Protagonista della serie “Le Fate Ignoranti” di Ferzan Özpetek e del film comico-poliziesco “(Im)perfetti criminali” di Alessio Maria Federici, Anna Ferzetti si racconta, da spericolata sul lavoro tanto quanto nella vita.
Nelle otto puntate tratte dall’omonimo film cult di Özpetek, indossando i panni di Roberta, una psicologa in profonda crisi d’interessi, Anna ha vissuto una delle esperienze più emozionanti della sua carriera, che le ha regalato il Nastro d’Argento per la Miglior Attrice Non Protagonista, in coppia con Ambra Angiolini. Intorno a tavolate di amici e colleghi, tra un’improvvisazione e un occhio al copione, è diventata parte integrante del mondo idillico del regista turco, fatto di un amore familiare e amicale che rompe le regole, va al di là dei sessi, innesca la rivoluzione culturale.
Amante di mascheramenti e cambi di look, in “(Im)perfetti criminali”, Anna volta radicalmente pagina, interpretando Francesca, una donna umile, simpatica, leggera, moglie di una guardia giurata alla ricerca del riscatto sociale.
Tra riflessioni profonde sul significato della perdita, e resoconti sulla magia del teatro, abbiamo chiacchierato con Anna delle sue passioni, incontri, speranze e gioie quotidiane, in nome del grande amore per la libertà d’espressione.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Non ho un ricordo specifico collegato al cinema, ma un insieme di ricordi. Il primo che mi viene in mente è il primo film di mio papà, che ho rivisto da piccola ed è un film di Sergio Leone, “C’era una volta il West”. È un film del ’68 ma io l’ho visto anni e anni dopo e lì ho realizzato che era il mestiere che faceva mio padre, e vederlo su uno schermo mi fece molta impressione, soprattutto vederlo nel ruolo di un cattivo. Quello forse è stato il mio primo ricordo, e poi di lì tanti altri.
“Le fate ignoranti” di Ferzan Özpetek: un cult del cinema italiano che è diventato serie tv, disponibile dal 13 aprile su Disney+. Avevi già un legame emotivo con il film prima di entrare a far parte del progetto? Qual è stato il tuo primo pensiero quando hai letto la sceneggiatura e la prima domanda che hai rivolto al regista?
Per me il film de “Le Fate Ignoranti” è stato un cult, perché è arrivato in un momento e ha aperto un qualcosa di diverso in tutti noi. Ferzan, inconsapevolmente, è riuscito ad aprire un mondo, una visione di quel mondo a cui noi non eravamo abituati e non volevamo essere abituati.
Ferzan era avanti con i tempi senza saperlo, è stata una novità culturale il film, all’epoca: lui, attraverso il suo cinema, è riuscito a sdoganare un qualcosa, un amore che va al di là dei sessi. La sua la definirei un’opera rivoluzionaria, senza saperlo. Io credo che lui abbia voluto raccontare una storia vicina al proprio modo di essere, divertendosi e raccontando gli esseri umani, con un forte legame alla famiglia e all’amicizia.
Far parte della serie, dopo aver visto il film è stato emozionante: la mia prima reazione è stata l’emozione, ero sorpresa ed ero felice. Avevo paura, del giudizio, del confronto con il film, che poi invece non c’è stato, perché la serie e il film sono due cose abbastanza separate, nel senso che ci si deve poi slegare da quei personaggi: c’è un solo Stefano Accorsi e c’è un solo Eduardo Scarpetta, ognuno ha dato vita al proprio personaggio, facendolo proprio. Per quanto mi riguarda, il mio ruolo e quello di Ambra Angiolini non ci sono nel film; quindi, questa cosa ha sicuramente giocato a favore, nel senso che eravamo più serene e più tranquille perché stavamo creando dei personaggi nuovi.
Ferzan mi ha detto tante cose, lui ti racconta anche situazioni veramente esistite della sua vita, che ti fanno entrare in quell’atmosfera, ha questa grandissima capacità e io starei ore ad ascoltarlo; tutto questo ti aiuta ad arrivare ad un personaggio.
Lui lavora molto con le immagini, ma anche con le metafore, i racconti, le sensazioni che ti aiutano a creare situazioni e personaggi.
Nell’adattamento per la tv, interpreti una psicologa di nome Roberta, una donna molto razionale e premurosa, follemente innamorata di Annamaria (Ambra Angiolini). Come hai costruito il tuo personaggio? Quali domande ti sei posta e quali risposte ti sei data quando hai iniziato a lavorare al tuo ruolo?
Io interpreto Roberta, una psicologa sposata con Annamaria, che è completamente l’opposto di Roberta: loro si compensano molto.
Roberta è una donna molto indipendente, forte, che analizza tutto e tutti, visto il lavoro che fa, in modo cinico e abbastanza diretto, e a volte anche molto divertente; ascolta, sa ascoltare e lo sa fare anche molto bene. Annamaria rappresenta la sua parte astratta, la parte leggera, la parte materna: è un po’ tutto per lei. Durante la serie, Roberta si ritroverà a lanciare un bomba in casa, nella loro vita di coppia, ma anche un po’ tra gli amici. È una donna apparentemente forte, risolta, ma poi si rivelerà non esserlo più di tanto, perché entrerà in una grande crisi.
Nella costruzione del mio personaggio, di domande me ne sono poste tantissime, ed è una cosa che faccio ogni volta, quando interpreto un ruolo: mi chiedo sempre tante cose, in base anche alle singole scene che devo fare, ci sono varie domande più specifiche. Poi mi creo una sua vita, una sua back story: da dove viene, che rapporto ha, in questo caso, con Annamaria. Ho cercato di lavorare anche su qualcosa di altro, di fisico, ho rallentato il mio battito cardiaco, in qualche maniera – difficile da dire come si faccia, perché non c’è un modo, ma ho immaginato il personaggio con un battito più lento – e ho cercato di cambiare respiro: io sono una donna molto più energica, che va a mille, mentre Roberta è una persona molto più con i piedi per terra, quindi ha molta stabilità e un respiro lento, un suo tempo lento. Con Ferzan, abbiamo cercato di cambiare look, abbiamo tagliato i capelli…
C’è stato un grandissimo lavoro di squadra.
“…ho immaginato il personaggio con un battito più lento – e ho cercato di cambiare respiro”.
Con un cast così grande, ci sono dei confronti o discussioni particolari sui personaggi sul set che magari solitamente non si sviluppano?
Lavorare in un cast così grande è bellissimo: all’inizio ti può mettere paura, perché sono tante teste insieme, tante grandissime personalità, però poi alla fine, se uno lavora bene, se ci si ascolta, funziona tutto molto meglio e si lavora in sinergia. È stato bello. Io all’inizio ero molto emozionata, aspettavo queste scene corali delle grandi tavolate, non vedevo l’ora di farle. Ero anche un po’ impaurita, proprio perché eravamo tanti, ma invece poi è venuto da sé, naturalmente, si sono impostati dei pranzi e delle cene splendidi, come si creano quando le fai a casa con gli amici. Quindi, è stata un’esperienza di ascolto, di condivisione e di chiacchiera, solo che c’era un testo scritto che noi abbiamo messo in atto.
Dopo una sola settimana in scena insieme, eravamo già diventati quella cosa lì, eravamo diventati amici, quelle Fate Ignoranti, dirette, ciniche, senza tanti peli sulla lingua.
Qual è stata la scena più intensa da interpretare per te, per un motivo o per l’altro?
Non ne ho avuta una precisa. Sicuramente, tutta la parte che abbiamo vissuto a casa io e Ambra [Angiolini]. Forse, il momento più difficile è stato quando le comunico che sono in crisi, che sono innamorata di un’altra. Ero un po’ in crisi io stessa, all’inizio, perché è sempre così difficile… Alla fine poi è andata, però l’ansia c’era per quella scena, e per cercare di spiegare anche le difficoltà che ha Roberta, per non etichettarla come una che compie un atto negativo, ma perché lo fa, perché arriva a farlo, cosa la porta a fare questo, che è una crisi che va oltre l’amore, è una crisi più profonda che lei attraversa. Ha bisogno di sua moglie accanto. Io l’ho trovato, in qualche modo, un gesto sincero.
Sono cose che capitano, sicuramente alcune persone vi si sono ritrovate, ma solitamente non si comunica tutto e si fa finta di niente. Invece, in questo caso, per amore, loro si sono aiutate: una magari è stata più diretta, l’altra invece lo ha accettato, l’ha rispettata dicendo, “Okay, rimani qua”.
“Una crisi che va oltre l’amore, una crisi più profonda”
Tendi o ti ritrovi ad interpretare ruoli sempre molto diversi tra loro, come in questo caso: il tuo personaggio è diverso da qualunque altro tu abbia mai interpretato. Come cambia il tuo approccio e la tua preparazione a seconda dei panni che, di volta in volta, devi vestire? E questa volta è stata “speciale” sotto qualche aspetto?
Io amo diversificare molto i miei personaggi, soprattutto fisicamente, è quello che cerco di fare sempre, altrimenti rischio di annoiarmi. Voglio cercare di stupirmi ogni volta, cercare di trovare cose diverse, cercare di cambiare un personaggio totalmente.
Secondo me, gli attori spesso si dividono in due categorie: c’è l’attore che ama stravolgersi, “mascherarsi”, cambiare completamente dal punto di vista fisico, e poi c’è l’attore che non ama fare questo e che fa un altro percorso; io forse mi metterei in quella categoria di trasformismo, perché sicuramente, da persona timida che sono, mi aiuta a coprirmi da qualcosa, ed è per questo che amo molto il teatro, che ti permette di diventare qualcos’altro fisicamente, mentre il cinema, magari te lo permette meno. Mi piace stravolgermi, cambiare, abbiamo quest’opportunità di cambiare look, colore di capelli, acconciature, mi piacerebbe anche cambiare epoca, raccontare altre epoche che io non ho vissuto, e sicuramente questo tirerebbe fuori lati diversi di me, modi di fare, di camminare, di stare seduti o di socializzare diversi: sono espedienti per lavorare e studiare lasciandosi sempre sorprendere, sorprendere gli altri e sorprendere me stessa.
Come definiresti “Le fate ignoranti” in una sola parola?
Difficile in una sola parola… Amore, amicizia e famiglia, diciamone tre.
Reciti anche in “(Im)perfetti criminali”, film Sky Original diretto da Alessio Maria Federici e attualmente disponibile su Sky e NOW. La commedia è incentrata su quattro guardie giurate e la loro voglia di riscatto sociale, in seguito ad alcuni eventi che scombussolano le loro vite e amicizie. Cosa puoi raccontarci del tuo personaggio?
Il mio personaggio è Francesca. Fa parte della vita di uno dei protagonisti, che è Riccardo, interpretato da Filippo Scicchitano. È una ragazza semplice e la loro è una coppia di sposini che vive in un monolocale, con una vita fatta di stenti, con un’improbabile intimità che cercano ogni volta. È una coppia umile, semplice, che cerca di andare avanti e arrivare a fine mese, e si ritroveranno a condividere determinate cose.
È una commedia leggera, che ti fa sorridere, pensare, riflettere, come quelle commedie che c’erano una volta, le commedie all’italiana.
“(Im)perfetti criminali” appartiene al genere “commedie divertenti”, al filone incentrato sulla narrativa del cosiddetto “colpo perfetto”, stile grandi classici americani come “Ocean’s Eleven” e simili. In che modo ti sei approcciata a questo tipo di ambientazione e impostazione?
Io lavoro molto bene con Alessio Maria Federici, con cui avevo già lavorato, e che ama un pochino stravolgermi. Mi piace interpretare anche ruoli leggeri, con una comicità di quelle inconsapevoli, naturali, cosa che ha Francesca, che è una donna buffa, divertente, solare.
La possibilità di riscatto sociale, come già accennato, è un altro macro-tema del film: quale messaggio speri che la storia riesca a comunicare agli spettatori?
Ce ne sono tanti. Il film racconta quattro persone semplici, ogni tanto definite “perdenti”, ma lo siamo tutti nella vita, ci ritroviamo sempre tutti a perdere, per una cosa o l’altra, ed è un bene perché ci fa crescere ogni volta. Del film, ti fa riflettere anche la dedica alla fine, che dice: a tutti quelli che non ce l’hanno fatta, che ci provano nella vita, che lottano.
Secondo me parla a tutti noi, a quelli che cercano di farcela da anni e in qualche modo poi riusciranno a farcela, avranno le loro soddisfazioni, ma prima di avercele se la devono sudare.
“…ci ritroviamo sempre tutti a perdere, per una cosa o l’altra, ed è un bene perché ci fa crescere ogni volta”.
Lavori anche a teatro: che cosa rappresenta il palcoscenico per te? Il tuo approccio all’esperienza della recitazione cambia tra cinema e teatro?
Io vengo soprattutto dal teatro, forse è stato il mio primo grande amore, perché quando sono nata, mio padre faceva soprattutto quello e quindi mi ci portava sempre, respiravo quell’odore di legno del palco, di tende, di quella moquette che spesso avevano i cuscini, quindi quella roba lì fa parte della mia infanzia, crescita.
È il mio primo amore, perché io amo l’approccio col pubblico, che è sicuramente diverso da quello che può accadere al cinema o in televisione, dove il pubblico non lo vedi e non lo senti, se non quando vai alla prima e partecipi. Io ho bisogno di vedere il pubblico, di sentirlo. Per me al 99% fa parte dello spettacolo, perché spesso lo condiziona: noi sentiamo tutto, i piccoli movimenti, ci facciamo spesso anche sorprendere dalle reazioni, posso cambiare determinate cose anche in base al pubblico che c’è ogni sera. È un’emozione che il cinema e la televisione non danno, pur dando essi altri tipi di emozione, diverse, che ti danno l’opportunità di cambiare, vista la quantità di ciak che uno ha la possibilità di fare e grazie al quale si può rischiare un po’ di più.
Cercando ogni volta di trovare qualcosa di nuovo.
Qual è stato l’incontro professionale più significativo della tua carriera, finora?
Non ce n’è stato solo uno, sicuramente ce ne sono stati tanti per me molto importanti. Ogni incontro che faccio lavorativamente mi lascia un qualcosa di importante, di crescita. Sono legata a tutti gli incontri fatti finora.
Chi o cosa ti ispira sul lavoro, ma anche nella vita di tutti i giorni?
Tante cose. Io osservo molto, le persone per strada, mi soffermo a guardarle, a pensare che cosa facciano, come si muovono, sono una grandissima osservatrice e questo mi aiuta per il mio mestiere. Poi vedo film, osservo e ammiro il lavoro fatto dagli altri, mi piace, lo studio. È un lavoro fatto di curiosità: sono molto curiosa.
Il film che sai quasi a memoria?
Attualmente tutti i cartoni animati e i film per ragazzi, perché ho avuto modo di vederli e rivederli due volte avendo due figlie. Poi sono un’appassionata di musical: amo “Grease”, lo so a memoria, amo “Dirty Dancing”, sono una romanticona, e quei film leggeri e divertenti visti a 13 anni, quando vivi i tuoi primi amori, li conosco benissimo. Da quelli a tutti i film per ragazzi, “Mamma ho perso l’areo”, l’1, il 2 e il 3, tutti quelli che ci sono stati [ride]. Fino ad arrivare a un grandissimo film che mi ricorda la mia adolescenza, che è “L’attimo fuggente”, con un grandissimo attore che è stato Robbie Williams. Poi di italiani ricordo quelli di Verdone.
Il tuo ultimo binge-watch?
La serie “Succession” e “Le fate ignoranti” perché ero curiosa di arrivare alla fine e di vedere tutto quello che avevamo fatto insieme e rivivere quei momenti. Attualmente sto guardando delle serie italiane fatte da amici e interpretate anche da amici: voglio sostenere le serie italiane.
Un epic fail sul set?
Cerco di non ricordarmeli [ride]. Però, quando non sono abbastanza concentrata, magari anche dopo la pausa, comincio a dire delle cose improbabili, a non ricordarmi le battute, quando la stanchezza ti frega e quindi incominci a dire battute senza senso, ti sbagli.
In quei casi, io mi mortifico e faccio perdere tempo, non pensando che è una cosa che magari può capitare, che non siamo delle macchine e può capitare che a fare una scena tante volte magari poi ti puoi sbagliare.
Il tuo must have sul set?
Io sono molto scaramantica, quindi mi porto sempre dietro gli stralci, sono una di quelli che deve avere sempre gli stralci nella borsa di scena oppure nelle tasche, oppure li mollo agli aiuto-registi [ride]. Perché mi fa stare serena. In scena io porto sempre il copione, oppure dietro le quinte, è un po’ come la mia coperta di Linus.
Poi, avendo la pressione bassa, mi porto sempre una bustina di zucchero, sapendo benissimo che non aiuta, perché di solito è il sale che aiuta.
Cosa significa per te “sentirsi a proprio agio nella propria pelle”?
Quando sei consapevole di poter sbagliare, rischiare, che non devi giustificarti con nessuno perché nessuno sta lì a giudicarti, quindi puoi essere te stessa.
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
La cosa più coraggiosa ancora secondo me non l’ho fatta. Sono una spericolata, ho fatto pazzie tipo attaccarmi su quelle cose che ci sono in spiaggia, quei motoscafi che ti portano in aria; l’ho fatto una volta che stavo girando in Tunisia, con un mio collega ci siamo detti: “Dai proviamo!”. Ti sollevano con una specie di imbracatura a tanti metri e ti portano in giro con un paracadute.
Sono una persona abbastanza coraggiosa, mi sono sempre buttata a fare un sacco di cose, sono una spericolata.
Di cosa hai paura?
Ho paura della morte, mi ha sempre messo tanta paura, forse perché ho sempre vissuto accanto ad un padre molto più grande di me, ho sempre vissuto con quella paura che un giorno sarebbe arrivato quel momento. Poi, quando è arrivato, sono stata in qualche modo più pronta del solito, anche se poi non si è mai pronti. Queste sono domande d’analisi comunque eh, sono impegnativissime! [ride]
Qual è l’ultima cosa/persona che ti ha fatto sorridere, oggi?
Le mie figlie, il mio compagno. Le mie figlie, quando mi sveglio la mattina, sono sempre le prime (e anche le ultime) che mi fanno ridere.
La tua isola felice?
La libertà, riuscire ad essere libera e ad esprimermi come voglio.
Photos&Video by Johnny Carrano.
Makeup by Francesca Naldini.
Thanks to The Rumors.
Location Manager Luisa Berio.
Location Bottega Buonarroti.
Thanks to Antonella Sava.
LOOK 1
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LOOK 2
Look: Sandro Paris
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