“Tutti abbiamo dei segreti” è lo slogan della nuova serie TV Netflix “The Stranger”, un thriller perfetto per fare binge-watch come suggerito da una delle protagoniste stesse, Ella-Rae Smith che interpreta Daisy Hoy, un’adolescente impulsiva che considera le sue azioni come prive di valore.
Abbiamo incontrato Ella-Rae a Londra, dove ci ha parlato dei suoi “segreti” sulla recitazione e di cosa l’abbia spinta a dire di sì a questo progetto.
Raccontare storie che non sono ancora state raccontate, per le donne e con le donne, sulle persone multietniche, essere un modello di riferimento per gli altri e risvegliare l’attenzione in un settore che spesso trascura vicende che, invece, dovrebbero essere portate sullo schermo.
Secondo Ella-Rae, il cinema è il mezzo artistico migliore per unire le persone, attraverso il quale vuole vivere vite diverse e in mondi diversi, sempre portando sulle schermo delle storie significative.
Questa è Ella-Rae Smith!
“The Stranger”, tratto dall’omonimo libro di Harlan Coben, sarà disponibile su Netflix dal 30 gennaio 2020.
Qual è stato il momento in cui hai realizzato di voler diventare un’attrice?
Avevo 12 anni quando a scuola è stata messa in scena “La dodicesima notte” di Shakespeare: pur non avevo mai recitato prima, ottenni comunque una buona parte; mi ricordo solo di un momento specifico, ossia la scena in cui Malvolio cerca di far innamorare Olivia di lui, e nella quale io reagivo e rispondevo semplicemente a tutto quello che l’altro attore faceva. Ricordo che l’insegnante disse: “Ok, vedete cosa sta facendo Ella-Rae? Sta reagendo e rispondendo a tutto ciò che fa l’attore, dovete fare altrettanto”. Allora ho pensato: “Ho fatto qualcosa di giusto?”. È in quel momento che è scattata la scintilla, perché ho realizzato che era qualcosa che facevo con naturalezza, senza doverci pensare troppo; sentivo che era la strada giusta e da quel momento in poi ho fatto di tutto per seguirla.
“Io reagivo e rispondevo semplicemente a tutto quello che l’altro attore faceva”.
Cosa ti ispira nella vita di tutti i giorni che può essere d’ispirazione anche per il tuo lavoro?
Raccontare storie significative, perché credo che il cinema sia il mezzo di comunicazione più accessibile in campo artistico. È quello che lega la gran parte delle persone. Penso di avere un’importanza culturale, e i film hanno il potere di far riflettere la gente e di farla parlare di cose di cui altrimenti non si parlerebbe.
Sono molto interessata alle conversazioni che nascono attraverso l’arte e al realizzare contenuti che abbiano un valore e un messaggio. Quindi, credo di essere ispirata dal raccontare storie che non sono mai state raccontate, parlare con persone che non hanno mai usato la loro voce, rappresentare persone che non sono mai state rappresentate, una sorta di movimento all’interno della società tramite l’arte.
Parliamo di “The Stranger”: che cosa ti ha affascinata di più di questo progetto?
Probabilmente la storia, perché è molto interessante, intricata e misteriosa, non sai mai cosa succederà dopo. E poi, la trama adolescenziale del mio personaggio, che è nel libro, aggiunge un altro strato a quella che è già di per sé una storia piuttosto folle e interessante. Mi piace il messaggio generale: segreti, bugie, come queste possono tornare a perseguitarti, l’importanza di essere onesti e di non ferire le persone. Daisy è un personaggio molto divertente da interpretare, ed è bello interpretare di tanto in tanto una parte simile: arrivi sul set, reciti e ti diverti, è come giocare, soprattutto se interpreti un personaggio più giovane di te.
“…Credo di essere ispirata dal raccontare storie che non sono mai state raccontate, parlare con persone che non hanno mai usato la loro voce, rappresentare persone che non sono mai state rappresentate…”
Come ti sei preparata per il tuo personaggio, Daisy Hoy?
Sono entrata in empatia con lei perché, personalmente, molto di quello che fa e i modi in cui reagisce non mi appartengono, quindi è stato un processo di fuoriuscita da me stessa per diventare lei per capire perché ha fatto tutto quello che ha fatto. Ai suoi occhi, le sue azioni non hanno valore, e interpretare qualcuno che prende decisioni abbastanza impulsive, che è qualcosa che solitamente non faccio, è stata una bella sfida. Quindi credo di essermi preparata focalizzandomi solo su di lei: ho letto il copione e ho cercato di analizzare le ragioni e il significato delle sue azioni.
Come descriveresti “The Stranger” in una parola?
Strano, decisamente strano.
Che cosa significa per te la parola “the Stranger” (Sconosciuto) in generale?
Quando penso alla parola “sconosciuto”, penso a qualcuno di estraneo e potenzialmente da temere, nel senso di “pericolo sconosciuto”, il che è divertente perché tutti sono degli estranei fino a quando non li conosci: anche noi eravamo degli estranei fino a qualche ora fa e ora siamo qui, quindi credo che sia l’ignoto, qualcosa di cui tutti hanno paura, motivo per cui è un concetto molto interessante.
Penso che la serie sia molto profonda, si percepisce che è in arrivo qualcosa di cupo, e immagino che tu abbia dovuto girare delle scene difficili. Cosa fai per prepararti in vista di una scena emotivamente forte?
Dipende. Mi piace dare il 100% di me stessa agli altri attori e ricevere il 100% da loro in modo che ci sia una sorta di “dai e vai” per rendere tutto molto naturale, ma mi rinchiudo molto anche nella mia testa prima di iniziare un progetto. Perché, in quanto persone, stiamo sempre pensando a qualcosa: credo che si tratti di “pensare” le emozioni, pensando a cose come “Sono una brava persona, sono la persona migliore del mondo”, e facendo questo tipo di pensieri costantemente, si riesce a comunicarli in tutto ciò che si fa, mentre se penso che sono una persona cattiva, la peggior persona al mondo, è questo che si percepisce. È quasi come farsi il lavaggio del cervello da soli. Oppure è qualcosa nella mia vita personale ad innescare un’emozione a cui io poi mi adeguo per diventare l’altra persona. O semplicemente essere completamente l’altra persona. Dipende.
“…Mi rinchiudo molto anche nella mia testa prima di iniziare un progetto”.
Com’è stato lavorare con il resto del cast?
Bellissimo, è stato così divertente: uscivamo, ballavamo, ridevamo e mangiavamo insieme. È stato uno dei primi lavori in cui ho trascorso molto tempo con i miei colleghi sia dentro che fuori dal set. Li ho amati, davvero, sento che si sono creati dei legami forti tra tutti noi. E poi, ovviamente, davanti a persone come Anthony Head, il mio pensiero era: “Oh mio Dio, Buffy l’ammazzavampiri”. È un cast fantastico. È stato un sogno.
Se e in che modo credi che Netflix, e le sue serie originali, abbiano cambiato lo scenario del piccolo schermo?
Sicuramente i contenuti sono molto più accessibili: tutti gli 8 episodi di “The Stranger” saranno disponibili fin da subito e si possono vedere uno dietro l’altro. Il che allontana il “vecchio” concetto di dover attendere settimanalmente l’uscita di del prossimo episodio, e penso che questo sia un bene e un male.
Inoltre, ci sono molte più possibilità per gli attori…
Esatto, ci sono così tante opportunità per tutti nel settore, c’è molto più lavoro e vengono realizzati tantissimi prodotti interessanti; al contrario invece, c’è la preoccupazione che qualcosa possa perdersi in una piattaforma così satura di contenuti. Ciò nonostante, mi piace Netflix, perché puoi trovarci di tutto. Mi piace il fatto che qualsiasi genere, qualsiasi cosa si voglia vedere, sia disponibile in un posto solo, ma a una parte di me manca il piacere dell’attesa, quindi mi piace quando Netflix ti lascia in sospeso per un po’. Perché mi ricorda quella routine che avevamo prima, del tipo: ”Oh, questo episodio di questa serie esce il mercoledì sera”, tutti lo guardano e poi si va a scuola il giorno dopo per parlarne con gli altri. Mentre con Netflix, qualcuno potrebbe vedere tutte le serie subito mentre tu sei solo a metà. Credo che tolga quel senso di comunità che caratterizzava il guardare qualcosa nello stesso tempo degli altri, tutti insieme a vedere qualcosa per poi aspettare una settimana per il nuovo episodio, sempre insieme. Ma allo stesso tempo, è la soluzione perfetta per un prodotto come “The Stranger” che vuoi vedere in fretta perché devi sapere come va a finire. Penso che sarebbe stato stressante per le persone attendere una settimana tra un episodio e l’altro. [ride]
“…Ci sono così tante opportunità per tutti nel settore, c’è molto più lavoro e vengono realizzati tantissimi prodotti interessanti; al contrario invece, è salita la preoccupazione che qualcosa possa perdersi in una piattaforma così satura di contenuti…”
Quali sono le storie che sogni di raccontare?
È proprio una bella domanda. Sogno di raccontare storie significative, che parlino delle persone e delle comunità che non sono ancora state rappresentate; significa molto per me essere un’attrice multietnica e, essendo cresciuta senza aver avuto dei modelli di riferimento televisivi simili a me, sapere che una bambina potrebbe vedermi in TV e pensare: “wow, lei mi assomiglia” è incredibile.
Non si tratta di una storia specifica, quanto più di un sentimento.
Ho appena girato un film LGBT e questo ha significato molto per me: si tratta di una storia d’amore tra due donne, un film di formazione romantico, e parla di una relazione lesbica senza feticismi, il che è raro perché non ci sono molti film di donne lesbiche che non sono pensati come semplice prodotto per compiacere gli uomini.
Lavorare con le donne significa molto per me. Raccontare storie con le donne, per le donne, essere consapevole della mia etnia e raccontare storie di persone multietniche. Ci sono così tanti drammi storici dove tutti i protagonisti sono bianchi, e tu li guardi pensando: “La storia è fatta anche di persone di colore”, ma queste persone non sono rappresentate sullo schermo, è come se un’enorme gomma da cancellare le avesse eliminate dalla storia. Voglio raccontare ogni sorta di storie, è in questa varietà che si cela la bellezza. Quest’anno ho recitato in “The Stranger”, che è un thriller, ho girato due cortometraggi thriller e poi ho fatto questa sorta di commedia romantica, mentre ora sto girando un horror-thriller. Mi piace raccontare storie diverse, fare parte di mondi diversi, di sceneggiature diverse e di diversi stili di scrittura, voglio raccontare ogni sorta di storie, viverle tutte e condividerle tutte.
Altre storie che vorrei raccontare sono quelle sulla salute mentale, perché non mi sembra un argomento bene rappresentato al cinema o in TV. Penso che con l’aumento della consapevolezza intorno a questa tematica, anche i contenuti cinematografici devono adeguarsi e raccontare di questo. È una cosa molto difficile perché è una questione personale essere in grado di rivelarsi, di aprirsi e identificarsi con gli altri; ne stiamo già parlando, ma dobbiamo iniziare a considerarla anche in termini artistici. Bisogna essere più aperti perché è l’unico modo per andare avanti e per prendersi cura sia di noi stessi che degli altri.
“Mi piace raccontare storie diverse, fare parte di mondi diversi, di sceneggiature diverse e di diversi stili di scrittura, voglio raccontare ogni sorta di storie, viverle tutte e condividerle tutte”.
Il tuo must-have sul set.
Una bottiglia d’acqua riutilizzabile.
Il libro sul tuo comodino.
“Un Matrimonio Americano” di Tayari Jones.
Qual è il tuo accento preferito?
Da fare, Est Europeo. Da ascoltare, Italiano.
L’ultima serie TV di cui hai fatto binge-watch?
“Mad Man”.
La tua isola felice nel mondo?
Una spiaggia specifica nel mezzo del nulla in Galles.
Il tuo superpotere (quello che hai o quello che vorresti avere).
Vorrei poter fermare il tempo delle volte, metterlo in pausa: ad esempio, quando si ha un momento perfetto, si potrebbe mettere in pausa il tempo e godere di tale momento per un giorno intero.
The Film Wall
35mm & Fuji Instax
Credits:
Photo & Video by Johnny Carrano.
Stylist: Ozzy Shah.
Makeup: Carol Lopez Reid.
Hair: Carl Campbell.
Thanks to The New Road Hotel.