Teatro, cinema e personaggi che hanno una musica tutta loro, un “tema di fondo” che li rappresenta e li approfondisce: Dajana Roncione, artista a tutto tondo nata dal teatro, che ama e che porta con sé anche sul set cinematografico, si è raccontata nella nostra intervista.
Di fronte alla cinepresa — in cui l’abbiamo vista in “Io sono Mia“, in cui interpreta Loredana Bertè, e “La Mafia Uccide Solo D’Estate – Capitolo 2” — o sotto i riflettori di un palco a teatro, Dajana ha imparato a creare una connessione personale con i ruoli che interpreta grazie alla musica, alla gestualità e facendosi delle domande personali, oltre che sul personaggio, agendo come un pittore che vuole realizzare un ritratto credibile di colei che interpreta, ma con un tocco artistico.
Scoprite com’è stato lavorare ad “Anima“, il cortometraggio privo di dialoghi diretto da Paul Thomas Anderson che accompagna l’omonimo album solista di Thom Yorke, quali sono i progetti futuri di Dajana e quale personaggio si sente pronta ad interpretare in futuro.
“La Mafia uccide solo d’estate”, “Io sono Mia” e “Anima”: la musica come fil rouge, quanto è importante la musica per il tuo lavoro di attrice?
La musica è importante nella mia vita: sì, direi di sì! E anche nel mio lavoro lo è, se pensiamo a quanto una colonna sonora possa aiutarci a raccontare una storia o un personaggio.
Wagner ad esempio riusciva a descrivere il “Motivo di fondo” dei personaggi: ogni personaggio quando entrava in scena aveva un tema musicale ricorrente, questo tema musicale ricorrente poteva essere associato non solo ad un personaggio ma anche ad un sentimento o ad un luogo, o ad un oggetto.
Un’idea che mi ha sempre affascinato è l’idea che in ognuno di noi possa avere un personale tema musicale ricorrente. Quando interpreto un personaggio, ricorro alla musica quando ho bisogno di tirar fuori emozioni che altrimenti farebbero fatica a venir fuori, certe volte per me è una sorta di memoria emotiva o di scoperta emotiva.
Certe volte mi piace chiedermi quale potrebbe essere il “motivo ricorrente” del mio personaggio, anche solo pensarci delle volte aggiunge qualcosa in più al mio lavoro e mi è d’aiuto.
La tua colonna sonora preferita?
La colonna sonora di “2001 Odissea nello spazio.” Utilizzare la musica classica per esprimere il futuro è un concetto geniale, la musica in questo film straordinario è il personaggio principale.
“…l’idea che in ognuno di noi possa avere un personale tema musicale ricorrente.”
Una canzone per descrivere cosa vuol dire recitare per te?
C’è una canzone che mi sembra che sia stata reinterpretata da MEG nel 2004 che si chiama “Senza paura”. Questa canzone è in sostanza una domanda: il buio, l’amore, la tua strada (intesa come vita, rischi e pericoli), la morte, cosa sarebbero se riuscissimo a viverli senza averne paura? È anche un invito ad avere coraggio, perché la paura ti blocca e t’impedisce di conoscere la realtà e di affrontarla.
Spesso come attrice (specialmente in teatro) mi trovo di fronte a grandissime tematiche, direi anche “straordinarie”, come queste a cui la canzone fa riferimento. Visto che la vita del personaggio spesso si confonde con la mia, allora ho capito che avrei dovuto prima di tutto assumermi la responsabilità di affrontare le mie, di paure, e d’imparare a conoscerle per poi potermi avvicinare il più possibile a quelle del mio personaggio.
Imparare a farmi domande personali oltre che sul personaggio….
In un certo senso, quello che voglio dire è che cercare di conoscere prima di tutto me stessa mi aiuta a comprendere meglio i personaggi che interpreto, e che si tratta di un percorso per me simile al percorso di questa canzone, un percorso in cui si ripropone sempre qualcosa che mi fa paura e che devo aver il coraggio di affrontare, o magari devo solo riuscire a formulare la domanda giusta.
Credo inoltre che nel mio lavoro sbagliare, commettere errori, sia più importante che avere paura.
E che, trattandosi di un lavoro empatico le domande devono aiutarci a comprendere i Motivi, i bisogni e le paure dei nostri personaggi altrimenti si rischia di andare sull’idea e per questo motivo che occorre il coraggio di rischiare.
“In un certo senso, quello che voglio dire è che cercare di conoscere prima di tutto me stessa mi aiuta a comprendere meglio i personaggi che interpreto e che si tratta di un percorso per me simile al percorso di questa canzone, un percorso in cui si ripropone sempre qualcosa che mi fa paura e che devo aver il coraggio di affrontare, o magari devo solo riuscire a formulare la domanda giusta.”
Dopo “Io sono Mia”, “Ambrosoli – Il prezzo del coraggio” a quale altro progetto biografico ti piacerebbe partecipare?
Tina Modotti, ho studiato più di dieci anni la sua vita, sono molto preparata e mi sento di poter dire di essere pronta ad interpretarla. Se qualche produttore adesso sta leggendo questa mia intervista e fosse interessato a Tina Modotti e a me è pregato di contattarmi 🙂
C’è bisogno di fare un film sulla vita di Tina Modotti!
“Tina Modotti, ho studiato più di dieci anni la sua vita…”
Come cambia l’approccio al personaggio quando interpreti un personaggio realmente esistito e uno di finzione?
Cerco sempre e in ogni caso di essere responsabile delle mie scelte quando affronto un personaggio, ancora di più quando si tratta di un personaggio realmente esistito. In quel caso la prima cosa che faccio è chiedere alla produzione tutto il materiale di repertorio a cui posso fare riferimento, nel caso ce ne fosse. Se si tratta di un personaggio ancora in vita chiedo la possibilità d’incontrarla personalmente. Anche se spesso non è possibile, io ci provo: per me è un dovere oltre che un piacere.
Nel caso, per esempio, del mio recente personaggio Annalori Ambrosoli ho visto alcune delle sue interviste e letto tutto il materiale che avevo chiesto alla produzione di farmi avere.
Lo stesso con Loredana Bertè, mi sono sempre detta di non volerla imitare ma di osservarla come farebbe un bravo pittore che non vuole rappresentare il suo ritratto perfetto ma la sua essenza, chiaramente non è un percorso facile e ti senti più responsabile ma poi devi anche lasciare andare le preoccupazioni superflue.
Cinema e teatro. Cosa porti sullo schermo delle esperienze sul palcoscenico e viceversa?
Il teatro mi ha sempre aiutata a realizzare quanta forza ho e quanta capacità ho di tenere vivo il mio personaggio anche per due ore consecutive, mi ha insegnato a creare nella ripetizione una vita nuova ogni sera che deve anche essere in grado di scordarsi della vita che ho creato la sera precedente, e questo mi ha aiutato anche nel cinema perché mi sono ritrovata resistente e pronta a ripetere mantenendo la vita di quel flusso di pensiero e non l’idea, a stare nel momento.
Tecnicamente e grazie alla sua disciplina, il teatro mi è sempre stato d’aiuto anche nel cinema permettendomi di essere versatile e regalandomi una grande coscienza del corpo.
Il cinema mi ha insegnato a conoscere sfumature che in teatro pensavo andassero perse, e che invece possono diventare molto potenti.
“…Grazie alla sua disciplina, il teatro mi è sempre stato d’aiuto anche nel cinema permettendomi di essere versatile e regalandomi una grande coscienza del corpo.”
Paul Thomas Anderson, è uno dei registi più apprezzati della sua generazione, come stato lavorare con lui? E come hai costruito con lui il tuo personaggio?
Quando hai la fortuna di trovarti a lavorare con un grande regista come Paul Thomas Anderson, ti senti subito spaventata ma anche protetta e al sicuro. Mi ripetevo: “tanto se sbaglio me lo dice” e questo già ti fa sentire in una condizione ottimale per lavorare…
Ho avuto modo di sentirmi completamente al sicuro nelle sue mani e di dimenticarmi dei ruoli che stavamo interpretando, lui come regista io come attrice, ho sentito che aveva fiducia in me e siccome spesso sul set è stato necessario prendere delle decisioni sul momento, questo mi ha aiutato. Era un rapporto silenzioso quasi segreto il nostro, non ho mai voluto chiedergli se quello che facevo andava bene oppure no perché sapevo che c’era molto a cui pensare e perché volevo essere una soluzione al suo lavoro e non un problema, ho capito subito che non c’era spazio per dubbi o paure e che dovevo fidarmi di me e di lui: è così che mi ha mandato il suo messaggio segreto, almeno è così che io l’ho percepito.
Detto ciò, sapevo e sentivo che mi avrebbe fermato se avesse ritenuto necessario farlo.
Non lo ha fatto mai, stavo andando nella direzione giusta e in un certo senso quel nostro segreto accordo di fiducia lo sentivo più forte di qualsiasi “suggerimento”. Era importante osservare e seguire tutto il contesto, sentire il momento, bilanciarsi in una “barca“, ma in questo caso forse è meglio dire “metro”, piena di cose che accadono allo stesso tempo.
Le coreografie erano molto importanti in questo lavoro quindi la parte più difficile è stata la preparazione fisica, durante questo lavoro la memoria muscolare mi ha aiutata moltissimo e siamo riusciti a creare un’ampia probabilità di possibili “azioni fisiche”, non sapevamo quali avrebbero funzionato una volta sul set ma abbiamo cercato di sperimentare diverse possibilità grazie al coreografo Damien Jale.
Alcuni momenti sono stati presi da un’improvvisazione che io e Thom abbiamo proposto a Paul e Damien e che a loro era piaciuta, questa sequenza riguarda la fine del cortometraggio e viene fatta all’interno di un treno.
“…Stavo andando nella direzione giusta e in un certo senso quel nostro segreto accordo di fiducia lo sentivo più forte di qualsiasi
‘suggerimento’.”
Scrivere o dirigire. È nei piani futuri?
Ho finito di scrivere un soggetto cinematografico a cui tengo molto al momento.
Penso che la scrittura sia già nei miei piani e spero che possa continuare…
Il tuo must have sul set?
Il mio quaderno di appunti, una grande tazza di caffè e la playlist giusta.
Una epic fail sul lavoro?
Quando ho causato un “buco di scena”.
Sì, ero piccola, sì erano pochi secondi ma in teatro è imperdonabile, è segno di mancanza di professionalità ed affidabilità. Durante uno spettacolo teatrale per qualche ragione ho tardato troppo, ho calcolato male i tempi e mi ero evidentemente disconnessa. Sono entrata in scena in ritardo, ecco!
Ho tardato di qualche secondo, che in teatro tuttavia mi è sembrato un tempo infinito, mi sembrava di sentire il vento che faceva rotolare la balla di fieno, cose così…
Insomma mi sembrava che fossero passate ore, mi sentivo malissimo soprattutto per i miei colleghi di scena. Li immaginavo pensare a milioni di soluzioni possibili da dover prendere in pochi secondi per riempire quel vuoto che io avevo creato. Non dimenticherò mai quella sensazione!
Però devo anche dire che è servita, da lí in avanti sono diventata un soldato!
Cosa ci puoi svelare sui tuoi progetti futuri?
Poco, perché sono appena arrivati. Posso solo dirvi che da ottobre sarò di nuovo sul set per un nuovo progetto.
Photos by Johnny Carrano.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Total Looks by Marco De Vincenzo.
Scarpe: Jimmy Choo.
Makeup and Hair by Claudia Raia.
Thanks to Factory4pr.
Press Office: Lorella Di Carlo.