“Il Diritto di Contare” è una storia di genialità, è una storia di perseveranza, forza e di superamento di ostacoli: il trio femminile protagonista del film ha superato le barriere di genere, di professione e di razza, oltre ad aver ispirato generazioni a continuare a sognare sempre più in grande. Ted Melfi (noto anche per aver diretto “San Vincent”) narra la vera vicende che è avvenuta dietro una delle operazioni più magnifiche nella storia dell’umanità: il lancio dell’astronauta John Glenn in orbita. Il film è ambientato negli anni ‘60, durante i quali gli Stati Uniti erano in corsa contro la Russia per essere i primi a portare un uomo nello spazio; il cuore pulsante di questo risultato sorprendente era composto da tre donne determinate: questa è la vera storia mai narrata di Katherine G. Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer, nominata agli Oscars per questa performance) e Mary Jackson (Janelle Monae).
Tre brillanti afro-americane che lavoravano presso la NASA, che cosa poteva esserci di più provocativo durante quegli anni? Nella febbrile concorrenza della corsa allo spazio, ciò che spicca maggiormente è il lavoro affascinante di queste eroine che hanno permesso, grazie alle loro straordinarie capacità, il lancio di un uomo nello spazio e soprattutto di farlo tornare a casa sano e salvo.
Venivano chiamate “cervelli umani“, erano delle grandi matematiche: le attrici che hanno vestito i loro panni hanno dichiarato che è stato davvero difficile da imparare e ripetere tutta quella roba tecnica e matematica: la Henson ha affermato che memorizzava e imparava le battute come si memorizza una coreografia, perché non è “uno scienziato” e per questo motivo tutte le parole e i concetti specifici del settore erano particolarmente complessi da assimilare. La Monae, in un’intervista, ha espresso la pressione che tutte loro hanno percepito nei confronti dello script e dei personaggi: “A volte [nel film] veniamo trattate come oggetti, ma queste donne sono state le dirette responsabili del sicuro viaggio di ritorno di Glenn“. Nella stessa intervista, le tre attrici ha affermato di aver lavorato insieme per un lungo periodo di tempo, e per questo motivo sono arrivate a chiamarsi l’un con le altre “sorella“: insieme si sentivano molto più forti, nell’affrontare il ruolo più importante della loro carriera.
Quando Taraji Henson venne chiesto se conoscesse la storia rispose che non aveva assolutamente nessuna idea di quello che era accaduto, ma fin dal primo momento in cui vide il plot ha affermato: “Questo divenne il mio personale progetto. Mi dicevo ‘Devo fare questo film’”. La Spencer, dal suo canto, pensava che si trattasse di fiction: “E’ una vergogna che queste donne siano state estromesse dagli annali storici. Sono emozionata dal fatto che finalmente il mondo conoscerà i loro nomi”. Infatti, uno degli hashtag ufficiali lanciati per il film è #NotHiddenAnymore: esso esprime pienamente lo spirito della pellicola e propone una profonda riflessione per coloro che non avevano mai sentito parlare di Katherine, Dorothy o Mary. “Non rimarranno più all’oscuro”.
Anche Pharrell Williams ha dimostrato il suo entusiasmo per il progetto: il cantante ha prodotto, tra gli altri, il soundtrack del film, Isn’t This the World. Pharrell ha rivelato il suo grande interesse dicendo semplicemente: “Ecco le variabili: tre donne afro-americane, matematica, scienze, NASA. Come posso non mettere tutto me stesso per far parte di questo progetto?”.
Personaggi particolari e unici, recitazione stellare e soundtrack ispirato: questo è il segreto per un film di grande successo, una biopic che, per i temi e le personalità descritte sembra quasi un semi-documentario. Una finestra diretta sugli eventi storici, ma anche una stupefacente prova di intrattenimento. Nessuna sorpresa, quindi, quando “Il Diritto di Contare” ha vinto ai SAG per l’incredibile performance come Best Ensemble: la forza delle tre donne si può percepire attraverso lo schermo, l’energia e la costanza di coloro che vogliono dimostrare quello che valgono in un ambiente sessista e razzista.
Il film rappresenta uno stimolo non solo per le donne, ma anche per tutte quelle persone che hanno un sogno nel cassetto e che pensano che il mondo non riuscirà mai ad accettarle: non devono smettere di fare quello che sanno fare meglio, perché prima o poi l’apprezzamento ripagherà tutto il duro lavoro e i sacrifici.