La frenesia che caratterizza un backstage di sfilata è unica: è elettrizzante ed emozionante quanto la sfilata stessa, pur essendo totalmente diversa. C’è un gran da farsi dietro le quinte: makeup artist che completano i beauty look, hairstylist che arricciano e piastrano i capelli delle modelle, costumiste che controllano gli abiti e gli accessori per vedere che tutto sia pronti per la vestizione… È prima che tutto cominci, ma allo stesso tempo, tutto ha già avuto inizio.
Il quando è la Milano Fashion Week, edizione Primavera/Estate 2019, il dove è una vecchia fabbrica e deposito per dei tronchi di legna, che fungono a loro volta da elementi di interior design, e il protagonista è lui, Arthur Arbesser, il giovane designer che da Vienna è approdato in Italia con le sue collezioni ricche di rimandi artistici, storici e personali.
Considerato una delle voci più promettenti tra i giovani talenti della moda, Arthur Arbesser ha sempre il sorriso stampato sulle labbra, i capelli scompigliati di chi è preso da mille dettagli dell’ultimo secondo da controllare e un’energia instancabile che trascina chiunque gli stia intorno: noi abbiamo avuto l’onore di intervistarlo dopo la sua sfilata, non appena ripreso dal mare di abbracci, baci e “congratulazioni” (meritate) che lo hanno investito come un’onda in piena.
Questa nuova collezione di Arthur Arbesser rappresenta il procedimento artistico che va dal pensiero alla realizzazione, dove lo stilista diventa scultore e dove gli abiti si trasformano in capolavori geometrici: da un lato troviamo la tradizione artistica viennese d’inizio secolo, così cara al designer, mentre dall’altra ci sono i lavori di Fausto Melotti, uno scultore italiano che attraverso le sue esili figure esplora l’umanità e i suoi grandi temi.
Pensiero
Procedimento
Capolavoro Finale
In passerella sfilano abiti fluttuanti dai disegni variopinti, rappresentazioni rupestri, completi a pigiama con stampe grafiche, dettagli in paillettes, linee rigide e una grande quantità di materiali che spaziano dalla pelle alla seta, passando per i tessuti metallizzati in oro platino e per altri di origine naturale come crêpe e jersey di lino. Un dialogo acceso tra morbidezza romantica e rigidità austera che nel complesso risulta armonioso e ben riuscito, a tratti addirittura surrealista.
Il minimalismo di accessori permette di focalizzarsi sulle scarpe, a loro volta impressionanti nelle loro forme aperte, moderne e “millennial friendly”: l’utilizzo di materiali come pelle e paillettes le rendono perfette per le donne di qualsiasi età e totalmente versatili. Onka Allmayer-Beck, designer e ceramista austriaca, è la mente dietro a queste calzature, che con chiodi e martello gira per il backstage per sistemare le scarpe se necessario.
“Arthur sa sempre molto bene cosa vuole fare, ci conosciamo da tanto e insieme abbiamo pensato ai materiali che usa lei per l’abbigliamento: c’è lo jacquard stampato, le palette e la pelle, tutta fatta in Italia, nei colori principali della collezione. Le linee della collezione si rivolgono a una donna cool, in gamba e comunque molto femminile”. Ci ha rivelato Onka in un momento di pausa.
Arthur invece ci ha parlato dell’arte, immancabile nelle sue collezioni, di cosa sia la moda per lui e del messaggio che ha voluto trasmettere tramite questa sua ultima, incantevole collezione che ci ha immersi ancora di più nel mondo di Arthur Arbesser, dove tutto è ancora possibile e dove ciò che conta davvero è credere nella forza dei propri sogni, sempre.
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Riesci sempre a combinare arte, passione e geometria nelle tue collezioni, qual è la chiave vincente di questo mix?
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Penso che la chiave vincente per un designer sia fare quello che ti piace davvero, perché quando inizi a cercare di piacere agli altri sbagli, e secondo me in questo momento mancano persone oneste, che parlano e che fanno le loro cose senza paura. Il mio mondo è questo, i miei amici fanno parte del mondo dell’arte, dell’architettura e del design e a me viene naturale sentirmi attratto da questo mondo. Non ho mai preso un capo vintage per rifarlo usando nuovi tessuti, io parto sempre da un concetto diverso, questa è la mia filosofia. Qui mi trovo in una situazione di pace con me stesso, sono contento, non faccio questo per ricevere i complimenti degli altri.
“Penso che la chiave vincente per un designer sia fare quello che ti piace davvero…”
“…Perché quando inizi a cercare di piacere agli altri sbagli”.
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Credo sia anche una grande soddisfazione…
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È sempre un lavoro matto, siamo ragazzi giovani, amiamo quello che facciamo e mettiamo in pista cose che sono reali e considerate come vere. È un team che lavora con tanta passione, siamo tutti amici e questo si sente. Stando insieme in questo mondo della moda si è più forti, ti crei la tua famiglia, è importantissimo avere una squadra in questa realtà.
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Qual è il look di questa sfilata che meglio rappresenta il tuo mondo?
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Direi uno dei pigiamini, molte delle mie donne lo adorano. È un look tosto, con camicia e pantaloni stampati, è un misto tra l’essere super casual, perché sta bene con sneakers, e l’essere elegantissima. Penso di avere un linguaggio molto sofisticato che spero non sia pesante, l’idea delle arti comunque é un’idea di frivolezza e di divertimento.
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A quale donna ti rivolgi con questa collezione?
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Principalmente le mie amiche. Sono donne alcune di 60 anni, alcune di 25, arrivando fino alla mia mamma che ha 75 e che comunque si mette le mie cose e sta bene, per me è una grande soddisfazione. Poi ho le mie studentesse allo Iuav dove insegno che magari si prendono una mia maglia e stanno comunque bene. Mi rendo conto che non ha a che fare con la forma o l’età, ma con l’apprezzamento della materia, del lavoro, della stampa e della storia.
Photographer: @giorgiafuria