“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”: questo è tutto ciò che serve per renderlo un posto migliore. Più semplice di così.
O meglio, dovrebbe essere così semplice ma, purtroppo, non lo è: tutti devono prendere parte al movimento per ottenere risultati il prima possibile. Stiamo parlando, ovviamente, del movimento sostenibile, che sta ricevendo sempre più attenzione negli ultimi anni e che può contare su voci potenti per diffondere il messaggio e raggiungere le persone in tutto il mondo. Tra queste icone del cambiamento, troviamo Arizona Muse: potreste conoscerla come una delle top model più famose degli ultimi anni, ma Arizona è molto di più.
Prima di tutto, è un anima gentile: ed è importante ricordarlo perché il cambiamento è possibile anche grazie al rispetto per gli altri (cosa che purtroppo manca nel settore della moda per esempio che, non a caso, è una delle industrie più inquinanti al mondo). È inoltre un’attivista per il clima, la fondatrice di un bellissimo progetto di beneficenza chiamato Dirt, dedicato alla rigenerazione del suolo, e la prima Global Advocate for Sustainability di Aveda.
Arizona parla con passione del suo percorso verso la sostenibilità, di ciò che la rende orgogliosa e felice di lavorare con Aveda (oltre ai suoi prodotti preferiti del brand) e di ispirare le persone a compiere “piccoli” cambiamenti nelle loro abitudini che hanno tuttavia un enorme impatto sulla salute del nostro pianeta (come acquistare da eBay o leggere l’etichetta per ottenere quante più informazioni possibili su ciò che si sta acquistando). Come facciamo a saperlo? Beh, abbiamo parlato con lei di tutto questo e non solo. Dunque, potete fidarvi del suo impegno nel rendere il futuro della Terra una priorità presente. E se non fossimo stati abbastanza convincenti, beh… Vi basterà seguirla per rendervene conto con i vostri occhi.
Sei un’attivista ecologica e stai facendo un lavoro straordinario con tutti questi progetti per la sostenibilità che stai seguendo. Come e quando hai capito che volevi diventare parte di questo processo di cambiamento nel campo della sostenibilità?
Grazie! Amo il mio lavoro di attivista, faccio la modella da 12 anni ormai, e sono 6 anni che seguo un percorso di cambiamento che si è trasformato in attivismo. Non riesco a spiegare quanto la mia vita sia migliorata ad oggi, quanto tutto sia molto più interessante, le conversazioni che faccio sono molto più significative, e la mia vita ora ha uno scopo. Sto promuovendo la consapevolezza di una questione molto importante, ovvero la moda sostenibile, e di come possiamo aiutare l’industria nella transizione verso la produzione di un impatto positivo sulla Terra su cui tutti noi siamo abitanti, e parte di questo processo è imparare il più possibile sulla crisi climatica e su cosa le persone dall’altra parte del mondo stiano vivendo, perché di sicuro è molto diverso rispetto a quello che sto vivendo io.
Decisamente. A questo proposito, hai recentemente pronunciato un discorso al COP26 in cui hai menzionato quanto sia importante che gli organi decisionali (e non solo) ascoltino gli attivisti per imparare della loro esperienza. C’è stato un incontro, durante il tuo percorso come attivista per la sostenibilità, che ha plasmato il tuo approccio all’argomento?
Sì, direi proprio di sì. Inizialmente, ho semplicemente cominciato ad informarmi sul tema della sostenibilità nella moda, e poi abbastanza in fretta ho iniziato ad imparare cosa sia il cambiamento climatico, e altrettanto in fretta ho imparato nozioni sul suolo, perché gran parte di ciò che emettiamo di nocivo, come l’anidride carbonica, derivano dall’agricoltura, dal modo in cui coltiviamo, ma in realtà questo non riguarda solo gli alimenti, come ho scoperto, ma anche la moda. Tutta la moda ha origine dal suolo, ma non capita spesso di fermarci per dire: “Grazie, agricoltori, grazie per aver coltivato i miei vestiti!” [ride] Ma è quello che fanno, e lo fanno anche con i nostri prodotti beauty e per capelli, nascono nelle fattorie, quindi dobbiamo raccontare quella storia più spesso. Ho fondato un’associazione no-profit, si chiama Dirt e ha lo scopo di raccontare quella storia e dell’agricoltura, di come abbiamo bisogno degli agricoltori e dovremmo rispettarli. Io, personalmente adoro occuparmi delle coltivazioni, è una mia ambizione diventare un agricoltore, e passerò il mio tempo libero facendo volontariato in aziende agricole, l’idea mi piace tantissimo. L’obiettivo della mia associazione è la rigenerazione del suolo a livello globale, perché il suolo può isolare un’enorme quantità di carbone quando è sano, e quando il suolo è sano significa che il trilione di microorganismi che ci abita dentro sono vivi, felici, fanno cose e si tengono occupati! È una definizione super scientifica… [ride]
Dato che hai menzionato la tua associazione, vorrei chiederti anche quali sono i tuoi progetti futuri con Dirt. C’è qualcosa in particolare che dovremmo aspettarci?
Sì. L’associazione ha sicuramente esordito in maniera straordinaria. L’ho lanciata all’inizio dell’anno e tantissime imprese hanno già dimostrato il loro interesse nel supportare il lavoro di Dirt. Mi commuove sapere che ci sono persone là fuori che vogliono supportarci. Abbiamo appena avviato una partnership con Anya Hindmarch, che ha creato una collezione di borse in pelle biodegradabile compostabile a sostegno di Dirt, il che è una cosa straordinaria – ha fatto tantissime ricerche per trovare un tipo di pelle compostabile, che non introducesse tossine nel compost. Poi, avremo altre partnership che non sono ancora state rivelate, lo faremo più in là quest’anno e l’anno prossimo, ne sono entusiasta. Il lavoro che stiamo facendo è straordinario. La parte che amo di più è parlare con gli agricoltori e chiedere loro: “Come posso aiutarvi? Di cosa avete bisogno?” ed è bellissimo ascoltare le loro risposte.
State facendo un lavoro straordinario e non vediamo l’ora di scoprire quali progetti seguirete in futuro con l’associazione! Sei anche la prima Globabl Ambassador per la Aostenibilità di Aveda: com’è stato il tuo percorso con il brand finora?
Stupendo, in tutto e per tutto! È incredibile, in quanto modella, rappresentare un business che sento di voler supportare al 100%. È una cosa speciale e sono grata del ruolo che Aveda mi ha assegnato, perché so che ogni loro singolo prodotto ha un impatto super positivo a livello di produzione sulla natura e sugli esseri umani; da Aveda sono così ponderati e coscienziosi, e vogliamo tutti la stessa cosa, ovvero, un pianeta in salute.
Ho anche assistito alla tua presentazione fa della collezione con Phillip Lim: abbiamo anche ricevuto i prodotti, non vedo l’ora di provarli, e ho anche letto la tua gift guide. Se dovessi scegliere, quale diresti che sia il tuo prodotto o collezione preferita di Aveda?
Adoro alla follia il Thickening Tonic e il Volumizing Tonic; sembrano uguali dalla bottiglietta, e ho finito il volumizzante perché lo uso così tanto, è fantastico. Quelli sono i due prodotti che uso di più, insieme allo shampoo e al balsamo, ma adoro anche la linea Botanical Repair di shampoo e balsamo, è ottima. E poi c’è un nuovo prodotto che ho sui capelli adesso e lo sto usando praticamente ogni giorno, prima di qualsiasi prodotto per lo styling, perché è un trattamento senza risciacquo che nutre i capelli, ed è straordinario, lo adoro, aumenta la texture dei capelli, ed ha un effetto bellissimo, mi piace molto.
“È incredibile, in quanto modella, rappresentare un business che sento di voler supportare al 100%. È una cosa così speciale e sono grata del ruolo che Aveda mi ha assegnato, perché so che ogni loro singolo prodotto ha un impatto super positivo a livello di produzione sulla natura e sugli esseri umani”.
Quali sono i consigli che daresti per avvicinarsi ad uno stile di vita più sostenibile, anche a livello di moda e beauty, considerata la tua esperienza?
Il primo consiglio è: leggere le etichette di qualunque cosa vogliate comprare; nel campo della moda, è: comprate capi di seconda mano, se possibile; nel beauty e nella cura dei capelli invece, non possiamo comprare prodotti di seconda mano, quindi non è un’opzione da considerare, ma con la moda, ovviamente, è il primo passo da compiere. Quando potete, comprate vintage, e vale anche per l’arredamento: guardando il mio salotto, in questo momento, mi rendo conto che la maggior parte dei nostri mobili l’abbiamo comprata su eBay, e ne sono orgogliosa. Adoro l’arredamento stile anni ’50, e mi fa sentire così bene l’idea che questi elementi d’arredo siano stati usati così tante volte da famiglie diverse prima di noi e che, si spera, continueranno ad essere utilizzate da tante altre famiglie dopo di noi, e questo pensiero mi fa passare la voglia di comprare nuovi mobili, cosa che può essere molto nociva per l’ambiente.
Poi, se hai bisogno di comprare qualcosa di nuovo, leggi le etichette, informati sui materiali, e se non capisci le etichette, non c’è problema, sono molto complicate, quindi cerca gli ingredienti e i materiali su Google e impara la loro storia. A me piace anche leggere la pagina dedicata alla sostenibilità dei brand da cui sto per acquistare, perché voglio sapere cos’hanno da dirmi sulle loro pratiche e su cosa stanno facendo per diventare un business migliore. Mi piacerebbe dare un consiglio a proposito della lettura di queste pagine, perché, se sono una novità per voi, possono risultare piuttosto svianti a volte: prima di tutto, non si chiamano sempre “pagine sulla sostenibilità”, a volte le chiamano tipo “Fai del bene!” o “Un mondo migliore” [ride]. Una cosa fondamentale è che, quando le leggi, se una volta superato il primo paragrafo non hai imparato niente di nuovo, significa che il brand non sta facendo niente di concreto, perché i brand che stanno davvero facendo qualcosa te lo dicono, e il tuo primo pensiero è: “Wow, che figata! Sono colpito”, ma se non hai questa reazione, significa che stanno solo facendo greenwashing, e allora puoi tranquillamente chiudere quella pagina.
“A me piace anche leggere la pagina dedicata alla sostenibilità dei brand da cui sto per acquistare, perché voglio sapere cos’hanno da dirmi sulle loro pratiche e su cosa stanno facendo per diventare un business migliore”.
Il greenwashing sta diventando un problema enorme nell’industria della moda, perché alcuni brand hanno questo bisogno di dire assolutamente che stanno facendo qualcosa, ma facendolo creano solo più confusione, soprattutto per qualcuno che si sta avvicinando all’argomento per la prima volta. Quindi, è un ottimo consiglio. Qual è invece l’ultima cosa che hai scoperto su te stessa?
Questa mattina, una persona che lavora con me nella per Dirt, mentre mi stavo truccando, mi ha chiesto: “Non usi lo specchio?” e io ho risposto, “No!” [ride]. In effetti non uso lo specchio per truccarmi! O meglio, se devo uscire per un appuntamento sexy e voglio avere un bell’aspetto, allora sì, mi truccherei davanti allo specchio, ma se mi sto facendo un trucco semplice per la mattinata, non mi serve lo specchio… È una cosa buffa, sì! [ride]
Nel corso della tua incredibile carriera nella moda, sei stata testimone di qualche cambiamento sostenibile? Secondo te, stiamo iniziando a fare quello che dovrebbe essere fatto? Sono curiosa di conoscere la tua esperienza da modella e insider…
Ho molto da dire a proposito [ride]. Una cosa che ho notato, da modella, perché ho avuto la fortuna di essere introdotta nel cuore dell’industria della moda e vedere con i miei occhi il fulcro delle grandi Maison che tutti conosciamo bene, è che c’è una cultura della paura saldamente radicata al suo interno, una gerarchia che si erge come una piramide ripida, nemmeno come una piramide ampia, è proprio ripida, c’è molta paura nell’aria; tutti quanti guardano il livello sopra di loro, e hanno paura della persona sopra di loro. Secondo me, tutto ciò produce ramificazioni in tutta l’industria che hanno effetti molto negativi, e avremmo bisogno di più uguaglianza nella moda, dovremmo iniziare a trattare le persone che lavorano nel settore con più gentilezza e con molto più rispetto e incoraggiamento, piuttosto che incutere paura e attribuire colpe.
Ho notato che, nella moda, molte persone sono abituate e condizionate a desiderare di dare la colpa agli altri, ma se provi continuamente a dare la colpa agli altri, non riuscirai mai a dare il meglio di te sul lavoro, perché sei troppo impegnato ad allontanare la colpa da te. E non puoi nemmeno fare domande a causa di quella cultura della paura, non riesci a chiedere a chi è sopra di te: “Ho capito bene quello che intendi?” o “Che ne pensi di quest’idea?”, perché sei terrorizzato da quella persona, che non fa altro che urlarti ordini e tu ti ritrovi a doverli decifrare.
Dobbiamo affrontare questo argomento, secondo me, perché sono convinta che sia impossibile diventare un’industria sostenibile finché non sconfiggeremo la cultura della paura alle sue radici. In che modo? Chissà. Forse, un grande aiuto potrebbe essere istituire workshop per insegnare a chi è ai piani alti ad essere più compassionevoli… Io sono una sostenitrice della crescita e dello sviluppo personale, credo sia la cosa più elettrizzante che si possa fare, lavorare su sé stessi.
Thanks to Aveda Italia.