C’è il mare, in sottofondo.
C’è il tramonto che fa capolinea all’orizzonte, sullo sfondo.
E c’è una sognatrice davanti a noi determinata più che mai nel farsi valere così com’è, in bilico tra emozioni e consapevolezza.
Benedetta Piccioli, modella e makeup artist, ci accompagna in un percorso dove bellezza è unicità, dove la creatività è inclusione e dove casa non è un luogo, ma le persone a cui si vuole bene. A cominciare dalla famiglia che, in linea con le ispirazioni ed ideali che guidano la creazione degli abiti Maison Valentino e la linea di makeup Valentino Beauty, ha trasmesso a Benedetta il valore della rappresentazione. Ricordandoci che, a volte, per riuscire ad andare “oltre”, basta solo fare un gradino in più.
Attraverso i tuoi occhi e le tue emozioni, come ti descriveresti oggi?
Sicuramente sognatrice.
Non mi sento una persona ambiziosa, nel senso che non darei tutto, non sacrificherei tutta la mia vita privata a favore di un certo obiettivo lavorativo; allo stesso tempo, però, mi sento molto determinata nel sapere quello che voglio e quello che non voglio, almeno in questo momento. Mi sento anche un’eterna Peter Pan, sotto certi punti di vista, a volte ingenua, a volte anche lunatica ma sono anche molto più consapevole rispetto a qualche anno fa. Ho capito quello che voglio e sto lavorando in quella direzione, per cercare di andare verso quegli obiettivi, sia personali sia lavorativi.
Prima, forse, davo un po’ più ascolto ai consigli degli altri; adesso, invece, mi fido un po’ più solo di me stessa, perché – come dico agli altri quando devo dare un consiglio io – alla fine sai tu cosa è giusto per te, che sembra una frase fatta ma alla fine è davvero così.
Spesso si parla di consapevolezza di sé e rappresentazione: quanto è importante per te, nel mondo in cui lavori, parlare di rappresentazione?
La rappresentazione è il mezzo attraverso il quale passa un certo tipo di messaggio, quindi è fondamentale, sia per quanto riguarda il beauty, sia per quanto riguarda la moda. Anche mio padre dice sempre che l’immagine vale di più di un messaggio scritto, perché le immagini hanno un impatto più forte delle parole. Quindi, secondo me la rappresentazione è fondamentale e le immagini hanno tanto peso, ecco perché è importante che un messaggio sia veicolato al meglio anche a livello visivo, perché è il primo che arriva. Faccio l’esempio di Valentino: sicuramente vedere una gonna nella collezione uomo parla più di qualsiasi slogan sull’uguaglianza, perché capisci che è una cosa normale semplicemente vedendola.
“…è importante che un messaggio sia veicolato al meglio anche a livello visivo, perché è il primo che arriva”.
Alla fine, sono tutti valori che possono essere comunicati tramite la bellezza, senza bisogno di provocazioni…
Sì, e l’impatto è magari anche più forte rispetto a un messaggio scritto su Instagram, per quanto giustamente carico di rabbia possa essere. Invece, vedere nella moda, com’è il caso di Valentino e l’ultima collezione in particolare, trasparenze, giochi di ricami, ma senza voler veicolare il messaggio della sensualità, piuttosto semplicemente la libertà di essere nel proprio corpo come si vuole, risulta più impattante di uno slogan che porta risentimento verso una certa situazione che stiamo vivendo. Secondo me, è fondamentale che ognuno sia parte di quel processo come può, quindi è giusto che la moda partecipi perché la moda è anche messaggio politico.
Io sono contenta e orgogliosa quando succedono queste cose, ed è la stessa Maison Valentino a schierarsi a favore delle cause che ritiene giuste. È fondamentale che ognuno faccia qualcosa nel proprio piccolo, nella quotidianità, e ovviamente le personalità di calibro possono fare ancora di più; quindi, credo sia giusto che loro e i brand prendano parte a questo movimento.
Sei anche una make-up artist: qual è il tuo primo ricordo legato al mondo del beauty?
Io ho fatto il corso di make-up principalmente perché era una cosa che volevo fare da tanti anni sia per me stessa, ma anche per inserirmi meglio nel mondo del marketing e avere una sorta di specializzazione in più, avendo una visione più completa. Devo dire che il mio percorso in L’Oréal mi ha aiutata molto, ed ero una di quelle persone che conosceva meglio il prodotto, la promessa, come usarlo, tricks and tips.
Mia mamma ci ha sempre tenuto molto al make-up, non come strumento per stravolgersi, ma per curarsi, però quando ero piccola me lo presentava sempre come qualcosa di riservato ai grandi; tuttavia, proprio lei ha cominciato a dirmi quando andavo alle medie che potevo mettermi il mascara, oppure a Carnevale mi truccava sempre. Sono quelli i primi ricordi che ho legati al make-up. Mamma mi ha sempre fatto vedere il make-up come un gioco, all’inizio, fin quando alle medie ho iniziato a mettere mascara e rossetto ogni tanto. Mia mamma mi ha sempre incoraggiata a mettere il rossetto, mi diceva: “Guarda, te lo metti in poco tempo e poi sei pronta!”.
La prima da cui ho imparato a truccarmi seriamente è stata Clio Makeup e io sono stata la generazione cresciuta con i suoi tutorial, ricordo pomeriggi interi passati a vedere i suoi video, lo ricordo come fosse ieri, con un po’ di nostalgia.
Penso che i vestiti siano una sorta di connessione con le persone: sia con chi li fa che con chi li indossa. Con quale vestito/creazione hai una connessione particolare?
Ci sono stati dei vestiti che, nel momento in cui mio padre li creava, sapeva già che mi sarebbero piaciuti. Tantissime volte alle sfilate è lui a scegliere i vestiti che io, mia sorella e mia mamma indossiamo. Tra me e mio padre c’è una forte connessione, siamo molto legati, motivo per cui lui sa benissimo qual è il mio genere. A me piacciono molto i vestiti che io chiamo “da principessa”, quindi trasparenti, lunghi, con strascichi, usciti dai film Disney, come l’ultimo che ho indossato a Parigi a Château Chantilly: mio padre sapeva che me ne sarei innamorata a prima vista, perché è rosa, da principessa, perfetto per una sfilata al castello. A mia sorella invece piacciono vestiti un po’ più moderni, con stile più street, e mio padre lo sa benissimo.
“Tra me e mio padre c’è una forte connessione, siamo molto legati, motivo per cui lui sa benissimo qual è il mio genere”.
In che modo riesci ad esprimere la tua creatività personale attraverso il make-up?
Secondo me, il make-up è espressione di sé e creatività, oltre che correzione dei difetti o valorizzazione. A me è sempre piaciuto un certo stile di make-up, per lo meno su di me: rossetti dai colori forti, tanto mascara, base molto glow, perché mi sembra che mi dia naturalezza pur facendo emergere la versione migliore di me. Mi piace anche osare, ma so che se voglio andare sul sicuro, to play safe, vado su quello che sono sicura mi stia bene. Col make-up mi piace essere creativa, ma fino ad un certo punto: esco dalla mia comfort zone se magari c’è un trend che voglio replicare, ma se c’è un’occasione in cui voglio andare sul sicuro, quasi mai gioco con la creatività, ma punto sullo stile che è mio ormai da anni.
Da insider di questi settori e come volto di una nuova generazione, quali sono i cambiamenti a cui vorresti contribuire, o le conversazioni che vorresti aprire intorno al dibattito sulla bellezza, e non solo?
Sicuramente, e questo è un concetto che penso debba essere ribadito, ognuno ha la propria bellezza che è unicità e non omologazione. Stiamo vivendo un momento in cui si tende molto verso l’omologazione, con il trionfo della chirurgia estetica, che penso sia giusta ma solo se mirata a migliorarsi e non a somigliare allo stesso prototipo che ci vuole tutti uguali.
Bellezza è anche inclusività, e non soltanto aderire ad un certo calco. Anche il discorso della diversità è perfettamente in tema: ciò che è diverso, anche se non siamo abituati, può essere bello, e questo vale per il genere, per la razza, per qualsiasi tipo di diversità.
Nel 2021 è stato lanciato il make-up Valentino: hai preso parte attiva a questo lancio? E che impatto ha avuto nella creatività della maison secondo te?
Sin da piccola, ho sognato la linea di make-up di Valentino, e ci scherzavo parecchio su con mio padre, chiedendogli, “Quand’è che la facciamo?”. Quando L’Oréal ha acquisito la licenza per Valentino, io facevo l’università, e spesso capitava che mi fermassi a studiare in ufficio da mio padre semplicemente per motivi logistici. Tante volte, lì sentivo le riunioni che facevano sul make-up: ero super curiosa, quindi ad un certo punto ho iniziato a prender parte attivamente, soprattutto quando mio padre, ma anche il DMI della L’Oréal hanno iniziato a interpellarmi, chiedendomi: “Ma tu che sei giovane, hai 22 anni, aiutaci, puoi esserci utile”. Io rappresentavo la cliente tipo, perché puntavano su un target giovane, poi ne sapevo tanto di make-up perché super frequentatrice di Sephora, super make-up addicted, conoscevo bene il mercato, così piano piano ho iniziato a dire la mia in quelle riunioni. Anche quando la formula era un po’ in divenire, loro me la mandavano a casa e mi chiedevano se mi piacesse la texture, se somigliasse a qualcos’altro presente sul mercato. Io mandavo i miei feedback per iscritto, proprio come fossero schede prodotto, e così davo il mio piccolo contributo su quelle poche cose che sapevo allora.
Il DMI poi mi ha anche chiesto di partecipare alla campagna, avendo partecipato così attivamente alla fase di formulazione dei prodotti, ma io non avevo mai fatto la modella! L’idea di fare la modella non mi era mai passata per la testa, anche per una questione di sicurezza in me stessa.
Come vivi invece il rapporto con i social media e più in generale con l’apparire, con il mondo esterno? Ci sono dei momenti in cui ti sembrano una “forzatura” quasi, o riesci in generale a trarne beneficio, magari utilizzandoli anche per trasmettere qualcosa che abbia un significato con chi ti segue?
Mi è capitato spesso di condividere il mio pensiero su argomenti che ritenevo importanti, e di ricevere anche tanti messaggi anche brutti, della serie: “Sei privilegiata, queste cose non le puoi capire”. Qualche volta, mi è venuto il pensiero di non scrivere più niente per non essere più sminuita e ricevere commenti negativi. I social secondo me sono uno strumento importante per veicolare argomenti importanti, anche della propria quotidianità, se si vuole, quando si vuole. Chiaramente sui social non c’è tutta la mia vita: se così fosse, dai miei feed sembrerebbe che indosso sempre vestiti fantastici, che sto sempre sui set, quando la verità è che la mia vita è anche lavoro d’ufficio, viaggi su e giù per Milano, cose normalissime, le stesse che fanno chi ti accusa di essere privilegiata.
Penso che sia comunque importante provare a superare quello scalino e non lasciarsi limitare, perché può esserci sempre qualcuno che invece si riflette in quello che dici, puoi sempre essere d’aiuto a qualcuno. In merito a cause importanti da sostenere, ogni piccola cosa può fare la differenza.
“Puoi sempre essere d’aiuto a qualcuno”
Grazie anche alla maison Valentino e ciò che ti ha trasmesso tuo padre, sei cresciuta in un ambiente in cui inclusività ed emozioni che sono alla base di tutto. Come si riflette questo nel tuo lavoro? E quanto è importante che tutto parta sempre da questi valori?
La mia è una formazione umanistica, sono una sognatrice, come dicevo prima, e mi sento vicina al mondo della creatività; per questo, credo che tutto parta da un’emozione. Anche in settori più corporate, più apparentemente strict, alla base c’è sempre una passione, un bisogno. Nella moda, per esempio, le rivoluzioni nascono da una considerazione che nasce a sua volta da un’emozione. Come dice mio padre, l’ispirazione la trovi nelle cose più standard e oggettive, e tutto parte sempre dall’emozione che ti danno. Anche le emozioni negative sono fondamentali, l’ansia ti porta a capire cosa è importante, per esempio.
Come affronti i momenti in cui l’ansia ti assale? Ci trovi qualcosa da imparare, nelle emozioni negative?
Sì. Io sono molto emotiva, mi lascio trascinare dall’emotività, però penso sia un bene, perché c’è sempre qualcosa di positivo all’orizzonte. Lì per lì non lo crederesti, ma ciò che mi fa andare avanti in quei momenti è il pensiero che poi sarò sempre più consapevole. Tante volte è un po’ la croce delle persone sensibili il fatto di sentire di più, però è anche vero non capiresti molte cose, molte sfumature. Questo vale anche nel lavoro: ogni ispirazione, che sia per una decisione personale o lavorativa, parte da un bisogno o emozione.
Casa non è solo un luogo. Cos’è per te “casa”?
Per me casa sono principalmente le persone, quelle giuste. Il luogo fisico che sento più casa è il mare, in particolare Nettuno, che è dove sono nata.
“Le persone, quelle giuste”
Quando sei qui, a Nettuno, vicino al mare, in che modo il tuo tempo e spazio si trasformano?
È vero quello che si dice su Milano, ovvero che è molto più fast life, mentre qui è molto più slow life. Assecondo questo luogo comune. Comunque, fare su e giù tra Milano, Roma e Nettuno mi è servito, perché ho colto il positivo e negativo di tutti i posti: il tempo qui è stato il più prezioso per me, perché tornare mi ha fatto apprezzare di più quello che avevo e che davo per scontato. Quando vai via dal posto in cui sei cresciuto, tornare ogni tanto poi acquisisce un valore aggiunto e tempo e spazio si modificano, perché è come se vedessi cose che prima non avevi mai visto, soprattutto quando racconti di casa tua a chi non la conosce. Tornare a casa anche solo per pochi giorni mi ricarica.
Che cosa significa per te sentirti a proprio agio nella tua pelle?
Sentirmi a mio agio per me è fondamentale, perché tante volte ti viene detto che stai bene in un certo modo, però in quel determinato modo tu non ti ci vedi, perché non fa parte della tua personalità. Ad esempio, io mi sono sempre vista bene con il rossetto rosso, e quando non lo indosso mi sento meno a mio agio, meno confident. Sentirsi a proprio agio secondo me vuol dire avere quella sicurezza in più che ti permette di affrontare anche con più confidenza le piccole sfide quotidiane. Quando ti vedi tu bene, in primis, non solo ti vedono meglio gli altri, ma tu stessa sei più credibile in quello che fai.
Sentirsi a proprio agio nella propria pelle significa mille cose, ma deve partire da te.
Fisicamente non sono cambiata rispetto a quando ero adolescente, ma allora ero molto più insicura, questa è la differenza, e mai avrei fatto un servizio fotografico. Adesso invece è diverso: ho imparato che se fai vedere agli altri sempre i tuoi difetti, anche loro vedranno solo quelli e non i tuoi lati positivi, ti vedranno come una persona insicura e basta.
“Sentirsi a proprio agio nella propria pelle significa mille cose, ma deve partire da te”.
Qual è stata l’ultima cosa che hai scoperto di te stessa tramite il tuo lavoro?
Ero convinta di essere più impaurita dai cambiamenti, mentre in realtà sono riuscita poi ad affrontarli molto meglio di quanto pensassi. Ora mi aspetta un altro periodo di cambiamenti, e sono sicura che li affronterò con molta più grinta. Pensavo mi mancasse quella “cazzimma” nell’affrontare le piccole cose, ma non è così. Pensavo anche che avrei vissuto molto peggio la solitudine, infatti era una delle cose che mi spaventava della vita a Milano; invece, ho scoperto che, nonostante tutto, posso trovare il mio equilibrio, passando una serata a leggere e farmi una maschera viso in tutta tranquillità.
Qual è stato il tuo più grande atto di ribellione finora?
Non ascoltare gli altri, probabilmente. Il fatto di non essere per forza quello che tutti vogliono che tu sia, fare quello che secondo i canoni “si deve fare ad una certa età”. Non ascoltare i passaggi della vita e non fare paragoni con gli altri e la loro vita. Difficile, ma è una realizzazione che mi fa sentire ribelle, anche perché nemmeno da adolescente lo sono stata.
Cosa ti fa più paura e quando ti senti più al sicuro?
Un sacco di cose mi fanno paura. Più di tutto, pensare al mio futuro, e l’idea di non ottenere quello che vorrei, sia a livello personale che lavorativo. Forse più a livello personale. Mi spaventa la possibilità che l’impegno che ci sto mettendo in questi anni per raggiungere determinati obiettivi non venga riparato.
Ciò che invece mi fa sentire più al sicuro è il bene delle persone che ho vicino: per me se c’è quello, c’è tutto.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup & Hair by Martina Origlia.