È proprio vero quello che dicono: i Film Festival spesso ci danno l’opportunità di vedere film che difficilmente raggiungono le nostre sale. Noi ad esempio, abbiamo potuto vedere “Corpus Christi” in occasione delle Giornate degli Autori (dove ha ricevuto una menzione speciale della giuria) alla Mostra del Cinema di Venezia.
Cosa succede quando un ragazzo di strada appena uscito dal carcere minorile scopre la sua spiritualità ma gli viene impedito di intraprendere la carriera ecclesiastica a causa del suo passato? Pretende di essere un prete in una piccola comunità polacca. No, non è un atto premeditato, Daniel prende la sua decisione sul momento e accompagna per mano una piccola cittadina verso la guarigione da una tragedia che ancora aleggia su ogni casa.
La nostra chiacchierata con il regista Jan Komasa e l’attore protagonista Bartosz Bielenia (Daniel) è apparsa quasi surreale, dalla passione che entrambi hanno per questo progetto all’utilizzo della luce e dei colori per sottolineare ancor di più i 2 volti di Daniel, come se fossero anch’essi protagonisti principali del film.
Che cosa vi ha spinti a realizzare questo progetto?
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B: I soldi. [ride]
J: È successo in modo abbastanza naturale. Il mio amico Christopher Rak mi ha mandato la sceneggiatura, che era ispirata a vicende reali accadute in una piccola comunità polacca, in cui un ragazzo si è finto prete per qualche mese. Ho adorato il copione dalla prima volta che l’ho letto, ma avevo molti commenti da fare. Di solito, se il regista ha così tanto da commentare, probabilmente è una lettera d’addio. Christopher e Mateusz Pacewicz, che è uno sceneggiatore, hanno apportato qualche modifica al concetto e integrato nel copione i miei commenti. In un primo momento, ho pensato, “finalmente qualcuno ha davvero ascoltato il regista” ed ero felice non solo di avere un ottimo copione su cui lavorare, ma anche di conoscere Mateusz, lo sceneggiatore con cui ho incominciato a lavorare, e dopo questo film ne abbiamo già fatto un altro insieme. Spero di farne ancora un altro con lui perché è proprio il mio uomo.
Quando la produzione ci ha dato il via libera per procedere con il film, abbiamo fatto una richiesta di finanziamento all’Istituto Polacco e incominciato i casting. Conoscevo già Bartosz Bielenia perché è molto noto tra i giovani attori e registi polacchi, lavora per lo più in teatro, ha molte conoscenze nei circoli teatrali di Varsavia e Cracovia.
B: Buono a sapersi. [ride]
J: Ho iniziato a lavorare nel cinema nel 2005, quindi sono nel business polacco da 14 anni e posso affermare che ci sono molte persone di talento e speciali come Bartosz, ma, sfortunatamente, di solito non riescono ad ottenere subito ruoli da protagonisti nei film. Di solito vengono scelti per interpretare ruoli secondari molto interessanti, il che va bene comunque.
Ma di solito non funziona così e la maggior parte delle volte i produttori non hanno il coraggio necessario per assumere qualcuno così eccezionale e preferiscono puntare sui nomi grossi.
B: Io gli sono molto grato di essersi già fidato di me per il lavoro su questo personaggio, perché quando ho fatto l’audizione ero una persona abbastanza normale, che stava lì in fila ad aspettare, e vedevo così tante persone davanti al direttore del casting e pensavo di non essere poi così adatto a questo ruolo perché il personaggio avrebbe dovuto essere più “ragazzo di strada”. Io non credo di avere uno “stile di strada”, ma Jan si è fidato di me e mi ha dato il tempo di cambiare per il ruolo, il che è qualcosa che non succede così spesso in Polonia oggi.
J: È davvero interessante che Daniel abbia due stili, è un ragazzo di strada e spirituale allo stesso tempo. Quindi, quando ho cominciato a pensare di scegliere Daniel per il ruolo, mi sono subito reso conto che non è così facile trovare qualcuno che sia così spirituale, mentre è molto più facile trovare un “ragazzo di strada”. C’è sempre qualcosa da costruire con gli attori, quindi cosa si può fare? Si può creare un lato spirituale in un personaggio di strada? O creare un lato urbano in un personaggio spirituale?
Dunque, con Bartosz ho avuto la sensazione di conoscere le sue potenzialità e vederlo crescere come attore e conoscere il suo lato spirituale, che è molto profondo e molto radicato – legge un sacco, si interessa di religione, scusa se ti sto facendo pubblicità [ride] – mi ha aiutato a capire che aveva le capacità di creare questo personaggio pur mantenendo la sua anima spirituale. Quindi non ci restava che creare intorno a quell’anima.
“Ma di solito non funziona così e la maggior parte delle volte i produttori non hanno il coraggio necessario per assumere qualcuno così eccezionale e preferiscono puntare sui nomi grossi”.
Come hai equilibrato il tuo personaggio? Sei molto spirituale, ma allo stesso tempo infrangi le regole della Chiesa, con droghe, sesso e così via…
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B: Direi che non pensavo all’equilibrio, perché questo personaggio si comporta in maniera imprevedibile. Prende decisioni solo nel momento in cui si presenta un problema, non pianifica in anticipo.
Non ha alcun piano, fa solo quello che vuole fare sul momento, quindi l’equilibrio si dispiega durante il film e all’origine di questo equilibrio c’era Jan che lo guardava dall’esterno in quanto regista, dispensando consigli durante tutto il processo e supervisionandolo. A volte, prendevamo in considerazione l’idea di spingerci un po’ più oltre oppure no, e penso che tutto sia nato da una bellissima forma di comunicazione.
C’è una scena in cui, alla messa d’addio, ti togli la tonaca: cosa significa questo gesto per te?
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B: Per Daniel era come togliersi il costume alla fine, perché c’è una scena precedente in cui Padre Tomasz chiede, “c’è qualcuno che sa? A parte Pinczer” e Daniel dice, “no, solo Pinczer”. Quindi penso sia un momento di decisioni per lui, vuole essere onesto di fronte alle persone che lo hanno accolto. Per lui è anche un momento di onestà, in cui pensa “è così che sono davanti a voi, mi tolgo questa cosa che mi ha protetto per tutto questo tempo, che ha fatto di me un prete, e guardate chi c’è sotto al costume”. Ma è davvero importante chi c’è sotto? Questa è la domanda con cui ci lascia in sospeso alla fine della scena: è davvero importante quello che indossi? Forse è più una questione di ciò che hai visto tu.
“Quindi penso sia un momento di decisioni per lui, vuole essere onesto di fronte alle persone che lo hanno accolto”.
Hai fatto delle ricerche particolari sui rituali spirituali?
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B: C’era un prete con noi sul set che mi ha fatto da guida durante tutto il processo, mi diceva cosa stava succedendo e perché stava succedendo, perché era importante fare questo e farlo in quel modo.
J: A volte, ci difendeva anche da noi stessi. È stato bello, una volta, quando abbiamo girato una scena che non era nel copione, perché io volevo semplicemente riprendere Bartosz in costume mentre stava seduto in chiesa, da solo, e abbiamo pensato che magari potesse anche fumare una sigaretta, ma il prete allora ha detto: “no, non puoi farlo”.
B: “Non trasformiamolo in un ‘The Young Pope’”. [Ride]
Come avete lavorato, invece, con il direttore della fotografia sui colori e sulle luci, che sembrano altrettanto protagonisti della storia?
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J: Piotr Sobocinski Jr, il direttore della fotografia, è uno dei migliori giovani DOP che ci sono in giro; tra l’altro, viene da una famiglia di cineasti, perché suo padre era il direttore della fotografia di Krzysztof Kieslowski, uno dei più bravi, è morto ad Hollywood mentre lavorava ad un film. E anche il nonno di Piotr era un direttore della fotografia, quindi lui appartiene alla terza generazione di direttori della fotografia, e ha un fratello che fa lo stesso mestiere e adesso sta girando un film con Benjamin Millepied a cui anche Piotr avrebbe dovuto lavorare, e invece ha deciso di fare “Corpus Christi”.
Piotr ha fatto grossi film in Polonia negli ultimi 7 anni, ha vinto tutti i premi possibili e immaginabili. Ha 2 anni in meno di me e siamo andati allo stesso liceo a Varsavia, e questa è stata la prima volta in cui sono riuscito a lavorare con lui finalmente, con il mio amico di infanzia. In più, i nostri genitori si conoscono, mio padre è un attore, sua madre è un’attrice, ed è per questo che ci conosciamo. Ma non sapevo come lavorare con Piotr; nessuno è uguale a nessun altro.
Ma Piotr sa – non so come, ma lui semplicemente sa. Di solito io tendo a guardare tanti film insieme al direttore della fotografia, sfogliamo libri e guardiamo internet, andiamo a vedere mostre, decidiamo che tipo di colori vorremmo che il film avesse, mentre questa volta è successo che Piotr è venuto da me, ha letto la sceneggiatura, è un critico molto bravo, ci ha aiutato con il copione.
B: Lavorare con Piotr è stato meraviglioso, e anche grazie a Jan, perché era molto aperto e tutta la troupe ha partecipato al processo creativo e Piotr ne è stato una parte fondamentale. Ha contribuito alla sceneggiatura con le sue idee e punti di vista, c’è tanto del suo lavoro nel film, non solo a livello di fotografia, ma anche quando giravamo, per esempio, tutti quanti parlavamo apertamente, ci chiedevamo “che sta succedendo ora? Come possiamo fare meglio?” a seconda della prospettiva di ognuno.
J: Quindi, Piotr e io abbiamo deciso subito che non avremmo dovuto muovere la cinepresa. Doveva essere fissa ed erano gli attori a doversi muovere, non noi. Quindi gli attori dovevano cambiare posizioni e stare ben dritti quando erano in piedi, perché era tutto fisso e non potevamo cambiare niente. È stata una soluzione che abbiamo adottato per il 98% del film, durante il quale la telecamera non si è mossa mai. Ci sono solo due riprese a mano, la prima, l’ultima e qualche zoom, ne abbiamo fatti forse 5 e solo inquadrando Daniel per sottolineare che stava succedendo qualcosa dentro di lui. Solo questo, non c’è mai stata uno zoom che superasse i 15 cm. Quindi è stato un processo molto delicato. Per le luci, Piotr è venuto da me e mi ha detto, “semplice, quando diventa prete c’è più sole”. Quindi, quando è nel centro di detenzione giovanile non c’è per niente sole, e poi all’improvviso, durante la prima messa, c’è n’è sempre di più. Abbiamo girato in chiesa per 5 giorni e Piotr aveva queste lampade azionabili meccanicamente, quindi gli era facile accenderle e spegnerle mentre Daniel celebrava le messe.
B: Questo lavoro di luci si nota nella scena dell’estrema unzione della donna sul letto di morte.
J: Sì, la luce cambia perché c’era una lampada speciale che schiariva tutto durante le riprese. Per me è stato un ostacolo, perché di solito faccio riprese di anche 15 minuti; durante la ripresa dico “ok, fantastico, ora ricominciamo dall’inizio” e tutti rispondono “oook” e io non spengo la telecamera, ma usando questa lampada non è possibile, perché la luce cambia e una volta che è cambiata non puoi tornare indietro.
“…tutta la troupe ha partecipato al processo creativo…”
“Per le luci, Piotr è venuto da me e mi ha detto, ‘semplice, quando diventa prete c’è più sole’”.
Bartosz, c’è stata una scena particolarmente dura da girare?
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B: Sì, credo quella di cui stavamo parlando poco fa, quella in cui il mio personaggio confessa per l’ultima volta la donna moribonda: va da solo nella sua stanza e la vede morire davanti ai suoi occhi, e non è un prete, è un bugiardo e succede roba seria nella sua testa in quel momento. È stata la scena più difficile perché all’esterno non succede niente, è tutto dentro di lui.
Photos by Johnny Carrano.