Recitando nel film “The Inspection”, nominato a tre Independent Spirit Award quest’edizione (per Miglior attore protagonista, Miglior attore non protagonista e Miglior opera prima), ispirato alla vita del regista Elegance Bratton, Andrew Kai ha avuto l’opportunità di provare cosa significa connettersi per davvero, mente e corpo, con una storia. Una storia di rigetto sociale e discriminazione contro un Marine di colore e omosessuale, che vive in una società che lo emargina quotidianamente.
Andrew ci ha raccontato gli insegnamenti che questo set gli ha trasmesso: prima di tutto, l’importanza di accettare ogni lato di sé stessi, e poi che “le cose magiche sono fatte per rimanere intere”.
Sempre impegnandosi a supportarsi a vicenda in questa industria e in questo mondo, perché è l’unica maniera che abbiamo per sbocciare.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Quando avevo circa 4 anni, mio padre mi portò a vedere “Titanic” al cinema. Alla morte di Jack (Leonardo DiCaprio), io persi completamente il controllo. Iniziai a piangere istericamente, gridando “Non può morire, non può morire”, mentre mio padre mi trascinava fuori dalla sala, sconvolto dalla mia reazione.
Reciti nel film drammatico “The Inspection”, ispirato alla vita del regista Elegance Bratton. Il film affronta il tema del rigetto sociale e discriminazione contro un uomo gay e nero che decide di entrare nei Marines, ma è bloccato in un mondo che invece lo emargina. Qual è stata la tua prima reazione quando hai letto la sceneggiatura e la prima domanda che hai fatto a te stesso e al regista?
La mia reazione iniziale quando ho letto la sceneggiatura è stata il desiderio di lasciarla decantare. È tosta. Secondo me, se provi a dissezionare la storia con troppa fretta, non cogli il modo in cui quest’ultima si connette emotivamente con il tuo corpo. Una delle mie citazioni preferite è: “Alcune cose, cose magiche, sono destinate a rimanere intere. Se le guardi spezzettate, spariscono”. È di Robert James Waller. Penso sia importante non lavorare su una sceneggiatura o sul tuo personaggio immediatamente, non appena li leggi, perché poi la storia perde la sua “magia”.
La prima domanda che mi sono posto è stata: “Come posso, in quanto Ryan Label, mettermi a servizio della storia di Elegance nella maniera migliore possibile?”. Ma la prima cosa che ho chiesto ad Elegance è stata di dirmi tutto su Ryan Label e mi ha davvero incoraggiato a metterci tutto me stesso e la mia ispirazione. Con questa flessibilità, sono riuscito ad accedere ad un personaggio abbastanza interessante, complesso, amorevole e tormentato.
Come hai approcciato l’idea di affrontare un tema così importante e consegnare un messaggio così storicamente rilevante tramite un film? La tua performance è stata più razionale o emotiva?
Ho approcciato questo tema con sensibilità. I miei colleghi e abbiamo la responsabilità di rendere giustizia alla storia di Elegance che ha donato con grande altruismo non solo a noi, ma a tutto il mondo. Per quanto mi riguarda, io posso essere logico e razionale quando preparo la parte, delineo la storia e come può essere raccontata al meglio, ma una volta capito tutto questo, il resto è emotività.
Puoi svelarci qualche dettaglio del tuo personaggio, Label? Hai imparato qualcosa di nuovo su te stesso, costruendolo?
Label è un personaggio incredibilmente tormentato. Lui gioca la carta della “figaggine” ma internamente combatto un sacco di demoni. Non so se ho imparato qualcosa di nuovo su me stesso, ma di sicuro ho riscoperto alcuni sentimenti e pensieri che ho avuto in passato. Ma suppongo che, rivisitando quei sentimenti, ho imparato ad amarmi di più nel processo, e così ho ottenuto un bellissimo risultato.
“…rivisitando quei sentimenti, ho imparato ad amarmi di più nel processo…”
“The Inspection” è un film sull’amicizia, forza, comunità, e un senso di appartenenza che ti cambia la vita. In che modo ti riconosci in questi sentimenti? Che importanza ha il “senso di appartenenza” nella tua vita quotidiana e al lavoro?
Lo sport ha svolto un ruolo importantissimo durante la mia crescita. Ho provato sulla mia pelle l’esperienza di far parte di una squadra, quindi so che quando una persona è giù per una qualsiasi ragione, l’intera squadra ne soffre. In una squadra, in una comunità, e su questa Terra, abbiamo bisogno di supportarci l’un l’altro in modo da poter sbocciare. I momenti in cui mi sono sentito più solo nella mia vita sono quelli in cui non capivo quale fosse il mio posto nel mondo. Non sapevo dove appartenevo e nemmeno dove ero il benvenuto. Ho provato quel sentimento, quindi tutte le volte in cui vedo qualcuno che ha difficoltà a individuare il suo posto nel mondo o come si inserisce in questo piccolo e bizzarro puzzle che è la vita, io cerco sempre di dare una mano.
In base alla mia esperienza, semplici gesti di incoraggiamento possono fare una grande differenza per qualcuno, a volte che ti cambiano la vita.
“The Inspection” ha avuto la sua premiere mondiale al Toronto Film Festival, e poi ha chiuso il New York Film Festival. Qual è la tua esperienza dei film festival, sia in quanto fan sia in quanto membro dell’industria dell’intrattenimento?
Io sono un grandissimo cinefilo. Quindi, la gente che frequenta i festival del cinema è la mia gente. Non potrei essere più grato per il fatto che il nostro film ha partecipato a festival così iconici. Ho percepito il supporto da parte del pubblico e la possibilità di connettermi con il pubblico durante i panel oppure di confrontarmi con chiunque venga a parlarmi dopo una proiezione, e un grande regalo. Ho dedicato tutta la mia vita alla recitazione e al racconto di storie, e i festival cinematografici sono fatti per assicurarsi che certe storie vengano sentite e interiorizzate, quindi sono molto legato ai festival.
Come descriveresti “The Inspection” in una parola?
AMORE.
Cosa ti fa dire di sì ad un progetto, in generale?
Direi, in generale, quando il progetto è qualcosa che non ho mai fatto prima e quando riesco ad immedesimarmi nel personaggio: è allora che dico volentieri di sì. Ma è una domanda difficile, perché ci sono così tanti fattori da considerare quando scegli il tuo prossimo ruolo o progetto.
Qual è il tuo genere preferito da interpretare e quello da guardare?
In questo periodo, il mio genere preferito da interpretare è il dramma sentimentale, perché sono follemente innamorato di una persona e questi sentimenti sono così elettrici nel mio corpo in questo momento, e voglio condividerli con il mondo. Il mio genere preferito da guardare è il thriller. Per fortuna, il mio prossimo progetto li include entrambi, quindi andrà alla grande.
Un epic fail sul set?
Abbiamo girato in Mississippi ad Agosto. Quindi, faceva tantissimo caldo e ogni giorno eravamo costretti a lavorare cercando di evitare tempeste passeggere. Una delle mie scene preferite include un litigio fisico tra il mio personaggio ed un altro. Circa a metà della ripresa di quella scena, scatta un allarme con una luce accecante che ci costringe a fermarci, e sfortunatamente poi non abbiamo mai finito di girare quella scena. Quello che siamo riusciti a girare è comunque finito nel montaggio finale ed è bellissimo, ma mi sarebbe piaciuto avere più tempo per girare bene quella scena. Però immagino che nessuno può vincere contro madre natura.
Il tuo must-have sul set?
Il mio must-have sul set è la musica. Prima di qualsiasi scena, ascolto canzoni che mi fanno entrare nel mood. Ho una playlist intera che ho creato per “The Inspection”.
“Nessuno può vincere contro madre natura”
Il tuo ultimo binge-watch?
Il mio ultimo binge-watch è stato “Ted Lasso”. Sono il più grande fan di Jason Sudeikis. È una serie stupenda.
Il tuo più grande atto di ribellione?
Direi scegliere di fare dell’arte la mia carriera, un atto di ribellione contro i canoni della società in generale. Soprattutto dopo aver preso la laurea in economia.
Qual è la tua più grande paura?
La mia paura più grande è quella di non riuscire ad essere all’altezza del potenziale che nella mia testa ho stabilito di dover raggiungere. So che non è un atteggiamento sano, ma, hey, ci sto lavorando.
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Significa conoscersi per davvero e sapere in cosa credi.
Qual è la tua isola felice?
La mia famiglia possiede un ranch a nord di New York. È una proprietà incredibile con laghetti e fiumi e un bellissimo prato. L’abbiamo chiamata l’Happy Valley Ranch. È quella la mia isola felice.
Photos by Aidan Minton.
Last photo by Brendan North.