La conosci in televisione ed è simpatica, bella, sorridente, spigliata. Poi la conosci alla radio e la sensazione è la stessa. Ad un certo punto la conosci anche sui social, dove ci sembra di assistere ad uno show tutto suo (magari!).
Ma quando incontri Daniela Collu, è ancora meglio di quello che potevi immaginare: usa il suo sorriso come “filosofia”, anche come risposta a molto di ciò che gli è stato detto negli anni. È femminista, perché è l’unico modo di poter vivere in questa Terra, è determinata, forte, anche se con tutte le sue debolezze, e si dà qualche medaglia ogni giorno, per dare importanza a quelle cose che credeva di non riuscire a fare. Una di queste? Per esempio scrivere un libro. In due mesi. Sul Cammino di Santiago.
Ma il suo libro “Volevo solo camminare” è molto di più, non si tratta solo di un riassunto di un viaggio e tanti consigli tecnici (anche se ci sono), è un manuale per vivere un po’ meglio, per avere un po’ più di coraggio. Non solo nel Cammino, ma nella vita. E poi ti viene voglia di prendere e andare a comprare un piao di scarpe (solo se molto comode) e di partire per il Cammino, quasiasi esso sia. Anche solo una passeggiata, un pomeriggio, un mese, due ore, imparando a lavorare su sé stessi e scoprendo cose che non si sarebbero mai immaginate.
D’altronde Daniela voleva solo camminare.
Nel libro dici di aver appreso molto in televisione guardando gli altri e chi ti stava intorno, ma c’è stato qualcuno che ti ha particolarmente ispirato?
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Una persona che è come se fosse il mio Doc di “Ritorno al futuro”, che è quello che rende tutto possibile, è il capo progetto del Grande Fratello, Andrea Palazzo, che è IL grande fratello, e so che nell’immaginario collettivo è un programma che ha fatto una fine becera, ma se hai una passione per le persone come me, è in realtà un osservatorio incredibile. Ho succhiato da Andrea e dalla sua esperienza tutto il possibile, è stato come fare il militare della tv: come ci si relaziona con i colleghi, cosa significa scrivere un programma, stare in diretta, stare 4 ore con la regia in cuffia, cosa si fa durante le pubblicità, immaginare come il pubblico percepirà quello che stai facendo. Quando mi sono trovata davanti alla telecamera poi è stato il momento di mettere in atto tutto quello che avevo imparato.
Nel libro ne parli spesso: per te cosa vuol dire autenticità?
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Facciamo tutti una gran fatica a stare al mondo, credo che sopratutto oggi la nostra generazione stia crescendo con questa idea della sfida da superare, perché siamo i figli di quelli del boom economico mentre noi siamo i figli della crisi: eppure nonostante tutto siamo cresciuti con il “Non ti devi arrendere”, ma sono tutte cazzate perché ci sono mille incognite e variabili che ti rendono impossibile o molto faticosa la strada che stai percorrendo, sia personalmente che professionalmente; nessuno poi ti aiuta a capire cosa stai perdendo nel frattempo.
Io nella strada non voglio perdere l’autenticità, voglio essere sicura che ogni passo che faccio sia un passo che mi somiglia e non voglio che le sfide prendano il sopravvento o che la paura del risultato prevalga sull’essenza. Per me essere autentici significa essere nel momento che stai vivendo, senza pensare a cosa farebbero gli altri al posto tuo. Ci sono quelli che a 15 anni sanno già che cosa saranno nella vita, io non so cosa sarà domani per dire, ma voglio essere autentica, sia nel cambiamento che in quello che sono. Forse farne tanti di cambiamenti ti allena ad essere sempre in ascolto dei tuoi desideri e di quello che immagini per te, perché le cose possono cambiare da un momento all’altro e non bisogna essere fedeli a niente altro se non ai propri desideri.
“Io nella strada non voglio perdere l’autenticità, voglio essere sicura che ogni passo che faccio sia un passo che mi somiglia”.
In qualche modo è una cosa che torna spesso con il discorso dei social e dei filtri… La gente vuole le categorie: una volta ero in sala trucco per un programma di Rai 2 e mi hanno dato questo consiglio imperdibile: “Dani, devi scegliere: o sei bona o sei intelligente, non puoi essere entrambe perché il pubblico altrimenti non capisce”, io era annichilita: che significa? Un’altra volta invece mi hanno detto: “Non dimagrire troppo sennò non fai più ridere” perché ho un approccio giocoso e ironico, un po’ pungente anche. Le categorie esistono e la gente pensa di doversi incasellare o farsi incasellare per forza. Io invece spero di essere tutto quello che voglio essere o che mi viene spontaneo essere, e chi se ne frega.
Quando si affronta un cambiamento è difficile anche affrontare chi si era prima, questa è una cosa che dici anche nel libro: quali sono le “altre te” che hai dovuto accettare per essere felice?
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Ci sono un sacco di “te” che a volte scegli di conoscere e a volte decidi di aspettare finchè non se ne vanno nella crescita. C’è una te che ha paura di tutto, un te che ha paura ma che sa che ce la può fare, poi invece c’è una te che sa che ce la può fare ma che poi gli altri ce la fanno prima di lei, nonostante tutto. Io un po’ queste le ho inglobate perché non le volevo zittire o smentire, non volevo eliminare la paura ma superarla, non allontanare il limite ma conoscerlo, perché poi magari basta solo un saltino in più. Uno strumento utile a questo proposito è l’analisi, non so perché ci sia ancora paura ad affrontarla o a parlarne semplicemente. Di “me” ne ho tantissime, sono stata una bambina figlia di Satana, la prima notte che ho dormito davvero avevo 4 anni, prima dormivo un’ora al pomeriggio e la notte stavo sveglia. I miei genitori infatti sono le persone più stanche che io conosca [ride].
“Uno strumento utile è l’analisi, non so perché ci sia ancora paura ad affrontarla o a parlarne semplicemente”.
Questo viaggio ti ha fatto uscire anche dalla comfort zone: cosa significa ora per te uscire dalla tua comfort zone?
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Ho deciso che la comfort zone non è un posto da evitare, ci sono della fasi della vita in cui è giusto godersi il proprio nido e le comodità, farsi aiutare dagli eventi, non dover cercare i mulini a vento per sembrare Don Chisciotte, non curare tanto il tuo aspetto, perché quello di cui hai bisogno è semplicemente un porto molto franco e accogliente. Poi ci sono delle volte in cui invece uno si rimbocca le maniche e dice: “Adesso spacco il culo” e quelle parti della vita è assurdo sprecarle in comfort zone, è come se avessi delle armi in più e le stai usando per combattere le tue battaglie quotidiane: vai oltre! Credo che un po’ sia diventato il mio linguaggio da quando ho sbarellato un paio di anni fa, ho cambiato lavoro, mi sono lasciata con il ragazzo con cui stavo da sette anni.. Un po’ sono sempre pronta al fallimento ma dall’altra parte son contenta di provarci.
Chi ti fa più ridere nella tua vita?
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Credo che sia un po’ miele come risposta ma come mi fa ridere il mio fidanzato mi fanno ridere poche persone. Ha un’ironia molto simile alla mia e ci fanno ridere cose che poi ci fanno ridere per anni. Poi ci sono miliardi di persone, anche professionisti, che fanno questo e che per me diventano dei modelli perché mi paciere moltissimo far ridere le persone. Io vorrei essere Amy Schumer: se con uno schiocco di dita potessi esser un’altra donna vorrei essere Amy Schumer. E so che sto sprecando una Charlize Theron nel mondo e non me ne frega un cazzo, voglio essere una di quelle che ti fanno andare il sangue al cervello perché dicono delle cose che tu non potresti mai partorire.
“…se con uno schiocco di dita potessi esser un’altra donna vorrei essere Amy Schumer”.
Nel libro dai tantissimi consigli, ma qual è per te il numero uno per fare il cammino?
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Non pensarci troppo. Fallo e basta, e fallo da sola, è il mio consiglio. Io il primo giorno ho camminato totalmente da sola, all’inizio non capivo bene, poi a un certo punto mi sono messa a cantare, ho anche fatto la cacca in un campo di papaveri. Non ti può succedere niente anche se sei da sola, passerai in alcune tappe in cui gli abitanti non hanno visto niente altro se non dei pellegrini: non avrai bisogno di aiuto, hai tutto quello che ti serve, non c’è niente di brutto che ti possa succedere, è il posto più privo di paura che io abbia mai percorso nella mia vita.
Nel libro citi il film “Tutto su mia madre”, qual è invece il tuo film preferito?
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Eh, mi piacciono i pesantoni. Il mio film preferito nella vita è “C’eravamo tanto amati” di Scola, è bellissimo. Sennò mi piacciono film come “Melancholia” di Lars von Trier. E poi mi fanno ridere i fratelli Coen, mi sono vestita da “Il grande Lebowski” a carnevale per tantissimi anni, ovviamente tenendo in mano una vera palla da bowling.
Parli anche dell’ascoltare il proprio corpo: è una cosa che riesci a fare anche nella vita di tutti i giorni?
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Non l’ho fatto per un sacco di tempo, perché in modo arrogante pensavo di avere una testa che bastasse per tutto. Seguivo soltanto la testa, mangiavo per appetito e voglia non per fame, dormivo quando dovevo e non perché avevo sonno… Poi grazie all’analisi mi sono risvegliata rispetto al corpo e ho capito un sacco di cose a riguardo: intanto che ci sto dentro e che mi porta in giro, insomma una personcina importante da curare. Poi ho scoperto il piacere di muoverlo, ho camminato per tanto tempo, mi sono toccata, casualmente ho perso dei chili perché magari lo ascoltavo di più e quindi poi guardandolo, nudo o vestito, capivo l’effetto che faceva anche alle altre persone.
Era come se fossi stata intelligente senza corpo per 30 anni e poi ho detto: ”Ehi, siamo in 3D”. E mi ricordo la psicologa che mi diceva: “Devi stare nuda dentro casa, perché quando poi incontri degli specchi o finestre ci deve essere qualcosa che richiama l’attenzione”. Anche in tv, è molto mediato l’uso che fai del corpo, ci sono lo studio, le luci, la gente che ti vede in un modo… Sono contenta del fatto che si siano un po’ unite le parti.
Nel libro parli anche di queste domande che ti venivano fatte durante il cammino, piene di significato: la più bella che ti è stata fatta?
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Non solo la più bella ma anche che mi ha più lasciata perplessa sul momento è stata: ”Mi racconti la tua infanzia?”. Se qualcuno ti fa delle domande del genere adesso pensi che sia matto, perché è qualcosa che prevede un’ora e mezza di racconto e chi è che ti ascolta per un’ora e mezza, parliamoci chiaro [ride]. Forse chi ti ama, ma neanche: invece lì non scappi, il bello del cammino è che non scappi, se qualcuno ti si affianca un giorno ti sta affianco per 35 km.
Io non ci credo mai alle domande, anche perché poi non voglio rompere le palle alla gente, invece Falk, il mio amico tedesco che è una persona meravigliosa e che ho avuto modo di scoprire camminando insieme a lui, mi guardava con questa faccia limpidissima chiedendomi: “mi racconti della tua infanzia?” proprio perché era interessato. E io sono partita da lontano, è cosa un po’ strana ma bellissima. È una cosa che può succedere solo in viaggio, quando il tempo che dedichi alle cose è diverso da quello che hai normalmente.
“…il bello del cammino è che non scappi”.
Hai scritto: “Devo imparare a darmi le medaglie non solo per i primi posti ma per ogni volta che mi metto in gara”, ed è una frase bellissima secondo me. Qual è stata l’ultima volta che ti sei data una medaglia?
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Tutti i giorni ormai, mi sento bravissima perché resisto alla stanchezza. Posso dirmi brava perché resisto alle mie cose? Perché ci provo lo stesso quando devo fare delle telefonate che non voglio fare, quando sono brava con i miei amici, con le persone che mi stanno intorno, quando le persone che mi stanno intorno mi dicono “Brava” e non mi sminuisco più.
Io sono felice di prendermi dei piccoli attestati perché me li sono negati per un sacco di tempo, tipo alla domanda “Ti trovo benissimo” rispondevo “No guarda non dormo da tre giorni”, invece bisogna dire “Grazie!”, prendersi il bello che l’universo ti sta restituendo, vaffanculo. Non sono sempre stata così, ma a un certo punto lo fai e scopri che ti fa bene. Perché se sei un po’ contento di quello che ti succede è giusto farlo vedere. Ho scritto un libro in due mesi ed è una cosa che non avrei mai pensato di fare quindi me la piglio questa medaglia, che per alcuni è una medaglia di latta ma chi se ne frega, riguarda me.
Dato che ti piace parlare anche di arte, c’è un’opera in particolare che ti piace?
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C’è un fotografo, Wolfgang Tillmans che fa delle foto molto eteree e grafiche, e c’è una sua opera che è stata la mia foto profilo per anni, raffigura un tizio che parla con un cerbiatto in mezzo al niente. Sono praticamente io che parlo articolando con qualcuno che non mi capisce [ride].
“Ho scritto un libro in due mesi ed è una cosa che non avrei mai pensato di fare quindi me la piglio questa medaglia, che per alcuni è una medaglia di latta ma chi se ne frega, riguarda me”.
A chi vorresti dire invece stazzitta?
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A nessuno, anche se è chiaro che lo vorrei dire a Matteo Salvini, ma non lo faccio perché poi so che verrà seppellito dalle sue cazzate, è importante che parli. Direi più facilmente “Non ti voglio ascoltare”, rivendicherei il mio diritto al silenzio, a non pensare che il fatto di avere una voce renda la tua opinione importante per altri. Parla quanto vuoi, ma io avrò diritto a girarmi da un’altra parte.
Parli anche spesso di femminismo che al giorno d’oggi rischia quasi di essere una parola inflazionata: cosa significa per te?
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Significa essere un essere umano: per me è necessario essere femministi anche se si è uomini, perché è una guerra che non possiamo fare da sole, abbiamo bisogno degli uomini al nostro fianco. Sono femminista perché vivo su questa Terra 24 ore al giorno, perché so cosa significa parlare in una riunione di soli maschi, essere una con una bella faccia quando fai un esame all’università, provare dei vestiti sapendo che hai dei problemi che degli uomini non hanno e che ti sei autoimposta un’autocritica costante e castrante. Sono alleata degli uomini che hanno una presa sulla realtà che li faccia capire che sono 2000 anni che siamo messe di merda e che è ora di interrompere questa catena: spero di farlo capire nel mio piccolo e spero di farlo sopratutto per il lavoro che faccio, proponendo o essendo un modello di donna un po’ diverso che si mette a ridere quando qualcuno le dice: “Devi scegliere se essere bona o azzeccare i congiuntivi”.
“Sono femminista perché vivo su questa Terra 24 ore al giorno”.
Il libro sul tuo comodino?
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Ho un Kindle, sto leggendo Sally Rooney, ne leggo sempre un po’ insieme, sto leggendo anche “Cat Person”. Un’altra cosa che mi fa impazzire sono i manuali di auto-aiuto, ora li ascolto in formato audiolibro mentre corro e sono esilaranti, a volte però danno dei consigli niente male. Dall’altra parte mi fa ridere che ci sia un’ora e mezza di frasi enfatiche. Forse abbiamo tutti bisogno di una voce che ci dica: “Fallo”.
Il tuo epic fail sul Cammino?
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Ne ho fatti 2: il primo giorno ho sbagliato tutto ed è stato il primo, mentre il secondo è stato prenotare il viaggio di ritorno senza lasciarmi tempo, aver avuto 2/3 giorni in più sulla riva di Santiago mi sarebbe piaciuto, godersi il viaggio con più calma insomma.
Abbiamo visto che hai passione per le scarpe…quali sono le tue 3 preferite?
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Un paio di mocassini da suora che non piacciono agli uomini, un paio di sneakers da collezione anni ’80 della Reebook giallo limone che ho da sempre, e poi che ti devo dire, la telecamera ti regala 5 chili quindi Dio benedica il tacco 12/14 che almeno ti allunga la figura perché altrimenti l’effetto polpetta è dietro l’angolo [ride].
Il tuo prossimo cammino?
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Di reale, vorrei tanto fare la Via degli Dei che è Bologna – Firenze perché paesaggisticamente deve essere una figata, e poi perché vorrei scoprire un po’ di cammini italiani. Il prossimo cammino che sicuramente farò è il pezzo del Cammino di Santiago che mi manca, quello dei Pirenei.
Metaforicamente invece, il resto della vita.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup by Andrea Sailis.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Thanks to Factory 4 Pr.
Thanks to Freeda Isola.
“Volevo Solo Camminare” di Vallardi Editore.
LOOK 1:
Abito chemisier Vivetta
Gioielli Lil
Scarpe Jimmy Choo
LOOK 2:
Tuta Over INVICTA
Collana Vivetta
Anelli e orecchini Lil
LOOK 3:
Abito Vivetta
Scarpe Tod’s
Orecchini e Anelli Iosselliani
LOOK 4:
Total look Veronica Beard
Collana Iosselliani
Anelli Voodoo Jewels
Mitica, Daniela mi piace un sacco. Il suo modo di essere diretta mi esalta, a me lo hanno sempre criticato e mi fa piacere che ora sia apprezzato
Ciao Vittoria! Daniela è davvero fantastica ed essere diretti ripaga (quasi) sempre, soprattutto se lo si è con sé stessi! 🙂
Lo hai letto il suo libro? Io l’ho divorato!