Con un seguito di oltre 1 milione di followers, la pagina Instagram @accidentallywesanderson (AWA) è, ad oggi, tra i profili social preferiti (e più menzionati) dagli utenti di tutto il mondo. Per chi non lo conoscesse, il feed, creato nel 2017 dai coniugi Wally e Amanda di Brooklyn, condivide giornalmente con i suoi seguaci fotografie di paesaggi, edifici e ambientazioni che ricordano l’estetica tipica dei film di Wes Anderson, dominata da colori pastello, perfetta simmetria e un senso di equilibrio indistruttibile.
Un piacere per gli occhi: quiete, eleganza e armonia nella sua forma più pura accomunano non sono la collezione di istantanee di AWA, ma anche tantissimi altri scatti dallo spirito simile che circolano sui social con l’immancabile hashtag #accidentallywesanderson. Tralasciando la questione del potere dei social media e dell’importanza del “virale” nella società moderna, va riconosciuto che il regista Anderson e i suoi DOP e scenografo di fiducia, Robert Yeoman e Adam Stockhausen, sono riusciti davvero a conquistare il mondo attraverso la loro arte cinematografica, stabilendo un vero e proprio paradigma estetico. “Cos’ha di tanto affascinante la fotografia dei suoi film?”, si starà domandando chi di voi non ne ha mai visto uno. Lo stile andersoniano può essere riassunto nell’espressione: “esteticamente piacevole”.
Vi è mai capitato di trovarvi di fronte a qualcosa, che sia un luogo, un oggetto, o una persona, di posarvi lo sguardo e di non riuscire a distoglierlo perché ammaliati da una misteriosa forza che vi cattura gli occhi, la mente e lo stomaco? E il tempo pare fermarsi, e voi sentite la forma più pura di gioia attraversarvi gli occhi, accarezzarvi le guance, e infine entrarvi nel cuore? È in momenti simili che si è sopraffatti dalla bellezza. I film di Anderson hanno un effetto molto simile sugli spettatori che riescono a cogliere l’armonia delle proporzioni e l’equilibrio tra ogni singolo elemento costitutivo di location e fotogrammi. Pensate agli esterni e interni dell’albergo in “Grand Budapest Hotel”, o all’inquadratura di Suzy col binocolo sulla torre di comando in “Moonrise Kingdom”: simmetria e armonia cromatica perfette, un vero piacere per gli occhi. Questo excursus sulla genialità di Wes Anderson e dei suoi discepoli instagrammer preannuncia, in realtà, una celebrazione più ampia del piacere estetico che l’arte cinematografica può procurare. La storia del cinema è ricca di pellicole che potremmo definire pura bellezza estetica, che ci ipnotizzano, che resteremmo a guardare anche se ci togliessero l’audio. Ecco la nostra selezione di film esteticamente piacevoli.
Il bello del terrore
“Suspiria” (2018)
Sì, è un horror, e sì, c’è sangue e fa paura. Ma chi dice che il gotico non può essere piacevole? Magari non siete fan dei film dell’orrore, e lo capisco perfettamente, ma l’estetica del remake firmato Luca Guadagnino del cult anni ’70 è innegabilmente iconico. Dagli esterni e interni dell’accademia di danza, col suo stile architettonico basico e austero e il suo labirinto di corridoi, scale, e stanze nascoste, alla disposizione dei corpi in coreografie e rituali di magia nera: Dakota Johnson snoda arti e torso in danze sinistre, Mia Goth vaga o corre tra specchi e colonne, Tilda Swinton trascina dentro e fuori dalla scuola i suoi mantelli con strascico… Quanto a noi, i nostri occhi ci ringrazieranno perché la paura non è mai stata così affascinante.
“Midsommar – Il villaggio dei dannati” (2019)
Non è un caso che tra i travestimenti di Halloween più popolari nel 2019 si classifica proprio la protagonista di questo horror indie: la corona di fiori e il vestito bianco simil-camicia da notte di Florence Pugh sono diventati un costume altamente riconoscibile (e facile da ricreare) in un meccanismo di viralità che solo i film cult sono in grado di innescare. Infatti, la pellicola svedese-americana diretta da Ari Aster è diventata un cult a tutti gli effetti. Campi e boschi sconfinati e isolati, la lunghissima tavola imbandita all’ora dei pasti con convitati silenziosi e rigorosamente vestiti di bianco, la luce del sole accecante e i colori accesi in contrasto con la brutalità dei rituali religiosi, sono solo alcuni degli elementi che rendono l’estetica di questo film talmente unica e degna della nomination agli Independent Spirit Awards per la Miglior Fotografia. Un horror spaventosamente bello da guardare.
Pastelli, pastelli, pastelli
“Edward mani di forbice” (1990)
Strade costellate da villette a schiera color pastello, macchine rosa pastello, azzurro pastello e giallo pastello che circolano, innaturalmente ordinate, senza mai creare traffico, grossi cespugli a forma di uomini e animali, e un terrificante castello abbandonato e del tutto fuori posto: l’iconica fiaba fantasy di Tim Burton, signore e signori! Parte del suo universo ed estetica sono stati recentemente ricreati nella nuova pubblicità della Cadillac andata in onda durante il Super Bowl 2021, con Timothée Chalamet e Wynona Rider rispettivamente nei panni di Edgar mani di forbice (il figlio di Edward) e di sua made Kim, in un’ipotetica rappresentazione di come sarebbe, nel 2021, la vita dell’erede del leggendario umanoide del 1990. Questo è solo uno dei molti esempi di quanto l’immaginario del film di Burton è stato e sarà per sempre influente agli occhi di tutti. E poi, che sogno sarebbe vivere in quel mondo pastello!
“Mr. Nobody” (2009)
Che effetto avrebbe la possibilità di molteplici futuri su una persona, su una casa, su un mondo intero? I personaggi, gli edifici e le atmosfere del film di Jaco Van Dormael ci offrono un’opzione rappresentativa di quanto colorata, nitida e limpida sarebbe la realtà se potesse dividersi in più dimensioni, diverse, ma parallele. Bianco e accecante è il paradiso prenatale dei bambini non-nati; rosa, verde, giallo e rosso sono le pareti, i pavimenti e il cibo dell’adolescenza; grigio pastello è il tempo dell’età adulta; ceruleo e bianco ghiaccio è l’anno 2092. Una palette di colori ipnotica e mai combinata casualmente, che ci tiene incollati allo schermo fino alla fine di questo contorto capolavoro cinematografico. Nota a margine: gli occhi di Jared Leto non sono mai stati così blu.
Drammi d’epoca sovrani
“Anna Karenina” (2012)
Pellicce maestose, perle e diamanti luccicanti, austeri frac e cappelli a cilindro, uniformi sgargianti e appariscenti, e corsetti in abbondanza, tutti in mostra sul palco di un teatro del XIX secolo. Non si tratta di una pièce, ma dell’adattamento per il grande schermo firmato Joe Wright del famoso romanzo omonimo di Tolstoj sulla vita e le sofferenze dell’aristocratica Anna di San Pietroburgo. L’intera storia si svolge sullo sfondo di scenografie teatrali, tutte ricreate agli Shepperton Studios nel Surrey, Regno Unito. Ma non sono le location gli unici elementi “teatrali” di questo film: ogni movimento, ogni gesto, ogni fiato emesso dalla bocca degli attori è coreografato ed esasperato con un livello di drammaticità degno del Teatro dell’Opera. Così, mentre Keira Knightley e Aaron Taylor-Johnson volteggiano in vestiti multistrato e candidi completi sullo sfondo di un’estremamente dettagliata, ma visibilmente falsa sala da ballo russa, il Tempo si ferma, e noi ci fermiamo con lui, incantati dal lusso e dal surrealismo di uno scenario da favola.
“Emma” (2020)
Colori sgargianti combinati a ori, marmi, rasi e velluti trionfano nelle ambientazioni armoniche del film di Autumn de Wilde. Tratto dal romanzo omonimo di Jane Austen, è l’adattamento cinematografico più recente dopo le due versioni del 1996 di Douglas McGrath e Diarmuid Lawrence con, rispettivamente, Gwyneth Paltrow e Kate Beckinsale nel ruolo della protagonista. La trama rimane invariata, ma questa nuova interpretazione con la candidata ai Golden Globe 2021 Anya Taylor-Joy è esteticamente superiore ai suoi predecessori. Le sale da ballo sono arredate e decorate minuziosamente, i giardini sono rigogliosi e invitanti, i personaggi sono perfettamente agghindati e pettinati, in un’atmosfera elettrica che rispecchia il bigottismo e la frivolezza d’epoca vittoriana, proiettando noi, spettatori, nella stessa, vivace dimensione. E noi ce ne stiamo lì, a immaginarci seduti su quei divani, a passeggio per quei giardini, e riusciamo quasi a sentirla, la carrozza del signor Knightley che sta venendo a prenderci per un tour delle campagne inglesi.
Le migliori inquadrature di sempre
“Malcolm e Marie” (2021)
Appena uscito su Neflix in contemporanea mondiale, la nuova creatura di Sam Levinson partorita durante il lockdown è un mosaico in bianco e nero di inquadrature mozzafiato. Girato in 14 giorni con una troupe di 12 persone e un cast di 2 attori, interamente ambientato in una casa con pareti finestrate in mezzo a un bosco, questa piccola gemma del cinema sarà per sempre una prova di come il bello possa nascere anche dai tempi più bui. Il ritmo incalzante del susseguirsi di eventi è bilanciato dalla staticità di gran parte delle inquadrature. Zendaya è distesa sul letto, la vediamo a metà, attraverso uno specchio stretto e lungo, la testa incollata al bacino dalle magiche regole del riflesso; John David Washington è accovacciato sulla vasca da bagno, con il mento appoggiato sul bordo, vediamo i pori della sua pelle, le lacrime dei suoi occhi, il pianto della sua bocca; i due si parlano, si insultano, si amano, in un botta e risposta quasi privo di pause. Quanto a noi, spesso perdiamo il filo, incantati da quell’inquadratura stupenda che abbiamo visto un attimo prima e che non riusciamo a toglierci dalla testa.
“Saturno contro” (2007)
Cene infinite, cibo in abbondanza, gente in abbondanza, volti che nascondono segreti in inquadrature che ce li svelano uno ad uno: questa combinazione di dettagli è diventata il marchio di fabbrica del regista turco Ferzan Ozpetek, ed è particolarmente ben orchestrata in questo dramma italiano. Così la storia si snoda, e noi conosciamo i personaggi, ci ambientiamo nei loro appartamenti e nelle strade di Roma. Ambra Angiolini improvvisa una danza sensuale sulle note di “Remedios” di Gabriella Ferrari, Luca Argentero siede a capotavola assorbendo e godendosi il calore dei suoi affetti. A volte, tutte queste persone ci guardano dritte in faccia, ci giudicano, ridono di noi, ci commiserano, mentre noi ci facciamo rapire dagli scorci di vita e di emozioni che il film ci offre, come fosse un’esposizione di istantanee appese l’una di fianco all’altra in una galleria deserta.
Dettagli e decori
“Moulin Rouge!” (2001)
“Spectacular, spectacular / No words in the vernacular / Can describe this great event / You’ll be dumb with wonderment”, “Spettacolo spettacolare, non ci sono parole nel vocabolario per descrivere questo grande evento, sarete intontiti dalla meraviglia”: Nicole Kidman, Ewan McGregor e Matthew Whittet lo spiegano in musica meglio che a parole. Tutto il film è uno “spettacolo spettacolare” che ti lascia a bocca aperta e col cuore spezzato. In un’adunata di piume, paillette, calze a rete, bretelle, e diamanti, ovviamente, “i migliori amici delle donne”, il musical di Baz Luhrmann è la storia di un amore bohémien. Con l’“Elephant Love Medley” tra i momenti più alti di puro piacere estetico, quello di Satine e Christian è anche un racconto di sfarzi, costumi maestosi, e cabaret da sogno che ci risucchiano in un vortice di sentimenti man mano che ci sintonizziamo con le gioie e i dolori dei personaggi.
“A Single Man” (2009)
Un tentativo di suicidio infiacchito da una serie di incontri dell’ultimo minuto, tutti importanti, tutti decisivi, tutti bellissimi. Così, un Colin Firth a pezzi osserva il mondo attraverso le lenti dei suoi spessi occhiali firmati Tom Ford, il regista; messo in ginocchio dalla vita, balla quello che potrebbe essere il suo ultimo ballo con una brilla Julienne Moore in un appartamento color panna e rosa stile Hollywood Regency anni ’60, accende sigarette al tramonto con il modello Jon Kortajarena, e si perde nei grandi occhi azzurri di un giovane Nicholas Hoult in maglione bianco e pantaloni a sigaretta coordinati. Nel suo debutto alla regia, Ford crea un film-photobook come solo uno stilista di alta moda sa fare: attraverso i costumi sofisticati offerti dalla sua Maison, e con la direzione artistica di Dan Bishop e Amy Wells, il regista riesce a raccontare una storia di vita e di morte e a comunicarla su un piano visivo, in uno srotolarsi appagante di campi lunghi e primi piani super chic.