In “Lingua Franca” si parla la lingua del silenzio, un silenzio in grado di comunicare legami, ingiustizie sociali, tematiche nuove ma soprattutto empatia, quello stesso sentimento che porta la protagonista Olivia (Isabel Sandoval) e Alex (Eamon Farren) a legarsi in un rapporto coraggioso ma vero.
E proprio Eamon Farren ci ha parlato di questa esperienza per lui, di come si sia sentito attratto immediatamente dalla sceneggiatura e dalla forza di Isabel nel raccontare una storia simile, ma soprattutto di come l’autenticità sia il valore da ricercare e a cui attaccarsi quando la si trova. In attesa di rivederlo anche in “The Witcher“, ecco cosa ci ha raccontato su “Lingua Franca” e sul suo concetto di recitazione.
Il tuo personaggio è un po’ spericolato, è uno che ha bisogno d’aiuto, ma allo stesso tempo la sua famiglia in un certo senso lo ripudia, a eccezione di sua nonna. Come ti sei preparato e avevi qualche punto di riferimento?
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Adoro il dislocamento di Alex. Il film parla di immigrazione, di integrazione nella società, del sentirsi a casa e altre cose del genere. Penso che Alex stia vivendo quelle stesse situazioni eccetto il fatto che lui è a casa sua, ma continua a sentirsi fuori posto. E mi affascina il concetto di sentirsi un po’ un pesce fuor d’acqua nella propria casa, penso sia interessante. Quindi è stata questa la prima cosa che mi ha colpito quando ho letto il copione. Per quanto riguarda l’ispirazione, credo che il fatto di essere io stesso Australiano ma di aver vissuto negli Stati Uniti e ora a Londra, di viaggiare e non avere radici, in un certo senso, o non avere mai una casa fissa, mi dia un’idea di cosa significhi non avere ancore. Quindi, mi piace pensare che anche Alex sia un po’ così, senza ancore a casa propria, e che effetto ha questo sulle persone? Come ci si sente ad essere a disagio nella propria pelle, quando la famiglia è lì, sono tutti accessibili. Ecco cosa ho elaborato.
Com’è stato lavorare con Isabel e come vi siete preparati insieme? Le scene intense erano parecchie…
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Beh, per prima cosa ho letto il copione. Il mio agente me l’ha fatto avere da Londra e dopo averlo letto ho immediatamente voluto lavorarci su con Isabel. Poi, la prima cosa che abbiamo fatto è stata una chiamata Skype: abbiamo parlato per circa 45 minuti e ho capito che è un genio e una voce unica e silenziosamente potente. Lei è questo. E ciò mi ha subito convinto a lavorare con lei, non solo il suo lavoro, ma anche il fatto che quando parli con Isabel, lei è così intelligente. È una cinefila, quindi va molto d’istinto quando ha a che fare con l’umanità, il modo di pensare e la confusione delle persone ed è un altro aspetto di lei che adoro.
Siamo entrati in sintonia sin dalla prima chiamata Skype e lo siamo rimasti fino a quando poi siamo arrivati a New York e abbiamo cominciato a lavorare; in quel primo incontro abbiamo parlato molto del personaggio, eravamo da subito sulla stessa lunghezza d’onda. Quindi penso si trattasse solo di regolarsi e riflettere, in un certo senso, e poi quando siamo arrivati a New York abbiamo fatto qualche prova, ma tutto molto velocemente. È stato uno di quei progetti in cui tu dovevi semplicemente essere lì presente, ed era quello che faceva tutta la troupe.
Tutti erano così pieni di passione e adoravano il progetto e una volta arrivati ci siamo presi per mano e l’abbiamo portato avanti. È stato bellissimo.
Il film affronta un sacco di argomenti: demenza senile, abuso di alcool, immigrazione, differenza tra i sessi… Come ti sei approcciato a tutto questo? Avete discusso delle varie problematiche durante le riprese?
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Per quanto mi riguarda, è un film che affronta tante questioni ed esperienze che io non ho mai vissuto. Voglio dire, ne avevo un’idea più o meno vaga, ma non ho mai vissuto niente del genere sulla mia pelle. E incontrare e lavorare con qualcuno come Isabel, che quel tipo di esperienze le ha vissute, invece, è stato molto interessante, comprendere davvero il flagello dell’immigrazione, cosa significhi essere un transgender in questo mondo, e tutte quelle questioni combinate… L’ho presa come una lezione molto delicata, in certo senso. E penso sia quello che fa anche il film. E Alex impara molto su sé stesso e sulle altre persone nel corso della storia e sulle loro esperienze.
Una delle cose che mi hanno colpito di più riguardo Alex è che lui non ha la minima idea di cosa significhi essere un immigrato senza documenti, della paura e della paranoia con cui convivi…lui proprio non ci arriva. E nemmeno io ci arrivavo, almeno fino a che non mi sono messo a pensarci. Secondo me un sacco di tematiche in questo film sono affrontate in maniera così bella e quella dell’immigrazione rientra decisamente nel gruppo.
È una sorta di espediente gentile per ricordare alle persone quali possano essere le esperienze vissute dagli altri, quasi una scoperta empatica, e quindi molto bella.
Qual è stata la tua prima reazione quando hai letto la sceneggiatura?
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La cosa che ho amato di più della sceneggiatura nel momento in cui l’ho letta è stato il fatto che Isabel avesse avuto il coraggio di far “riposare” i personaggi nelle scene. Non era esagerata nella scrittura, né c’erano troppi dialoghi. Non ha avuto paura di alimentare, per modo di dire, le persone nel loro mondo e nei loro monologhi eccetera, e di farli riposare in quei momenti. In quanto attore, penso sia una sfida, perché quello spazio lo vuoi ma a volte è difficile riempirlo con la sola verità. Perché la scena deve essere vera, non puoi nasconderti dietro grandi discorsi.
È divertente farlo, ma quando ti chiedono di essere solo una persona che prova sentimenti , può rivelarsi una grossa sfida. È un tipo di sfida che adoro e Isabel è stata davvero generosa a proposito. È diventato un linguaggio che abbiamo usato molto nelle varie scene. Quando giravamo, continuavamo la ripresa per più tempo del previsto e di qui si creavano altri momenti di tensione e ovviamente lei poteva usarli come voleva alla fine. In quanto attore, è davvero bello nuotare in questo mare e vedere cosa ne viene fuori.
In quanto attore, c’è qualcosa in particolare che cerchi sempre in una storia?
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Sì, e suonerà un po’ scontato, alzo le mani, ma lo penso davvero: se la sceneggiatura o il personaggio sono verosimili, credo sia un fantastico punto di partenza. Tutto si costruisce a partire dalla verità, secondo me. La verità è la verità, e anche solo con un granello di verità in qualcosa puoi imboccare qualunque strada come attore. Quando leggi un copione vuoi sempre trovare quel granello di verità a cui attaccarti in qualche modo, e poi di lì puoi crescere e andare dove vuoi. Quindi è l’autenticità, immagino.
Qual è stata la scena più difficile da girare, se te ne viene in mente una?
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Dal punto di vista emotivo, anche se pensandoci ora non è effettivamente una scena troppo emozionante, ma c’è una scena del film in cui Alex va nella camera di sua nonna, che aveva dimenticato di lavare, e cerca di portarla in bagno e girare quella scena con Lin mi ha dato un sacco di energia. È una bravissima attrice ma non me la lasciava mai passare liscia ed è stato molto intenso anche per lei. Mi ha spaventato da morire ed ha fatto bene, perché per me è stata dura girare quella scena, perché entrambi ci siamo convinti che era una scena difficile e lei ha recitato così bene, con la demenza e la perdita di memoria. Penso sia tra le cose più spaventose che possano succederti, se una persona a cui vuoi bene non ti riconosce. Quello è stato il momento che mi ha segnato di più, credo. Non pensavo che avrei avuto una reazione emotiva così forte in quella scena e mi sono sentito piuttosto turbato, durante e dopo le riprese, e probabilmente questo ha aggiunto qualcosa alla scena stessa, ma io non me l’aspettavo. Quindi è stato abbastanza difficile; non difficile, ma sorprendente.
Come abbiamo già detto prima, il film lascia grande spazio al silenzio. Voi, invece, ascoltavate musica durante le riprese?
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Non sul set, non c’era musica sul set. Ma è interessante che me lo chiedi perché abbiamo avuto un sacco di punti di riferimento e la musica ha decisamente avuto un ruolo importante. Mi ricordo che in molte scene spesso ci guardavamo, io e Isabel in particolare, cercavamo di comunicare ma senza riuscirci e quello è un bello spazio in cui sperimentare, ma in quei momenti gli sguardi erano sempre molto d’aiuto; queste cose hanno una natura lirica, comparabili ad una sinfonia di Bach o qualcosa del genere…leggermente sotto la superficie. La musica è una cosa straordinaria, emotivamente provocante. Dunque, in tutto il film ho usato la musica non per il suo potere emozionale, ma per condurre il silenzio: se la scena non era abbastanza lunga allora lasciavamo andare avanti la musica ancora per un po’.
“In tutto il film ho usato la musica non per il suo potere emozionale, ma per condurre il silenzio”.
Qual è il tuo prossimo progetto?
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Ce n’è uno grosso che uscirà molto presto e sono davvero eccitato all’idea che il mondo lo veda. Sto anche lavorando ad un film italiano, a dire il vero, con Pif. Andrò a Roma domani per incontrarlo e lavorerò anche nel suo prossimo progetto. Ho amato i suoi primi film. Non avevo mai sentito nominare Pif prima d’ora. Questo progetto mi è stato proposto e io mi sono innamorato di lui. È un bellissimo film e sono contento di poter passare più tempo in Italia e lavorare con lui.
Photos by Johnny Carrano.