Quando abbiamo incontrato Alessio Lapice una cosa ci è stata subito chiara: è una persona intensa, forte e ambiziosa. La sua passione per la recitazione e il suo modo di esprimerla ci ha travolti e, data l’uscita de “Il primo re” a gennaio, abbiamo potuto sviscerare ogni aspetto: tra difficoltà e bellezza.
Cinema, Serie TV e Cortometraggi, Alessio non si preclude niente: ogni esperienza, ogni regista ti lascia qualcosa. Nel 2017 è sbarcato al Lido di Venezia, in occasione della 74ª Mostra internazionale d’Arte cinematografica per presentare “Nato a Casal di Principe”, quest’anno ci ha riportato, nel ruolo di Romolo e al fianco di Alessandro Borghi nel ruolo di Remo, agli albori della nostra storia e della nostra lingua con “Il primo re” diretto da Matteo Rovere e girato in protolatino. Film che ad oggi, gli è valso una nomination come Miglior attore non protagonista ai Nastri d’Argento.
A breve lo ritroveremo sul piccolo schermo ne “Le avventure di Imma”, nei panni di un ragazzo che dalle campagne si trasferisce in città e che vede la sua innocenza scontrarsi con una realtà mai vista prima e che Alessio ha affrontato come qualcosa di completamente nuovo rispetto ai suoi ruoli precedenti, usando come sempre l’arte dell’osservazione.
Qual è stata quella cosa che ti ha fatto innamorare del cinema, quando hai iniziato?
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Per me è stato un percorso, è qualcosa che si scopre, come se si scoprissero dei lati degli esseri umani, di te stesso, è un po’ come scoprirsi sempre di più. Forse questa è la cosa che mi ha fatto innamorare, il fatto di trovarmi ogni volta in un percorso o viaggio nuovo, con degli aspetti che non conoscevo. Questa scoperta e l’alimentare la propria curiosità è la cosa più bella che ti può dare questo lavoro.
Ti ricordi il primo giorno sul tuo primo set?
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Mi ricordo che sono entrato e guardavo tutti fisso, c’erano sempre persone che correvano avanti e indietro in questi corridoi di una villetta dell’800 dove stavamo girando, tutti correvano con i loro vestiti da set. Io mi nascondevo dietro lo stipite di una porta perché volevo un po’ capire cosa stesse succedendo, un po’ volevo capire chi fossero tutte queste persone dato che nella mia mente mi aspettavo di vedere solo regista ed attori. Ero attento, parlavo poco e mi ricordo appunto il mio sguardo fermo.
“Per me è stato un percorso, è qualcosa che si scopre…”
È passato qualche mese dall’uscita al cinema de “Il primo Re”, ma deve essere stata un’esperienza pazzesca. Quanto ti ha lasciato?
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Nel mio mestiere è la cosa più bella che potessi fare, è tutto quello che ti immaginavi di fare prima di iniziare a fare questo lavoro: la costruzione, la creazione, i personaggi, come lavorare sul corpo, sulla fisionomia e sulla storia. Ti porta in un altro mondo.
Questa creazione è tutto quello che un attore spera ed immagina quando inizia.
A livello fisico, la preparazione, la lingua: quale è stata la cosa più difficile da affrontare?
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C’ero io da una parte e poi c’era Romolo, l’Alessio che stava in mezzo a questi due era la persona che prendeva botte da tutti, doveva cercare di mettere insieme queste due persone. Sicuramente la parte fisica è stata dura: alimentazione precisa, dormivamo pochissimo, forse 5 ore a notte, 4 ore di trucco ogni mattina, fango, freddo. In più devi cercare di essere molto presente in tutti questo, dovevi stare attento ogni secondo perché dovevi fare queste “coreografie”, girarti e fare delle mosse ma non sei solo tu, devi incastrarti con tutti gli altri. C’era anche un grande fidarsi l’uno dell’altro, noi facevamo i combattimenti con la spada che non faceva proprio bene se te le lanciavi addosso. Eravamo un gruppo molto unito, condividevamo delle notti estreme.
La prima battaglia è stata assurda, eravamo in una cava di zolfo enorme, in cui avevano messo acqua, fango e pietruzze e ci lanciavano lì. C’era poi il momento in cui nel film io sono svenuto e dovevo stare disteso immobile nell’acqua, faceva molto freddo con il drone sopra che muoveva l’aria e “non dovevo respirare”. Poi vai a casa e ti mangi la tua insalata scondita [ride].
Tutto questo fa parte di un percorso che mi ha lasciato tantissimo. Rispetto alla difficoltà del latino di cui mi chiedono tutti, che è stata una prova iniziale, ho sicuramente trovato più difficoltà nella prova fisica.
“C’ero io da una parte e poi c’era Romolo, l’Alessio che stava in mezzo a questi due era la persona che prendeva botte da tutti, doveva cercare di mettere insieme queste due persone”.
In quale altra lingua vorresti recitare adesso?
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Mi piacerebbe un sacco lo spagnolo, è una lingua che mi piace tantissimo. Amo gli spagnoli, la Spagna e lo spagnolo. Mi piacerebbe però fare anche altri progetti in inglese.
Cosa ci puoi dire invece del tuo ruolo nella serie tv “Le avventure di Imma”?
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È un personaggio totalmente diverso dalle cose che ho fatto negli ultimi tempi. È un personaggio molto più acerbo, ingenuo, pulito, che viene dalla campagna del Sud, è puro, un prato verde. Traferendosi e andando in città incontra una parte di esseri umani che è diversa da lui e dovrà imparare a crescere. È ambientato in Basilicata e a Roma. Racconta appunto di questi gialli di Mariolina Venezia dove ogni puntata è un caso. È stato diretto da Francesco Amato e il bello è che ogni cosa è raccontata in maniera molto viva, non voleva fare il solito giallo, con i tipici personaggi. È una serie che è ricca di sfumature.
Ero molto curioso di entrare in una storia e in un personaggio come Calogiuri, la sua innocenza da bambino e tutte le sue sfumature che muteranno.
Hai finito di girare da pochissimo un cortometraggio, “Rising Heartbeats”, in lingua inglese, cosa ci puoi raccontare?
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Per me è stato davvero bello, bellissimo. Breve. Non avevo mai fatto una cosa in tempi così brevi: anche se una settimana alla fine mi è sembrata lunga, intensa, perché raccontava dei sensi. Parla di questa società in cui gli obbiettivi hanno preso il sopravvento e tutti si dimenticano chi sono e si diventa come dei robot. Anche il mio personaggio ha cancellato la sua vita precedente per essere quello che è oggi. Poi scopre, assumendo una sostanza, il suo mondo precedente e il fatto che non stava più vivendo, scopre di potersi riscoprire e riscoprirsi, sente il battito del suo cuore di nuovo.
Quali sono invece i consigli che daresti ad altri che vogliono fare il tuo percorso, che stanno iniziando?
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Penso che una cosa che può aiutare è pensare che quello che fai tu direziona le tue possibilità e la tua vita. Quello che ti è intorno è un palco di cose e persone che osservi e che vedi, ma non influenzerà mai quello che fai tu, quello che fai tu è tuo e ci sei tu. Piuttosto, quello che c’è intorno, può essere uno specchio di creatività e non di giudizio. Credere in quello che ci circonda come se facesse parte di te. A volte tendiamo a vedere le cose negative e quindi questa cosa fa sì che influenzi quello che facciamo noi, ma quello che fai tu, sarà sempre e solo tuo.
“Quello che ti è intorno è un palco di cose e persone che osservi e che vedi, ma non influenzerà mai quello che fai tu, quello che fai tu è tuo e ci sei tu”.
C’è un attore o un regista con cui ti piacerebbe lavorare in particolare?
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Ogni regista con cui ho lavorato mi ha lasciato qualcosa che non conoscevo. Ce ne sono tanti di registi con cui vorrei lavorare ma mi ricordo di un film che ho visto quando ero piccolo al cinema, avevo 10 anni. Si chiama “Malèna” di Giuseppe Tornatore e mi ricordo la scena in cui vengono tagliati i capelli di questa donna in mezzo ad una piazza, in un modo brutale, mi è rimasto sempre impresso. Quindi direi Tornatore.
Un attore? Matthew McConaughey.
Un epic fail sul set?
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Durante le prove de “Il Primo Re”, dovevo dare due schiaffi ad uno degli stunt. Prima a destra e poi a sinistra ma ho sbagliato e gli ho dato prima quello a sinistra e poi quello a destra quindi lui è rimasto immobile. Mi ha guardato dritto negli occhi, era rosso, gli è uscita una lacrima, non fiatava. Mi ricordo che mi sono sentito troppo in colpa, gli ho comprato una barretta, un caffè. Mi è rimasta impressa questa scena, tutti in silenzio e tutti si sono girati. Poi ovviamente sono situazioni che succedono in un set del genere.
“Ogni regista con cui ho lavorato mi ha lasciato qualcosa che non conoscevo”.
Tu scrivi? O ti piacerebbe scrivere o dirigere qualcosa in futuro?
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Scrivere mi piace tanto. Non so se e quando mi deciderò ad usare alcune cose che ho scritto. Dirigere la trovo una cosa bella, affascinante, fortissima. Non so se riesco a dirti oggi se lo farò, al momento ci devo pensare ma mi piace tanto. Sono tutte cose collegate alla fine. L’idea di sedermi adesso non mi va, ma mi piacerebbe tantissimo.
Un Film che hai visto ultimamente e che ti è piaciuto molto, che ti è rimasto in qualche modo?
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Ho visto da poco “Room”. Che film. Ero in imbarazzo e dicevo: “Questi sì che hanno fatto un film, gli altri esseri umani non ne hanno mai fatto uno”. È uno dei più bei film al mondo secondo me: sceneggiatura fortissima. Un altro film che mi è piaciuto è “Cafarnao – Caos e miracoli”, molto bello: parla di un bambino profugo che riesce a scappare dal campo profughi e in realtà la storia ha tratti autobiografici della regista e dell’attore, poi è un film libico girato in Libia: è più un miracolo che un film!
“Dirigere la trovo una cosa bella, affascinante, fortissima”.
E invece come serie TV?
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Come serie TV, mi piacciono molto “Peaky Blinders”, “Stranger Things”, “La casa di carta”. Anche “Élite” mi è piaciuta molto, ci sono molte tematiche forti ed è molto attuale. Poi “Ozark” è pazzesco, è un manuale di sceneggiatura. Guardi “Ozark” e impari tanto. Non sarà esplosivo visivamente ma ci sono dei personaggi perfetti, che hanno degli obbiettivi precisi, è incredibile: sono proprio degli esseri umani. Quindi scelgo “Ozark”!
I tuoi prossimi progetti?
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Troppo presto per parlarne, ma ci sono.
Credits:
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup & Hair by Chantal Ciaffardini.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Thanks to Factory4 Pr.
Look 1: Total Look Trussardi.
Look 2: Total Look Missoni.
Look 3: Total Look Missoni.
Look 4: Fay Coat.