“[Suor Sorriso] fa parte di quelle donne, mai incontrate, morte o vive, reali o immaginarie, con le quali, malgrado tutte le differenze, sento di avere qualcosa in comune. Formano in me una catena invisibile in cui stanno fianco a fianco artiste, scrittrici, eroine dei romanzi, donne della mia infanzia. Ho l’impressione che la mia storia sia in loro”.
Questo è un estratto del libro “L’evento” (“L’événement”) di Annie Ernaux, la storia di un viaggio odisseico verso l’aborto, estremamente attuale visto il momento storico che stiamo vivendo, questi giorni fatti di leggi sradicate, mille passi indietro nel tempo, involuzione assoluta, diritti fondamentali negati.
“L’evento” di Annie Ernaux è stata una lettura lampo, uno di quei libri che leggi tutto d’un fiato e alla fine ti senti svuotato e allo stesso tempo riempito di nuove consapevolezze. Quell’estratto sulla catena invisibile di donne/ispirazione mi ha colpita in modo particolare, forse per la maniera limpida in cui conferma quello che si dice dell’arte, in tutte le sue declinazioni: è universale perché parla di noi. Trovo che il romanziere, il poeta, lo sceneggiatore siano gli eletti che sanno dove e come trovare le parole che noi altri passiamo la vita a cercare, spesso senza successo, senza la capacità o la lucidità necessarie per tirarle fuori dal luogo più profondo e blindato di noi. Così, con i nostri pensieri e sentimenti in bella vista, ordinati in sequenze logiche di parole, ecco dispiegate le rivelazioni del secolo, ecco riacquisita la stima di noi stessi, ecco dissipati i dubbi di inadeguatezza. “Allora è possibile, allora questa storia non è solo mia, allora forse i miei pensieri non sono sbagliati”.
È questo che ho pensato, leggendo Ernaux, è stata la mia rivelazione, è stata la svolta della mia giornata.
Le immagino proprio così, tutte per mano in un cerchio di umanità e ispirazione, un po’ come i corpi ne “La Danza” di Matisse, la rappresentazione della gioia e della spensieratezza in bilico sul mondo, in una collana di forme irreali, diverse tra loro, ma con elementi comuni, primo fra tutti un forte legame proprio con me. Io, in questa immagine idillica della mia fantasia, rovino la composizione di Matisse perché sono al centro del cerchio, lì seduta a gambe incrociate a contemplarle, ammirarle, venerarle, loro che scrivono la mia storia, loro che non mi lasciano mai sola.
Le mie donne.
Mi chiedo come sarebbe fare la conoscenza delle mie eroine. Come sarebbe passarci del tempo insieme, scambiarci due parole, chiedere consigli e confrontarmi con i loro ambienti, fare capolino nel loro mondo. Me lo immagino un po’ come uno scenario alla “Midnight in Paris”, con l’orologio che rintocca la mezzanotte e io che salgo su un mezzo di trasporto che mi porta da loro, qualunque sia il luogo, qualunque sia l’epoca, a farmi offrire cocktail e pasti caldi.
Chissà come sarebbe ricambiare l’ospitalità.
“Chi inviteresti a cena dal passato, dal presente e dal futuro?”.
Intervistando regolarmente un bel numero di artisti, mi capita spesso di imbattermi in questa domanda, e mi incuriosisce sempre scoprire cosa ognuno di loro risponde – è utile per capirci un po’ di più del loro mondo. Su quella domanda mi soffermo ora, pensando a cosa risponderei io.
Di sicuro, la mia sarebbe una cena intima, lo stile che preferisco. Invitati dal mondo del cinema. Un tavolo da 4: 3 matrici della mia storia e io, il loro modesto prodotto.
Alla mia sinistra, il passato:
Audrey Hepburn
Accanto a Audrey, verrebbe fuori il mio lato fanatico: la gioia di ascoltare aneddoti sui set che ha calcato, la gente che ha conosciuto, i segreti che ha appreso, mi impedirebbe di contenere un’ammirazione smodata per le sue interpretazioni più e meno iconiche – Holly Golightly in “Colazione da Tiffany”, la Principessa Ann di “Vacanze Romane”, Natasha Rostova in “Guerra e pace” – e per il suo stile inconfondibile, che lei stessa ha avuto il coraggio di creare e sfoderare come arma di unicità. Temo non riuscirei nemmeno a evitare di raccontarle del quadro con la sua faccia e Gatto (il gatto di Holly) sulle spalle che ha vegliato su di me per anni, appeso alla parete della mia cameretta.
Alla mia destra, il presente:
Frances Flynn
Sì, lo so, non è reale, è solo la protagonista di un romanzo (“Parlarne tra amici” di Sally Rooney) e della serie tv (“Conversations with Friends”, un must-watch assoluto) tratta da quel libro, ma in realtà, per me un po’ vera lo è. Quantomeno, vorrei che lo fosse. È vera perché è dentro di me. Io sono un po’ Frances e Frances è un po’ me. Le stringerei la mano e le direi: sei stata coraggiosa, insegnami come si fa, ad accettare l’amore anche quando è così incerto e muto, a saltare nel vuoto anche quando c’è il rischio che ci lasci le penne, a puntare tutto su qualcuno, a credere e fidarsi di quel qualcuno in maniera incondizionata. Poi, nell’orecchio, le chiederei anche com’è stato conoscere proprio da vicino Joe Alwyn. Ah, ma Frances che ne sa, è Nick Conway che ha conosciuto proprio da vicino… Allora forse all’aperitivo invito Alison Oliver (Frances nella serie).
Infine, di fronte a me, bella larga e comoda sul lato lungo del tavolo, pronta ad occupare gli spazi liberi che si trova intorno, il futuro:
Zendaya
L’ape regina del momento, onnipresente e onnivora nell’ecosistema dell’intrattenimento, la ragazza è l’emblema dei giorni che verranno, e che saranno migliori di quelli già avvenuti. Dal tipico debutto su Disney Channel alla consacrazione del successo con “The Greatest Showman”, a Zendaya chiederei dritte su come ci si arrampica sulle vette del mondo e com’è la vista da lì. Con Zendaya vorrei parlare all’infinito di quel capolavoro di “Euphoria”, di come ci si sente ad essere manifesto dei nostri tempi e speranza delle generazioni future, la nuova fidanzata di Spiderman e la musa di Valentino. A Zendaya vorrei chiedere il favore di impadronirsi del futuro dell’umanità: di lei mi fido ciecamente.