L’attrice francese Adèle Exarchopoulos è la più giovane vincitrice della Palma d’Oro nella storia del Festival di Cannes. Per la sua interpretazione in “La Vie d’Adèle” non solo ha conquistato la critica e il pubblico di Cannes, ma si è anche aggiudicata un Premio César e un National Board of Review Award nel 2013. Da allora in poi, solo successi per la giovane artista, non solo nel mondo del cinema ma anche in quello della moda: volto di Louis Vuitton, ci ha regalato tra le più belle campagne pubblicitarie di sempre.
L’attrice francese recita nel film “Revenir” di Jessica Palud nel ruolo di una ragazza madre che vive in una povera casa di campagna, la cui vita viene sconvolta dall’arrivo improvviso del cognato. Ecco cosa ci ha raccontato sulla costruzione del personaggio, sui legami familiari e i progetti futuri.
Qual è stato il tuo approccio alla forza drammatica della storia? Come ti sei preparata per interpretare il personaggio?
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La prima cosa che ho fatto è stata cercare di capire il mio personaggio. Credo che il suo desiderio e bisogno più profondo sia quello di integrare le perdite che ha subito nel corso della vita, perché è così giovane ed è stata abbandonata dalla famiglia e deve accettarne una nuova, riconoscerla nella famiglia che il destino le ha portato, quella del padre di suo figlio. Mi sono concentrata su tutti i suoi interrogativi, sui dubbi che ha sulla morte del compagno, sull’incapacità di accettarne il suicidio. Inoltre, penso che sia importante non rispondere a tutte le domande, perché la vita è anche questo, a volte le domande sono più importanti delle risposte e le domande che ti poni sul personaggio sono, il più delle volte, le stesse che si pone lei. La vera preparazione è stata, piuttosto, fare amicizia con il bambino prima di iniziare a girare: ci siamo incontrati qualche volta a Parigi, lui era molto piccolo ed era il suo primo film, quindi avevamo bisogno di entrare in confidenza e di conoscerci.
“Penso che sia importante non rispondere a tutte le domande, perché la vita è anche questo, a volte le domande sono più importanti delle risposte”.
In più, dovevo lavorare su questa specie di solitudine che attanaglia il mio personaggio: c’è una scena in cui lei è in cucina e parla della sua infanzia ed è stato facile commuovermi durante le riprese, perché la verità è che tutti abbiamo delle ferite con cui a volte conviviamo per molto tempo e basta poco per piangere in automatico quando parli di cose tristi; quindi la mia preparazione è stata riflettere su queste cose e, personalmente, mi aiuta molto il momento sul set, come mi parla il regista e le persone con cui sto recitando; lavorare con un bambino è stato divertente, perché i bambini non fingono mai, non hanno un ego, quindi è più facile per loro capire le cose a volte. Niels, invece, l’ho conosciuto poco prima di incominciare le riprese, ma abbiamo comunque dovuto imparare a scoprirci e a capire insieme le solitudini dei nostri personaggi.
Dicono spesso che è un incubo recitare con animali e bambini: pensi che il tuo lato materno ti abbia aiutato ad entrare in sintonia con il bambino che ha interpretato tuo figlio?
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Non credo, perché, sinceramente, anche ora che sono una mamma, vedo mio figlio molto raramente, quindi mi sento ancora una ragazzina con mille contraddizioni. Tuttavia, il bambino che interpreta mio figlio ha qualcosa di davvero prezioso, il suo istinto, la sua generosità: è stato un dono. Però, il lato negativo dell’avere bambini nel cast è che si stancano subito e noi abbiamo tempi precisi da rispettare, quindi quello è il lato frustrante, ma a parte ciò è stata una bella esperienza.
Hai letto il libro da cui è tratto il film prima di iniziare le riprese?
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No, non ne ho avuto bisogno e non ho voluto, perché ho preferito usare la mia immaginazione per costruire il personaggio, credo nel potere della creatività.
“Credo nel potere della creatività”.
Ti è piaciuto girare le scene in campagna, nel fango?
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Sì! Tutti quanti mi dicevano: “Ma non sei per niente abituata a queste cose!” Ma cosa c’è di meglio della natura e del suono degli animali? Mi è piaciuto, anche perché io vivo a Parigi, quindi non sono abituata al silenzio della campagna, per esempio, e lo trovo molto rilassante.
Credi di avere qualcosa in comune con il tuo personaggio, sia come madre che donna?
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È una guerriera, piena di dignità, e io non so se ho la sua dignità, ma mi riconosco nel modo in cui si prende cura di suo figlio, nei dubbi che ha sul fatto di essere una buona madre e nel modo in cui ce la mette tutta per essere la mamma migliore che può.
“È una guerriera…”
“…piena di dignità”.
Il film parla anche dell’importanza delle proprie radici e dei legami familiari. C’è qualche insegnamento che i tuoi genitori ti hanno dato e che ti hanno aiutato a diventare la donna e l’attrice che sei?
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I miei genitori mi insegnano tante cose, ogni giorno, ed io cerco di tenerle a mente soprattutto quando mi cimento in un nuovo progetto: mi hanno insegnato ad essere fiera di me stessa in ogni caso, ad accettare il fatto che commetterò errori, ma avrò sempre qualcosa da imparare da essi, che hai bisogno di ombre nella vita per trovare la luce e che la felicità può avere tante forme diverse.
Hai nuovi progetti in cantiere di cui ci puoi parlare?
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Sì, avrò una piccola parte in un film sulla French Connection e un ruolo nel film di Quentin Dupieux intitolato “Le daim” e in un film di Léa Mysius, la regista di “Ava”.
A chi ti ispiri quando ti prepari per in ruolo?
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Secondo me le risposte sono tutte nel personaggio, ma ci sono molti artisti di cui ammiro il lavoro e che hanno fatto film che adoro guardare, per esempio Xavier Dolan, Louis Garrel, Jack Nicholson, Sean Penn, ma alla fine il modo in cui si lavora al proprio personaggio è sempre personale e unico.
“Hai bisogno di ombre nella vita per trovare la luce e la felicità può avere tante forme diverse”.
Photos by Johnny Carrano.