Elena Salmistraro + 24Bottles , una combinazione perfetta, hanno dato vita a una collezione limited edition presentata durante la Design week: il lancio si è tenuto in occasione dell’evento “Holy Green”, presso il negozio Replay – The Stage. Le 2 bottiglie in edizione limitata, disegnate da Elena, sono una celebrazione della natura e dell’altruismo, ispirate a una leggenda che aspetta solo di essere scoperta. Il ricavato dalla vendita della collezione sarà devoluto al Malala Fund, che dal 2012 si impegna per il diritto all’istruzione di tutte le 120 milioni di donne nel mondo che ancora non vi hanno accesso. Nella nostra intervista, Matteo Melotti, Giovanni Randazzo (fondatori di 24Bottles) e Elena Salmistraro ci hanno parlato del processo creativo e del messaggio dietro alla loro collaborazione e delle loro speranze per il futuro.
Sostenibilità, design e creatività: secondo voi qual è il punto di forza per combinare questi elementi in modo sempre nuovo e attuale?
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Giovanni: L’idea di base era creare un prodotto la cui mission fosse fortemente sostenibile, ovvero evitare l’utilizzo di bottiglie usa e getta, con un processo e progetto allo stesso tempo bello dal punto di vista del design, parlando ad un pubblico non inizialmente interessato al discorso sostenibilità ma che si avvicina al tema perché la bottiglia è bella, piace. Poi di conseguenza fa un gesto buono che fa bene all’ambiente.
Matteo: Quando non basta l’anima green serve anche un qualcosa che diventi un oggetto iconico.
Giovanni: Si tratta di funzionalità ed estetica al servizio della mission sostenibile. La sostenibilità può anche essere nascosta pur essendo il pilastro portante: dietro ogni collaborazione c’è quest’obiettivo, ma è celato dietro un oggetto bello e accattivante che colpisce per l’estetica e il design.
Quale messaggio volete condividere tramite la collaborazione con Elena?
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Giovanni: Ci rende orgogliosi perché il tema trattato è delicato e importante, ovvero la tutela delle donne, del dono dell’altruismo. Elena ha disegnato due figure leggendarie, che raccontano e si interessano di questi due temi. Questo, trasferito nelle bellissime immagini, ha chiuso il cerchio, ossa il supporto che daremo al Malala Fund, che dal 2012 si batte per garantire il diretto di istruzione per le donne e le ragazze più sfortunate, che si conta siano più di 120 milioni. È una collaborazione che ci rende davvero orgogliosi.
Qual è l’ispirazione per questo design, e qual è stato invece il processo creativo?
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Elena: La mia ispirazione è costante: è importante dire che con Replay è il secondo anno che collaboriamo, anche loro sono molto attenti alla natura quindi questo sposalizio era perfetto, hanno esperienza e attenzione, e quindi abbiamo pensato di riunire il tutto e di creare un evento.
L’ispirazione è la natura; durante una ricerca ho visto questa Diana, protettrice degli animali e delle donne, una dea romana conosciuta, e ho voluto rivisitarla: si vide infatti una donna con una tigre come compagna. L’altro invece si chiama Sakra e si ispira a una storia orientale: la leggenda narra che ci fossero quattro animali, una lontra, una scimmia, un coniglio e uno sciacallo che volevano aiutare questo anziano signore e quindi per aiutarlo la scimmia si arrampica su un albero e ruba dei frutti per lui, la lontra pesca, lo sciacallo ruba dalle case del cibo mentre il coniglio, privo di capacità particolari, pensa di sacrificarsi e di buttarsi in un pentolone, donando così la sua carne all’anziano. Questo sacrificio, questa carità, commuove questo anziano che si rivela essere Sakra, una divinità, che decide di scolpire questo coniglio sulla luna, lo si vede stilizzato con un pentolone. Ho pensato che con il tema dell’altruismo potesse essere il soggetto perfetto.
Si vede poi l’uso dei colori pastello, ricorrenti nel mio modo di dipingere.
Moda, ambiente e design: qualche altro ambito che vorrebbe toccare in futuro?
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Matteo: Adesso stiamo entrando anche nel mondo delle università: qui a Milano abbiamo fatto dei progetti molto belli con la Bicocca e il Politecnico, e stiamo trattando anche con altri poli universitari. Crediamo che sia un ambiente esterno a quello della moda ma dentro a quello della sostenibilità, ed è importante educare le nuove generazioni all’utilizzo del prodotto sostenibile, rendendoci conto che in 40, 50 anni siamo riusciti a distruggere quello che per milioni di anni era rimasto incontaminato. Abbiamo assolutamente bisogno di questa inversione di tendenza che può venire solo dalle nuove generazioni. È un cambiamento che dovrà esserci per forza, altrimenti non riusciremo a lasciare ai nostri figli il mondo che abbiamo visto noi.
“Abbiamo assolutamente bisogno di questa inversione di tendenza che può venire solo dalle nuove generazioni”.
Quali sono le sfide che trovate più importanti? A volte la sostenibilità passa come un trend quando invece dovrebbe essere uno stile di vita…
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Giovanni: Diciamo che la sfida è la quotidianità: una persona si sveglia alla mattina, si mette la bandana e vive la propria guerra, mentre pensare alle proprie scelte di consumo e al pianeta, e quindi avere il tempo di pensare al cibo in plastica piuttosto che alle bottigliette usa e getta, passa in secondo piano perché devi andare a lavorare, hai da fare, non hai tempo. Questa è un po’ una distorsione a livello di comportamento che va a impattare a livello globale; però, siamo fiduciosi, perché in Italia quando abbiamo iniziato con questo progetto venivamo guardati come alieni per l’idea della bottiglia riutilizzabile, oggi invece vediamo che le nuovo generazioni sono sempre più sensibili e vicine a questa abitudine.
Se solo fosse più facile trovare l’acqua per strada…
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Matteo: Ti guardano male è vero, però anche in aeroporto o alcune situazioni riesco a riempire bottiglia dal rubinetto. Ovvio che qui siamo ostici. Ma Francia e Germania lo fanno già quindi arriverà anche da noi: dipende da noi, se noi cominciassimo a chiedere l’acqua del rubinetto o dalla caraffa comincerebbero a offrirtela come alternativa.
Giovanni: Il cambiamento parte sempre da noi.
Se una delle vostre bottiglie fosse un supereroe del cinema, come si chiamerebbe? Elena, tu come lo disegneresti invece un supereroe?
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Elena: Oggi tutto a foglie [ride].
Giovanni: Io dopo aver sentito la storia di Sakra direi lui, il nuovo supereroe da mettere sulle nostre bottiglie [ride].
Elena: Tutto verde però!
“La sfida è la quotidianità”.
Elena, come descriveresti il tuo stile in tre parole?
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Eclettico, figurativo e poetico.
E che cosa cerchi nelle tue collaborazioni?
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Quest’anno abbiamo veramente pensato alla natura e alla tutela della donna, è stato un modo delicato di unirci. Quello che cerco intanto è il feeling con l’azienda: ho rifiutato tantissimi lavori perché non c’era sintonia. E poi il trovarsi vicini a livello di messaggio, devono esserci dei valori e dei punti di contatto.
Il tuo progetto dei sogni?
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Vorrei entrare nel mondo dell’interior design. Lo sto facendo a piccoli passi, ma ci arriviamo.