Tramonto, brezza leggera, i rumori della città in lontananza ed echi di un pomeriggio di risate: è tutto poetico come sembra. Non esagero quando descrivo l’atmosfera, così come non esagero quando definisco Angelina Mango una tra gli artisti e le persone più interessanti con cui abbia mai parlato.
Nata e cresciuta in una famiglia d’arte, Angelina ha dovuto attraversare diverse passioni per arrivare all’unica e sola, quella che sarebbe stata il suo presente e il suo futuro: la musica. Da canzoni tristi al piano alle co-produzioni adolescenziali col fratello, dall’EP “Monolocale” a mentori da sogno come Tiziano Ferro, Angelina scrive musica per sé stessa e per gli altri, per raccontarsi e raccontare condizioni tanto sue quanto universali, semplicemente umane.
Dopo il successo del singolo “Walkman” e il trionfo del Primo Maggio, con la promessa di un nuovo EP, e in attesa di tanti live estivi, non ci resta che aspettare e goderci il viaggio, al seguito di un’artista su cui vale la pena puntare tutte le carte.
Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?
Il mio primo ricordo legato alla musica risale a quando ero piccolissima e andavo in tour con mio padre; allora giravamo tutti insieme, perché non eravamo vincolati alla scuola, né io né mio fratello. Ho delle foto di quando avevo un anno e camminavo e ballavo sul palco! [ride] Questo è il mio primo ricordo legato alla musica in generale.
Riguardo alla mia musica, invece, mi ricordo quando in quinta elementare mi hanno regalato il primo computer con Cubase, un programma per fare gli arrangiamenti: allora ho iniziato a scrivere delle canzoni tristissime per l’età che avevo.
Da ragazzi, le orme dei genitori desideriamo seguirle oppure vogliamo allontanarcene il più possibile. A te com’è andata, crescendo in una famiglia di musicisti? Hai sempre voluto fare questo mestiere oppure hai anche avuto altre aspirazioni?
In realtà, ho avuto un rapporto strano con questo argomento, perché da piccola non prendevo in considerazione la possibilità di fare questo lavoro. Io ho sempre scritto, ma volevo anche fare la ricercatrice, ho fatto danza per tantissimi anni e quella era la mia passione. Mi sono accorta che volevo fosse il mio lavoro quando ho finito la scuola e mi sono chiesta: e adesso cosa faccio? Ho provato a iscrivermi a Lettere, ma lì ho capito che quello che davvero mi interessava fare era la musica.
Da un lato, non ho avuto molta scelta, se non fare questo, perché qualsiasi altra cosa non mi andava mai così bene.
Hai esordito con il brano “Formica” e spopolato con il singolo “Walkman” al concerto del Primo Maggio. Cosa rappresentano, rispettivamente, questi due pezzi per te?
“Formica” era un modo per dire, “Okay, mi presento”, quindi è il racconto di me. Questo brano e “Walkman” sono l’inizio del percorso che voglio fare, perché per la prima volta riesco a guardarmi un pochino meglio, invece di guardare fuori, e riesco a vedere di me tutte le fragilità che prima avevo paura di esprimere.
“Formica” è la presentazione, “Walkman” è quello che c’è dentro.
Mi è piaciuto tantissimo come in “Walkman” usi l’oggetto, il walkman, appunto, come una metafora per spiegare come funziona la tua testa, il fatto che scoppia di pensieri e ripensamenti, come un lettore con un cd che gira all’infinito senza fermarsi. Hai reso alla perfezione, secondo me, il concetto dell’overthinking. Sei un’overthinker, quindi? Com’è nato il pezzo?
Sono decisamente un’overthinker!
“Walkman” ha un duplice significato: uno di questi è sicuramente quello che hai appena detto, quindi il fatto di avere la testa che va per conto proprio anche quando non dovrebbe, di essere lì sempre a pensare a come stanno andando le cose, cosa devi fare, cosa hai fatto, al futuro, al passato. Io sono molto overthinker. Dall’altro lato, è anche una metafora di quello che siamo dentro. Mi spiego meglio: io mi sono ritrovata a guardarmi intorno e pensare, “Okay, sono tre anni che ho finito la scuola, il tempo passa, io divento adulta e non me ne rendo conto”; il “walkman”, quindi, è qualcosa che riguarda tutti quanti, è il concetto del tempo che va avanti mentre noi spesso non ce ne accorgiamo, e non abbiamo scelta. Non so se sia una cosa positiva o negativa!
Direi che dipende dai punti di vista!
A proposito di scrivere canzoni e comporre musica, come nasce e si sviluppa, in generale, il tuo processo creativo?
All’inizio, scrivevo principalmente in due modi: al piano, con cui mi accompagnavo in una fase in cui scrivevo pezzi molto più pop e classici rispetto a quelli che scrivo adesso; oppure, scrivevo insieme a mio fratello, perché, quando eravamo più piccoli, lui mi faceva gli arrangiamenti e io scrivevo testi e melodie sulle sue produzioni. Ora mio fratello è un batterista, e io, piano piano, ho iniziato a produrre.
In realtà, non ho un modo specifico in cui scrivo. Ultimamente, scrivo tanto mentre faccio altre cose: quando cammino per strada, quando sono in macchina, quando cucino, mi vengono in mente delle cose chiare, ed è come se il pezzo l’avessi già pronto, in quel momento, finito, e poi lo metto giù, ci faccio l’arrangiamento, eccetera, però dentro la mia testa si forma già esattamente quello che voglio. È quello che è successo con “Walkman”, per esempio.
“…dentro la mia testa si forma già esattamente quello che voglio”.
Hai degli illustri mentori, tra cui Enrico Brun e Tiziano Ferro; quest’ultimo, in particolare, innamorato del tuo talento, ha prodotto “Walkman”. Com’è nata questa collaborazione?
In maniera estremamente umana.
Lui aveva ascoltato il mio primo lavoro, “Monolocale”, e mi aveva ripostato su Instagram. In quel momento, io sono morta [ride]. Dopodiché, ho ripreso i sensi e l’ho ringraziato. Lui mi ha detto: “Guarda, se scrivi pezzi, mandameli, anche solo per un feedback”. In quel momento, io avevo finito il primissimo provino di “Walkman”, che aveva un minimo di arrangiamento, una mini pre-produzione, e lui è impazzito! Proprio come fosse un mio amico, mi ha detto: “Io venerdì vado in studio con questi musicisti” (e me li ha elencati), e a questi musicisti ha fatto riprodurre quello che io avevo nella testa.
Questo per me è stato importante anche perché in quel periodo non ero molto in bolla, avevo un sacco di dubbi su quello che volevo fare dopo l’uscita di “Monolocale”. Diciamo che non sono proprio un’anima serena, ho sempre i miei casini in testa! [ride] Questa cosa, quindi, mi ha fatto alzare l’autostima, perché se una persona di questo calibro ti calcola e ti stima, ci sarà pure un motivo; poi, mi ha dato la spinta per dimostrare che meritavo quello che lui mi stava regalando. Poi, in studio, “Walkman” ha avuto altri passaggi con Enrico Brun in Sony, con cui lavoro abitualmente, adesso, e sono rimaste le tracce suonate in presa diretta da tutti i musicisti insieme. Una figata!
Tutte queste sono già collaborazioni da sogno. Ma qual è la collaborazione da sogno che non hai ancora fatto?
Le collaborazioni dei miei sogni sarebbero Jacob Collier (che non mi calcolerà mai nella vita), Anderson Paak, e Yebba. Yebba canta da dio, mi sta insegnando a cantare, più l’ascolto e più divento brava.
Quindi, che musica ascolti?
Al momento, sto ascoltando tantissimo gli artisti che ho menzionato prima, perché mi insegnano molto, è un modo per crescere. Ascolto tanto le nuove uscite di ogni settimana, per capire come stanno andando le cose, cosa piace e cosa non piace: credo sia importante anche questo, perché l’autore non fa l’autore solo per sé stesso, ma anche per chi l’ascolta, quindi mi piace informarmi. Ascolto tanto Nao, ultimamente sono molto sull’R&B, Soul, New Soul come generi, però è solo una fase, perché tre anni fa ero la trappettara peggiore del mondo! [ride]
“L’autore non fa l’autore solo per sé stesso, ma anche per chi l’ascolta”.
La playlist della tua vita comincia e finisce con quale canzone?
Comincia con “Viva la Vida” dei Coldplay, che rappresenta l’infanzia, il mare, l’estate, il tramonto, e finisce con un pezzo di Venditti; i pezzi di Venditti mi lasciano sempre la sensazione di un momento finale di qualcosa, infatti piango tutte le volte che sento un suo pezzo. Vorrei ascoltarlo di più, perché mi piace molto, ma non ci riesco.
La canzone che descrive questo preciso momento della tua vita?
È il pezzo che sta per uscire, l’ultimo che ho scritto.
Qual è l’ultimo album che hai ascoltato?
L’ultimo album di Ghali e l’ultimo di Liberato, li ho ascoltati entrambi ieri in macchina. Sono stata tanto in macchina [ride].
L’ultima canzone che ti ha emozionata?
Sono andata a vedere il concerto di Emma Nolde al Tunnel Club, e l’intero concerto mi ha emozionata. Prima, non avevo approfondito molto la sua conoscenza, ma lì sono rimasta veramente emozionata; dopo tanto tempo che nessuno mi dava quella sensazione del tipo, “Oddio, sto per piangere”, lei ci è riuscita, e devo ringraziarla per questo.
Una canzone che non hai scritto tu, ma vorresti aver scritto tu?
Ce ne sono tantissime. Tutte le volte che sento un pezzo che mi piace, vorrei averlo scritto io! [ride] Una canzone in particolare, però, è “Costruire” di Niccolò Fabi. È un pezzo devastante.
L’artista a cui ti piacerebbe regalare un brano e quello da cui ti piacerebbe ricevere un brano in regalo.
Mi piacerebbe regalare un brano a Tosca o a Ultimo, credo che loro abbiano dei timbri vocali meravigliosi, mi piacerebbe tanto. Da chi vorrei ricevere un brano, invece? Difficile, perché tutti quelli che sono autori, sono autori molto per sé stessi! [ride] Forse Fabi, lui scrive da dio, perché non chiedergli un brano? Oppure, potrei fare dei feat. con Anastasio o Tedua!
Chi è il tuo eroe musicale?
Prince. Sto leggendo la sua autobiografia, bellissima.
Chi o cosa ti ispira artisticamente ma anche nella vita di tutti i giorni?
Mia madre, senza dubbio, sia dal punto di vista artistico, sia dal punto di vista umano.
Il tuo must-have sul palco?
Le scritte sulle braccia. Prima di salire sul palco, mi scrivo delle parti di testo sulle braccia, anche se le so a memoria e non le guardo mai, ma se non lo faccio, va male!
La cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
La cosa più coraggiosa e folle è aver scelto di fare questo lavoro. Credo che una persona debba essere un po’ fuori di testa per farlo. Me ne sono resa conto anche il Primo Maggio, quando sono salita sul palco: stavo parlando di me, dei fatti miei, davanti a trecentomila persone, senza che nessuno me l’avesse chiesto! Credo che per fare una cosa del genere, ci voglia tantissimo coraggio. Non so se ce l’ho, vedremo prossimamente.
“…stavo parlando di me, dei fatti miei, davanti a trecentomila persone, senza che nessuno me l’avesse chiesto!”
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Credo di essere in un periodo in cui sto cercando di capirlo anche io…
Il lavoro mi aiuta tanto, perché mi sento utile nel momento in cui vedo che il pubblico reagisce a quello che faccio. Da sola, faccio veramente fatica a sentirmi a mio agio nella mia pelle, ad essere sincera. Credo sia tanto difficile, e che pochissima gente si senta a suo agio nella sua pelle. Spero di riuscirci.
Di cosa hai paura?
Dell’abbandono, di perdere le persone che ho attorno.
L’ultima cosa o persona che ti ha fatto sorridere?
Quello che abbiamo appena fatto! Le mie quasi cadute durante lo shooting e il fatto che sembrassi un pesce [ride].
Qual è la tua isola felice?
Sarebbe lo studio, stare in studio e fare le prove. Però, forse è il mare! Mi sa che è meglio il mare… Magari cantare al mare!
Cosa verrà dopo il tuo EP d’esordio? Progetti per il futuro che ci vuoi/puoi anticipare?
Sicuramente usciranno brani nuovi, e quest’estate ho intenzione di salire sul palco e restarci il più possibile. Il 1° luglio io e la mia band suoneremo al Mare culturale urbano qui a Milano, quindi così apriamo un po’ le danze, presentando tutto il mio progetto. Poi ci saranno altre date durante l’estate, un po’ in giro. Io spero di uscire con un nuovo EP molto presto, perché ce l’ho proprio in testa, e ce l’ho anche nel computer. Poi, vorrei tanto fare delle collaborazioni, ma credo che le strade stiano prendendo forma davanti a me.
Photos by Johnny Carrano.
Makeup by Claudia Raia.
Thanks to
Teresa La Fosca
iCompany
Viviana Tasco
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LOOK 1
Total look: Antonio Marras
LOOK 2
Dress: Romeo Gigli
LOOK 3
Jumpsuit: Weili Zheng