Il cinema è un viaggio.
Un viaggio a cui gli spettatori partecipano guardando, e a cui gli attori prendono parte portandolo alla vita.
L’attrice Camille Dugay, affascinata da questo percorso, ha fatto i “bagagli” per imbarcarsi in un’avventura che l’ha portata, tra entusiasmo e paura dell’ignoto, a vestire i panni di Aquileia in “Luna Nera“, a condividere momenti indimenticabili sul set e a far parte di un progetto necessario e coraggioso come “I May Destroy You“. Partire dal corpo e sentirsi leggeri.
La sua prossima destinazione sarà un insieme di storie oneste che vedono come protagonista il soggetto più interessante di sempre: l’essere umano.
La prima cosa che ti viene in mente pensando alla recitazione?
Il rito collettivo di andare al cinema, quel momento in cui si spengono le luci in sala e c’è una sopensione, un respiro prima dell’inizio del viaggio.
Qual è il tuo primo ricordo del cinema?
Non so se è il primo ricordo, ma ho un ricordo fortissimo di quando siamo dovute uscire da una sala con mia madre perché il film era troppo per me. Avrò avuto otto o nove anni. Era al quattro fontane, o al nuovo Olimpia, non mi ricordo. Ma non mi scorderò mai le prime immagini del film. Era “Il pane e le rose”, ed è lì che ho capito la forza del linguaggio cinematografico.
“Un respiro prima dell’inizio del viaggio”.
Come è stato far parte di un progetto come “Luna Nera”?
È stata una cosa nuova sotto molti punti di vista, aveva proprio quel sapore misto di entusiasmo e paura dell’ignoto. È stato meraviglioso in tutti i sensi. Io sono innamorata di Aquileia ed è stato un grande regalo e un privilegio tornare sul set da adulta grazie a lei.
È stato un progetto che senti ti abbia fatto crescere dal punto di vista professione/personale? E come?
Assolutamente sì, da entrambi i punti di vista. Ho avuto l’opportunità di vedere lavorare attrici che stimo molto, Barbara Ronchi, Lucrezia Guidone, Manuela Mandracchia, Federica Fracassi. Le ho viste difendere i loro personaggi e questo in sé è già una lezione. Ho conosciuto altre esordienti come me che sono diventate le mie sorelle. È stata un’opportunità incredibile conoscere grandissime professioniste e grandissimi professionisti in tutti i reparti, dalla regia, ovviamente, agli artisti di trucco, costumi, prostetici… Da ogni cosa spero di essermi portata a casa una lezione.
Qual è stata la cosa più difficile che hai dovuto affrontare del progetto e quale invece la più bella?
La più bella condividere questa esperienza con il cast, il clima di solidarietà era molto forte, forse perché per ognuna-o c’era qualcosa di nuovo. La più difficile mangiare con i prostetici ai pollici! Scherzi a parte, forse i tempi della serialità cui non ero abituata.
Come ti prepari per interpretare un personaggio?
Parto sempre dal corpo. Non ho la ricetta perfetta, sto sperimentando ogni volta qualcosa e cercando di capire cosa funziona per me e per quel personaggio. Cerco di capire il mondo in cui si muove, come si muove, qual è la sua fisicità. Da lì parte tutto… Cerco sempre stimoli esterni e contaminazioni, canzoni, colori, quadri. Per Aquileia ritornavo sempre a Giuditta che decapita Oloferne. In generale cerco un giusto equilibrio fra disciplina e lasciar andare, provo a diventare un’osservatrice silenziosa e a sospendere il giudizio.
“Cerco di capire il mondo in cui si muove, come si muove”
Qual è stata l’esperienza che fino ad ora ti ha fatta sentire più libera?
Nonostante siano successe tante cose dopo, non credo che nulla possa battere il giorno del primo provino per l’Oltrarno. È stato come togliere un tappo che stava lì da anni e il desiderio di stare lì era tale che è stata un’esperienza surreale, come stare dentro e fuori dal mio corpo allo stesso tempo. E sarò per sempre grata a Anna Ferzetti che, in incognito, ci accompagnava ad turno nella sala di esame. A volte basta uno sguardo, una parola, una luce da dentro per incoraggiarti. E ovviamente a Pierfrancesco per averci dato questa opportunità lavorando duramente.
Cosa vuol dire sentirti a tuo agio nella tua pelle?
La cosa più importante. Per me è una sensazione di unione tra il dentro e il fuori, di leggerezza.
Un film per ridere, un film per piangere e un film per stare sulle spine.
Ne approfitto per citare dei film che ho avuto la fortuna di vedere di recente a Venezia, “I predatori” per ridere “Listen” per piangere e per stare sulle spine la serie “When they see us” di Ava Duvernay.
L’ultima cosa che hai scoperto di te stessa?
Che non sono ancora diventata sedentaria come credevo, ho ancora bisogno di muovermi.
Quale è il tuo guilty pleasure film?
Grande classico, “Notting Hill” e “Se scappi ti sposo”. Da piccola avrei guardato quelle cassette venti milioni di volte. Anche se ultimamente la mia grande fascinazione sono i reality tipo “Indian matchmaking” o “L’amore è cieco”.
Il tuo must have sul set.
La mia borraccia e una penna.
Epic fail sul set.
Le classiche confessioni dimenticando di essere microfonati.
L’ultima cosa che ti ha fatto sorridere?
Una foto di mia nipote felice.
L’ultimo binge watch?
Ho recuperato “When they see us” per l’appunto e “Seven Seconds”.
Il libro sul tuo comodino?
Per ora “Pastorale americana”.
La tua isola felice?
Il mare, soprattutto quando è un po’ grigio, con un buon libro.
Le storie che sogni di raccontare?
Le storie che hanno al centro gli esseri umani. Storie oneste e che non cancellano la complessità dell’umano per incasellarla in qualcosa di più gradevole. Vorrei essere capace di raccontare questo.
Cosa ci puoi raccontare di “I may destroy you”?
Che è un’ondata di freschezza, che non vedo l’ora che si possa vedere anche qui, che il cast è incredibile e sono molto felice di aver lavorato con Michaela Coel e Weruche Opia, una grande ispirazione. È una serie necessaria e coraggiosa e sono fierissima di aver fatto parte come un piccolo ingranaggio di questo grande meccanismo. I temi affrontati sono fondamentali, è ora che si parli di consenso ad esempio. Mi hanno colpito da subito la schiettezza e l’onestà della scrittura.
Photos by Johnny Carrano.
Hair by Roberto d’Antonio.
Blazer, shoes, sunglasses by Tod’s.
Jewels by Co.Ro.Jewels.
Thanks to Other.