Ebony Obsidian è parte di uno dei film del 2018 più acclamati da pubblico e critica, “Se la strada potesse parlare” diretto da Barry Jenkins. Nella nostra intervista la giovane attrice racconta com’è stato lavorare nel primo adattamento cinematografico dell’opera di James Baldwin e l’orgoglio che prova, e come si è relazionata al suo personaggio, Adrienne, attraverso le pagine del libro e il confronto con gli altri artisti che la circondavano sul set.
Parliamo di “Se la strada potesse parlare”: come hai affrontato il tuo personaggio, Adrienne?
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Ho scoperto molti aspetti di Adrienne tra le pagine del romanzo. In diverse situazioni non parlava nemmeno, ma era tutto lì nel modo in cui si muoveva. L’aria in cui si trascinava. James Baldwin ha fatto un lavoro incredibile nel fare in modo che il lettore percepisca non solo quello che Adrienne vuole mostrare, ma anche ciò che tenta disperatamente di nascondere. La maschera di perfezione che in quanto sorella doveva indossare era davvero un peso per Adrienne, soprattutto perché sentiva che suo padre, sebbene presente, sotto molti aspetti era in realtà assente.
“Ho scoperto molti aspetti di Adrienne tra le pagine del romanzo”.
Adrienne è una delle sorelle di Fonny. Come hai lavorato con Stephan sul loro rapporto? E con Aunjanue Ellis, che interpreta la signora Hunt, un personaggio particolarmente vicino ad Adrienne?
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L’aspetto interessante del rapporto tra le sorelle Hunt e il loro fratello Fonny è che a mala pena esiste. Per questo motivo, Adrienne e Fonny non interagiscono molto. La signora Hunt, invece, rappresenta un modello importante per le ragazze. Io e Aunjanue abbiamo avuto modo di metterci in contatto prima di iniziare le riprese ed eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Sia nel romanzo che nella sceneggiatura è chiaro che Adrienne imita la madre nel tentativo di assicurarsi la sua approvazione e anche il suo amore.
Hai letto il libro di James Baldwin da cui è tratto il film: cosa ti ha dato, personalmente, e come ti ha aiutato per la creazione del tuo personaggio?
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Il romanzo è così ricco… Baldwin ha costruito persone e luoghi in maniera così meticolosa che è impossibile non sentirsi coinvolti e commossi da questo Mondo. Quando in una pagina compare Adrienne, riesci a percepire la sua presenza, sfacciata, innocente, piena di desiderio. Mi è stato davvero utile per comprendere tutti gli aspetti di questa giovane donna. In “Se la strada potesse parlare” esistono così tanti tipi diversi di persone che ho acquisito ancora più consapevolezza di tutto quello che esiste al di fuori di me stessa e delle molteplici vite che non vivrò mai.
Cosa diresti ad Adrienne se potessi parlarle?
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Se potessi parlare con Adrienne le direi che questo è solo l’inizio. Tutto sembra così grande quando sei giovane, ma individuare l’origine dei tuoi sentimenti è fondamentale per stare meglio e sentirti più appagata – non aver paura di guardarti dentro. La incoraggerei a parlare quando qualcosa non le va bene. Le ricorderei che ognuno ha i propri fardelli nella vita e nessuno è più o meno importante dell’altro; che l’amore si trova solo nella verità, e che l’odio molto spesso deriva dal dolore.
Questa è una storia d’amore, ma tratta anche il tema della lotta per l’accettazione (per esempio Adrienne e la sua famiglia si comportano come se fossero migliori dei Rivers) e la questione razziale e il problema della giustizia corrotta. Quale insegnamento pensi che la gente possa trarre da questo film?
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Vorrei che gli spettatori uscissero dalla sala con un senso di speranza. È così facile lasciarsi trasportare dalla follia del mondo in cui viviamo. Siamo tutti più in controllo di quanto crediamo. Fate la vostra parte. Anche se si tratta semplicemente di aiutare il prossimo, a prescindere dalla razza, dal genere, dall’orientamento sessuale. Quella scintilla di umanità che emanerete farà la differenza
“La incoraggerei a parlare quando qualcosa non le va bene”.
Hai interpretato Alicia Davis nella web-serie “Tough Love”: com’è stata l’esperienza sul set?
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“Tough Love” è una serie che ha avuto un successo inaspettato sul web. Quando abbiamo cominciato non avevamo budget e facevamo tutto molto in stile guerrilla. Dopo la seconda stagione, abbiamo ricevuto la nomination per un Daytime Emmy Award.
La serie è sui millennial di New York, dove i giovani del POC lavorano per un futuro migliore nonostante gli ostacoli : ti sei mai sentita in difficoltà nell’affrontare questo tipo di tematiche? E credi che Internet possa essere un canale “più libero” per trasmettere messaggi nuovi, diversi?
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Non ho trovato difficile affrontare queste tematiche, perché io in primis sono una giovane donna di colore americana che cerca di farsi una vita in città. La difficoltà stava piuttosto nella storia in sé. Internet è in continua evoluzione, nel modo in cui i contenuti vengono trasmessi, i tipi di vite con cui entriamo in contatto, e il modo in cui gli utenti si connettono. È stato bello assistere a questo processo evolutivo e sono curiosa di vedere come continuerà a crescere.
Cosa c’è nel futuro di Ebony?
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Al momento, sto lavorando su alcuni progetti personali, ma il prossimo anno voglio assolutamente dedicarmi di più anche alla musica.
Il tuo must have sul set?
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Una voce.
Il libro sul tuo comodino?
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“Milk & Honey” di nuovo.
Qual è stato il tuo ultimo binge watch?
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“Narcos: Messico”, con Diego Luna, con cui non ho avuto il piacere di lavorare in “Se la strada potesse parlare”, ma di cui sono una grande fan.
La cosa più bella dell’aver recitato in “Se la strada potesse parlare”?
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Ci sono troppe cose belle. L’aver fatto parte del primo adattamento cinematografico di James Baldwin. Aver lavorato con artisti che ammiro. Le dritte di Barry Jenkins. L’aver fatto un film storico. L’essere cresciuta in una nuova direzione.
Credits
Photos by Makeda Sanford