L’aria di cambiamenti nel mondo della moda di lusso continua a tirare forte. Sembra quasi di vedere quella famosa scena di “Mary Poppins”, dove le aspiranti tate in vengono “portate via” da una folata di vento provocato da Mary Poppins, prendere vita: pilastri creativi considerati indistruttibili crollano da un giorno all’altro, lasciando i fashion insighter del settore senza parole.
Per me, è iniziato tutto con la notizia che Alessandro Michele era uscito da Gucci mentre, più recentemente, il mio cuoricino si è spezzato perchè Pierpaolo Piccioli ha lasciato Valentino dopo 25 anni: uscite sconvolgenti e inaspettate che hanno fatto cadere le mie poche certezze quando si parla di match tra direttori creativi e brand di moda di lusso.
Eppure, le motivazioni dietro a scelte di questo tipo sono le più variegate e nessuno è tenuto a mantenere la “fede” verso una determinata posizione, per quanto questa sia prestigio. Anche i matrimoni all’apparenza più belli e di successo finiscono, e il mondo della moda non risparmia nessuno: vuoi perchè un creativo intenda lavorare ad un proprio brand (vedi Phoebe Philo), o perchè si prende una pausa o, ancora e più frequentemente (purtroppo) per motivi di vendita che non rispecchiano le previsioni dell’azienda, niente è per sempre.
Per quanto ognuno di noi abbia le sue preferenze su questo argomento e sia più o meno soddisfatto di determinate scelte, la moda va avanti ed è sempre avida di novità ed innovazione, elementi che un creative director deve essere in grado di portare ad un brand per bilanciare quel delicato equilibrio tra richieste del mercato, desiderio collettivo di stupore o bellezza, visione individuale, ricerca dell’avanguardia e rispetto del passato. Non è per niente facile, ma diversi esempi negli ultimi anni hanno dimostrato che è possibile, ricordandoci l’incredibile potere sull’immaginario, la cultura e la società che la moda detiene a livello globale.
Ispirata dagli ultimi annunci, mi sono trovata a chiedermi: “Nella moda che vorrei, chi sono i creative director che vorrei vedere alla guida di determinati brand?”. Da questa domanda e riflessione personale, nasce il seguente articolo. Un match si è già avverato, altri… Beh, chi lo sa dove il vento della moda porterà determinati creativi in futuro!
Avvertenze doverose prima di proseguire con la lettura:
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Si tratta di una riflessione personale, basata quindi sul mio gusto, passioni e desideri
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Si prendono in considerazione solo nomi con una certa esperienza per case di moda altrettanto famose, quelle anche più condivise probabilmente nell’immaginario collettivo
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Resta fermo il fatto che i designer emergenti e talentuosi siano tanti e che meritino una possibilità per mettersi alla prova alla guida di brand di lusso. Lasciarsi sorprendere da nomi meno conosciuti ai più è quindi sempre e comunque uno degli scenari più speranzosi e belli!
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P.S. Kate e Laura Mulleavy + Simon Jacquemus, non lascerete mai Rodarte e Jacquemus rispettivamente, vero?
ALESSANDRO MICHELE DA VALENTINO
Diciamo subito la notizia più importante, quella più speculata e quella che per lo più ci si aspettava venisse confermata: Alessandro Michele è il nuovo direttore creativo di Valentino. Dopo un’incredibile carriera da Gucci (dove è stato in grado di mescolare i canoni del brand con una visione onirica, d’avanguardia e profonda) e un’altrettanta dipartita dalle redini creative dello stesso nel 2022, Alessandro Michele è tornato. Io, bimba dei suoi lavori in Gucci e in lutto dal 2022 quindi, sono rinata quando ho letto la notizia: un talento geniale e imprevedibile incontra un brand dalla storia leggendaria, con canoni estetici che hanno formato la nostra idea di moda raffinata attuale (grazie anche allo straordinario lavoro di Pierpaolo Piccioli negli ultimi anni). Consapevole della sua personalità, la sua collezione di debutto a settembre è già considerata da tutti la sfilata più attesa del 2024. Una sfida intrigante quella di fare proprie le linee guida di Valentino che, siamo sicuri, sarà in grado di donarci una nuova sfumatura di mirabilia.
PIERPAOLO PICCIOLI DA CHANEL
Quello che PP ha fatto da Valentino rimarrà nei libri di storia della moda. Un rispetto assoluto per i canoni del brand, una grande capacità nel saperli adattare al tempo e alle nuove generazioni, un occhio sempre di riguardo per i riferimenti culturali, un uso sapiente di materiali e ispirazioni e un approccio personale positivo ed entusiasta che ha fuso quasi completamente la sua anima a quella del brand. Dico quasi perchè, dopo 25 anni all’interno dell’azienda, questa favola è giunta alla sua conclusione: lasciandosi alle spalle un’eredità di pura bellezza, il futuro di Pierpaolo Piccioli è (almeno al pubblico) sconosciuto. Ma c’è un match che io vorrei fortemente vedere realizzato: quello con Chanel. Mi scuso con Virginie Viard, che ha preso le redini della maison dopo la morte di Karl Lagerfeld, nel dire che il suo impatto alle redini di Chanel non si sta rivelando entusiasmante. Sicuramente, la scelta di portare avanti l’estetica del predecessore è una certezza a livello di vendite, ma è da qualche tempo che ogni collezione sa di “già visto”. Una nuova visione potrebbe essere ottimale per rinfrescare e rinnovare l’immagine del brand: e, diciamocelo, non c’è candidato migliore di Pierpaolo per assumere le redini di questa rivoluzione!
SARAH BURTON DA DIOR
Quando ho visto Kate Middleton attraversare la navata di Westminster Abbey per il suo matrimonio con il principe William nel 2011 con QUEL vestito da sposa, un nuovo impero romano si è formato nella mia mente e cuore. Dopo la tragica e prematura dipartita di Alexander McQueen, Sarah Burton è riuscita nell’impresa di mantenere il brand attuale, irriverente e sensuale, rielaborando gli elementi che hanno reso famoso il suo mentore in modo innovativo e consapevole. Nel 2023, dopo 13 anni alla guida creativa del brand, Sarah è stata sostituita da Seán McGirr. Una designer dal talento straordinario che sarebbe, a mio parere, un degno match con Dior, attualmente guidato da Maria Grazia Chiuri. Che anche qui, senza offesa, ha perso la scintilla delle sue prime collezioni per il brand. Sarah potrebbe, al contrario, aggiungere nuove sfumature ed interpretazioni ad una maison così significativa nel panorama della moda globale, dimostrando anche qui un grande rispetto per le linee guida e i suoi predecessori proprio come fatto da McQueen. Una ricetta che può funzionare ancora una volta, per la mia assoluta felicità!
CLARE WAIGHT KELLER DA LOUIS VUITTON
Clare Waight Keller, nei suoi 6 anni alla guida creativa di Chloé, ha portato nel mondo della moda un nuovo concept di femminilità, romanticismo e carattere a cui è impossibile non ripensare con nostalgia. Dimostrando poi il suo valore anche da Givenchy (prima donna a ricoprire la posizione di direttore creativo del brand oltretutto) tra il 2017 e il 2020, con un approccio totalmente diverso rispetto al suo precedente incarico che ne ha confermato qui la versatilità e talento, oggi Clare potrebbe essere il match perfetto con un determinato brand per sottolineare ancora una volta la sua bravura: sto parlando di Louis Vuitton. Per quanto Nicolas Ghesquière abbia costruito un solido percorso creativo alla guida del brand, sono del parere che una donna come Clare porterebbe Louis Vuitton ancora più al centro dell’attenzione: come? Non saprei dirlo, ed è questo che mi entusiasma. Il brivido di una nuova immagine di Louis Vuitton e di un nuovo stile aspirazionale è più forte della sicurezza che potrebbe dare una risposta razionale. Inutile nasconderlo comunque, mi piacerebbe molto rivederla uscire alla fine di una sfilata per prendersi i meritati applausi dei presenti e del mondo intero.
AMINA MUADDI DA BLUMARINE
La designer di scarpe più desiderate e trendy degli ultimi anni, Amina Muaddi ha un approccio imprenditoriale consapevole, tra richieste del mercato ed ispirazioni decise, con un messaggio e un’estetica riconoscibile che l’hanno resa uno dei talenti contemporanei più interessanti. Con un successo che non sembra conoscere il tramonto, potrebbe essere dunque un buon momento per allargare i suoi orizzonti e diventare la creative designer anche di un brand di moda? Come Bluemarine ad esempio, che al momento ha un seggio vacante dopo la breve paternità di Walter Chiapponi. La visione attenta ai desideri degli acquirenti, con un occhio di riguardo verso le nuove generazioni, capace di stare al passo con le tendenze e di far parlare di sé anche attraverso l’appoggio delle celebrity, potrebbe rivelarsi la formula perfetta per un brand che, come Bluemarine, negli ultimi anni ha tentato (ed è riuscito in parte) a perseguire proprio gli stessi obiettivi di Amina Muaddi. Ipotesi lontana dalla realtà? Forse, ma una ragazza ha pur diritto di sognare. E questo sogno, lo ammetto, stuzzica parecchio la mia curiosità.
CHRISTOPHER BAILEY DA GIVENCHY
Il rinascimento di Burberry lo si deve indubbiamente a lui. Dopo 17 anni alle redini del brand, un MBE, una serie di fashion Awards e la consapevolezza di aver riscritto la storia del brand e, in parte, della moda stessa, Christopher Bailey ha lasciato Burberry nel 2017. Il modo in cui ha ampliato i canoni del brand, riportato in auge gli archivi dello stesso, creato campagne con fotografi e talent importanti e dato spazio anche alla rappresentazione della comunità LGBT, ha determinato un percorso consapevole a livello imprenditoriale e creativamente efficace. Al suo posto, è subentrato il genio di Riccardo Tisci dopo 12 anni da Givenchy, ed è proprio a questo brand che mi piacerebbe associare il futuro di Christopher Bailey, vista anche la recente uscita di Matthew Williams. Con un approccio sofisticato, attendo ai dettagli e al passato, sarebbe indubbiamente una grande notizia e un matrimonio felice. Finché nuove folate di vento non li separino.