
Si tratta di un pensiero profondo. Devi pensare alla tecnosfera: ad esempio, questo legno (indicando la panchina dove è seduto NDR) può biodegradarsi, quindi se diventa vecchio diventa più bello, mentre se si danneggia si può buttare nella natura e lasciarlo lì, basta non aggiungere qualche sostanza chimica. Sotto c’è un po’ di metallo, dovrebbe essere di alta qualità, si può assemblare facilmente e riutilizzare. Ci sono alcuni oggetti con cui è molto più difficile raggiungere questo risultato, per esempio con i tessuti, per la combinazione di fibre artificiali e naturali: se li metti insieme non puoi semplicemente separarli dopo, e per questo credo che tutti i prodotti dovrebbero essere fatti con la consapevolezza del concetto di tecnosfera e biosfera, devono essere combinati molto abilmente in modo da poterli riusare dopo l’uso primario.
Questo è un principio del design, ma è davvero difficile ottenere delle buone soluzioni, richiede un sacco di sforzo per rendere il risultato finale il più semplice possibile: come questo bottone a vite (riferendosi alla sua giacca NDR), non esisteva prima; voglio dire, ci sono milioni di bottoni sui nostri abiti e non ce ne era uno che si potesse avvitare, così lo abbiamo inventato. Non si tratta di salvare il pianeta con la quantità di questi bottoni prodotta, è il pensiero alla base che conta, il momento educativo di avvitare un bottone alla giacca, penso che così facendo si impari qualcosa su questo concetto circolare.
“Non si tratta di salvare il pianeta con la quantità di questi bottoni prodotta, è il pensiero alla base che conta, il momento educativo di avvitare un bottone alla giacca, penso che così facendo si impari qualcosa su questo concetto circolare”.
Cosa suggeriresti per rendere la sostenibilità uno stile di vita invece che un semplice trend?
__________
Le persone che percepiscono questo argomento lo vedono anche, non è una semplice tendenza che va e viene. Penso che non appena lo capisci, realizzi che c’è bisogno di tenerlo a mente sempre, e che puoi costruirci sopra i trend. Non si tratta di una dichiarazione di marketing, di un semplice “Siamo un marchio sostenibile”. Questo è fondamentale, e da questa consapevolezza cerchiamo di realizzare bei vestiti, di fare una borsa personale, di creare accessori funzionali, e credo che questo sia il vero lavoro di progettazione, ossia costruire un’immagine a partire da una base sostenibile. Per quanto riguarda la nostra etica, nata 25 anni fa, non abbiamo parlato per primi di sostenibilità, piuttosto parliamo di individualità, di funzionalità, di impermeabile, di lunga durata e l’ultimo messaggio è: “Hey, tra l’altro, è riciclato” o “Hey, a proposito, è biodegradabile”. È così che lo vediamo, si tratta del “cosa”, si tratta del “come”, e alla fine si tratta del “perché“.
Cosa significa creatività per te?
__________
La creatività è un linguaggio, una forma di espressione, e penso che si debba usare la propria lingua per condividere le proprie dichiarazioni, per rendere i pensieri visibili, sia con parole, disegni o oggetti. Credo che la creatività
sia un modo per esprimere se stessi e per comunicare con il mondo circostante.
Credits Cover Picture: Das Bild.
Credits Pictures: Claudia Zalla and Peter Hauser.