La potenza del teatro che lo sprona a superare i suoi limiti umani, il rapporto bidirezionale con i suoi personaggi e i conflitti interiori come fonte d’ispirazione per le sue interpretazioni fanno di Alessandro Fella uno dei giovani attori italiani da non perdere assolutamente di vista.
Con lui torniamo a Roma, precisamente sul rooftop dell’hotel Le Méridien Visconti, per un viaggio alla scoperta di ciò che rende Alessandro l’attore, ma soprattutto la persona che è oggi.
Il tuo primo ricordo legato al cinema?
Uno dei primi ricordi legati al cinema è la prima volta che mio padre mi portò al cinema Odeon, in Piazza Duomo a Milano. Mi portò a vedere “JurassicPark“, entrammo per caso, non era una cosa programmata. Essendo noi della periferia, andare in Duomo ha sempre rappresentato un po’ un evento. Probabilmente entrammo perché mio padre realizzò che così facendo mi avrebbe regalato un ricordo.
La recitazione per te è…
La recitazione per me ha sempre rappresentato un mondo complicato, difficilissimo. Oggi, come il primo giorno, mi stimola ad osservare, studiare e migliorare come attore, ma soprattutto come essere umano.
“La recitazione per me ha sempre rappresentato un mondo complicato, difficilissimo”.
Nella fiction “Il paradiso delle Signore” di Riccardo Mosca interpreti Federico Cattaneo, uno dei personaggi principali della serie, un adolescente che vorrebbe liberarsi alle scelte dei propri genitori, ma sembra finire sempre per fuggire dal confronto. Ti riconosci nel tuo personaggio? Com’eri tu da adolescente? C’è qualcosa di Federico in te?
Federico, presentato inizialmente quasi come un personaggio negativo, è in realtà un personaggio molto sensibile e positivo. Più che fuggire dal confronto, spesso sono stati gli eventi della storia ad essere più grandi di lui. Fortunatamente io da adolescente non ho dovuto affrontare traumi come rimanere sulla sedia a rotelle o scoprire a 25 anni che tuo padre non è tuo padre. Chi non fa questo mestiere spesso crede che il rapporto l’attore e il personaggio sia unidirezionale, ossia che è solo l’attore a regalare qualcosa di se al personaggio. In realtà il rapporto è bidirezionale, noi impariamo molto dai nostri personaggi e portiamo con noi qualcosa di loro. È stato così anche con Federico.
“Chi non fa questo mestiere spesso crede che il rapporto l’attore e il personaggio sia unidirezionale, ossia che è solo l’attore a regalare qualcosa di se al personaggio. In realtà il rapporto è bidirezionale, noi impariamo molto dai nostri personaggi e portiamo con noi qualcosa di loro”.
Prima ancora di iniziare a recitare nel cinema e nella televisione, hai esplorato il mondo del teatro. Cosa ti affascina di quell’universo e qual è stato il tuo primo contatto con il palcoscenico?
Il primo incontro col palcoscenico è stato inaspettato, mi è stato chiesto da un amico se volevo provare ad entrare nella compagnia dove lavorava per una sostituzione d’emergenza a due settimana dalla prima replica, non ero mai entrato per vedere uno spettacolo. Del teatro affascina la potenza, da sempre mi sprona a superare i miei limiti umani, passando per quelli artistici.
Una volta conseguito il diploma, hai fondato una compagnia teatrale insieme ad alcuni tuoi compagni di corso, e l’avete chiamata “La compagnia scattante”. Da dove nasce questo nome? Cosa ti ha spinto a lanciarti in quest’avventura e come descriveresti l’esperienza?
La Compagnia Scattante nasce alla Scuola Internazionale del Teatro Arsenale, quando io e altri tre ragazzi con cui spesso svolgevo i lavori di gruppo, decidemmo di provare a rivisitare quello su cui stavamo lavorando a scuola per farci degli spettacoli. Il nome nasce dalla parola “Scatta” o “Scattare” usata spesso da Matteo, uno dei ragazzi. Portavamo in scena il nostro modo di vedere il teatro in quel periodo e credo che quello che ci ha spinto a lavorare insieme fosse la voglia di sperimentare e di giocare. Volevamo riportare il teatro tra la gente comune, per lo più in strada, bar e centri culturali. Quel periodo è stato uno dei più belli e spensierati della mia vita e lo ricordo con il sorriso e con un po’ di nostalgia.
Ti senti più a tuo agio sotto i riflettori o dietro la macchina da presa?
Il teatro e il cinema sono due mezzi diversi con cui portare il messaggio, entrambi potentissimi. Non saprei dire quale dei due mezzi preferisco. Forse sul palco avendo meno interruzioni e costrizioni è più facile trovare la concentrazione e di conseguenza ci si sente più liberi e a proprio agio.
Credo che, come nella vita, il disagio e ogni forma di conflitto interiore siano ciò che rendono vivo e interessante quello che un attore porta in scena.
Non sei solo un attore, ma anche un cantante: hai frequentato l’Accademia della voce di Milano per migliorare la tua abilità canora. Che ruolo ricopre la musica nella tua vita?
Non mi considero un cantante, ho cercato di approfondire il lavoro sulla voce per capire fin dove poteva arrivare il mio mezzo vocale. La musica è onnipresente nella mia vita e scandisce ogni momento, periodo e cambio di umore.
“Credo che, come nella vita, il disagio e ogni forma di conflitto interiore siano ciò che rendono vivo e interessante quello che un attore porta in scena”.
Una canzone per descrivere questo momento della tua vita?
“Aspettando il sole” di Neffa.
Una cantante o musicista che vorresti interpretare sul grande schermo?
Non saprei, qualcuno di iconico sicuramente.
Una delle più grandi mancanze in questo periodo di rinunce forzate è l’esperienza del viaggio. Viaggiare apre la mente, e la riempie non solo di nuove nozioni, ma anche di nuove storie da raccontare. Hai mai fatto un viaggio che ti ha segnato profondamente? Qual è il primo luogo dove scapperai non appena si potrà?
Sono stato per diversi mesi in California, a Los Angeles. Vivere culture e abitudini diverse ti permette di vedere tutto da un’altra prospettiva e arricchisce molto. Appena si potrà non so dove andrò, ma se potrò uscirò dall’Europa.
Se fossi costretto a guardare un solo film, a leggere un solo libro, ad ascoltare una sola canzone e a parlare con una sola persona per il resto dei tuoi giorni, cosa/chi sceglieresti per ciascuna categoria?
Credo che mi farei consigliare da mio padre o da uno dei miei famigliari e sfrutterei questi momenti per trascorrere più tempo con loro.
L’ultimo binge-watch?
In qurantena ho visto la serie “This Is Us”. La consiglio.
Quali storie sogni di raccontare?
Credo che ogni storia abbia almeno un motivo per cui valga la pena raccontarla.
L’ultimo film o serie tv che ti ha fatto scoprire qualcosa di nuovo su te stesso?
La scelta di vivere facendo arte è una grossa responsabilità, si sceglie di vivere nell’ incertezza e la vita non è programmabile. Per chi fa questo tipo di scelta è molto facile farsi travolgere dall’ansia per il domani. Durante lo stop forzato dovuto dalla pandemia, quando tutto il mondo si è fermato, paradossalmente in qualche modo ho sentito quasi un sollievo da questo punto di vista, per la prima volta son stato costretto a restare nel presente scarico di responsabilità verso il domani. Ho capito che devo imparare a stare, a pensare alla serenità e alla fortuna che ho oggi, godermele di più. Mi sono reso conto che in passato sono stato troppo preso nel cercare di costruirmi delle certezze per il futuro, che quasi mi sono dimenticato di vivere il presente.
“Ho capito che devo imparare a stare, a pensare alla serenità e alla fortuna che ho oggi, godermele di più. Mi sono reso conto che in passato sono stato troppo preso nel cercare di costruirmi delle certezze per il futuro, che quasi mi sono dimenticato di vivere il presente”.
Cosa vuol dire per te sentirti a tuo agio nella tua pelle?
Stare a mio agio nella mia pelle significa cercare di stare in equilibrio in una condizione serenità. Svegliarmi al mattino felice di vivere la giornata.
Hai paura di…
La mia paura più grande sono i rimpianti.
Il tuo must-have sul set?
La musica.
Un epic fail sul set?
Quando non si riesce a smettere di ridere!
Il personaggio del cinema che vorresti come amico?
Non saprei, il Genio della lampada?
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Il gesto più coraggioso credo sia stato cambiare completamente vita scegliendo di dedicarmi completamente al teatro a 25 anni, dopo aver preso una laurea e con un lavoro avviato.
Qual è la tua isola felice?
La mia isola felice è sicuramente casa mia, la mia famiglia.
Cosa ci puoi svelare dei tuoi progetti futuri?
Preferisco non dire nulla sul futuro, vedremo che succederà.
Photos by Johnny Carrano.
Thanks to Other Srl.
Grooming by Chantal Ciaffardini.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Location Manager Luisa Berio.
Location Le Méridien Visconti Rome.
LOOK 1
Total Look: Giorgio Armani
Earring: Flaminia Barosini
LOOK 2
Total Look: Giorgio Armani
Earring: Flaminia Barosini
LOOK 3
Suit: Giorgio Armani
Shirt: Vintage
Earring: Flaminia Barosini