“Figlia mia” è una storia che scava nelle profondità di un universo prettamente femminile, semplice come può essere l’amore di una madre ma complicato come possono esserlo i sentimenti. Nei suoi 97 minuti, la pellicola racconta la storia di Angelica e Tina, la prima allo sbando e la seconda impegnata nel ruolo di donna perfetta. Entrambe madri, a modo loro, entrambe più complicate di quanto una prima occhiata non possa lasciar intendere: due donne profondamente diverse che affrontano strade parallele che le porteranno a scoprire lati del loro carattere nuovi, non sempre positivi e non sempre facili.
Ma “Figlia Mia” racconta principalmente la storia di Vittoria, la bambina che serve da filo conduttore ad una trama dura, che coinvolge profondamente lo spettatore ma che riesce anche a catturare una maternità che si rivela quasi necessaria, una forza distruttiva e travolgente.
In un paesino immerso nella bellezza di una Sardegna selvaggia e silenziosa, la cui natura si rivela inospitale a volte e rifugio in altre, la cinepresa di Laura Bispuri segue Angelica (Alba Rohrwacher), la piccola Vittoria (Sara Casu) e Tina (Valeria Golino) in un ritmo di eventi serrato, fatto di piani sequenza e forti contrasti fra personaggi. Dopo il lavoro iniziato con “Vergine Giurata”, ancora una volta Laura riesce a catturare le sfumature dell’animo umano: una cornice che coglie l’insicurezza di Tina e l’eccesso di Angelica, ma anche e soprattutto la ricerca di risposte e di affetto di una bambina che è profondamente amata da due donne che esprimono sè stesse in maniere opposte. “Figlia Mia” coglie un frammento di umanità – e di femminilità in particolare – che è estremamente affascinante, catturandolo completamente: dalla rimessa in discussione della propria identità e dei rapporti con gli altri all’insicurezza che essi possono causare (e di cui il personaggio di Tina è un ritratto drammaticamente realistico). È uno studio delle sfaccettature femminili e sulla maternità crudo e toccante, quello che fa Laura, che non chiude gli occhi e non volta il capo di fronte alla parte più difficile e struggente dell’essere figlia e madre.
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Come avete lavorato ai vostri personaggi, insieme?
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Alba: Abbiamo quasi da subito abbiamo avuto un rapporto molto franco, ed è stata una cosa molto bella. Anche Laura con noi. E questo vuol dire che ci dicevamo la verità riguardo alla costruzione dei nostri personaggi e quanto ognuna di noi credesse all’altra. Perché erano entrambi dei personaggi molto lontani dalle nostre corde abituali. Questo modo molto sincero di rapportarsi l’una all’altra secondo me ha facilitato, senza troppe formalità, troppa professionalità forzata, siamo state subito intime. E questo secondo me ha aiutato.
“Abbiamo avuto un rapporto molto franco”.
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Come avete affrontato invece il tema della maternità?
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Alba: Il film stesso lo ha affrontato, noi ci siamo unite.
Valeria: Abbiamo parlato della teoria prima, ho cercato di capire il personaggio ma poi mentre giravamo il film non pensavamo al tema perché ovviamente i personaggi non pensano di essere dentro un film con un tema, bisogna ritrovare un’inconsapevolezza quando lavori. Puoi e devi prima teorizzare e capire, ma è un tema così reale che penso che la cosa migliore, per evitare le retorica, sia di fare le cose per piccoli passi, come se stessimo vivendo la cosa stessa. Per evitare il nostro stesso giudizio. Poi, siccome sono entrambe “sbagliate”, se le avessimo giudicate da fuori sarebbe stato difficile poi portarle anche ad avere quella tenerezza, l’empatia per chi stai interpretando. Potresti anche interpretare un assassino ma in qualche modo non lo devi giudicare mai. Qualche volta per me è stato difficile. Il momento più brutto del mio personaggio, che ancora oggi non accetto, faccio fatica ad accettarlo, è quando porto al bar la bambina e dico “guarda: tua madre è una puttana”. Lì credo che il mio personaggio raggiunga il suo più basso. È stato molto meschino e pericoloso, troppo ottusa per capire che stava facendo del male a quella bambina.
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Forse si parte anche con l’idea che sia il personaggio sia fatto in un certo modo e poi tutto si ribalta.
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Alba: È chiaro che si partiva da due antipodi che poi si incrociavano e si ri-separavano per essere guidati dal terzo personaggio che è quello più saggio, quello che fa un vero percorso. È l’unico personaggio che fa un percorso lineare, Vittoria.
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Quali sono state le difficoltà più grandi nell’interpretare questi personaggi?
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Valeria: Di volta in volta lei ha avuto delle crisi, Alba era scontenta.
Ma una difficoltà, che è anche una sfida, che poi lo spettatore non immagina perché questa cosa con il montaggio viene stravolta, ma Laura gira solo in piani sequenza quindi vuol dire: una scena, un piano sequenza. Qui il problema è che lei aveva tre personaggi e voleva dare tre punti di vista ma con una contraddizione: tu puoi avere tre punti di vista diversi se però guardi per tre volte la stessa situazione con gli occhi di tre persone diverse. Lavorando in questo modo si crea una sinergia ma è difficilissimo. Ci siamo trovati a fare questi personaggi che in alcuni momenti non venivano guardati. Questa è stata la sfida davvero più alta ma Laura sa quello che fa. All’inizio la troupe diceva “Laura cambierà idea”, dopo due settimane dicevano “è matta” e dopo altre due settimane invece dicono “è una grande”. È un atto di coraggio e solidità personale. Quella che ha rischiato più possibile è lei.
“Quella che ha rischiato più possibile è lei.”
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Angelica sembra infantile, ma alla fine riesce a dare tutto l’amore possibile. Come sei andata a fondo nel suo carattere?
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Alba: È un personaggio che dava infinite possibilità e anche che esponeva un rischio enorme, infatti all’inizio avevo paura. Poi piano piano ho capito quanto fosse liberatorio interpretare una persona così aperta, così sbagliata. Io e Laura abbiamo avuto due persone che avevamo in mente di riferimento, due persone della nostra vita, due uomini. Quando perdevamo la bussola dicevamo: “Aspetta, lui come si comporterebbe?”. Ed entrambi sono due personaggi che mettono in pericolo il prossimo costantemente e hanno in comune il fatto di essere completamente sbagliati ma sono improvvisamente capaci di atti di lucidità, generosità e bellezza. Come quell’istinto animale, che sbaglia sempre ma che qualche volta addirittura diventa anticipatorio della realtà che vive. Ed entrambe queste persone hanno queste caratteristiche.
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Riguardo Tina: ci sono stati momenti difficili nel riuscire ad essere empatica con lei?
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Valeria: Tina non è un personaggio catartico o liberatorio, anzi al contrario. Ha delle scene con grande rabbia, che sono state per me molti interessanti. Ci sono stati momenti in cui questo non potersi esprimere, per restare nel giusto, a tratti mi ha incupito, perché non era liberatorio. Ma alla fine è stato lo stesso motivo per cui ho deciso di farlo. Spesso ero gelosa che Angelica potesse correre, ridere, stare all’aria aperta mentre io ero in uno spazio piccolo.
MADRI.