Intimità.
Questa è la prima parola che ci è venuta in mente quando abbiamo visto per la prima volta il lavoro di Fenn. Ed è anche la parola con la quale lei descrive i suoi lavori: intimi. È divertente, bellissima e forte: lo si capisce dal primo momento. Per noi, è una di quelle voci femminili che, attraverso le sue piattaforme e la sua arte, sta modellando il mondo della moda, del filmmaking e storytelling.
Fenn è una giornalista, filmmaker (le campagne per House of Holland e Alexa Chung sono solo alcuni dei suoi migliori lavori) e radio speaker per la BBC (1Xtra), dove si interessa di intervistare le persone che sono dietro le quinte, coloro che hanno quella storia particolare e un po’ pazza, e lei le vuole conoscere tutte.
Fenn O’Meally è semplicemente una giovane donna speciale, che lascerà il segno e non vediamo l’ora di vedere il suo prossimo (intimo) ed unico progetto.
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Da dove è nata l’idea di trasformare il tuo background giornalistico in un lavoro artistico?
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Avevo davvero bisogno di trasportare su una “piattaforma” il mio background giornalistico e credo che per molte persone, me inclusa, quando sono all’inizio non riescano a trovare qualcuno che abbia fiducia, soprattutto quando si è nuovi. Quindi secondo me è necessario creare le proprie piattaforme per poter trovare un punto di contatto con le altre persone. Ecco come credo che filmare e tutte le altre attività siano nate e si siano convertite in una piattaforma multidimensionale. Ci si costruisce un set di abilità che ci consenta di creare una piattaforma con tutte queste cose diverse. Alla fine, volevo intervistare le persone, volevo raccontare storie. E se riesco a farlo e a renderlo accessibile, allora “sto centrando l’obiettivo”.
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Con quale mezzo di comunicazione ti senti più libera di esprimerti?
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Non penso che ci sia un mezzo in particolare che ami di più rispetto ad altri.
Per me, si tratta davvero di raccontare e ci sono giorni in cui sto girando o montando un film e tutto mi sembra incredibile e mi dico “ecco perché mi concentro su questo”. Poi però mi ritrovo in studio con il mio produttore di Radio 1Xtra e la “musica” cambia e mi dico, “in realtà no, è questo che è fantastico”. Come ho detto, il mio obiettivo è davvero raccontare delle storie, quindi non ho un mezzo preferito ma l’unica missione per me è quella di poter intervistare qualcuno con uno stile diverso, indipendentemente che sia dietro o davanti alla telecamera. Anche se è in radio e non è visivo, perché quello che amo è riuscire a definire una maniera di intervistare e raccontare storie in modo che le persone riconoscano il mio tocco.
“Alla fine, volevo intervistare le persone, volevo raccontare storie“.
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Ad oggi, qual è l’intervista più memorabile?
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Ho intervistato Nile Rodgers ai BRIT Awards, e ho esordito con “questa è la mia prima volta ai BRIT, hai qualche consiglio?” E lui, “essere sempre intervistato da te perché sei adorabile“. Mio padre era davvero fiero di me (ride). Penso che si impari moltissimo da ogni intervista.
Le migliori per me sono quelle in cui le persone sono piuttosto chiuse e non ti dicono molto ma poi riesci ad abbattere le barriere e a conoscerle davvero. E una volta che sorridono o ridono, ce l’hai fatta. Inoltre, proprio di recente ho intervistato il coreografo di Beyoncé per Radio 1Xtra ed è stato semplicemente fantastico.
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Cosa “cerchi” quando intervisti qualcuno?
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Cerco di rendere il tutto il meno ripetitivo possibile perché suppongo che gli intervistati abbiano già raccontato la stessa storia in mille modi diversi. Io, voi, qualcuno di famoso, è sempre la stessa storia raccontata qua e là. Quindi guardo il loro feed su Instagram, le loro stories, gli eventuali commenti; cerco di trovare la chiave per farli sorridere o ricordare qualcosa.
Cerco di connettermi con quella persona su un altro livello per poter ottenere qualcosa di diverso, unico, altrimenti tutto risulterebbe molto noioso. Voglio far capire che sono una persona normale e che li vedo come persone normali. Se si riesce a costruire questo tipo di rapporto nei 10-15 minuti a disposizione, è un successo.
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C’è qualcuno che ti piacerebbe intervistare?
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Ci sono così tante persone che mi piacerebbe intervistare. E si tratta di persone che non sono necessariamente sotto i riflettori, ad esempio: Kanye West ha richiesto che del curry venisse portato dal Galles a New York facendoci andare lo chef stesso: ecco, io avrei voluto intervistare lo chef. Ovviamente, mi piacerebbe intervistare Rihanna o Beyoncé, o altri grandi nomi. Anche Usain Bolt, sarebbe semplicemente fantastico.
Non si può sapere se l’intervista sarà un successo o meno, quindi non potrò mai veramente dire “questa è una persona che voglio intervistare” perché voglio solo vedere come posso entrare in contatto con persone diverse a diversi livelli.
“Le migliori per me sono quelle in cui le persone sono piuttosto chiuse e non ti dicono molto ma poi riesci ad abbattere le barriere e a conoscerle davvero”.
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Secondo te, qual è un linguaggio universale?
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La musica. Ho ascoltato i Buena Vista Social Club sin da quando ero piccola solo perché mia madre li ascoltava sempre. La loro musica mi fa rivivere molti ricordi e molte storie. La musica è un linguaggio molto potente, e non bisogna necessariamente capirne le parole.
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La tua canzone del momento?
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Direi “Best Part” di Daniel Caesar, è una canzone fantastica. E anche “”Black Party”.
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La canzone della tua infanzia?
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Sicuramente qualcosa di Ray Charles perché mio padre lo ascoltava sempre. O lui o Louis Armstrong.
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Che tipo di opportunità pensi che Londra offra più delle altre città?
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Londra è fantastica.
Divido il mio tempo tra Londra e New York, adoro la Grande Mela ma anche Londra è incredibile. Ciò che è unico di Londra è che si può andare in giro con un’idea e si trova subito qualcuno disposto a collaborare o a condividerla. Si può collaborare apertamente, e le persone ti dicono “voglio lavorarci anch’io” o “voglio lavorare con te”. A volte entri nella tua piccola bolla di “è così che è la vita” per poi venirne fuori. Esci da Londra e quel modo di creare contenuti o quel modo di creare qualcosa non si può dare per scontato. New York funziona allo stesso modo: vai in un bar e la gente ti chiede “cosa fai?” “Come posso essere coinvolto in questo?”.
Tutto è una continua collaborazione e ci sono opportunità ovunque, basta essere pronti e aperti a coglierle.
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“La musica è un linguaggio molto potente”.
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Qual è la tua videocamera preferita?
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Non è una videocamera, è una cinepresa, una piccola Yashika Electro 35mm. E tutti mi chiedono sempre con cosa filmo, quindi ecco l’annuncio: la macchina da presa che uso è una Yashika Electro 35mm. È davvero una camera meravigliosa; le immagini sono così belle. E poi ho solo una vecchia C 100, ma penso che la Yashika sia probabilmente la mia preferita. L’ho comprata dopo aver lavorato con un ragazzo che la utilizzava.
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Hai fatto molti video nell’ambito della moda. Qual è stata la migliore esperienza?
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Non posso non citare Henry Holland perché fondamentalmente sono stata assunta per fare la sua prima campagna. Le ragazze coinvolte dovevano avere dei video di sé stesse e lui rivolgendosi a me ha detto: “ho intenzione di fare questo, vuoi farlo?” E io “ok, lo faccio!”.
In 24 ore ho dovuto fare tutto, ho filmato ed editato l’intera campagna da sola. Henry mi ha sempre sostenuta in tutto ciò che ho fatto e che sto facendo. Quindi, questa è stata probabilmente l’esperienza migliore che ho avuto perché penso che Henry sia stato in questa posizione in cui aveva solo bisogno di una mano o bisogno di qualcuno che credesse davvero in lui. È bello avere qualcuno come lui che può darti quel sostegno e fiducia.
“Tutti mi chiedono sempre con cosa filmo, quindi ecco l’annuncio: la macchina da presa che uso è una Yashika Electro 35mm“.
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Come descriveresti il tuo stile cinematografico? E il tuo fashion style?
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Penso che il mio stile di regia sia abbastanza intimo. Almeno spero. Voglio solo che gli spettatori si rendano conto che queste persone sullo schermo sono normalissimi esseri umani. È così che mi piacerebbe anche condurre le mie intervistare, so che sono persone normali e che possiamo avere una semplice e genuina conversazione.
Per quanto riguarda il mio stile fashion, direi che è piuttosto semplice, forse un po’ strano a volte, mi piace mostrare i miei capezzoli (ride), non indosso reggiseni. Penso che il mio stile vada di pari passo con la mia personalità. Ma come detto credo sia abbastanza semplice, ho una passione per i pantaloni lunghi a zampa d’elefante. E alcuni capi che “parlano” in contrasto con la mia semplicità.
Ad esempio, c’è questo negozio a New York sulla Lafayette che colleziona molti pezzi vintage unici. Lì ho comprato questa giacca piena di toppe, è stupenda. Quindi credo che il mio stile sia semplice, ma con qualcosa di unico.
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Quali sono i tuoi prodotti beauty must have?
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Adoro Origins. Anche l’olio di cocco e quello alla vitamina C sono fantastici. E Moroccan Oil per i miei capelli. C’è un posto chiamato “Windle and Moodie” a Covent Garden che produce ottimi prodotti per capelli. Ma adoro Origins, sono davvero una grande fan: la crema per il contorno occhi è fantastica.
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L’ultimo binge-watch?
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Sono terribile, non guardo serie TV, o meglio in passato le guardavo sempre. Comunque, l’ultima serie che ho guardato è stata “Atlanta”. Ho intervistato Ibra Ake, il produttore di “This is America” e “Atlanta” di Childish Gambino/ Danny Glover, questo ancor prima che la serie venisse trasmessa nel Regno Unito, e gli ho chiesto “dovrei guardarlo?” E lui “Sì, devi!” Così l’ho guardata ed è incredibile.
“Voglio solo che gli spettatori si rendano conto che queste persone sullo schermo sono normalissimi esseri umani”.
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L’ultimo film che ti ha davvero lasciato qualcosa?
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Direi “Io sono l’amore”.
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Epic fail sul lavoro?
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Una volta durante un’intervista non mi ero accorta di avere la camicia sbottonata, il fotografo me lo fece notare solo a fine intervista. Direi che è stato abbastanza imbarazzante, si vedeva tutto.
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Il tuo must have sul set?
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Le Labo, “Another 13”, solo perché ha un buon profumo e tutti mi dicono: “oh, che buon profumo che hai!” e inizia la conversazione.
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La tua isola felice?
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Victoria Park Pavilion, senza dubbio. Corsa per il parco e caffè al bar, è il mio rituale mattutino.
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La tua parola preferita?
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Mi piaceva la parola “coating” (rivestimento). Ma l’altro giorno stavamo parlando di “padding” (imbottitura) e anche questa mi piace molto, soprattutto il suo suono.
“Victoria Park Pavilion, senza dubbio. Corsa per il parco e caffè al bar, è il mio rituale mattutino”.
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Cosa hai già spuntato dalla tua Lista dei Desideri?
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È ironico come dopo ogni obiettivo raggiunto ci si chieda “e adesso?”.
Per me, è davvero bello ricevere messaggi da persone che mi chiedono “come faccio a fare questo?” o “come faccio a entrare in questo mondo?”. Non ho mai pensato che essere un punto di riferimento potesse diventare un desiderio. All’inizio volevo solo fare la presentatrice, ma ora mi rendo conto che si tratta davvero di voler essere in grado di raccontare storie e intervistare persone. Quindi, immagino, che la mia lista dei desideri sia cambiata molto nel tempo.
Voglio solo creare e raccontare storie che siano in grado di stabilire dei legami con le persone, di farle riflettere e fare delle interviste in cui le persone si sentano libere di potersi aprire e lasciare andare. E credo che questa sia il desiderio principale della mia lista.
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La cosa più bella durante le riprese di uno dei tuoi cortometraggi?
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Quando qualcuno, completamente chiuso in sé stesso, entra nella stanza e comincia ad aprirsi con te perché si sente a suo agio, perché si rende conto che non sono un robot dietro una videocamera che vuole solo riprenderlo/a. È davvero bello vedere quando cambia l’umore di qualcuno, si nota subito. Anche solo con le persone che ho intervistato su Radio 1Xtra, è piuttosto bello vederle cambiare a tal punto che anche il mio produttore dal di fuori se ne rende conto. Sono orgogliosa di essere in grado di fare in modo che una persona cambi umore in positivo.
“Voglio solo creare e raccontare storie che siano in grado di stabilire dei legami con le persone, di farle riflettere“.
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Stai pensando di girare un film?
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In realtà sì, c’è un film che sto facendo, che si chiama “You Must Be Mistaken” ed è basato sulle “cazzate” ovvero gli errori che le persone di successo hanno fatto. Ho fatto la prima serie finora, o meglio, il primo episodio. Ne sto facendo uno al mese e poi li metterò tutti insieme. E poi avrò una lista di diverse persone e le loro cazzate. Guardi una persona di successo e vedi solo il successo, ma non vedi le difficoltà.
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Cosa c’è nel tuo futuro?
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Costruire e crescere. Voglio solo essere in grado di mettermi alla prova ogni singolo giorno. Ho da poco realizzato che quando sento di aver combinato o ottenuto qualcosa di buono, sento una spinta incredibile. Quindi, voglio solo più sfide.
– COSTRUIRE & CRESCERE –
Photos and Video by Johnny Carrano.
Makeup Artist: Alessandra Nicole Poiesi.
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