Stigmatizzati, taciuti, evitati nelle conversazioni che avvengono al di fuori della confidenzialità medica, i disturbi mentali sono un argomento che per secoli è stato sorvolato, con conseguenze dannose soprattutto nel campo della ricerca. Solo da qualche anno a questa parte, un numero ormai sempre crescente di campagne di sensibilizzazione e di personalità sostenitrici dell’importanza di un dialogo il più possibile aperto a proposito della salute mentale, stanno contribuendo a liberare il tema dal suo status secolare di taboo. Tra podcast di alta qualità che affrontano apertamente l’argomento (vi segnaliamo in particolare “Good Influence with Gemma Styles” e “Happy Place” di Fearne Cotton) e una crescente presenza di profili Instagram diffusori di positività e consigli di vita (come @mqmentalhealth, @morganharpernichols, @wearefeelgoodclub, @wetheurban), la conversazione sulla salute e sulle malattie mentali è sulla buona strada per essere finalmente normalizzata. Prevedibilmente, il mondo del cinema non è rimasto indifferente a questo cambiamento di rotta significativo che stiamo vivendo nell’ultimo decennio, ma, al contrario, sta contribuendo a suo modo alla rivoluzione. Ci sono sempre più film che ritraggono e affrontano apertamente alcune situazioni in cui chi convive con un disturbo mentale si ritrova spesso: la maggior parte di questi film vengono realizzati nella speranza che la salute mentale diventi un argomento di conversazione di cui tutti quanti impariamo a parlare apertamente, con franchezza, senza vergogna, e senza paura di essere etichettati, giudicati, o marginalizzati.
Ecco la nostra lista dei migliori film sulla salute mentale per chi vuole saperne di più a propostito di alcuni dei disturbi più diffusi e d’impatto di cui non si discute mai abbastanza.
“Ubriaco d’amore” (2002)
Di: Paul Thomas Anderson
Su: disturbi della personalità, OCD, scatti d’ira
Barry Egan (Adam Sandler) è uno scapolo apparentemente ordinario, con un lavoro ordinario in un’azienda di sua proprietà che si occupa del commercio di articoli da bagno, fratello di sette sorelle che hanno passato l’infanzia a prendersi gioco di lui, facendosi principali responsabili dell’instabilità emotiva, dell’ansia sociale e della vita solitaria e insoddisfacente del fratello. Nel corso degli anni, Barry ha sviluppato una serie di disturbi della personalità che spesso gli causano scatti d’ira imprevedibili e atteggiamenti ossessivo-compulsivi, come il fatto di vestirsi sempre elegante per andare a lavoro, con lo stesso completo blu ogni giorno, o l’accumulo in ufficio di confezioni di budino al cioccolato in quantità industriali. Incapace e riluttante a riconoscere la sua malattia mentale, al consiglio di provare qualche seduta da uno psichiatra risponde optando per una sessione di telefonate ad una linea erotica che colmi la sua solitudine. Il vero punto di svolta, però, sarà l’incontro organizzato con una collega di sua sorella, Lena (Emily Watson), l’unico faro di speranza per porre un freno ad un pericoloso processo di autodistruzione.
“Lars e una ragazza tutta sua” (2007)
Di: Craig Gillespie
Su: asocialità e visione alterata della realtà
Lars (Ryan Gosling) è un introverso patologico di 27 anni, traumatizzato dalla morte della madre il giorno della sua nascita, che ha vissuto una vita intera fuggendo da qualunque tipo di contatto umano e occasione di socializzazione. La sua rigida routine quotidiana prevede giornate monotone e solitarie nella dependance di famiglia, vicina alla casa in cui vivono suo fratello e la moglie incinta. Un giorno, interviene a sconvolgere gli equilibri un annuncio inaspettato: Lars sembra aver trovato una ragazza e ha intenzione di sposarla. La notizia lascia a bocca aperta e rallegra tutti, fino a quando non si scopre che Bianca, la fidanzata di Lars, è una bambola gonfiabile. Lars viene visto come un folle, e famiglia e concittadini assecondano con un senso profondo di pena tutte le sue fantasie sulla donna di plastica. Il nuovissimo senso di appartenenza e il supporto dell’intera comunità avranno un impatto significativo e positivo sulla vita e sulla socialità di Lars.
“5 giorni fuori” (2010)
Di: Ryan Fleck e Anna Boden
Su: sindrome da stress, ansia, pensieri suicidi
Craig (Keir Gilchrist) si sta per diplomare in un liceo prestigioso, e vive sotto la pressione costante di suo padre, un uomo ambizioso che pretende che il figlio faccia l’impossibile per essere ammesso in una altrettanto prestigiosa università. L’enorme carico di aspettative che amici e parenti hanno sul futuro di Craig è deleterio per il suo carattere di per sé fragile e ansioso, stressandolo al punto da non fargli vedere soluzione diversa dal suicidio. Come ultima spiaggia prima di arrendersi, Craig decide di tentare con il supporto psichiatrico. Si fa ricoverare per cinque giorni in una clinica in cui incontra diversi pazienti con cui fa presto amicizia, instaurando un rapporto particolare con Bobby (Zach Galifianakis), che diventa il suo mentore, e Noelle (Emma Roberts), una coetanea che si rivela presto il rimedio più efficace ai suoi disordini mentali.
“…e ora parliamo di Kevin” (2011)
Di: Lynne Ramsay
Su: disturbi della personalità, violenza e sadismo
Kevin (Ezra Miller) si è sempre comportato da bravo bambino con suo padre (John C. Reilly), mentre ha un rapporto gravemente conflittuale con la madre Eve (Tilda Swinton), genitore anaffettivo che non aveva pianificato l’arrivo di un figlio proprio quando era all’apice di una brillante carriera. Il comportamento distaccato, provocatorio e ribelle di Kevin nei confronti della madre peggiora durante l’adolescenza, soprattutto con la nascita della sua dolce sorellina Celia, quando sviluppa una personalità ostile e sadica. Col sospetto che Kevin stesso possa aver ferito la sorella accecandole un occhio con dell’acido, Eve inizia a preoccuparsi di quali ulteriori gesta terribili suo figlio potrebbe essere capace, sconvolgendo la vita della loro famiglia e dell’intera comunità.
“Il lato positivo” (2012)
Di: David O. Russell
Su: disturbo bipolare e OCD
Patrick (Bradley Cooper) è appena stato dimesso dalla clinica psichiatrica in cui ha passato gli ultimi 8 mesi, e si è trasferito a casa dei suoi genitori con un obiettivo: riconquistare sua moglie e ricominciare da zero, nonostante il divieto medico e legale di avvicinamento. La sanità mentale e l’autocontrollo già precari di Patrick vengono messi ulteriormente alla prova dall’incontro con Tiffany (Jennifer Lawrence), una giovane vedova dipendente da sesso e psicofarmaci. Dopo sessioni intensive di passeggiate, jogging e conversazioni profonde, Pat e Tiffany si avvicinano al punto da arrivare a stringere un patto singolare: Tiffany aiuterà Patrick a riprendersi sua moglie solo se lui accetterà di fargli da partner in una gara di ballo. In un saliscendi di emozioni, i due si aiuteranno a vicenda a fare i conti con i propri sentimenti e ad affrontare i propri mostri interiori.
“Mommy” (2014)
Di: Xavier Dolan
Su: deficit di attenzione, iperattività
Diane (Anne Dorval) è una mamma single dal look piuttosto aggressivo: sboccata, disorganizzata, fumatrice incallita, è una donna estremamente irascibile, con difficoltà nel gestire la propria vita. Suo figlio, Steve (Antoine Olivier Pilon), è esattamente come lei, ma in maniera più grave e patologica: soffre di un disturbo di deficit di attenzione e iperattività che lo rende ingestibile quando è sotto stress e violento quando è agitato o arrabbiato. Cacciato dall’istituto in cui ha trascorso diversi anni e tornato a casa con sua madre, Steve alterna momenti di docilità a episodi di ira e aggressività, fino a quando l’arrivo di Kyle (Suzanne Clément), la nuova, apparentemente timida, vicina, non stravolge la vita di madre e figlio in maniera inaspettata.
“Fino all’osso” (2017)
Di: Marti Noxon
Su: disturbi alimentari
Ellen (Lily Collins) ha vent’anni e da tutta la vita lotta contro l’anoressia: ha passato l’adolescenza entrando e uscendo da centri specialistici, nel tentativo disperato di sconfiggere il suo disturbo una volta per tutte. La sua ultima opzione è un istituto di riabilitazione a Los Angeles, in cui sceglie di ricoverarsi per qualche settimana nonostante il resto dei pazienti non le vada troppo a genio. Tuttavia, è proprio la comunità dell’istituto che lo rende diverso dagli altri che Ellen ha visitato: tutti quanti finiranno per orbitare intorno a Ellen, ognuno con il proprio passato e i propri problemi con cui fare i conti. Sarà la varietà della popolazione di ricoverati, infatti, a creare un’atmosfera di supporto reciproco in cui il confronto tra diversi punti di vista aiuterà ciascuno ad imparare a gestire e superare qualunque problema lo affligga.
“Beautiful boy” (2018)
Di: Felix Van Groeningen
Su: tossicodipendenza
Tratto dalla storia vera dell’ex-tossicodipendente Nic Sheff, il film ritrae gli orrori e la devastazione che la dipendenza da droghe può scatenare rompendo gli equilibri di un ambiente familiare. Nicolas Sheff (Timothée Chalamet) è uno studente di 18 anni brillante e promettente: scrive per il giornale della scuola, ama i libri e la poesia, è un talento nel disegno. Però, dall’età di 12 anni, ha iniziato a sperimentare tutti i tipi di droghe, dalla marijuana a sostanze sempre più pesanti, fino a quando la scoperta della metanfetamina e del suo potere stimolante e alienante non gli cambiano drasticamente la vita. La tossicodipendenza di Nic, i suoi tentativi di guarigione annientati da continui episodi di ricaduta, trascinano il padre, la madre, la matrigna (Steve Carrell, Amy Ryan, Maura Tierney) e i fratellini nel vortice della sua malattia, in un disperato sforzo collettivo di salvare la giovane vita di un perso “bellissimo ragazzo”.