Come affrontare le fredde giornate di questo rigido inverno senza rinunciare allo stile? I meravigliosi modelli di cappe e mantelle che in questi ultimi anni hanno preso parte alle sfilate haute couture e prêt-à-porter sembrano essere la nostra salvezza! Ma sapevate che questi abiti hanno accompagnato tutte le evoluzioni storiche della moda dal VIII secolo a.C fino ai giorni nostri? Cappe e mantelle non esistono solamente nel fiabesco mondo di principi e principesse, ma hanno anche fatto la storia. Quindi se siete curiose di scoprire qualcosa in più riguardo quest’incantevoli capi non perdevi quest’incredibile viaggio attraverso la moda delle varie epoche.
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LE ORIGINI
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Gli antenati della mantella erano l’himation greco e le toghe romane, grandi teli di stoffa leggera di dimensioni rettangolari che, cadendo fino alle caviglie, avvolgevano il corpo in precise tecniche di rotazione del tessuto. Questo capo era ritenuto di fondamentale importanza in quanto, in base alla qualità del tessuto e del colore, alla lunghezza e alla tecnica del drappeggio, indicava il rango sociale di chi lo indossava. Mantelli di più piccola dimensione erano la clamide greca e la trabea etrusca che, grazie alla loro praticità, erano principalmente indossate da soldati e viandanti durante i loro viaggi. Nell’abbigliamento della cultura romana esisteva, tuttavia, un preziosissimo modello di clamide chiamata imperiale, che per via della sua preziosità veniva indossata solamente dai generali vittoriosi oppure dai futuri imperatori e imperatrici. Realizzata in seta color porpora, intessuta d’oro e lunga fino a terra, questa mantella era il simbolo del potere assoluto e incarnava in tal modo in chi la indossava la forma visibile di Dio.
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IL MEDIOEVO
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Un tipo di mantello, utilizzato soprattutto in epoca medievale, era il birrus chiamato anche lacerna, piviale o cappa. Realizzato con tessuti grezzi e pesanti, la sua principale funzione era quella di protegge dalle intemperie e di nascondere la persona, in quanto disponeva di un ampio cappuccio. Inoltre, in epoca medievale, le sopravvesti nobiliari dei ceti mercantili e borghesi divennero sempre più ricche e lussuose. Stoffe pregiate decorate con fantasiosi e pittoreschi dettagli adornavano le tipiche houppelandes caratterizzate da ampi volumi e lunghi strascichi.
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IL RINASCIMENTO
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il Rinascimento italiano viene ricordato come l’epoca d’oro dei lunghi mantelli realizzati in splenditi broccati ed intrecci floreali. Fra questi si possono citare: la giornea, aperta lateralmente e trattenuta da una cintura; la guarnacca, foderata in pelliccia o in zendado con maniche ampie e decorate; e infine il lucco, mantello lungo in panno scuro o scarlatto utilizzato dai ceti nobili.
Nel 1600 il capo preferito dai principi guerrieri e dai cavalieri era invece la cappa. Soprabito privo di maniche, non molto dissimile dal poncho, diventò alla fine del medioevo l’evoluzione “nobiliare” di un indumento da lavoro, il capperrone bassomedievale. Realizzata in tessuti serici, con taglio a ruota, corta fino al ginocchio e spesso nera, la cappa poteva essere elegantemente appuntata sopra una spalla e fatta passare sotto l’altro braccio oppure legata al collo sotto un collare di pelliccia.
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IL ‘700 e ‘800
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A metà fra una cappa e un mantello, il capo iconico dei secoli ‘700-‘800 era il tabarro veneziano. Proprio perché indossato sia da donne che da uomini di tutte le classi sociali e adatto a moltissime occasioni era di tipi diversi: poteva essere a mezza ruota o ruota intera, lungo o corto, di panno o in velluto di colore scarlatto per i patrizi, di colore scuro per cittadini e mercanti oppure bianco e arricchito con ricami d’oro e d’argento per le donne. Alla fine del 1800 il tabarro venne sostituito dal paltò, considerato più contemporaneo secondo la moda e i gusti dell’epoca.
Altro capo iconico del secolo ‘800 era il mantello alla francese, cioè una varietà di soprabito indossato sopra abiti in crinolina e adatto alle passeggiate o ai viaggi in carrozza. Tipico indumento femminile, presentava varianti come la mitiga, la mantellina e la pellegrina prestando fede a regole ben precise riguardo volumi, lunghezze, colori vivaci, maniche gonfie, cappuccio, arricciature e nodi di nastro.
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INIZIO ‘900
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Con l’arrivo del 1900 i modelli tradizionali di cappe e mantelle vennero reinterpretati. Il nuovo stile di vita e le forme di spettacolo come il balletto, il teatro e il cabaret influenzarono notevolmente la moda dell’epoca. Lo stilista Paul Poiret, fu il primo a creare delle nuove vesti-mantello giocando con tessuti morbidi e fantasie floreali dal gusto liberty. Ispirati all’oriente e ai balletti russi, questi capi presentavano ampie maniche a chimono, bordature di pelliccia, piume, colorate, fusciacche in seta e gradi bottoni. Nel 1911 Poiret realizzò un elegantissimo modello in velluto, battezzato Batik, mentre nel 1919 confezionò la prima mantella d’ ispirazione etnica chiamata Tanger.
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IL 1920
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Sempre nel 1900, il couturier Mariano Fortuny reiventò la cappa realizzando una veste-chimono in velluto, dalle linee dritte e decorata con motivi di carattere rinascimentale. Fortuny realizzò anche la speciale mantella Knossos, un modello simile al sari per la leggerezza del tessuto in seta che si appoggiava delicatamente al copro femminile esaltandone le forme. Per via della sua ineguagliabile eleganza, divenne il capo più amato dalle attrici di teatro e dalle ballerine.
Negli anni ’20 lo stilista francese Jeanne Lanvin dedicò un’enorme studio alla realizzazione di cappe e mantelle. Fra le più belle indichiamo quella a forma d’uovo in velluto nero con bordi di pelliccia bianca e ricami in perle rosa ed argento, realizzata nel 1926, e quella a strati di organza con bordate ricamate, realizzata nel 1935.
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GLI ANNI ’30
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Gli anni 30 furono un momento fondamentale per l’industria dell’abbigliamento in quanto nacque la fotografia di moda. Nel 1932, la corta mantella rossa trapuntata di Elsa Schiapparelli venne immortalata negli scatti dal Barone de Meyer ottenendo un’enorme successo. La stilista dedicò molti anni della sua carriera alla creazione di cappe dalle linee sempre nuove come dimostra la sua serie, Astrologie, in cui compaiono alcuni modelli che rimangono ancora oggi un punto di riferimento nella storia della moda moderna. Uno fra questi è famosissima Glass Cape (cappa in vetro) realizzata con materiale sintetico nel 1935.
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GLI ANNI ’40 E ’50
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Successivamente, a metà degli anni 40 altri grandi couturier come Balmain, Balenciaga, Dior e Madame Grès disegnarono nuovi modelli di cappe e mantelle come accessorio da abbinare ad eleganti tailleur bilanciando la silhouette femminile in modo fine e sofisticato.
Negli anni 50 la drammaticità e il fascino fiabesco della mantella si affievolirono quasi definitamente, rendendola un capo moderno con un’allure romantica. Bellissimo l’esempio di Jacques Fath che nel 1955 creò una tripla mantella plissettata di colore bianco da indossare sopra un abito da sera.
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GLI ANNI ’60
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Gli anni 60 portarono alla ribalta cappe e mantelle costitute da forme geometrie e linee essenziali, come dettava il gusto estetico dell’epoca. Stilisti come Paco Rabanne, Cappucci, Marucelli e le sorelle Fontana optarono per una forma a campana e a una lunghezza più comoda, fino al ginocchio. Emilio Pucci nel ’65 realizzò una cappa con cappuccio super colorata, di grandi dimensioni ma leggera e decorata con disegni. La catena Lord&Taylor mise in produzione nel ‘66 una mantella di broccato oro con cappuccio mentre nel ’67 Yves saint Laurent creò un modello in velluto nero. Nel ’69 Emanuel Ungaro realizzò una mantella in sangallo con grandi palline da ping pong realizzati in passamaneria e indossata con shorts assortiti e un reggiseno in metallo.
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GLI ANNI ’70 E ’80
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Lo spirito giovanile degli anni 70 e la nascita del periodo etnico chic riscoprirono i mantelli della cultura popolare, etnica e folcloristica: modelli come il poncho peruviano, scialli di lana fatti a mano e mantelle a fazzoletto animavano le passerelle.
Gli anni ’80 furono invece un momento debole per cappe e mantelle rimanendo oggetto di studio soltanto per stilisti giapponesi come Yohji Yamamoto, Comme des Garçon e Rei Kawakubo.
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GLI ANNI ’90 E ’00
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Negli anni ’90 invece ricominciarono a fare capolino nelle collezioni di Giorgio Armani, John Galliano e Jean Pul Gaultier.
Negli ultimi anni invece, sono ritornate alla ribalta con grande successo diventando un accessorio must negli armadi di moltissime donne. Reinterpretazioni d’avanguardia che giocano fra tradizione, modernità e materiali high-tech si affiancano alle intenzioni più tradizionali di stilisti nostalgici che omaggiano mondi principeschi e atmosfere fiabesche lasciandosi guidare dal sentimento, dall’immaginazione e dal fascino che questi capi portano ancora con sé.