Avviso importante: questa è una dichiarazione d’amore.
Sì, perché Erika non è solo entrata nel mio Instagram a farmi gloware come non mai e a consigliarmi come spendere tutti i miei soldi per in tutti i prodotti più glassy/glossy/glowy del mondo, ma è anche entrata nel mio cuore perché è, semplicemente, e non lo dico in modo scontato, unica. Unica nel modo di fare, di parlare, di lavorare, di dire quello che pensa. Unica anche perché diversa, che per me è il più grande complimento che si possa fare.
Tra un passato con la musica che rimane sempre presente, un minimalismo così cool da ricordare le sorelle Olsen nell’era di The Row e i cuscini comodi del suo divano, abbiamo parlato davvero di tutto: perché la skincare sia così importante per lei e come sia nato questo amore, della consapevolezza di sé stessi e di imparare a respirare.
E inoltre siamo entrati nel suo bagno e scattato il suo armadietto delle meraviglie, you are welcome.
Qual è il tuo primo ricordo del mondo del beauty?
I prodotti di mamma e delle zie. Mia mamma andava sempre in profumeria e comprava di tutto, quindi le stendevano il tappeto rosso quando entrava! [ride] Il mio primo ricordo è legato alle donne di casa.
Un’altra cosa bellissima che ogni tanto mia mamma racconta è che quando vedevo una crema, io me la spalmavo in faccia. Una volta, avevo due anni, mi ero spalmata in faccia un acido che serviva per togliere le verruche o i calli… Mi ero fatta un bel peeling! [ride] Poi scappavo in giro per casa per non farmi riprendere!
Invece, quando sei diventata più grande, qual è stata la tua prima ossessione beauty?
L’ho sempre saputo che mi piaceva questo mondo, sono sempre stata ossessionata. Però, in particolare, mi ricordo una campagna di Lancôme, risalente più o meno a inizio anni ’90, e il fatto che io volessi la pelle uguale a quella della modella. Era la pelle la mia ossessione principale, quindi prodotti come correttori, illuminanti, eccetera.
La mia prima ossessione è stata la palette Naked, non so se ricordi… Quando l’ho ricevuta a casa penso di averla fissata per 30 minuti prima di aprirla.
Io la mia Naked l’ho buttata poco tempo fa, così come la Soft Glam di Anastasia Beverly Hills!
Si parla spesso di consapevolezza nel mondo del beauty: crescendo, c’è stata una parte di te che è stata difficile da accettare? Come l’hai affrontata?
A parte il naso che mi sono rotta quando avevo 10 anni, le labbra sono un mio punto debole. Se qualche hater mi fa notare che non ce le ho, mi sento insicura. Però, non è un mio grande complesso. Certo, mi piacerebbe poter indossare un rossetto messo bene come gli altri, però in realtà più me lo fanno notare, più mi dico, “Ma dai, che è ‘sta regola che tutti dobbiamo avere le labbra uguali”.
Vivere nel mondo dei social non dev’essere sempre semplice…
In generale, penso di avere un viso asimmetrico soprattutto dopo l’incidente in cui mi sono rotta il naso, quindi rispetto alle altre ragazze mi vedo strana e devo sempre un po’ trovare il coraggio di accettarmi e affrontare quel mondo. Secondo me, è più facile di quello che sembra, perché basta avere un po’ di consapevolezza personale. Non possiamo essere tutti uguali, anzi sarebbe brutto se lo fossimo.
“basta avere un po’ di consapevolezza personale”
Sì e poi secondo me tu, con il tuo profilo e i tuoi contenuti, funzioni proprio perché sei così come sei, bellissima, autentica. Sui social noto che c’è sempre tanta costruzione e poca spontaneità, quindi la genuinità nei tuoi contenuti si nota.
Lo spero! Quello che ho notato, però, è che se una ragazza è oggettivamente molto bella, ha automaticamente molto più successo nei contenuti, mentre io sono una faccia più difficile da “digerire”.
Cos’è che ti tiene a letto la mattina e cosa invece ti fa svegliare?
Io purtroppo non riesco a rimanere a letto la mattina, è finita l’epoca in cui lo facevo, non mi riesco più a svegliare tardi! [ride] Questo è il brutto di invecchiare. Cosa mi tiene al letto? Il letto stesso, con le lenzuola pulite. Cosa mi fa svegliare? L’ansia di fare le cose, soprattutto adesso, che tutto dipende da me. Devo costantemente dimostrare a me stessa che sto facendo il più possibile.
Come la vivi questa cosa? Noi parliamo tantissimo di salute mentale, abbiamo un format dedicato, quindi sono curiosa di sapere come affronti questi momenti che magari per te sono difficili. Penso che tutti in quest’epoca lottiamo contro l’ansia di dover fare il più possibile e non siamo mai soddisfatti. Tu hai dei metodi per non farti sopraffare?
Non mi sento mai sopraffatta e questo è il vantaggio dell’invecchiare, perché capisci che non muore nessuno se sbagli qualcosa. Il mio metodo per affrontare quest’ansia però è respirare, allenarmi al mattino, che mi fa partire con un po’ più di stabilità emotiva, mi fa stare più con i piedi per terra, altrimenti giro per casa tutto il giorno confusa su cosa devo fare e in che ordine [ride]. Quando sei da solo a gestire la giornata e poi magari arrivano degli imprevisti, non è facile! L’emotività devi per forza imparare a gestirla da te, perché se non lavori e non fai quello che devi fare, non porti il pane in tavola.
“Questo è il vantaggio dell’invecchiare, perché capisci che non muore nessuno se sbagli qualcosa”
Qual è il primo prodotto che tocca la tua pelle la mattina?
Allora, primo step: detergente e maschera LED. Tutti i giorni.
Quando si parla di skincare routine si parla anche di “filosofia”, nel senso che ognuno ha la sua. Qual è la tua?
La stratificazione. Io ho una pelle molto sottile, e stratificando riesco ad ottenere un risultato simile a quello della modella nella campagna di Lancôme [ride]. Come se avessi un altro tipo di pelle, è così che mi sento. Stratificare l’idratazione è la mia filosofia di skincare, un po’ coreana, ma non necessariamente con quei prodotti, e non minimalista come il mio armadio!
Quando hai dell’extra time da dedicare ad un po’ di self care, cosa fai? Ci sono dei prodotti che utilizzi per queste “occasioni speciali”?
Faccio la doppia detersione, poi un peeling, spesso con il 25% AHA + 2% BHA Peeling Esfoliante di Paula’s Choice, poi faccio una maschera purificante, magari qualcosa con l’argilla, poi una maschera idratante, e poi uso spesso gli eye patch di Sensai, che trovo incredibili. Anche in questo caso, quindi, faccio una stratificazione di trattamenti: peeling, purificazione, reidratazione.
Io ho una maschera di Eisenberg, la Fondant Réparateur, che è il mio prodotto preferito, la applico come ultimo step della mia skincare routine quando voglio usare qualcosa di speciale. Adoro il suo effetto.
Anche la Radiance Renewal di Paula’s Choice è fantastica come maschera, pazzesca.
Come dicevamo prima, il tuo lavoro parte anche da un momento di riflessione su sé stessi, forse è anche un lavoro di solitudine e pensiero: come vivi la solitudine? È qualcosa che cerchi a volte?
Sì, da morire. Pensa, l’altro giorno mi è capitato di fare una sorpresa ad una ragazza che mi segue: il fidanzato mi aveva scritto chiedendomi se potevo incontrarli perché venivano a Roma per un giorno. Insomma, il mio lavoro consiste nel contatto con le persone, però in modo diverso dal solito: posso rispondere con i miei tempi, posso non rispondere se in un certo momento sono nervosa o vado di fretta per altri motivi. Vivo molto bene il lavorare da casa e lo stare da sola. Sto molto bene da sola. Non so se è frutto della pandemia, ma io parlo pure coi muri.
Quali sono i prodotti beauty che troviamo sul tuo comodino?
Ho Pagina Bianca di Paola Bottai, che è uno skin scent che spruzzo anche sulle lenzuola, una coccola per dormire; poi la Lip Sleeping Mask di Laneige, il Lip Booster di Paula’s Choice, e il diffusore con olio essenziale di lavanda, pe’ darme ‘na calmata [ride]. Ma tanto non funziona mai!
Di cosa ne hai troppi?
Blush. Troppi per me, ma non troppi per i contenuti. È una categoria molto divertente, secondo me. Anche fondotinta, al momento ne ho troppi.
Qual è il prodotto/device che non vedi l’ora di provare in questo momento ma che non hai ancora?
In realtà ho appena comprato quello di Medicube, un tool per intensificare l’idratazione, sto aspettando che arrivi. Vorrei anche un pannello LED per dormirci su; a prescindere, investirei nella tecnologia LED che mi ha cambiato la pelle, ed è certificato che funzioni.
Cosa diresti che è il makeup per te? È anche un modo per esprimere la tua creatività?
Dipende dalla giornata. A volte sento che le mani devono fare delle cose, e per quel motivo sento il bisogno di truccarmi. Altre volte, invece, il makeup è un momento di relax, riflessione. Ci sono volte, anche, in cui non mi va di truccarmi! Però sono abituata a farlo, quindi lo faccio lo stesso, anche se non trovo che sia necessario truccarsi per uscire, mi piace tantissimo vedere in giro le persone senza trucco, molto più di quelle truccate.
“A volte sento che le mani devono fare delle cose, e per quel motivo sento il bisogno di truccarmi”
Un bell’epic fail beauty.
L’errore più grande che facevo, riguardando le vecchie foto, era il non pettinarmi le sopracciglia. Ce le avevo tutte all’ingiù, spettinate! Poi, avevo sempre la base del colore sbagliato, troppo chiara, con gli occhi con la matita nera.
Qual è la tua texture preferita quando si parla di skincare? E di makeup?
Le texture lattiginose sono le mie preferite, ma anche le creme ricche come dei balm. Per quanto riguarda il makeup, invece, ci sono delle texture nuove che mi piacciono molto, tipo il balm di Westman Atelier, che sembra un balsamo ma è un gel. Mi piacciono le cose trasparenti e i glitterini!
Se Erika dovesse scrivere il significato di “glow”/”gloware” sul dizionario, cosa scriverebbe?
Emanare salute? [ride]
“Gloware” significa sicuramente brillare, ma nel senso di sprizzare energia e luce e, davvero, salute.
Ultimo libro che hai letto o quello che pensi che dovrebbero leggere tutti.
Ho un po’ perso l’abitudine di leggere, perché la mia vita è sempre stata un po’ frenetica, sia quando suonavo, sia ora. Comunque c’è un libro che ho nel cuore ed è “Il mare non bagna Napoli”, un bellissimo libro.
E podcast?
Li ascolto tutti. La mia top 3: “Indagini”, “La città dei vivi” e poi “Love bombing”, che parla di tutte le dinamiche di dipendenze affettive e manipolazione tramite varie testimonianze, nelle relazioni, nel lavoro, così come nelle sette, per esempio.
Invece la musica, adesso, come la vivi?
Ancora male. Ma fare musica è un inferno. È anche per questo che mi vesto di bianco.
Ho passato talmente tanti guai e brutte vicende, soprattutto per colpa della mia debolezza emotiva e il fatto che fossi sempre aperta ai consigli degli altri, al punto che gli altri mi mangiavano in testa. Ho sempre vissuto un malessere, e un po’ ci prendevo gusto nel mio modo di essere dark, un po’ mi piaceva essere triste, una sindrome post-adolescenziale, insomma. Poi, quando capisci che è fico pure stare bene, ti convinci che forse non è così che vanno affrontate le cose. Quindi, mi sono detta: proviamo a darci un’illuminata generale!
Comunque, il bianco mi è sempre piaciuto, la mia band si chiamava Milk White!
Poi, a Roma appena entri in uno studio di registrazione ti trattano come se dovessi andare a Sanremo il giorno dopo, ti mettono addosso un sacco di pressione, è tutta competizione. Soprattutto quando sei piccolo, inesperto e non sei centratissimo, ti lasci trasportare da questa negatività, ed è bruttissimo perché invece in studio tu dovresti fare una cosa bellissima che ti piace, e godertela.
Con la mia chitarrista, per un periodo ci siamo trasferite a Londra, e lì hai un sacco di opportunità: lì, se mandi email per chiedere di suonare da qualche parte, ti rispondono. Abbiamo suonato in locali fighi, e mi ricordo il primo concerto che abbiamo fatto là: avevo un vestito con l’etichetta ancora attaccata, come mi ha fatto notare una persona nel pubblico quando sono scesa dal palco [ride], e c’era il manager dei Maxïmo Park che ci aveva chiesto informazioni su chi fossimo. Sembrava uno scherzo! Qui invece purtroppo è diverso, la gente devi invitarla tu a venire sotto il palco, e la competizione che c’è ti intossica e quando ti stanchi, non trovi più il senso di quello che stai facendo: capisci che non lo stai facendo perché ti piace, ma perché ti hanno detto che devi arrivare da qualche parte, ma a quella parte non ci arrivi mai e tu intanto hai perso la salute e le energie.
Noi, poi, siamo anche stati fortunati, perché abbiamo fatto un disco con i Velvet, che ci hanno veramente insegnato a stare al mondo: loro sono esattamente come dovrebbero essere le persone.
“Proviamo a darci un’illuminata generale!”
Penso che nel tuo lavoro ti metti spesso alla prova ed è sempre diverso, ogni giorno, venendo anche a contatto con parti di sé che sono nuove o nuove sfide. Qual è l’ultima cosa che hai scoperto di te stessa?
Che posso fare le cose anche senza essere condizionata emotivamente, legata alle mie emozioni riguardo la mia immagine: quando edito i miei video, posso guardarmi come guarderei un’altra persona. Ho imparato che sono in grado di distaccarmi da me stessa, che è importante, perché altrimenti questo lavoro non potrei farlo.
Con la musica, quel distacco non ce l’avevo, e la vivevo malissimo. Quando ascoltavo le registrazioni, non era mai come mi ero immaginata, e pensavo che una cosa così non potesse uscire dallo studio, anche se poi magari usciva lo stesso. Per andare avanti, però, ci vuole uno sguardo più critico e meno emotivo, anche perché tanto la perfezione non è importante, soprattutto se hai qualcosa da dire, che è ciò che conta di più.
Cosa ti spaventa di più?
Dopo aver vissuto l’ambiente musicale a Roma, non mi spaventa più niente! [ride]
In realtà, ed è uno dei motivi per cui non riesco più a scrivere canzoni, io non riesco ad essere egoriferita, non penso di avere qualcosa di così interessante da dire agli altri, quindi il fatto che ci siano delle persone che mi seguono e pensano che quello che ho da dire sia rilevante, mi spaventa. Non mi piace essere al centro dell’attenzione, che è assurdo per quello che faccio. Quando mi fanno i complimenti, penso sempre che se avessi trovato una persona che avesse detto ciò che ho detto io, anche io gli avrei fatto i complimenti, ma io non voglio essere considerata una che ha qualcosa da dire. Sai, i social hanno dato la possibilità a molte persone di sfoderare tutto il loro egocentrismo, così come la musica, perché se scrivi delle canzoni su quello che ti è successo o quello che provi, pensi che sia molto importante che gli altri lo ascoltino. Non è una cosa che voglio per me, però.
Che cosa significa per te sentirti libera?
Poter parlare di prodotti luxury con la voce di Mario Brega! [ride]
Perché c’è tutta questa serietà nel mondo del luxury, ma in realtà sono frivolezze per tutti.
Photos by Johnny Carrano.
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