Adrien è un attore di 27 anni che vuole dare una svolta alla sua carriera e alla sua vita: è un tipo bizzarro, sbadato, che ti fa ridere e al tempo stesso impietosire, che fa audizioni per film di cui non ha letto nemmeno la trama, che sa così poco di sé stesso da entrare in panico anche quando non ne ha alcun motivo e, a volte, con conseguenze estreme.
Adrien è il protagonista di “Mes jours de gloire” del regista francese Antoine de Bary, presentato a Venezia 76 nella sezione Orizzonti; ad interpretarlo, Vincent Lacoste, che ci ha raccontato della sua esperienza nel mondo del cinema, delle sue fonti di ispirazione e dei suoi progetti futuri.
Hai esitato quando hai scoperto che avresti interpretato un perdente, uno giovane che prende il Viagra?
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[Ride] Bella domanda per rompere il ghiaccio! Comunque no, il film non è solo quello. Io l’ho trovata una storia molto interessante, mi piacciono le commedie deprimenti e penso che questo film faccia parte di quella categoria. Avevo già lavorato con Antoine [de Bary] per un cortometraggio e il personaggio che interpretavo era molto simile, non del tutto, ma quel corto era quasi il preludio di questa storia, quindi ci tenevo a lavorare di nuovo con lui, perché penso che sia e che sarà un grande regista. Adoro i personaggi disagiati e le persone disagiate, e adoro i perdenti dei film, quindi volevo interpretarne uno.
” Adoro i personaggi disagiati e le persone disagiate, e adoro i perdenti dei film, quindi volevo interpretarne uno!”
Tu e il tuo personaggio avete qualcosa in comune? Hai mai provato le sue stesse paure, insicurezze, paranoie?
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Sì! La sua vita è abbastanza diversa dalla mia, ma mi ci identifico e, soprattutto, lo capisco, credo che rappresenti delle difficoltà che molte persone vivono, quella di diventare adulti, per esempio, senza riconoscersi e sapere chi si vuole essere, quella è una fase difficile della vita di tutti, quindi sì, mi ci identifico in lui. Penso che abbia qualcosa di Antoine, qualcosa di me, qualcosa di Elias [Belkeddar], lo sceneggiatore e produttore, ha qualcosa di tante persone che conosciamo; è un personaggio commuovente, un ragazzo sensibile che non sa comunicare con gli altri e quello è un problema grosso anche per me, sebbene io non sia ai suoi livelli; tutti noi abbiamo difficoltà, a volte, a comunicare con i nostri amici, con la nostra famiglia, con la nostra ragazza o ragazzo, e questo può arrivare a farti scoppiare.
Il tuo film ti ha fatto venire il mente altri film che hai visto, con personaggi simili?
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Credo si ispiri a molte commedie italiane e ai film francesi degli anni Settanta, le commedie sui perdenti. Antoine voleva fare un film cupo, un film su una storia triste e non è un grande dramma, ma un film che parla della depressione di un ragazzo; non è una commedia, anche se abbiamo voluto dare un tocco comico alla tristezza della storia.
Hai fatto ricerche sull’ambiente della clinica psichiatrica, o hai parlato con persone che hanno gli stessi disturbi del tuo personaggio prima di cominciare le riprese?
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No, in realtà no, perché il personaggio è uno che si tiene tutto dentro ed è sensibile sin dall’inizio, quindi il suo arrivo in ospedale è solo la conseguenza naturale della traiettoria che la storia segue. Quello che accade è naturale, quindi, la situazione non può che precipitare ad un certo punto. Per costruire il mio personaggio ho semplicemente cercato di capirlo, di sentire la sua complessità.
“Per costruire il mio personaggio ho semplicemente cercato di capirlo, di sentire la sua complessità”.
Quando fai le audizioni segui una strategia particolare o lasci spazio anche all’improvvisazione, come fa il tuo personaggio?
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Non so, penso sia impossibile sentirsi a proprio agio quando si fanno le audizioni, perché non sei tu quello che sceglie, ma sei quello che vuole essere scelto, quindi è sempre abbastanza stressante; ma io imparo le battute a differenza di Adrien [ride]. Non faccio più molte audizioni, adesso, anche se c’è sempre e comunque gente da convincere.
Ti ricordi ancora quando i tempi in cui i provini sembravano essere interminabili? Non è facile essere un giovane attore, immagino…
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A dire il vero, ho cominciato a fare film per caso. Ero alla mensa della mia scuola, stavo mangiando, quando è arrivata una signora che ha cominciato a distribuire degli annunci per un casting; io ci sono andato e mi hanno scelto, quindi questa è la storia, non ho dovuto fare tanta fatica, non avevo studiato recitazione o cose così. Poi ci sono andato a scuola di teatro, perché mi sono reso conto che c’era tanta competizione, che siamo in tanti a voler fare gli attori, anche se una buona dose di fortuna è importante.
“Penso sia impossibile sentirsi a proprio agio quando si fanno le audizioni, perché non sei tu quello che sceglie, ma sei quello che vuole essere scelto”.
Com’è cambiata la tua vita in seguito a questo successo così improvviso?
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In realtà non è cambiato molto, dopo il mio primo film. Sono semplicemente tornato a scuola. Non avevo nemmeno più ragazze di prima intorno, perché nel film interpretavo uno che cercava di uscire con le ragazze, ma faceva tanta fatica, era parecchio brutto [ride]. Non era un personaggio bello, romantico, era un vero perdente; io avevo 16 anni e le ragazze a quell’età non volevano uscire con “il perdente del film”, quindi non ho avuto tanto successo [ride].
Prima hai parlato di film italiani e francesi; ne hai visto qualcuno in particolare prima di iniziare le riprese?
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Sì, sono un grande fan del cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta, in più io e Antoine siamo molto amici e avevamo più o meno gli stessi punti di riferimento, siamo entrambi grandi fan di Dino Risi, Vittorio De Sica e Cristina Comencini. Io adoro la commedia italiana e penso che rappresenti uno dei migliori periodi della storia del cinema. Antoine si è lasciato anche ispirare dalla musica e dall’atmosfera di quei film, infatti nel nostro c’è musica brasiliana e poi pigrizia e tranquillità che aleggiano nell’aria contemporaneamente.
“Sono un grande fan del cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta…”
Ti piace fare commedie? È un genere che ti diverte?
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Sì! Ho recitato in diversi drammi, di recente, ma adoro le commedie; i drammi spesso diventano troppo deprimenti. La commedia può venir fuori da qualunque situazione, secondo me, e mi piace mettere un pizzico di commedia anche nei drammi, perché una grande storia tragica senza un po’ di umorismo è dura da reggere, mentre io preferisco i drammi che hanno anche momenti divertenti.
Cosa stai facendo adesso, stai lavorando a qualcosa in particolare?
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Sì, sto girando un film in costume, il che giustifica le mie basette! È un adattamento del libro di Balzac “Illusioni perdute” e il regista è Xavier Giannoli; io interpreto una specie di giornalista satirico nel XIX secolo e mi sto divertendo un sacco, adoro i costumi, era un periodo molto elegante.
Tu e Antoine avete in programma di lavorare di nuovo insieme?
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Sì, abbiamo cominciato a discuterne, ma lui non sa ancora di preciso di che film potrebbe trattarsi, non ha ancora le idee molto chiare, è difficile ricominciare tutto daccapo.
Com’è stato recitare con Christoph Lambert nei panni di tuo padre? Ti ha dato qualche consiglio?
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Non proprio, non è quel tipo di persona, ma è stato molto divertente lavorare con lui, è un tipo divertente, è molto intelligente e amichevole, quindi è stato un onore recitare al suo fianco. Abbiamo improvvisato molte scene, lui adora improvvisare, e in più io sono praticamente cresciuto con i suoi film: tutti abbiamo visto “Highlander” immagino!
Photos by Johnny Carrano.