Quel che una volta era un negozio per abiti su misura maschili, per esattezza il Wells & Co, è stato lo sfondo della nostra intervista a Kazuhiro Tsuji. Ora ristorante dal nome Browns Mayfair, potrebbe sembrare semplicemente una bella, bellissima location, uno di quei tanti bei posticini che Londra può offrire, ma in questo caso è stato qualcosa di più. Abbiamo scelto questa location per intervistare Kazuhiro, makeup artist del film “L’ora più buia”, che è riuscito, con la sua arte, a trasformare il volto di Gary Oldman in un Winston Churchill tanto credibile quando spettacolare.
Ed è proprio questo motivo che rende speciale il nostro incontro con lui in questo preciso luogo. Winston Churchill era un cliente del Wells & Co, a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50 e, proprio nella stanza dove abbiamo avuto la nostra chiacchierata con l’artista, abbiamo trovato una fotografia e una targa a lui dedicata. Si può dire essere, almeno un po’, un segno del Destino. E tutto questo ha reso ancora più magico conoscere il mondo e la mente brillante di un uomo ed artista che ha deciso di raccontare se stesso tramite la sua arte, dedicando le fasi della sua vita ai volti che modella e affidando loro i suoi attimi eterni.
Dopo un lungo periodo di lavoro nel mondo del cinema, nel 2012 Kazuhiro ha deciso di allontanarsi per creare qualcosa che voleva rimanesse impresso nel mondo. E così si è dedicato completamente alla sua arte e scultura, non perdendo mai di vista quello che più lo affascina e che lo distingue dal resto del mondo: dipingere e creare volti, notare quelle espressioni minime, quei tic che si trasformano poi in rughe d’espressione. Tutti quei dettagli che fanno di un volto un’emozione, senza mai snaturarlo, senza mai perdere di vista la storia che lo ha creato. E proprio per la loro storia li sceglie: per dare loro una nuova vita, una fuga da un passato di sofferenze che li ha certo forgiati ma anche “dannati”. E così, attraverso artisti e uomini che sono stati per lui maestri ed ispirazione, Kazuhiro lascia sulla Terra tutti i pezzi di sé, evocando la vita di altri.
Ma poi quel messaggio, nel 2017, in cui Gary Oldman gli chiede: “Torna a lavorare nel mondo del cinema per “L’Ora Più Buia”, dirò di sì se tu ci sarai”. Ci è voluta una settimana. Ma non poteva farsi scappare un’occasione del genere che, come dice lui, capita una volta nella vita.
Rientra così nel mondo del cinema, dove prima aveva lavorato per film come “Il curioso caso di Benjamin Button”, “The Ring”, “L’alba del pianeta delle scimmie”, “Men in Black”, solo per nominarne alcuni. E il suo ritorno è trionfale, candidato ai Bafta, dove ha vinto, e agli Oscar, in occasione dei quali Kazu ha ricevuto la meritatissima Statuetta come Miglior Makeup.
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Cosa ha inspirato il tuo stile per la prima volta?
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Beh, faccio ritratti di volti umani e mi piacciono molto le facce, perché quando ero bambino ero introverso…sono ancora introverso, non sono bravo ai party e situazioni simili. Vengo da Kyoto, in Giappone, e lì c’è una società antica e le persone hanno due volti. Mi sono sempre domandato cosa pensi la gente nel loro intimo, invece di ascoltare cosa venga detto e mostrato.
Sono cresciuto in una brutta famiglia e ho sempre cercato di indovinare i veri pensieri delle persone. Quindi mi affascina studiare chi siamo e penso che la ragione per cui faccio ritratti sia proprio questa. In generale, mi piace studiare i volti umani e mi piace studiare chi siano, questa è la mia ispirazione.
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Come ti senti a tornare ai BAFTA?
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In realtà questa è la prima volta che partecipo fisicamente alla cerimonia. Non sono mai stato ai BAFTA prima e so che diverse persone li considerano essere anche meglio degli Oscar. Ho partecipato agli Oscar qualche volta e sono impaziente di partecipare ora ai BAFTA.
Sono sicuro sia una cultura molto diversa, sono molto onorato di essere stato nominato e di essere qui.
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E rispetto agli Oscar? Qual è stato il tuo primo pensiero quando sei stato nominato?
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È un lungo processo in realtà. Inizia con la valutazione, delle chiamate e poi vieni nominato. È una costruzione progressiva e non è tipo “Oh, che sorpresa!”. È davvero fantastico, perché gli studios del film hanno fatto un grande sforzo per far sì che tutti potessero essere considerati agli Oscar e io lo sono stato.
Ed è davvero fantastico perché sono stato lontano dal cinema per un po’ e poi ho partecipato a questo film e sono stato nominato…cioè, è un grande onore.
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E qual è stato il motivo per cui hai lasciato l’industria cinematografica?
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Stavo partecipando a molti film, ho anche fatto parte della creazione del Grinch e proprio qui ho avuto una brutta esperienza sul set, lavorando con gli attori e tutto. È stato un lungo lavoro, ho fatto il makeup centinaia di volte sul set per Jim Carrey, e lui è stato decisamente rude.
Ho iniziato a chiedermi se mi piacesse davvero lavorare sul set. Intorno al 2002, ho fatto un ritratto al mio mentore, Dick Smith, e dopo averlo fatto ho pensato “ok, sì, questo è qualcosa che voglio davvero fare” invece che lavorare per il cinema. Ma non riuscivo ad immaginare come potessi guadagnarmi da vivere per un po’ come artista.
Mi ci sono voluti quasi dieci anni per decidere davvero di lasciare l’industria cinematografica e poi, nel 2012, Dick Smith si è trasferito a Los Angeles in una casa di cura e stavo parlando con lui della sua vita e di quanto ne fosse soddisfatto, visto che ai quei tempi aveva 90 anni. Dal nostro punto di vista può sembrare che abbia avuto una gran bella vita, una bella carriera e tutto, ma lui avrebbe voluto fare qualcosa di più. Così ho iniziato a riflettere sulla mia di vita e ho pensato “Ok, dovrei davvero concentrarmi sull’arte”.
Dato che avevo quasi quarant’anni e, se davvero fossi rimasto nell’industria cinematografica a fare make-up per il resto della mia vita, lo avrei fatto per altri quarant’anni, non so se sarei mai stato realmente felice della mia vita. Non volevo essere triste, così presi la mia decisione: “Questo è il momento di cambiare davvero la mia vita” e quello fu il motivo in cui mi sono dedicato all’arte.
Mi sono chiesto se sarei stato realmente felice della mia vita. Non volevo essere triste, così presi la mia decisione: “Questo è il momento di cambiare davvero la mia vita”.
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Tutti noi conosciamo la famosa storia di Gary Oldman che ti ha richiamato per “L’ora Più Buia”, ma qual è stata la cosa che ti ha fatto dire “sì, lo voglio fare”?
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La mia ispirazione per diventare un make-up artist è stato il lavoro di Dick Smith su Hal Holbrook, quando lo ha trasformato in Abraham Lincoln. Vidi la sua foto e decisi “sì, questo è qualcosa che voglio fare”. Il giorno dopo andai in biblioteca, misi insieme le foto di Lincoln e iniziai a truccarmi come il personaggio, e quello fu l’inizio. Era il tipo di film a cui avrei voluto lavorare, ma non ne avevo mai avuto l’opportunità, perché i film per cui ho lavorato sono stati soprattutto commedie e di fantascienza.
Così Gary ha proposto me per questo film, lui è un grande attore ed era da molto tempo che volevo lavorare con lui, e la crew e il regista sono stupendi, e il film è stupendo. Così ho pensato che se non avessi colto questa occasione me ne sarei pentito, era un’opportunità unica nella vita per me, che avrei voluto fare da tanto tempo, da almeno vent’anni.
Così prima dissi a Gary: “Ci devo pensare, dammi una settimana”. Ci ho pensato e ho deciso che avrei dovuto davvero prendere questo lavoro perché era un progetto meraviglioso.
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E qual è stata la tua ricerca storica riguardo Churchill?
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Ho guardato molte fotografie. Tutto il disponibile online, tra cui libri e ovviamente documentari e ho raccolto tutto in un grande file nel computer; ho visto molti film, da cui ho catturato qualche immagine e ho letto la sua biografia, in che casa è cresciuto e che vita ha vissuto.
Ho preso un calco di Gary e le foto del progetto e da lì ho iniziato il mio lavoro. Volevo capire come fosse fatto fisicamente, ma anche capire che tipo di persona fosse. La personalità del personaggio è sempre riflessa nell’aspetto e, come hai detto anche tu, nella sua espressività. Per esempio, come hanno le rughe: se dimentichi qualcosa, come una singola ruga, la gente inizia a chiedersi: “perché è così piatto?”.
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E poi, viso di Gary Oldman è tanto diverso da quello di Churchill.
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Questa è stata una cosa davvero affascinante.
Non ero sicuro di come farlo, ho fatto diverse prove di make-up e ho affrontato diverse tappe, a volte troppo e a volte troppo poco. Così abbiamo provato a capire cosa avrebbe donato un buon equilibrio per rendere Gary simile a Churchill e, allo stesso tempo, permettergli di recitare con il trucco. Infatti non volevamo truccarlo come se stesse indossando una maschera. Doveva riuscire a muoversi e riuscire a trasmettere emozioni.
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Che rapporto hai con Gary ad oggi?
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Lui è straordinario.
Se tutti gli attori fossero come lui non avrei mai lasciato l’industria cinematografica; lui è una persona così dolce e ovviamente molto talentuosa. È fantastico, molto rispettoso con gli altri e rispettoso verso la nostra arte e quella degli altri. È stato un grandissimo onore lavorare con lui. È una persona genuina e simpatica.
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Come scegli la persona di cui scolpirai il viso?
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Nella mia vita tutto riguarda il tempismo. A volte semplicemente quel qualcuno mi salta in mente, e più ci penso su, più penso “ok, dovrei creare questo ritratto”. La maggior parte dei soggetti che ho creato sono persone con un’infanzia difficile o un qualche problema psichico o fisico. Ho avuto una brutta infanzia e sto cercando ancora di capirla e di capire come io potrei essere una persona migliore.
Sono praticamente entrato nelle loro vite e ho cercato di rifletterle nella mia, così da creare il ritratto. In un certo senso volevo che chi osservasse fosse incoraggiato a guardare il mio lavoro e a conoscere così chi loro fossero.
Questa è la mia ragione.
Incluso me stesso.
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Qual è la tua definizione di arte?
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Considero ogni singolo pezzo come una sorta di lapide. Mostrando cosa sto guardando in quel momento così da lasciarlo indietro, ai posteri. Non voglio una tomba perché non credo in tutto quel processo, ma credo che ogni momento in cui creo qualcosa sia la prova che io ci sono stato, ed è molto rispettoso verso l’umanità.
Noi proviamo sempre a comprendere perché sia importante essere qui, dato che il più delle volte distruggiamo qualcosa. A volte creo qualcosa quasi per capire perché sono qua. Penso si tratti semplicemente del processo di noi che viviamo di giorno in giorno, e quella è la mia arte.
“Penso si tratti semplicemente del processo di noi che viviamo di giorno in giorno, e quella è la mia arte”.
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Hai mai pensato di ricreare te stesso in una scultura?
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In molti me l’hanno chiesto, perché penso sia una cosa comune per un ritrattista ricreare il proprio volto. Potrei farlo un giorno, ma non sono così interessato nel ritrarre la mia faccia.
Forse alla fine delle mia vita lo farò e sarà il mio ultimo pezzo.
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Quali sono i tuoi progetti futuri?
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Sto organizzando una mostra personale in Giappone nel 2020 e voglio creare almeno 20 pezzi da mostrare in diverse città giapponesi. Questo è il mio obiettivo.
Sarebbe stupendo perché non ne ho mai avuto l’opportunità, i miei pezzi sono abbastanza grandi…non è come un quadro, che è facile da portare in giro, quindi hanno bisogno di un bel po’ di organizzazione e risorse per farlo.
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E qualcosa nel cinema?
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Ho ricevuto diverse offerte e se saranno realmente interessanti e belle le accetterò, ma il mio interesse principale ora come ora rimane la mia arte.