Ok. Ok. Parliamo di Brenda Song. Non solo perché è la nostra Cover di Dicembre. Semplicemente perché non si può non parlare di lei. Vi cito solo alcuni motivi: è un turbine di energia e di parole che ti travolge, è laureata in psicologia, ama il lavoro che fa ma prima di tutto ci tiene a dare valore alle cose della sua vita privata e alla sua famiglia, è femminista non per trend ma perché è nata con questa educazione e crede che qualsiasi cosa possa essere possibile quando la si vuole. E soprattutto vuole vivere il momento, impregnare la sua vita di affetti, sorrisi e relazioni vere, senza ossessionarsi di cosa ci sarà dopo, vivere il giorno.
Chi è invece che non si sa godere molto il momento? Si chiama Madison ed è una delle protagoniste della nuova serie Hulu “Dollface”, interpretata da Brenda, a fianco di Kat Dennings, Esther Povitski e Shay Mitchell. L’esatto contrario di Brenda, precisa, ansiosa, vuole tenere sempre tutto e tutti sotto controllo e non riesce mai a lasciarci andare e, anche quando lo fa, non le riesce benissimo.
Brenda, diventata famosa con il suo ruolo in “Zack e Cody al Grand Hotel”, ne ha fatta di strada. E noi l’abbiamo incontrata a Los Angeles dove abbiamo parlato proprio di tutto: dal suo nuovo successo televisivo “Dollface”, al suo epic fail sul set, per finire di parlare di vita, di quali consigli darebbe alle protagoniste della serie se fosse la loro psicologa e in che modo vorrebbe usare la sua “voce”, ogni giorno.
Hai incominciato a recitare da giovanissima: com’è cambiato, nel corso degli anni, il tuo modo di approcciarti al personaggio?
Quando ero più piccola adoravo i giochi di ruolo. Recito da quando avevo 4 o 5 anni, quindi ho sempre amato esprimermi attraverso le esperienze delle altre persone. Sono cresciuta in un paesino, non avevamo molti soldi, la recitazione era la mia via di fuga, anche se non è stata una vera e propria carriera per me almeno fino ai 15 anni, quando ho iniziato a recitare in “Zack e Cody [al Grand Hotel]”, ma prima di allora la recitazione era qualcosa che facevo dopo scuola, come le lezioni di danza o di karate o cose così. So che molti bambini venivano premiati ogni volta che facevano audizioni, ma per me era il contrario, il mio premio era l’audizione stessa. Rispetto agli inizi della mia carriera, crescendo, i miei personaggi sono diventati più complessi, mentre prima era piuttosto tutto un cercare di memorizzare le battute. “Zack e Cody” è stato uno dei miei primi progetti e in quell’occasione ho letto l’autobiografia di Paris Hilton, ho guardato “Will & Grace” e “La rivincita delle bionde”, ho preso alcuni dei miei personaggi preferiti della cultura pop e li ho fusi insieme. Quella è stata la prima volta che ho lavorato davvero su un personaggio, perché la figura che interpretavo era così diversa da me e volevo capire come renderla reale.
Ora che sono cresciuta, ogni personaggio che interpreto, che sia per una serie TV o anche solo per un’audizione, cerco sempre il modo di renderlo un po’ me, di renderlo vero per me, di ispirarmi alla mia esperienza personale e fare un po’ di ginnastica mentale per mettermi nella sua situazione, perché se non ci credo io, nemmeno il pubblico ci crederà. Più cresco e più mi diverto con questo tipo di personaggi, mi diverto a giocare con il linguaggio del corpo, con gli accenti e le cadenze, cose a cui non davo peso quando ero più piccola. Decisamente la recitazione è diventata molto più una forma d’arte, crescendo.
Cosa ti fa dire di sì ad un progetto?
Prima di tutto, la storia deve essere evocativa, riguardare qualcosa che mi affascina, o che trovo interessante, o in cui mi possa identificare, questa è la prima cosa che valuto. Poi, guardo chi è il creatore del progetto, e questo è molto importante. Penso che ognuno abbia uno stile unico, soprattutto di questi tempi, e quando ho letto la sceneggiatura di “Dollface”, la nuova serie tv in cui recito, non conoscevo Jordan Weiss, che ne è autrice e sceneggiatrice, e non avevo idea di quale fosse il suo stile, ma ho trovato la storia così verosimile che dopo, quando ho visto che Kat Dennings avrebbe fatto parte del cast, ho capito perfettamente che tono volessero che la commedia avesse, perché Kat ha un tempismo comico impeccabile e un umorismo secco.
Tra l’altro, secondo me oggi conta di più il clima positivo sul set, piuttosto che il prodotto finale, almeno stando alla mia esperienza, perché passiamo ore ed ore sul set, ogni giorno, quindi devi davvero adorare le persone con cui lavori e il prodotto che stai creando; io ho avuto la fortuna di far parte di progetti fantastici e lavorare con persone fantastiche, ma questo in particolare è stato tra i più divertenti a cui abbia partecipato. Kat e io andavamo al lavoro insieme in macchina ogni giorno, perché abitiamo vicine e stavamo letteralmente tutto il giorno a parlare, non ci fermavamo mai, e a fine giornata ci rimettevamo in macchina e tornavamo insieme. Passavamo un sacco di tempo insieme: adoro quelle ragazze e spero che questo sentimento emerga anche sullo schermo.
“Decisamente la recitazione è diventata molto più una forma d’arte”.
Come ti sei preparata per il ruolo di Madison?
La cosa buffa è che, quando ho fatto il provino per il ruolo di Madison, non pensavo che mi avrebbero considerata adatta al personaggio, perché i personaggi che interpreto di solito sono quelli pazzi e selvaggi, mentre Madison è così seria e composta, si occupa di pubbliche relazioni, ha i paraocchi, quindi ho dovuto tirare fuori tutta la mia ossessività e i lati più pazzi di me. Quando ho letto il copione per la prima volta mi sono adattata alla parte, ho scovato quel lato di me e ci ho costruito sopra il personaggio, chiedendomi “che tipo di persona è qualcuno che ha bisogno di essere un perfezionista?”. Ho trovato la risposta in ciò che mi diceva mia madre quando ero piccola, ovvero: “l’unica persona con cui devi entrare in competizione è te stessa, ci sarà sempre qualcuno che pensi sia più carino di te, più alto, più magro, più simpatico, migliore di te insomma”, quindi secondo me non possiamo fare altro che competere solo con noi stessi ed è questo sentimento che anima il personaggio di Madison.
Lei passa la vita a cercare di migliorarsi, e crede di poter raggiungere la perfezione. È qui che sbaglia, però, perché è così assorbita dal tentativo di essere perfetta che a volte dimentica che commettere errori è umano, che a volte fa bene fare qualcosa che temiamo possa metterci a disagio, che fa bene perdonarsi.. Il bello dell’arco che prende questa serie è che Madison all’inizio è molto rigida e non lascia il personaggio di Kat rientrare nella sua vita, ma col passare delle puntate capiamo che il motivo per cui innalza tutti quei muri è che è molto vulnerabile, si sente ferita dal comportamento di Kat e ha un sacco di problemi con la madre, con alcune relazioni che non si sente pronta a condividere.
In che modo ti sei relazionata a lei?
Ho preso Madison come la versione molto amplificata di me quando sono a lavoro, perché quando si tratta di lavoro, detesto le email ignorate o senza risposta, mi piace essere sempre puntuale e questo è il lato di me su cui mi sono concentrata quando ho interpretato Madison, perché anche lei è una così. Direi che la mia etica professionale è molto Madison.
“…a volte dimentica che commettere errori è umano, che a volte fa bene fare qualcosa che temiamo possa metterci a disagio, che fa bene perdonarsi”.
Che cosa le diresti se fosse qui?
Rilassati, ragazza! Sciogliti i capelli, mettiti comoda, divertiti un po’. Io sono così, sono un po’ un mix tra Madison e Jules, che è il personaggio di Kat Dennings, e si tratta di due personalità opposte: non mi piace uscire di casa, sto in pigiama tutto il giorno, mentre Madison è l’esatto opposto, lei non perde un attimo, non è una procrastinatrice, mentre io lo sono, quindi penso si sia creato un bell’equilibrio tra la vera me e il personaggio che interpreto.
Qual è la scena più divertente o più intensa che hai girato durante le riprese di “Dollface”?
La scena più intensa è stata una dell’episodio finale, girata di notte, in cui siamo nude e coperte di fango e balliamo intorno al fuoco. Era uno dei nostri ultimi giorni di riprese ed erano le 3 o le 4 del mattino, d’estate, a Los Angeles, dove di solito fa sempre molto caldo, ma non in quei due giorni, quando dovevamo stare là senza vestiti e faceva freddissimo. Dico davvero, abbiamo girato un episodio di Natale e sudato tantissimo, perché siamo state con i costumi di scena per 12 ore, e invece in quei due giorni di riprese notturne si gelava e addosso avevamo solo dei pantaloncini cortissimi e bralette ed eravamo coperte di fango.
È stata dura anche perché era un momento intenso per i nostri personaggi, dato che il mio litiga con quello di Kat, ci vogliamo bene ma non sappiamo come comunicare ed è la prima volta che il mio personaggio, sempre così serioso, prova il peyote. La nostra regista, che è anche produttore esecutivo della serie, ha orchestrato un cambio di look per il mio personaggio, dato che di solito i suoi capelli sono sempre perfetti, con trecce perfette, mentre in questa scena sono pazzi, scompigliati, e abbiamo dovuto lavorare molto sui suoi movimenti, perché Madison non sa come muovere il proprio corpo, non si è mai lasciata andare prima, quindi è un po’ goffa perché non si è mai comportata così. È stato molto divertente e mi sono commossa durante quella scena, perché ero sollevata, e perché era anche l’episodio finale e un momento chiave per il mio personaggio. È stato divertente, ma anche molto intenso.
“mi sono commossa durante quella scena, perché ero sollevata, e perché era anche l’episodio finale…”
Com’è stato il dialogo sul set tra tutti voi, cast, creatori, produttori, regista?
Incredibile. È stato il primo progetto in cui ho avuto la sensazione che tutti quanti fossero ben disposti a dare informazioni. Kat Dennings è anche tra i produttori della serie, quindi è stato fantastico avere qualcuno sul set che fosse sinceramente lì per te ogni singolo giorno e io mi rivolgevo a lei per qualunque cosa. Anche Margot Robbie, che è la fondatrice della nostra casa di produzione, la LuckyChap, o il suo co-produttore Brett Hedblom, erano sul set con noi ogni giorno e questo è il loro primo progetto per la tv, quindi sono sempre stati molto onesti, dall’inizio alla fine, la loro filosofia era: “sappiamo cosa vuol dire stare dall’altra parte e vogliamo che voi sappiate tutto quanto”.
Non avevo mai assistito ai provini durante altri progetti, ma dopo Kat sono stata la prima persona ad essere scelta, quindi ho partecipato al casting degli altri personaggi proprio perché loro volevano che sul set si creasse un’atmosfera naturale ed equilibrata e volevano che noi ragazze entrassimo in sintonia, perché in fin dei conti puoi avere la sceneggiatura più bella del mondo, i dialoghi ben scritti, ma se non c’è chimica tra gli attori, se non vai d’accordo con i colleghi del cast, fingere il contrario è impossibile.
Avete avuto spazio per improvvisare?
Certo. Esther Povitsky, che è una cabarettista straordinaria, vive di improvvisazione, specialmente con il suo personaggio. È stata così divertente, quando giravamo ci coglieva sempre impreparate, perché è così svelta mentalmente, quindi Esther era quella che ci “fregava” sempre sul set, perché nessuno sapeva mai cosa sarebbe uscito dalla sua bocca e ha improvvisato molte delle sue battute.
La protagonista di “Dollface” usa la propria immaginazione per ricongiungersi e riconnettersi con le altre donne e amiche. Hai preso spunto dalla tua esperienza personale oppure da altre commedie per esprimere al meglio il potere dell’amicizia femminile?
In questo caso per me la mia ispirazione è stata “Lizzie McGuire”. In “Lizzie McGuire” hanno avuto l’idea geniale di rappresentare quello che succede nella testa della protagonista attraverso un personaggio immaginario, ed è più o meno quello che succede anche in “Dollface”: noi abbiamo la Cat Lady, che è più una specie di fata madrina, una guida che aiuta Jules ad affrontare le situazioni in cui si sente a disagio, che l’aiuta a rientrare nell’universo femminile. Per me è come la versione live-action di “Lizzie McGuire”, che da voce ai pensieri di lei, ed è stupendo. Quando ho letto il copione di “Dollface” per la prima volta, mi sono sentita molto confusa e mi sono chiesta: “ho letto il copione giusto?”, perché salta fuori dal nulla e credo che si noti anche guardandolo, andando avanti con gli episodi: è una serie che affronta in modo molto brillante le situazioni oltraggiose in cui noi donne a volte ci cacciamo. È questo lo scopo della serie, secondo me, prendere in giro la serietà della società quando si tratta di social media o di figuracce o di regole che la gente pensa di dover seguire.
Come descriveresti “Dollface” in una parola?
Amiche.
Se fossi la psicologa dei personaggi di “Dollface”, che cosa gli diresti?
Oddio! Il fatto è questo, e penso valga per qualunque buon analista, loro non fanno altro che ascoltare, aiutarti a categorizzare, ripeterti cose di te stesso che già sai. Il problema, secondo me, è che ci teniamo sempre tutto dentro, quindi alle ragazze consiglierei di ascoltarsi e ascoltare le persone a cui vogliono bene, quindi direi loro di ascoltarsi l’un l’altra, perché le persone a noi care, anche se a volte possono sembrarci dure con noi, ci danno sempre i consigli migliori.
Qual è il tuo motto?
La felicità non è una destinazione, ma il mezzo di trasporto.
Ci credo davvero. Mi sembra che le persone siano sempre in fibrillazione, sempre concentrate su pensieri del tipo: “se faccio questo, sarò felice”, “se ottengo questo lavoro, sarò finalmente felice”, “se mi metto con quel bel ragazzo, sarò felice”, “se compro quella casa, sarò felice”. Io invece sono arrivata alla conclusione che la felicità non sia una destinazione, ma uno stile di vita.
Uso spesso questa analogia: per la prima volta nella mia vita, ho trovato la macchina che mi piace, sono nella mia macchina, riesco a vedere il mio passato nello specchietto retrovisore, ma sto cercando il futuro; finalmente sono sulla strada giusta, ma il resto dipende da me, e va bene così. Mi ci è voluto tanto tempo per riuscire ad aprirmi sinceramente con le persone e a sentirmi felice per il solo fatto di essere in vita e di andare avanti, perché spesso ci lasciamo assorbire dal pensiero di “cosa faremo dopo”, ma ciò che conta davvero secondo me è godersi la vita, perché il lavoro è solo lavoro, mentre le esperienze, il tempo con la nostra famiglia, con i nostri cari, quelle sono le cose che ricorderemo per sempre. Per quanto possano piacerci le nostre 15 ore al giorno di lavoro, le memorie che resteranno indelebili saranno le notti folli con le amiche, gli appuntamenti romantici, le cene in famiglia, sono questi i momenti che dovremmo goderci e non dare per scontati, come facevo io, quando avevo una ventina d’anni ed ero sempre di fretta durante le cene di festa in famiglia perché avevo le mie cose da fare, ma quelli sono i momenti che mi ricorderò, quelli sono i momenti che rendono la vita degna di essere vissuta.
“La felicità non è una destinazione, ma il mezzo di trasporto”.
La tua voce conta, sei di ispirazione per molti: in che modo vorresti continuare ad usarla?
Credo di essere l’esempio perfetto di una persona che non avrebbe creduto se gli avessero detto che un giorno sarebbe stata seduta dove sono ora, ma sono anche il tipo di ragazza che non accetta un no come risposta. Ripensando alla me di qualche anno fa, a volte vorrei essere quella Brenda lì, perché lei sapeva cosa voleva e faceva di tutto per ottenerlo. Ciò che farei è continuare ad usare questa “voce” che ho per ricordare alle persone che ne esiste uno solo come noi.
Pensate con la vostra testa, trovate qualcosa in cui siete bravi e fate quella cosa lì. Mia madre mi diceva sempre che se ami davvero quello che fai allora non dovrai mai lavorare nella tua vita, e io ci credo. Io e i miei fratelli facciamo tutti cose diverse, uno è un personal trainer, un altro fa lo chef, ma mio fratello che fa il personal trainer un giorno ha deciso che voleva studiare medicina e mia madre ha sempre supportato le nostre: “trova quello che ami fare e fallo per il resto della tua vita”. Io vorrei semplicemente diffondere questo messaggio e far capire alle persone che commettere errori è umano, e sono soprattutto le ragazze di oggi che usano i social media a dover capire che non c’è niente di male nel commettere errori. Tutto succede per un motivo, ne ero fermamente convinta soprattutto quando ero più piccola, ogni “no” ti conduce al giusto “si”.
Qual è il tuo superpotere?
Vorrei potermi teletrasportare, sarebbe fantastico, perché detesto il traffico. Vorrei teletrasportarmi in Italia, o a Parigi. Un superpotere che ho, probabilmente, è parlare velocemente [ride] e amare in maniera spropositata i miei animali, i miei due gatti e il mio cane, sono i miei bambini.
“Pensate con la vostra testa, trovate qualcosa in cui siete bravi e fate quella cosa lì”.
Qual è la tua isola felice?
La mia casa, con i miei animali e i miei cari, il mio letto, lì mi sento felice e al sicuro.
Il tuo must have sul set?
Acqua e mandorle. Energia. Ho sempre bisogno di energia e di qualcosa da sgranocchiare.
Il libro sul tuo comodino?
Sto leggendo “Casa di foglie” al momento, è un giallo. Leggo qualunque cosa, ma i thriller sono i miei preferiti.
Che consiglio daresti alla giovane te che fa i suoi primi passi nell’industria cinematografica?
Che tutto accade per una ragione e che tu sei tu per un motivo, quindi non cercare di cambiare per le altre persone. L’abbiamo fatto tutti, e io di sicuro, perché non sapevo quale fosse il mio posto nel mondo, ma sono quello che sono ed esiste una sola me.
“non cercare di cambiare per le altre persone”.
“mi sento felice e al sicuro”.
Commedia o dramma? C’è un genere in cui preferisci cimentarti?
È dura scegliere, perché con la commedia, ovviamente, mi sento più a mio agio, ma il dramma è così divertente. L’estate scorsa ho recitato in un film molto diverso da ciò che faccio di solito ed è il genere di film che mi piace guardare, mi piacciono i gialli dark, ed è buffo perché di solito faccio cose completamente diverse, quindi la gente mi vede in modo diverso, ma è il thriller il genere che mi piace leggere e guardare. È stato divertente perché mi sentivo come se stessi vivendo in un sogno mentre giravo il thriller.
Hai mai avuto un epic fail sul set?
Tantissimi! Uno dei “migliori” finora è stato durante le riprese di “Zack e Cody”: giravamo sempre in presenza di un pubblico dal vivo, quindi tutti quanti ogni volta correvamo in scena e ci presentavamo, ognuno a modo proprio; abbiamo girato più o meno 200 episodi e ogni volta a me toccava andare fuori con tacchi altissimi e vestiti assurdi. È l’ultimo giorno di riprese, siamo tutti in lacrime, quando Phill Lewis, che interpreta il Signor Moseby, ad un certo punto mi dice: “Guarda, Brenda, ce l’hai fatta! Hai fatto tutti questi episodi e non sei mai inciampata, neanche una volta! Ce l’abbiamo fatta, ragazzi! Nessuno è mai caduto, nessuno si è mai fatto male!”. Poi esco, e cosa faccio? Inciampo, e finisco stesa per terra di fronte a tutto il pubblico, e sto anche piangendo, perché sono triste, quindi mi rialzo da terra e rido e piango contemporaneamente. Questo è il mio grande epic fail sul set.
Hai mai pensato di scrivere per il cinema, di produrre o dirigere qualcosa?
Mi piacerebbe molto! In realtà mi viene da ridere, a pensarci, perché mentre giravamo “Zack e Cody”, verso la fine delle riprese, il nostro produttore esecutivo sapeva che mi sentivo un po’ troppo bloccata, che volevo crescere dal punto di vista creativo, quindi mi lasciava passare del tempo in sala autori, così da farmi vedere i meccanismi dietro le quinte, e me ne sono innamorata. Ho prodotto qualcosa, ma la regia è tutt’altra storia, è complicato perché tutto dipende da te, anche se ho partecipato, qualche tempo fa, allo sviluppo di un progetto in cui non ho recitato, l’ho semplicemente seguito e mi è piaciuto molto e vorrei fare di nuovo un’esperienza del genere. Si tratta di un campo in cui ora mi sento più intraprendente, perché in quanto attrice sono abituata al “dimmi cosa dire e io lo dico!”, mentre prendermi quel genere di libertà e fare quel passo avanti è abbastanza spaventoso, perché è qualcosa che non sono abituata a fare, ma mi piacerebbe produrre e scrivere di più in futuro.
The Film Wall
35mm & Fuji Instax
Credits:
Photo & Video by Johnny Carrano
Stylist: Robiat Balogun
Makeup Artist: Andrea C. Samuels
Hairstylist: Lucy Gedjeyan
Look 1
Earrings : J.ING
Top: Kheir Sannai
Pants: Jacquemus
Shoes: Steve Madden
Look 2
Earrings: Lulus
Trench: Sies Marjan
Dress: Atoìr
Shoes: Ego
Look 3
Trench: QUAINT
Bra/Pants: Gasanova
Shoes: Lulus
Look 4
Earrings: Isabella May
Necklace/Ring: UNOde50
Dress: Abel Honor
Skirt: A-JANE
Shoes: J.ING
Look 5
Earrings: J.ING
Ring: UNOde50
Dress: Nadya Dzyak
Shoes: Schutz
Thanks to Waive Car