Abbiamo conosciuto Andrea Dodero in una tipicamente umida serata veneziana quando, in occasione della Mostra del Cinema, ha vinto il Next Generation Awards 2023, premio dedicato alle nuove generazioni del cinema.
Da “Blocco 181” a “The Good Mothers” e, più recentemente, al suo debutto internazionale in “The Equalizer 3” al fianco della leggenda di Hollywood Denzel Washington, Andrea sta vivendo un momento d’oro nella sua carriera.
Nella nostra chiacchierata, ci ha confidato il suo rapporto con la recitazione e il modo in cui quest’arte è diventata per lui uno strumento di libertà e “l’estensione più profonda della sua personalità”. Per Andrea, infatti, cinema, televisione e teatro sono molto più di una professione: sono un modo di esplorare nuove dimensioni della sua stessa anima.
Sei a Venezia, alla Mostra, che è una delle più alte celebrazioni del cinema, come una lettera d’amore a quest’arte. Tu che lettera d’amore vorresti mandare al cinema?
“Caro cinema, non limitarti mai nel tuo dover raccontare”.
Come hai iniziato il tuo percorso in questo mondo e quali sono state le sfide più significative che hai affrontato?
Il mio primo approccio al palcoscenico, all’energia che il palco dona e restituisce, è avvenuto quando ero molto piccolo, stiamo parlando delle scuole elementari. Poi ho combinato altro; conseguito il diploma, sono subito andato a lavorare presso una pasticceria locale, un’istituzione nella mia Genova.
Tra i tuoi ultimi progetti ci sono le serie “Blocco 181”, “The Good Mothers”, e il film da poco uscito al cinema “The Equalizer 3”. Cosa ti ha attratto di ciascun progetto?
Ciascun progetto ha necessità narrative tanto forti quanto distanti fra loro, dunque la possibilità di raccontare personaggi distanti fra loro.
Lo considero un privilegio ed una fortuna.
“The Equilizer 3” è il tuo primo progetto internazionale. Che ti ha colpito di più di questa nuova esperienza?
In sé il lavoro è lo stesso, nulla cambia di fatto. Ciò che si evince è la grande realtà produttiva alle spalle, è innegabile che un high budget permetta di avere più tempo per girare, più ciak buoni.
Quando reciti in un film il lavoro che fai su te stesso e il personaggio può essere molto grande, magari entri in contatto con parti di te stesso che non pensavi di avere. Qual è l’ultima cosa che hai scoperto di te grazie alla recitazione?
Questo mestiere io lo intendo come estensione della propria vita, quindi esimersi è distante dal mio punto di vista sul lavoro. Ciò che identifica il personaggio è ciò che fa, come agirà, tutto questo è nella sceneggiatura. Poi sta all’attore o attrice dare una propria proposta.
Qual è stato il momento più gratificante della tua carriera finora?
Ci sono stati diversi momenti significativi nella mia vita professionale, di questo ringrazio l’universo. Certo è che il lavoro con fatto con Denzel (“THE GOAT”) Washington, che io da sempre considero uno dei più grandi della storia, è probabilmente stato il momento più gratificante…fino ad ora.
“Ci sono stati diversi momenti significativi nella mia vita professionale, di questo ringrazio l’universo”.
Come ti prepari per i tuoi ruoli? Hai una routine o un processo particolare che segui per immergerti nei personaggi che interpreti?
Leggere e rileggere la sceneggiatura per avere l’arco narrativo in mente, preciso. Poi c’è il discorso di abbandonarsi alla storia, e non conosco una routine applicabile.
Il tuo must-have sul set?
Va bene, te lo dico. Cerco sempre di addossare un anello, che ha un valore personale molto importante, ad un mio personaggio. Finora ha funzionato!
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Fare l’attore.
Qual è la tua isola felice?
La casa piena, la famiglia.
Cosa ti fa arrabbiare?
Tante cose, in verità, ma sto cercando di lavorare nel verso opposto, di concentrarmi su cos’è che NON mi fa arrabbiare, su come posso sciogliere dei nodi di nervosismo per cose che possono farmi arrabbiare. Ad ogni modo, devo proprio guardarmi dentro per trovare qualcosa che mi faccia arrabbiare, e non mi va di farlo; se guardo in superficie, invece, non trovo nulla. Amo la mia vita e amo il mio mestiere, con tutte le difficoltà che comporta, con tutte le paure che si porta dietro questo meraviglioso e strano mondo. Però, insomma, la vivo in maniera abbastanza spensierata.
“Devo proprio guardarmi dentro per trovare qualcosa che mi faccia arrabbiare, e non mi va di farlo”.
Cosa ti fa sentire a tuo agio?
Il lavoro fatto bene, non approssimativo, lo studio. Come dicevo prima, io intendo questo lavoro come un’estensione della propria personalità, e seguendola, è un attimo che si finisce a fare qualcosa di poco pulito, di poco preciso. Mi fa sentire a mio agio la tecnica, la ripetizione, dare valore a questo mestiere. Non c’è una formula base, ognuno ha il proprio metodo, io non credo nella metodologia, ognuno ha il proprio modo di fare questo mestiere, e trovare il mio modo, e approfondirlo, portarlo avanti, creare un processo è un qualcosa che mi fa sentire molto a mio agio con me stesso.
Cosa ti spaventa di più?
Voglio risponderti sempre ricollegandomi al lavoro. Questo mestiere nel bene e nel male va inteso come un mestiere da maratoneti, non da centometristi; va inteso nel lungo tempo, ed è molto difficile perché non dà garanzie di alcun tipo, ti fa ballare un po’, fa tremare un po’ la terra sotto i piedi, non è semplice. Mi spaventa il futuro che può avere questo mestiere, o almeno il mio futuro all’interno di questo mercato. Però, è così tanta la bellezza del farlo, che lo scegli anche solamente per passione.
“Un mestiere da maratoneti, non da centometristi”
Qual è stato il tuo più grande atto di ribellione finora?
Il mio più grande atto di ribellione è stato scegliere di fare quello che faccio, il mestiere dell’attore. Fare cinema e teatro è sicuramente qualcosa di fuori dall’ordinario, che va a rompere una catena di conformismo.
Recitare ti fa sentire libero? E in che modo fai tua questa libertà?
Recitare è a mio parere un ascensore sociale o meglio la possibilità di esprimere una qualsiasi corda della nostra personalità senza le irrimediabili conseguenze esterne che la vita vera comporterebbe. È a mio parere un vero e proprio strumento per la libertà.
L’ultima cosa che ti ha fatto sorridere?
Non mi viene in mente un momento preciso da circoscrivere, però ogni volta che recito una scena, se vedo che riesco a dare qualcosa al pubblico, ciò che il pubblico mi restituisce molte volte è un sorriso, che vale tanto.
Photos by Luca Ortolani.
Total Look and sunglasses: Zegna
Hair: Cotril
Grooming: Armani Beauty
Thanks to Andreas Mercante & Edoardo Andrini PR Talent Agency.
Thanks to Black & White Management.