Intervistare Daphne Scoccia è stato come chiacchierare con un’amica. È stata una di quelle chiacchierate che fai raramente e solo con pochi, una di quelle conversazioni in cui sei felice di perderti, e ti lasci andare ai pensieri più profondi e ai racconti più intimi, parlando di vita, società, ideologie e, ovviamente, della più grande passione comune: il cinema.
Daphne al cinema ha dedicato tutta sé stessa, e intende dedicarci ancora molto del suo tempo, con il più nobile tra gli obiettivi: risvegliare le coscienze attraverso i suoi progetti, raccontando storie di donne forti della potenza delle loro fragilità.
Attrice versatile e artista dalla grande sensibilità, per il suo ruolo in “Umami – Il quinto sapore” di Angelo Frezza si è calata nella dimensione del disturbo alimentare, studiandone con zelo effetti e caratteristiche; in “Rido perché ti amo” di Paolo Ruffini si è trasformata in una tatuatrice che dispensa consigli d’amore, sperimentando la leggerezza del sentimentalismo cinematografico; in tre stagioni di “Nero a metà” ha trovato una seconda famiglia, quella che ti scegli e che si fa emblema del bello del fare cinema quando sul set raggiungi un livello di confidenza tale da poterlo chiamare “CASA”.
Con Daphne, si è anche parlato di etica del cibo, dell’importanza di essere etici anche su quel fronte per amore degli animali, di sé stessi e della natura, che è linfa vitale, grande isola felice. E si è parlato di delicatezza e di empatia come parole d’ordine per entrare nei personaggi e affrontare le sfide attoriali e vitali con serenità; il tutto cercando di non prendere troppo sul serio “il proprio ego”, perché spesso è l’istinto, sono i desideri più primitivi quelli che ti consentono di svuotare i cassetti da tutti i sogni lì rinchiusi e arrivare all’altezza delle stelle, come quel presagio avuto da bambina.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Il mio primo ricordo è la prima volta che sono andata al cinema, avrò avuto 3 anni e mezzo o 4, e il film era “Jurassic Park”. Ci sono andata con i miei genitori, ed ero tutta esagitata! Sai quando all’inizio di ogni film mandano i loghi delle case di distribuzione e produzione? Ad un certo punto, nel silenzio totale, vedo sullo schermo qualcosa che aveva a che fare col cielo o con l’astronomia, tipo una stella cadente, e mi alzo in piedi di scatto, nel pieno silenzio della sala, ed esclamo: “Mamma, guarda!” [ride] I miei si sono messi a ridere e mi hanno detto: “Shhh zitta, ti sentono tutti!”. Mi fa ridere questo ricordo, ed è il mio primo.
Il 17 giugno uscirà uno dei tuoi ultimi progetti, la commedia di Angelo Frezza “Umami – Il quinto sapore”. Qual è stata la prima domanda che hai rivolto al regista e a te stessa, quando hai letto la sceneggiatura per la prima volta?
Le cose vanno insieme: quando ho letto la sceneggiatura, ho subito considerato che Nina, il mio personaggio, è una ragazza con problemi alimentari e psicologici, in generale, che sta quasi per diventare muta perché decide di non parlare più, quindi mi sono chiesta quali fossero le caratteristiche di una persona con problemi alimentari; ho voluto informarmi, mi sono messa a cercare dati e a studiare la malattia in sé, e ne ho discusso con il regista.
Quali sono state le sfide dell’interpretare il tuo personaggio e come le hai superate?
La sfida è sicuramente cercare di capire la personalità del personaggio e quali sono i suoi problemi, scoprirlo: la sfida è scoprire il personaggio, magari anche studiarlo, sempre con delicatezza. Questa sfida l’ho superata con l’empatia, sono entrata delicatamente nel personaggio, senza forzare troppo.
Uno dei temi attorno a cui ruota il film è quello del cibo e della cucina come elementi catartici, con poteri curativi, meditativi e comunitari. Come vivi il tuo rapporto con il cibo? Cosa rappresenta per te?
Io col cibo vado molto d’accordo! [ride] Sono molto ghiotta, mi piace mangiare, però allo stesso tempo ho scoperto un mondo sull’alimentazione, perché il cibo non è soltanto mangiare, ingozzarsi, ma è nutrimento. Ho iniziato ad informarmi sull’alimentazione – io sono vegana e ci tengo a portare avanti questa cosa, per me è una sfida ogni giorni, e ci tengo perché il nostro stomaco è il nostro secondo cervello, e il modo in cui ci alimentiamo definisce anche il nostro modo di pensare, oltre al nostro fisico; ci tengo, perché mi piace lottare anche per gli animali, sono un’amante degli animali e sono diventata vegana anche per questo, oltre che per la salute. Togliendo certi alimenti, riscopri, poi, un’energia diversa, e secondo me si parla poco di questo, o meglio, prima se ne parlava sicuramente poco, adesso forse la conversazione si sta espandendo. Quando vado al supermercato, per esempio, leggo sempre le etichette dei prodotti, ci tengo all’etica del cibo e ad essere etica, cerco anche lì di fare le cose con empatia; adesso, se nel piatto dovessi avere una bistecca, non vedo un pezzo di carne, ma vedo un pezzo di qualcuno, quindi non riuscirei proprio più a mangiarla. Bisognerebbe informarsi un po’ di più sull’alimentazione, per il pianeta, per noi stessi, per gli animali, per vivere meglio e più in sintonia con la natura.
Come descriveresti “Umami – Il quinto sapore” in una sola parola?
Delicato, perché tratta certi argomenti con delicatezza, e anche i personaggi, per come sono scritti e concepiti da Angelo Trezza, il regista, e da noi attori, sono trattati con delicatezza, risalta molto questo aspetto.
Delicatezza.
“…il modo in cui ci alimentiamo definisce anche il nostro modo di pensare, oltre al nostro fisico”.
Interpreti anche un ruolo da protagonista in “Rido perché ti amo”, di e con Paolo Ruffini, attualmente in post-produzione: ci racconti qualcosa sul film e sul tuo personaggio?
“Rido perché ti amo” è una commedia, una commedia simpatica, e una parola mi viene in mente: favola. È un po’ una favola, questo film. Il mio personaggio si chiama Sam, è una ragazza particolare, molto forte, che ha una malinconia dentro che lei nasconde bene sotto questa scorza di durezza, ma che si scoprirà poi col tempo. Tutto ruota intorno alla storia di quattro protagonisti, interpretati da Nicola Nocella, lo stesso Paolo Ruffini, Barbara Venturato e da me. I personaggi di Paolo e Nicola sono molto amici, vivono in questa piazzetta, in cui arrivo io, dopo un po’ di tempo, ad aprire un negozio di tatuaggi. Una sera vedo loro che stanno discutendo, mi avvicino e inizio a parlarci, e dì lì ha inizio una serata di bevute, in cui ci conosciamo e diventiamo amici. Il personaggio di Nicola deve riconquistare l’amore della sua compagna, che vuole sposare, ma prima deve aggiustare delle cose, perché ha tirato un po’ troppo la corda. Io e gli altri personaggi lo aiutiamo a riconquistarla e nel mentre nasce un sentimento anche tra il mio personaggio e quello di Paolo, e poi si vedrà quello che accadrà. Comunque, il mio personaggio è figo: una tatuatrice super! Mi è piaciuto molto interpretarla.
Cosa dobbiamo aspettarci da questa commedia?
Sicuramente, tanta serenità, amore, leggerezza… sentimental!
Ti vedremo nella prossima stagione della serie “Nero a metà”: com’è stata l’esperienza sul set e cosa ti ha lasciato?
Questa è un’esperienza che parte da molto prima: io ho iniziato a recitare in “Nero a metà” dalla prima stagione, poi c’ero anche nella seconda, e adesso, nella terza, sono anche cresciuta e ho avuto più spazio, quindi ci saranno delle grosse novità in questa stagione e sono molto contenta di questo. Sul set mi sono trovata benissimo con Claudio Amendola e Miguel [Gobbo Diaz], sono persone meravigliose e super professionali, ma allo stesso tempo super simpatici e niente, si è creata una famiglia, e il bello dei set è questo, si crea una famiglia se si va d’accordo e se funziona. Questo è quello che è accaduto con il set di “Nero a metà”: mi sono affezionata parecchio a tutti, anche al mio personaggio.
“Tutti i nostri ieri” di Andrea Papini: il film è incentrato sulla storia di 9 detenuti, infatti il set principale del film è stato l’ex-carcere di Codigoro, in Emilia. Com’è stata la tua esperienza su questo set “impegnativo”, immagino, dal punto di vista emotivo?
Il titolo del film verrà modificato, in realtà, ma non so ancora come si chiamerà!
Comunque, per ‘sta volta non sono io quella che sta in carcere! [ride] Io faccio conoscenza con quest’uomo che sta girando un documentario, e sono la sorella di un personaggio.
Com’è stato? Emotivamente, forte e intenso. Poi, anche i luoghi che ci sono lì intorno, queste pianure, il verde… è stato bello, intenso, una crescita.
Qual è stata la tua prima impressione, la prima cosa che hai pensato sul tuo personaggio, quando hai letto la sceneggiatura?
Allora, questo è un progetto che va avanti da cinque/sei anni; io venni chiamata da Andrea Papini circa tre o quattro anni fa, e lui voleva me per quel ruolo, perché ero perfetta per quel ruolo. Ho letto la sceneggiatura, poi sono passati anni, e alla fine siamo riusciti a fare il film finalmente. È un ruolo che mi è piaciuto molto, e l’ho voluto fare perché raccontare la fragilità delle donne è sempre una missione ben accetta, la fragilità e la forza, che sono due cose che vanno insieme.
Ci puoi raccontare qualcosa sul tuo personaggio?
Il mio personaggio è una ragazza semplice, lavora nella panetteria dei genitori, è una ragazza di paesino a cui accade un fatto… Che però non posso svelarvi! [ride] Le muore la sorella, e in spiaggia, quando ci va per portare i fiori sul punto in cui è stata ammazzata, incontra un regista, che poi le dice: “Facciamo un documentario”.
Tra i temi intorno ai quali ruota il film rientra il rapporto tra identità e memoria, evocato da un progetto documentaristico in cui si cimenta il protagonista. Restando in argomento, cosa vorresti imprimere di te, come attrice, o magari come persona, nella memoria di chi ti guarda sullo schermo?
Eh… Tanta roba! [ride] È bello portare ruoli femminili tosti sullo schermo, è bello rappresentare le sfaccettature delle donne, e mi piace questa cosa che vengo chiamata per ruoli il più delle volte di donne forti e fragili allo stesso tempo. Il cinema è un’ottima fonte di conoscenza, tramite i film che farò e che faccio, mi piace lasciare un messaggio, prima di tutto, l’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri, che è proprio la prerogativa dell’attore, se ci pensi. Vorrei portare sullo schermo cose che gli altri non conoscono, vorrei aprire gli occhi alle persone, vorrei dare la possibilità agli altri di scoprire e conoscere nuove cose, lati di persone, voglio far porre delle domande alle persone, perché è giusto che uno si faccia delle domande prima di giudicare un’altra persona, chiedersi “perché sta facendo quella cosa, perché l’ha fatta?”.
Aprire la porta della coscienza, risvegliare le coscienze, questo mi piacerebbe fare attraverso i miei progetti.
“South” è un altro film che hai finito di girare da poco, diretto da Lionel Baier. Ci racconti di questo progetto e della tua esperienza su questo set?
In questo film, io interpreto Nina, una blogger. La storia è incentrata sulle magagne dell’Unione Europea nei confronti dei migranti: Nina è una sovversiva, che cerca di far trasparire delle cose, e finisce per invaghirsi del figlio di una di questi ministri.
Hai fatto il tuo primo provino per il ruolo da protagonista (che poi hai ottenuto e per il quale hai vinto il Nastro d’argento e la candidatura ai David di Donatello come miglior attrice protagonista nel 2017) del film “Fiore” di Claudio Giovannesi: cosa rappresentava il cinema nella tua vita prima di diventare parte attiva di quel mondo, e cosa rappresenta per te, ora?
Diciamo che il cinema ha sempre fatto parte della mia vita: mi piaceva guardare i film, collezionavo dvd, ci tenevo, e tante volte ho passato le mie serate da sola davanti al computer a guardarmi due o tre film di fila, quindi era sempre parte della mia vita. Diciamo che poi questa cosa è incrementata, adesso, il cinema è tutto per me, è la mia vita, è il mio lavoro, è esperienza continua, è crescita continua, ma è anche scuola. Sono grata di questa cosa.
C’è qualcosa che vorresti fosse diversa o cambiare tu stessa nell’industria dell’intrattenimento?
Eh, questa è una domanda che richiama una risposta ampia… Sì, sicuramente ci sono delle cose che cambierei, diciamo che darei ancora un po’ più spazio a nuovi volti, darei più spazio ai talenti; purtroppo capita spesso che girano sempre le stesse facce, a volte per raccomandazioni, a volte perché conviene di più ad un produttore perché un personaggio noto vende di più rispetto ad uno meno noto. Cambierei quello, anche se ci sarebbero tanti aspetti da migliorare, ma mi limito a questo perché altrimenti dopo diventerei polemica [ride].
Chi o qual è la tua fonte di ispirazione nella vita privata e/o professionale?
Diciamo che ho tanti personaggi che mi ispirano ma, allo stesso tempo, non credo di avere degli idoli. Ci sono tante belle persone nel mondo del cinema, ma non solo, nel mondo dell’arte anche, che stimo, però io cerco sempre di prendere spunto da me; però, non solo questo, per me è fonte d’ispirazione anche una signora che passa per strada col cane, o una bambina che gioca con le bolle di sapone. Rispetto a personaggi con nomi più importanti, sarei riduttiva se ne nominassi, perché ce ne sarebbero un po’, e dirne solo un paio sarebbe riduttivo.
“Io cerco sempre di prendere spunto da me”.
Quale personaggio realmente esistito ti piacerebbe interpretare e perché?
Sicuramente, mi piacciono le persone forti, persone che ci hanno messo la faccia, che hanno tentato di migliorare il mondo, la coscienza delle persone, usando sé stesse come mezzo. Sarebbe bello fare un film su Marielle Franco, per esempio, un’attivista che hanno ucciso, perché era una donna forte che ha fatto tanto e che avrebbe meritato molto di più. Oppure Alda Merini, anche lei una donna piena di meraviglie, che ha avuto tanto da dare e da raccontare. Per adesso mi vengono in mente loro due, ma in generale direi personaggi forti.
L’ultimo binge-watch?
Sicuramente, “Strappare lungo i bordi”, che ho trovato meravigliosa come serie, poi io Zerocalcare lo stimo tanto, ho avuto l’onore di conoscerlo ad un festival a Genova ed è una persona stupenda, squisita, e questa cosa giustamente esce fuori da quello che fa. Quindi, “Strappare lungo i bordi” tutto di fila, in un sorso solo, e subito dopo “Nine Perfect Strangers”, la serie con Nicole Kidman, molto interessante, anche la cura che praticano con la psilocibina, che sta prendendo sempre più piede anche nella cura per la depressione, per i problemi psichiatrici stanno notando che funziona molto, che sta aiutando un sacco di gente; poi, “Al nuovo gusto di ciliegia”, che mi è piaciuto tantissimo, bello, accattivante, pieno di suspense, ti tiene proprio fermo sulla sedia a cercare di capire, con gli occhi sbarrati, è molto interessante.
L’ultimo film o serie tv che ti ha fatto scoprire qualcosa di nuovo te stessa?
In realtà, non è proprio l’ultimo film, ma un paio di film che ho visto un po’ di tempo fa, di quei film che porto nel cuore, perché a livello umano mi hanno fatto crescere, mi hanno fatto scoprire un po’ di più cos’è l’empatia, non solo nei confronti degli altri ma anche nei confronti di me stessa, perché tante volte noi siamo il peggior nemico di noi stessi, quindi dobbiamo imparare ad essere dolci con noi stessi e a perdonarci, cosa che io a volte faccio fatica a fare. I due film sono “Angel-A” di Luc Besson, e “Il pianeta verde” di Coline Serreau, un film del ’95 che non è stato neanche distribuito al cinema, però è un film talmente carino che ha avuto il suo successo comunque, pur non passando per i cinema.
Il tuo must-have sul set?
Sicuramente il caffè, è fondamentale [ride], non so perché, anzi a volte sul set esagero, perché ogni pausa è buona per il caffè e la sigaretta. Non ho portafortuna, quindi solo questo, il caffè.
Il personaggio di un film o serie tv di cui vorresti essere amica?
Sicuramente André di “Angel-A”, perché mi trasmette tenerezza; poi, un altro personaggio è Neo di “Matrix”, anche se di quel film vorrei avere per amici tutto il gruppo, e il perché basta vedere “Matrix” per capirlo!
Il primo dvd che hai comprato?
I primi dvd che ho comprato sono due, “Pulp Fiction” e “Arancia Meccanica”; avevo proprio intenzione di iniziare la collezione, quindi sono partita da lì, grandi colossal immortali.
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Sicuramente, essermi trasferita a Roma, perché io sono marchigiana di origine, quindi aver mollato tutto lì ed essere partita per Roma con l’intenzione di cambiare drasticamente, totalmente la mia vita, anche se non sapevo come, in realtà. Un’altra cosa è stata aver intrapreso questo percorso da attrice, aver detto di sì quando mi hanno chiesto di partecipare a “Fiore”, perché io in passato non ero così loquace, così aperta anche solo a livello verbale, facevo molta fatica ad esprimermi, quindi figurati se potevo fare l’attrice! Allora sono andata anche contro me stessa, sono uscita dalla mia zona di comfort, per me era impensabile fare un lavoro del genere, mentre adesso mi sento sicuramente fortunata. È stato un atto di coraggio, perché se avessi dato retta al mio ego, a quella vocina che ti dice “non sei capace, non sai parlare, dove vai, non sei all’altezza”, a quest’ora non sarei qui. E invece sono qui.
“È stato un atto di coraggio, perché se avessi dato retta al mio ego, a quella vocina che ti dice ‘non sei capace, non sai parlare, dove vai, non sei all’altezza’, a quest’ora non sarei qui”.
Qual è la tua isola felice?
La mia isola felice è sicuramente una sensazione interna di felicità e pace; la mia isola felice è la luce, rimanere nella luce, la giustizia, lottare per questo; sentirmi in pace con me stessa anche a livello economico, avere un equilibrio finanziario: se hai quello, è già un passo avanti, sei più tranquillo anche per poi intraprendere altro. Mentre, se parliamo di luogo fisico, tutto ciò che riguarda la natura va benissimo, è quella la mia isola felice, che sia la campagna, il mare, la montagna.
Qual è la tua più grande paura?
Che l’ignoranza e la mancanza di rispetto e di empatia prendano il sopravvento, minacciando così la mia e la nostra, in generale, tranquillità e libertà.
Cosa significa, per te, sentirti a tuo agio nella tua pelle?
Rimanere me stessa, portare avanti me stessa senza apparenze, mostrarmi per quella che sono, essere sincera con me stessa e con gli altri, aiutare il prossimo, e di conseguenza anche me stessa: questo mi dà pace e mi fa stare bene nel mio corpo e nella mia mente, insieme al seguire un’etica.
Quali storie sogni di raccontare?
Eh, ce ne sarebbero… Sicuramente, le storie di tutte quelle persone che hanno lottato per i nostri diritti, personaggi forti, che il più delle volte hanno una storia da raccontare.
Desideri e progetti per il futuro?
I miei desideri rientrano sicuramente nell’ambito del cinema: poter lavorare con determinati registi, come i fratelli D’Innocenzo, o poter rilavorare con Claudio Giovannesi in un altro progetto, e tanti altri registi italiani, ma non solo, anche con registi stranieri; mi piacerebbe molto lavorare in Francia, per esempio con Céline Sciamma, sarebbe un sogno. Invece, per quanto riguarda i progetti per il futuro, i film di cui abbiamo parlato prima stanno per uscire; “South”, o meglio “Au sud”, di Lionel Baier, “Rido perché ti amo” di Paolo Ruffini, dove sono protagonista insieme a Nicola Nocella e Barbara Venturato e Paolo Ruffini, il nuovo film di Andrea Papini e la terza stagione di “Nero a metà” dove ci saranno novità molto fighe per il mio personaggio.
Photos by Johnny Carrano.
Makeup and hair by Chantal Ciaffardini.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Thanks to Others srl.
Thanks to Enjoy Roma Monti & DoubleTree Roma Monti.
Location manager Luisa Berio.
LOOK 1
Blouse: Amotea
Shoes: Jimmy Choo
LOOK 2
Blouse: Chloè
Trousers: Fendi
Fedora: Borsalino
Shoes: Pifebo
LOOK 3
Blouse: Chloè
Shoes: Pifebo