Con tre film in sala e sulle piattaforme streaming (“Le voci sole”, “Sotto il sole di Amalfi”, “Una boccata d’aria”), tra show televisivi e serate di standup comedy, Davide Calgaro è una preziosa fonte di risate e di leggerezza nel panorama dell’intrattenimento italiano. Sin dai tempi in cui aiutava il nonno a imparare le battute dei suoi spettacoli in oratorio, Davide ha vissuto di comicità, è cresciuto ed è cambiato al passo con la comicità.
Coltivando una passione di cui non potrebbe fare a meno, Davide si è raccontato, svelandoci retroscena e impressioni delle sue esperienze su set e palcoscenici.
Con la consapevolezza che la risata e la capacità di suscitarla molto spesso derivano dal sentirsi fuori posto, Davide sfrutta tutte le emozioni che di situazione in situazione lo rapiscono per rappresentare storie di vita, tragiche o comiche che siano, con una versatilità senza paragoni, con l’obiettivo di “far entrare il pubblico nel proprio mondo”.
Tra Zelig, gli show su Comedy Central e serate di stand up comedy, sei tra i giovani attori comici più seguiti del momento. Com’è nata la tua passione per la commedia e quali sono stati i tuoi primi passi in questo mondo?
Non so esattamente da dove nasca la mia passione per la comicità. Da bambino avevo un debole per il palco e mi ricordo che aiutavo mio nonno a imparare le battute degli spettacoli che faceva in oratorio. Alle superiori ho iniziato a studiare recitazione a Grock, una scuola di teatro milanese, e a 15 anni ho cominciato a esibirmi negli open mic e nei laboratori con dei primi pezzi sulla mia quotidianità.
Qual è la parte più difficile, secondo te, del fare commedia? E quella più emozionante?
Penso che la parte più difficile sia riuscire a far entrare il pubblico nel proprio mondo.
La comicità è estremamente soggettiva e spesso è molto difficile far empatizzare gli altri col proprio racconto.
“Far entrare il pubblico nel proprio mondo”.
Il 2022 è decisamente ricco di progetti: tre film in sala e sulle piattaforme streaming (“Le voci sole”, “Sotto il sole di Amalfi”, “Una boccata d’aria”), tre ruoli completamente diversi. Di solito, cosa ti fa dire di sì ad un progetto?
Dipende molto da film a film, in generale mi piace misurarmi con progetti diversi e nuovi per me. È stimolante e l’unico modo per imparare cose nuove.
In “Una boccata d’aria”, film diretto da Alessio Lauria, con Aldo Baglio nel ruolo del protagonista, tu interpreti Enzo, un personaggio definito “Insicuro, riservato, sognatore e con espressioni facciali discutibili”: quanto c’è di te in lui?
Penso che ci sia molto di me in Enzo, gli aggettivi qui sopra mi descrivono tutti molto bene. Ho cercato di riprendere alcuni modi di fare e atteggiamenti di Aldo, mio padre nel film.
Di tutt’altro genere, invece, “Le voci sole”, film drammatico di Andrea Brusa e Marco Scotuzzi, in cui tu interpreti il figlio “tecnologico” del protagonista (Giovanni Storti), in contatto col padre emigrato in Polonia tramite videochiamate quotidiane, una delle quali diventa virale in rete, stravolgendo la vita della famiglia. Che rapporto hai tu con questo genere di “contatti a distanza” e con la tecnologia/social in generale?
Non sono molto esperto di rapporti a distanza. Il contatto attraverso la tecnologia è asettico e lo evito sempre tranne quando è inevitabile come durante la quarantena.
Per quanto riguarda i social purtroppo ne sono dipendente un po’ come tutti. Cerco di controllarmi il più possibile e di ricordarmi che sono solo un mezzo per raggiungere più persone nel mio lavoro.
Il seguito del film Netflix “Sotto il sole di Riccione”, intitolato “Sotto il sole di Amalfi”, ti vede nei panni di Furio, un dongiovanni ossessionato dal desiderio di conquistare il maggior numero di donne possibile. Com’è stata la tua esperienza su questo set? Qual è stata la scena più divertente da girare?
L’esperienza di “Sotto il sole di Amalfi” è stata stupenda, come per “Sotto il sole di Riccione”. Io e gli altri ragazzi del cast siamo stati un mese insieme ad Amalfi. Ho molti bei ricordi del periodo delle riprese.
Inoltre mi diverto molto a interpretare Furio, rappresenta il mio essere imbranato con le ragazze, cosa che mi ha sempre contraddistinto.
Si dice che non esista commedia senza sicurezza in sé stessi. Sei d’accordo? Cosa significa essere sicuri di sé, secondo te?
Non sono sicuro che la comicità derivi dalla sicurezza in sé stessi. Spesso anzi deriva proprio dal non sentirsi a proprio agio in una situazione.
Personalmente traggo molta ispirazione dall’imbarazzo o dal fastidio che provo in un determinato contesto.
“Non sono sicuro che la comicità derivi dalla sicurezza in sé stessi. Spesso anzi deriva proprio dal non sentirsi a proprio agio in una situazione”.
Come definiresti il tuo stile comico?
Sto cercando di scoprirlo. Una delle cose più belle della comicità è che cresce e cambia insieme a te. In generale tento di rendere universali e comprensibili delle situazioni personali.
Come scrivi i tuoi monologhi? Hai una routine? Dove e quando preferisci scrivere?
Non ho una routine fissa. Ogni monologo nasce in un modo diverso. A volte di getto, altre dopo un lungo lavoro. Spesso scrivo degli appunti delle note del telefono e poi li sviluppo con calma.
Qual è il tuo comedy show preferito e chi è un comico che ammiri in particolar modo?
Non ho uno show comico preferito in particolare. Il mio comico preferito è sicuramente Louis CK, nessuno mi fa ridere come lui. In Italia ho sempre amato i grandi monologisti come Bisio e Albanese.
Se potessi andare a cena con tre persone del passato, presente o futuro, chi sceglieresti?
Elon Musk, Bill Gates e Jeffrey Bezos. Se per sbaglio sto simpatico a uno dei tre ho svoltato. Se non altro non pago la cena.
Il tuo ultimo binge-watch?
“Il metodo Kominsky”.
Lo sketch/monologo comico di cui conservi il ricordo più bello?
Sono tanti. Dico “La Subaru Baracca” di Aldo Giovanni e Giacomo perché mi ha ossessionato per anni da bambino.
Un epic fail sul set o sul palco?
Sono tanti anche questi. Più sul palco che sul set. O meglio, sul set si rimedia semplicemente chiamando lo stop e rifacendola, sul palco se sbagli, sbagli.
“Sul palco, se sbagli, sbagli”.
Di cosa hai paura?
Di annoiarmi di questo mestiere.
Lo amo così tanto che se perdessi questa passione sentirei un grande vuoto.
Il tuo più grande atto di ribellione?
Smettere di andare a messa a 13 anni contro il volere dei miei. Da lì in poi ho messo in discussione moltissime cose.
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Penso significhi stare bene per quello che si è. Un’accettazione completa per cui si lavora tutta la vita.
Di sicuro ti riesce facile far ridere gli altri, ma qual è stata l’ultima persona o cosa a far ridere te?
Un cane sul treno stamattina. Gli animali sono la cosa che mi fa più ridere.
Qual è la tua isola felice?
Direi il teatro, non il palco, proprio il teatro. Andare a vedere spettacoli belli a teatro mi riempie più di qualsiasi altra cosa.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Grooming by Sofia Caspani.
Styling by Federica Mele.
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Andreas Mercante
Edoardo Andrini
LOOK 1
Jacket and Wide-leg Shorts: Desa 1972
T-shirt: Grifoni
Boots: Vagabond
LOOK 2
Jacket: Grifoni
T-shirt: Uniqlo
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Shoes: Vagabond
LOOK 3
Jacket: Grifoni
T-shirt: Uniqlo
Trousers: Grifoni
Shoes: Vagabond