Nei panni di Alessandra, tipica millenial attaccata ad una concezione effimera e materiale del successo, Dharma Mangia Woods torna sugli schermi nel nuovo film Netflix “Ricchi a tutti i costi” di Giovanni [Bognetti], sequel del successo “Natale a tutti i costi”. Con la sua passione per il cinema trasmessa geneticamente e un percorso professionale che l’ha portata ad affrontare ruoli complessi e variegati, Dharma ci racconta la sua esperienza sul set, le sfide incontrate e le emozioni provate.
Dalla preparazione del personaggio alla complicità su un set calcato ogni giorno da un cast iconico, fino a riflessioni più profonde sulla fiducia, le aspettative e la crescita personale, Dharma ci porta nel suo mondo, fatto di coraggio, autenticità e una passione innata per la recitazione. Sullo sfondo del suggestivo Naos Restaurant, location minimal ed elegante, dal sapore contemporaneo ed estremamente accogliente, nel cuore di Roma, tra aneddoti divertenti e momenti toccanti, scopriamo una professionista che affronta con determinazione le sue insicurezze, sempre alla ricerca di nuove sfide e pronta a condividere con il pubblico esperienze degne di essere raccontate.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Ne ho vari, perché mia mamma è sempre stata una grandissima appassionata di cinema, ha studiato al Centro Sperimentale, e mi ha trasmesso la sua passione. Però, il mio primo ricordo emotivo è legato al film “The Blues Brothers” che, fin da quando eravamo piccolissimi, io, mio fratello e i miei due cugini, guardavamo in loop. Impazzivamo per la colonna sonora! Poi, se capissimo la storia, non lo so, però era il nostro film. Ne parlavo un po’ di tempo fa con mio fratello: uno dei nostri cugini l’ha rivisto in età adulta e ha detto che non l’ha più trovato così bello, che non era il capolavoro che dicevamo [ride]. Io sono tantissimi anni che non lo vedo, forse proprio perché sono talmente tanto legata a quel ricordo che non voglio cambiarlo.
Per me è il mio film dell’infanzia e va bene così.
Come ti sei preparata per il ruolo di Alessandra in questo sequel? Qual è stata l’evoluzione del personaggio in “Ricchi a tutti i costi”, rispetto a “Natale a tutti i costi”? Hai affrontato sfide particolari?
Guarda, finora mi sono capitati due personaggi realmente esistiti per cui ho dovuto fare una ricerca storica, come Lietta Pirandello, però mi rendo conto che in generale lavoro molto ad empatia, nel senso che ci sono dei lati del mio carattere che, quando incontro un personaggio, è come se venissero amplificati per aiutarmi a dare al personaggio una determinata voce.
La cosa che abbiamo in comune io e Alessandra è sicuramente il rapporto con l’ansia, quindi il modo in cui mi sono preparata è stato un po’ inconsapevole; lei è molto nevrotica, mentre io ho un’ansia più “calma”, quindi ho dato sfogo ad una serie di cose che appartengono a lei ma che vivevo anch’io quotidianamente, ovvero una sorta di iperattività ansiosa [ride]. Ci sono entrata abbastanza facilmente in questo ruolo, non ho faticato più di tanto, anche perché sia lei sia Emilio sono due rappresentazioni fedeli della generazione che siamo noi, sono molto reali, secondo me. Incarnano tratti di cui si parla poco e che quando se ne parla si tende ad additare, come “sfigati”, “ansiosi”, giovani che non sanno fare le cose, inconcludenti…
Invece, sono solo il frutto del “disastro” che vivono in quanto appartenenti alla nostra generazione.
“…ci sono dei lati del mio carattere che, quando incontro un personaggio, è come se venissero amplificati per aiutarmi a dare al personaggio una determinata voce”.
Qual è stata la tua prima reazione quando hai letto la sceneggiatura di questo nuovo capitolo della storia?
È stato bellissimo, anche perché per la prima volta non ho dovuto fare un provino per cambiare un ruolo! [ride] Una sensazione stupenda. Poi, fortunatamente, con Giovanni [Bognetti] e con il resto del cast si è creato un rapporto meraviglioso già dal primo giorno, un rapporto di amicizia. La prima volta ci siamo incontrati sul set di Colorado, abbiamo fatto una prima lettura del copione ed è stato bellissimo: eravamo tutti molto liberi di poterci esprimere e Giovanni era anche molto libero di scrivere quello che voleva. Dopo aver letto la sceneggiatura, non vedevo l’ora di girare!
E com’è stato ritrovarvi sul set?
Bellissimo! Era come se non ci fossimo mai lasciati. Lavorare con Christian De Sica, Angela Finocchiaro, Claudio Colica è stato come fare una festa, quasi una vacanza, sostanzialmente. Eravamo molto uniti, anche con la troupe, quindi è stato super bello.
In “Natale a tutti i costi”, il tuo personaggio dice ironicamente e, col senno di poi, sapientemente: “Se avessimo davvero 6 milioni, non saremmo qui a fare i conti con i centesimi”. In “Ricchi a tutti i costi” poi la famiglia decide che bisogna assassinare il nuovo fidanzato di nonna Giuliana per evitare che si impossessi della loro eredità. Come pensi, quindi, che il concetto dell’attaccamento al denaro si sviluppi e si colleghi nel secondo capitolo, dove la famiglia affronta una situazione che si fa ancora più surreale?
Secondo me, Alessandra, come gli altri membri della sua famiglia, ha un’ossessione per i soldi. La famiglia è anche medio-borgese, quindi non se la passa neanche così tanto male, però è diffuso questo attaccamento ai soldi nella convinzione che i soldi effettivamente possano sistemare tutto.
Ma è vero che con i soldi si sistema tutto?
La domanda è un po’ il motore delle azioni dei due figli e anche del personaggio di Christian. Alessandra è molto “killer”, molto decisa, e il bello è che riesca a capire e ad avere l’onestà di riconoscere di avere dei limiti, cosa che io trovo sia molto difficile, ammettere di non farcela pur deludendo le aspettative dei genitori o delle persone che ci stanno accanto. Lei si rende conto di non essere come ha fatto credere di essere e rinsavisce, anche se l’attaccamento al denaro le rimane sempre dentro…
Quindi, è bella anche la tridimensionalità del personaggio, che è un po’ cattivo ma anche un po’ buono, un essere umano al 100%.
“Ma è vero che con i soldi si sistema tutto?”
Qual è stato il momento più divertente o memorabile durante le riprese a Minorca?
Per me, le sequenze in piscina.
Ti lascio immaginare quanto sia stato “difficile” girare con Christian, Angela e Ninni Bruschetta sul set! [ride] Era un continuo ridere, un party! Poi, io sul set sono una di quelle che ride tanto, non sono professionale [ride].
“Natale a tutti i costi” è stato tradotto in 28 lingue ed è stato un successo globale. Cosa ti aspetti da “Ricchi a tutti i costi”?
Sto facendo uno sforzo gigantesco per non aspettarmi niente, in generale. Sto cercando di smettere di avere delle aspettative nei confronti miei, in primis, e dei lavori che faccio, perché mi sono resa conto che più metto delle aspettative, più do il potere a qualcun altro che non sono io sulla mia felicità.
Quello che spero è che il film piaccia a chi vuole essere piaciuto, per il resto, non mi importa, anche perché non mi aspettavo questo successo quando è arrivato. Ho la convinzione che se uno immette in un certo tipo di pensiero troppa energia, poi non funziona. Io so che noi abbiamo fatto un buon lavoro, ci siamo divertiti, e spero che questa cosa si percepisca.
Il film tratta temi come l’importanza famiglia e del supporto reciproco, ma sempre con un tocco comico e “assurdo”, facendo simpatizzare il pubblico, strano ma vero, con i “cattivi”. Come siete riusciti a calibrare questo equilibrio tra commedia, dark humor e sentimentalismo?
Bella domanda. Io, per esempio, non mi preoccupavo tanto di far ridere o meno in una certa scena; per esempio, per quella della piscina di cui parlavamo prima, Giovanni mi aveva detto “freestyle” e da attrice, in momenti come quello, la mia preoccupazione era se il personaggio di Nunzio stesse morendo, quindi ho interpretato “il panico”, ho fatto quello che avrei fatto io in una situazione simile nella vita reale. Quindi, penso che, nel momento in cui credi davvero a quello che stai dicendo in scena, quell’equilibrio di cui parli tu sia un po’ irrazionale, nel senso che ad ogni scena che faccio io ci credo. Se Alessandra è pentita o ha il cuore spezzato, per esempio quando la madre a tavola le dice certe cose, io reagisco con onestà, come se mia madre stesse facendo del male a me. Faccio, quindi, da ponte tra me e il mio personaggio, anche se ha un modo di reagire diverso dal mio, e sempre con estrema onestà nei confronti del personaggio stesso e nei miei confronti.
Anche la fiducia, soprattutto nelle relazioni familiari, è un punto cardine della storia. Quando è importante per te la fiducia? Sia nella vita che sul set?
Io sono una persona che ha non poche problematiche a fidarsi, in generale. Fortunatamente, nel lavoro, quando prendo un ruolo, fra me e me, ma soprattutto con il regista, faccio un patto di fiducia: il regista ha a disposizione tutto di me, la mia attorialità a 360° e io gliel’affido e vediamo che succede. Forse, sul set, quando mi ripeto mentalmente quelle cose, è il momento in cui riesco a fidarmi di più anche dei compagni di scena. Per esempio, per questo film mi sono appoggiata tantissimo a Claudio Colica, ho una stima enorme nei suoi confronti, già dal primo film, mi reputo fortunata ad averlo accanto perché lui ti sopporta tantissimo, anche se non se ne rende conto.
Nella vita, io provo a fidarmi ma sono della Vergine, quindi non è facile… [ride]. Ho tre o quattro amici “per la vita”, sono molto selettiva nei rapporti che ho, perché tendo a fidarmi poco.
“…il regista ha a disposizione tutto di me, la mia attorialità a 360° e io gliel’affido e vediamo che succede”.
Cosa pensi che il pubblico apprezzerà di più in “Ricchi a tutti i costi”?
Secondo me, il cinema, come l’arte e la recitazione in generale, è estremamente soggettivo, quindi ognuno troverà delle cose che gli possono piacere o non piacere. Quello che spero è che il film piaccia e che venga riconosciuto e ci si prenda cura del fatto che ci abbiamo messo il cuore, perché siamo molto uniti. Quindi questo film è proprio un regalo che ci siamo fatti noi e spero che venga percepito nello stesso modo.
Come descriveresti questo film con una sola parola?
“Coraggioso”.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai altri film o progetti in arrivo che puoi condividere con noi?
Non conosco ancora la data d’uscita, ma ho partecipato ad una serie Netflix che si chiama “Inganno” di Pappi Corsicato, con Monica Guerritore protagonista; io interpreto sua figlia.
Un epic fail sul set?
Da dove cominciare… [ride].
Premesso che, come ti dicevo, io sono una che ride molto quando può, forse la volta peggiore è stata sul set di “Più forti del destino”, il mio primo ruolo da protagonista. Una volta, durante le riprese, io dovevo dire una semplice battuta tipo “Libero non è terrorista”: siamo stati su questa battuta forse una buona mezz’ora, perché io ero completamente nel pallone e balbettavo tantissimo, che è una cosa che mi succede quando sono veramente molto nervosa. A un certo punto, c’era Paolo Sassanelli che mi faceva fare gli esercizi di articolazione [ride]. Non so come ho trovato il coraggio di tornare sul set il giorno dopo!
Il tuo must-have sul set?
In realtà non ce l’ho. Diciamo che per me il mio must-have è la preparazione, nel senso che non vado sul set se non sono molto preparata su quello che deve succedere quel giorno, quindi sia emotivamente, sia a livello di copione. Cerco sempre di arrivare sul set il più aperta e pronta possibile, disposta a sperimentare e a creare cose belle con le persone con cui sono in scena. Ecco, il mio must-have sul set è essere presente.
“Essere presente”
Qual è stato il tuo più grande atto di coraggio?
Non sono una che fa “azioni eroiche”, in generale. Forse la cosa più coraggiosa che sia mai riuscita a fare è questo lavoro. Nel mio lavoro, così come nel tuo, ma vale per chiunque abbia un obiettivo, un sogno, una vocazione e investe tutta la sua vita in quella vocazione, senza piani B, ogni giorno è un atto di coraggio. Viviamo in una società in cui da un momento all’altro puoi mollare e dire: “Ma chi me lo fa fare, meglio trovarsi una cosa più concreta e sicura”; ma chapeau a chi si sfida per raggiungere un obiettivo.
Soprattutto in questo periodo, che è piuttosto complesso, mi faccio “pat pat” sulla schiena, e mi dico che è la cosa più coraggiosa che faccio.
Il tuo ultimo atto di ribellione?
Mi sto ribellando a me stessa e alle mie insicurezze. Mi sto ribellando contro la mia gigantesca sindrome dell’impostore, contro la mia paura enorme che tutto ciò finirà da un momento all’altro, dicendomi di smetterla di svalutarmi e che ce la posso fare. Non so te, ma io sono una grande svalutatrice, ma dobbiamo smetterla, perché così non facciamo altro che attirare quello che di brutto pensiamo di noi.
La mia psicoterapeuta mi parla spesso di “profezia che si autoavvera”: più ci ripetiamo che le cose non andranno bene, più probabile sarà che non andranno bene per davvero.
Esatto. Più che altro, se sei una persona abituata a non avere le cose facili, negli anni ti adagi nella tua comfort zone che è il “no”, il “tanto va male”, e andare dall’altra parte, convincersi che invece “va bene” è complicato, perché significa che ti devi aprire alla possibilità di essere ferito…
Mentre se ci convinciamo che “va male”, è una forma di autodifesa: pensiamo che partendo negativi, l’esito negativo ci ferirà di meno.
Totalmente. Ma io mi ribello a questo meccanismo.
“Non so te, ma io sono una grande svalutatrice, ma dobbiamo smetterla, perché così non facciamo altro che attirare quello che di brutto pensiamo di noi.”
Qual è, invece, la tua più grande paura?
Ecco quella di cui sopra, di non riuscire a continuare a fare questo lavoro. È il mio più grande incubo, quello di fallire.
Voi attori, solitamente, immedesimandovi in tanti personaggi diversi, esplorate sempre nuovi lati di voi, dell’essere umano in generale. Qual è stata l’ultima cosa che hai imparato su te stessa grazie al tuo lavoro?
Per esempio, il personaggio che interpreto in “Inganno” ha un rapporto molto complesso con la propria immagine, che è una cosa che sposo al cento per cento. Vedendo il lato positivo, lei forse mi ha dato un po’ di divertimento e spensieratezza nel dire, “Vabbè, alla fine, che cazzo te ne frega se ti fai una foto” e cose simili, in relazione al fatto che soprattutto noi donne siamo convinte che dobbiamo sempre essere iper professionali, tutte d’un pezzo, e non ci possiamo permettere dei lati più infantili e giocosi, perché rischiamo di passare per sceme.
Invece, sai che ti dico, ogni tanto pure essere sceme va benissimo.
L’ultima cosa o persona che ti ha fatto sorridere?
Ieri sera, dopo il photocall per “Ricchi a tutti costi”, stavo cenando e ho fatto una videochiamata con le mie migliori amiche storiche. Una di loro, una mia amica d’infanzia che è come una sorella, ha da poco avuto una bambina, Bianca, e ieri mentre eravamo in videochiamata Bianca doveva andare a dormire, così noi le abbiamo cantato “Un elefante si dondolava” per farla addormentare. Questo mi ha fatto sorridere.
Tra l’altro, sempre in videochiamata, Bianca ha detto qualcosa di simile a “Dharma” per la prima volta, quindi io sono stata la prima zia ad essere nominata!
Cos’è, per te, casa?
In senso geografico, casa per me è il paese in cui sono cresciuta, Manziana, dove abita ancora mia mamma.
In senso lato, io non credo che la famiglia sia la famiglia di sangue e basta: io mi sento a casa anche con la mia amica Vittoria, coi miei amici attori. Casa è dove puoi toglierti la maschera, casa sono le persone con cui ti senti libero di farlo.
Cosa significa secondo te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Che belle domande! Mi fai venire da piangere [ride].
Significa accettarsi nonostante i limiti, i piccoli e i grandi fallimenti, piacersi, essere felici. Io mi rendo conto di essere estremamente privilegiata, in quanto donna bianca occidentale europea, quindi fare questi discorsi è complesso; nella fortuna enorme che riconosco di avere, penso che sentirsi a proprio agio nella propria pelle sia accettarsi con tutte le difficoltà. Visto che è così complicato, bisognerebbe lasciare che le persone facciano i loro percorsi per accettarsi, libere da ogni tipo di imposizione.
La tua isola felice?
Ti direi Manziana. È un paese piccolissimo vicino al lago di Bracciano e quando sono in fase di burnout, è lì che torno. Quando ero piccola, mi ricordo che fuggivo da Manziana, odiavo il fatto di venire da un paesino, mi faceva sentire inferiore, non abbastanza interessante. Ora, invece, più vado avanti e più mi rendo conto che è una fortuna enorme avere la possibilità di scappare letteralmente dalla propria routine e andare in un posto dove c’è il mare, il lago, il bosco, ci sono gli animali. Sono estremamente grata a mia madre di essere andati a vivere lì quando eravamo piccoli.
Photos and Video by Johnny Carrano.
Makeup & Hair by Micaela Ingrassia.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Assistant Styling Ginevra Cipolloni.
Location Manager Luisa Berio.
Thanks to Naos Restaurant.
Thanks to Other Srl.
LOOK 1
Dress: Antonio Marras
Shoes: Gianvito Rossi
LOOK 2
Dress: Calvin Klein
Earrings: Giulia Dominici
LOOK 3
Dress and Earrings: Federica Tosi