“Il Silenzio Grande”, l’ultima opera da regista di Alessandro Gassman, racconta la Napoli anni ’60 e un conflitto familiare che si alimenta sul “palcoscenico” di un’ex villa signorile. In occasione dell’uscita del film, abbiamo intervistato una delle protagoniste della storia, Antonia Fotaras, che veste i panni della giovane erede Adele.
Il coraggio delle piccole scelte quotidiane, anche di quelle che ci fanno paura, è il fil rouge di questo racconto domestico, e con Antonia abbiamo discusso proprio di questo, dell’importanza dell’autenticità in ogni azione e pensiero nella vita, e della lama a doppio taglio che può spesso rivelarsi il silenzio.
Qual è il tuo primo ricordo legato al mondo del cinema?
Mia madre e mia zia che da piccola mi fanno guardare “La finestra sul cortile”.
Sei tra i protagonisti de “Il Silenzio Grande”, presentato alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia. Quale è stata la tua prima reazione leggendo la sceneggiatura? E qual è stata la prima domanda che hai posto al regista Alessandro Gassmann?
La sceneggiatura mi ha colpito subito e me ne sono innamorata, ho provato euforia, paura e tanta voglia di mettermi in gioco. Ero felice di avere la possibilità di lavorare su un testo con così tante parole e allo stesso tempo spaventata dalla responsabilità che ciò comportava. Avevo tanta voglia di mettermi subito a provarlo, di confrontarmi con gli altri e di creare qualcosa insieme. La prima domanda che ho fatto ad Alessandro è stata durante l’ultimo provino, in cui dopo aver ricevuto da lui tutte le indicazioni sulla scena sono uscita dalla porta per iniziare scena e mi sentivo confusa, allora sono rientrata e gli ho chiesto se poteva rispiegarmi tutto velocemente così da ripassare insieme prima di iniziare.
In questo film, il silenzio, la famiglia e il contrasto tra vivere in modo partecipe la propria vita e, invece, rimanerne “fuori”, quasi lasciandosi trascinare, sono tematiche importanti. Come ti sei relazionata al tuo personaggio e quanto di Antonia c’è in lei?
Ho cercato insieme ad Alessandro di comprendere i motivi del suo silenzio e di ogni sua scelta. Quella più difficile da comprendere per me è stata la scelta che fa nella seconda parte del film e solo approfondendo il periodo storico ho potuto comprenderne le motivazioni: abortire era illegale e in più una donna non poteva neanche avere un proprio conto in banca e queste condizioni influiscono tantissimo sulle scelte che Adele fa.
Io e Adele abbiamo in comune sia la caratteristica di stare troppo in silenzio a volte, che la voglia di rompere il silenzio che inquina le relazioni.
“La voglia di rompere il silenzio che inquina le relazioni”
Come hai lavorato insieme agli altri membri del cast sulle dinamiche familiari?
È stato bellissimo lavorare con tutto il cast, oltre ad essere attori e artisti straordinari si sono sempre resi disponibili a provare le scene e chiarire ogni dubbio. Abbiamo lavorato sulle dinamiche familiari prima parlandone a tavolino con Alessandro e poi provando le scene, così da mettere subito in pratica le idee che venivano fuori. Questo lavoro è stato possibile grazie ad Alessandro, che ha fatto sì che ci fossero le prove prima dell’inizio delle riprese e per me è stato fondamentale.
Qual è il potere del silenzio per te?
Penso che abbia un potere sia positivo che negativo e che in entrambi i casi sia strettamente correlato all’autenticità. Come silenzio negativo intendo quando per paura una persona si reprime e non esprime quello che prova e quello pensa; mentre come silenzio positivo intendo quel silenzio di quando per esempio un’amica ti dice ridendo una cosa che le fa male e invece di ridere insieme a lei rimani in silenzio e in questo modo potresti aiutarla ad affrontare ciò che le fa male… oppure anche il piacere di sentirsi a proprio agio nello stare in silenzio con un’altra persona!
Come descriveresti “Il Silenzio Grande” in una sola parola?
Accogliente.
“Accogliente”
Hai scoperto qualcosa di nuovo su te stessa grazie a questa esperienza sul set de “Il Silenzio Grande”?
Che mi piacerebbe vestirmi nella vita quotidiana bene quanto Adele grazie ai costumi bellissimi di Lavinia Bonsignore.
Hai preso parte a serie TV storiche come “Il nome della rosa”, mondi fantasy ne “Luna nera” e a rappresentazioni di cosa significhi essere giovani oggi con “Skam Italia”. Che cosa porti con te di questi personaggi così diversi tra loro? E qual è invece il prossimo genere con cui ti piacerebbe sperimentare?
Mi porto tutta l’esperienza, è un bagaglio bellissimo che mi accompagna in ogni progetto che affronto. Non sono certa di quale genere mi piacerebbe sperimentare, perché me ne piacciono molti… Magari un musical?
Il tuo must-have sul set.
Le cuffiette per ascoltare la musica.
Hai mai avuto un “epic fail” sul set?
Sì, quando mi era venuta l’idea di spegnere una candela chiudendo un libro, perché l’aria che si creava dalla chiusura del libro avrebbe dovuto spegnere la candela… in prova funzionava benissimo, ma appena abbiamo iniziato a girare… niente da fare.
Il libro sul tuo comodino?
Al momento “Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino”.
Cosa vuol dire, per te, sentirti a tuo agio nella tua pelle?
Significa sentirmi tranquilla e rilassata e lasciare andare le paure.
L’ultima cosa che hai scoperto su te stessa?
Ho scoperto che troppo perfezionismo mi fa male e mi piace buttarmi nelle cose e seguire il mio istinto.
“Mi piace buttarmi nelle cose e seguire il mio istinto”.
Nella tua bio di Instagram troviamo la citazione “Have courage and be kind”. Qual è la cosa più coraggiosa che hai fatto?
Non saprei di preciso, ma penso che il coraggio stia in ogni piccola situazione quotidiana in cui si sceglie di non stare a proprio agio e di affrontare le situazioni con sincerità e autenticità, nonostante possa fare molta paura, che poi è un po’ quello di cui parla questo film.
Qual è invece la tua più grande paura?
In questo momento forse che ci possa essere un altro lockdown o che la pandemia duri tanti anni.
E invece la tua isola felice?
È fatta da tante attività, luoghi, persone, piccole cose quotidiane che mi rendono felice.
Photos by Luca Ortolani.
Thanks to Ausonia Hungaria