Nel pieno della frenesia del Fuorisalone a Milano, tra le eleganti vie del quartiere Montenapoleone, mi sono ritrovata in un’oasi di calma, una fusione di creatività diverse, ma non poi così tanto.
Arrivo in boutique in pieno allestimento di mensole nuove, riempite con la nuova fragranza. Con la mente viaggio dall’altra parte del continente europeo, tra la Svezia e la Francia, dov’è avvenuto un incontro straordinario: Frédéric Malle, l’iconico pioniere della profumeria, e Jonny Johansson, l’audace mente dietro Acne Studios, si sono uniti in una creazione che ha risvegliato gli animi degli appassionati di moda e fragranze di tutto il mondo.
Annuso il tappo della boccetta dal design iconico e trascendo i confini della semplice collaborazione, immergendomi in un’atmosfera che cattura l’estetica, l’innovazione e la profondità artistica di due menti fuori dal comune.
Acne Studios par Frédéric Malle è molto più di una nuova fragranza: è una celebrazione delle radici, un’ode alla creatività senza limiti e una rivoluzione che abbraccia passato e futuro.
Intervistare Monsieur Malle mi ha aperto uno spiraglio nel suo mondo: ho conosciuto i segreti dietro questa collaborazione unica, le ispirazioni che hanno dato vita a un’opera d’arte olfattiva e la visione condivisa di un’estetica senza tempo. Con l’eleganza di un’epoca passata e la modernità di una visione avanguardista, Monsieur Malle ci guida attraverso il suo processo creativo e ci fa conoscere da vicino l’anima di Acne Studios par Frédéric Malle, in un viaggio tra profumo, moda e arte, dove ogni dettaglio è un tributo all’importanza dell’innovazione.
Sei diventato una leggenda nel campo della profumeria. Come descriveresti il tuo percorso finora?
I profumi sono sempre stati parte della mia vita perché, anche se nessun membro della mia famiglia mi ha insegnato nulla a riguardo, mi è sempre stato detto che erano importanti e che la creazione e l’arte, in generale, non erano settori in cui scendere a compromessi, mai. Sono cresciuto in un ambiente in cui vigeva un approccio molto puro verso il profumo. Mia madre lavorava nel settore dei profumi, sai, quindi suppongo che, da bambino, io notavo i profumi in un modo in cui altri bambini non facevano, e questo ha fatto la differenza.
Quando ho cominciato a crescere, ho capito il ruolo della profumeria. Nel profondo, ho sempre avuto questa idea che forse la profumeria potesse far parte della mia vita, ma d’altra parte, perché era il lavoro di mia madre, da una parte, non ero invitato, da un’altra, mi sembrava un po’ di invadere il suo territorio, e non ero sicuro di volerlo fare. Una persona che mi ha sempre influenzato, anche esteticamente, era il padre di un mio amico che era un direttore artistico di Chanel. Questa persona, che conoscevo abbastanza bene e il cui lavoro ammiravo e con cui parlavo abbastanza spesso, è stata molto importante per me e la mia formazione artistica.
Un giorno, mentre lavoravo in pubblicità, cosa che mi annoiava un po’, una persona che dirigeva il più grande laboratorio del settore mi chiese di unirmi a lui e diventare il suo assistente. Per me, che volevo diventare un direttore artistico, era un modo per completare il mio apprendistato. Ero stato un fotografo, avevo studiato storia dell’arte e lavoravo nella pubblicità, quindi ne sapevo di comunicazione marketing, e pensavo che quell’opportunità potesse contribuire ad un’istruzione più completa.
Sono entrato nella profumeria quasi per curiosità e considerandolo un lavoro provvisorio: pensavo, “Due o tre anni e smetterò e magari tornerò a cose più visive, cercando sempre di collegare le arti tra loro”. Quel lavoro mi è piaciuto fin dal primo giorno e ho sviluppato un bel legame con i profumieri: ho sviluppato un interesse viscerale in questo campo e mi sono davvero divertito.
Così è cominciato tutto. Ho lavorato lì nel laboratorio per un po’, poi sono diventato consulente per un piccolo brand di un mio amico inglese. Lì ho capito che i profumieri si annoiavano, che continuavano a lamentarsi perché avevano a che fare con persone che non conoscevano la profumeria, che erano interessate solo ai numeri e che trattavano il profumo come una merce.
Nell’altra parte della mia vita, quella serale, quando vedevo persone del cinema, artisti e così via, ho capito che nessuno indossava più profumi perché tutti pensavano che i buoni profumi fossero del passato, e la gente non voleva più profumare come i loro genitori, ma voleva essere moderna, eppure nessuno voleva quella roba commerciale che usciva all’epoca.
Quindi, quando ho creato Editions de Parfums, il mio obiettivo principale era creare un legame tra i profumieri e il piccolo pubblico di artisti. Lungo il mio percorso, mi sono reso conto che è molto ingiusto e stupido non nominare i profumieri perché queste persone erano praticamente ghostwriter, quindi ho pensato che sarebbe stata una buona idea parlare di loro e fargli firmare i profumi. Tutte queste idee sono venute a galla gradualmente: così è nata Editions de Parfums.
Penso che il mio ruolo sia molto simile a quello di un editore; ho molti amici nel settore dell’editoria, e so che loro vivono per i loro autori, a volte riscrivono interi capitoli, a volte non fanno nulla, ma in sostanza adattano i loro ruoli alle esigenze di ogni scrittore in modo che ne venga fuori il miglior libro possibile. È molto simile a quello che faccio io – ho chiamato il mio marchio Editions de Parfums per mostrare che è così che lavoriamo.
Parliamo di 25 anni fa. Sono stato abbastanza veloce perché ho lavorato da solo all’inizio: infatti quando lavori da solo vai veloce. Ho disegnato la bottiglia, ispirandomi ai libri, e volevo un packaging che si potesse vedere da lontano, quindi ho scelto quella combinazione di colori [rosso e nero], ispirandomi a Calder e Le Corbusier, e di lì ci siamo dedicati ai primi lanci. In questi 25 anni, siamo cresciuti, siamo ovunque, ma soprattutto, abbiamo lavorato nel modo più libero possibile.
Come vi siete trovati a collaborare tu e Johnny Johansson di Acne Studios e cosa vi ha portato all’idea di creare insieme un profumo?
Ancora una volta, volevo rompere la routine.
Ci sono stilisti che ammiro e a volte invito a lavorare con me. Ad esempio, ho collaborato con Dries Van Noten, Alber Elbaz e altri. Allo stesso tempo, non ci sono così tanti marchi di moda che trovo rilevanti e parte del mio mondo. Tuttavia, ero a Stoccolma, una volta, nello store di Acne Studios, e conoscevo Acne Studios perché mia sorella indossava molti dei loro vestiti, e mia figlia e mia moglie anche; proprio lì nel negozio, ho capito che il marchio mi era familiare e così in linea con ciò che mi piace: sentivo di condividere la loro idea di avere un approccio regolare alla moda, radicato in una certa tradizione, pur creando cose piuttosto impattanti e innovative, e senza tempo di conseguenza. Ecco perché ho pensato che potesse essere il prossimo brand con cui collaborare.
Penso che oggi la moda sia un po’ persa – i brand sono molto commerciali, il che va bene, purché non si sfoci nella presunzione, oppure fanno cose che non sono indossabili o che non sono molto rispettose delle donne. In altre parole, la moda vuole essere arte contemporanea uscendo fuori dagli schemi dei “vestiti”. Penso che Acne Studios sia uno dei pochi brand oggi che sforna talenti veri, quindi mi sento molto in linea con ciò che fanno. Ho scritto una lettera a Jonny dicendo cosa pensavo del suo marchio, e penso di aver scelto le parole giuste; inoltre, usava già i miei profumi e sapeva molto bene cosa stavamo facendo, quindi abbiamo unito le forze. Ci siamo incontrati a Parigi e il resto è storia.
Il resto è profumo.
Questo profumo è l’epitome di un incontro tra moda, profumeria e arte – in altre parole, è un’espressione di libera creatività. Dove cerchi la creatività nella tua vita quotidiana?
Relaziono sempre le cose tra loro.
Se disegni delle posate, che tu lo voglia o meno, sei influenzato dal tuo tempo; penso che ci siano vibrazioni specifiche in ogni epoca, e tutti spesso hanno le stesse idee allo stesso tempo – c’è qualcosa nell’aria che collega gli elementi; se ti concentri e hai la sensibilità necessaria, puoi capire come collegare le cose. Dalla mia sensibilità personale, dal mio background in storia dell’arte e dal mio lavoro in profumeria, so come collegare un mondo visivo o una filosofia creativa al profumo, e so come fare un profumo e razionalizzarlo intorno alla filosofia di qualcuno. Quindi, ho solo osservato e pensato al lavoro di Jonny, a ciò che lo anima, l’ho fatto concretizzare ai profumieri, Suzy Le Halley ne ha create due versioni, e una di esse ha vinto.
Parlando di Suzy, “Un profumo dovrebbe avere l’odore del messaggio che vuole trasmettere”, ha detto. Che messaggio volevi trasmettere con questo profumo e come hai scelto gli ingredienti e il processo dietro di esso?
Non esiste alcun messaggio del tipo “sii felice” o qualcosa del genere: la profumeria non è una cosa intellettuale. La profumeria è come la musica, non lancia messaggi diretti. Deve esprimere ed evocare un sentimento, piuttosto, e penso che questo sia quello che Suzy intende per messaggio.
Volevo atemporalità, volevo comfort, volevo qualcosa di molto classico ma irriverente, quindi, per questo motivo, ho scelto una struttura molto classica che è spesso utilizzata dalle persone che lavorano nel settore di saponi e detergenti. Trovo interessante il modo in cui si formulano gli ammorbidenti. Si tende a sottovalutare questo settore, perché le persone sono molto convenzionali, ma sai, gli ingredienti che si usano in quei prodotti trasmettono sensazioni così rassicuranti, che fanno parte della nostra vita. Alcuni di quei prodotti sono piuttosto interessanti in modo economico ma cool; quindi, ho voluto puntare su un’architettura classica reinterpretata da Suzy in modo moderno, il che significa che invece di usare ingredienti vecchio stile, abbiamo usato gli equivalenti ingredienti moderni come muschio, sandalo e anche alcuni fiori, ma non esagerando, in modo che non sapesse di sporco, e abbiamo anche aggiunto in formulazione degli aldeidi, per lo più quelli che vengono usati in saponi e detergenti. È un po’ come se Jonny lavorasse su una giacca con un taglio molto netto, ma poi cambiasse un po’ le proporzioni e usasse un colore che non ti aspetteresti su quel taglio. Mi sono sentito vicino al modo in cui lui lavora, al suo animo, alla sua ispirazione e al modo in cui tratta questa ispirazione, ed è per questo che ha funzionato.
A cosa ti fanno pensare gli ingredienti di questo profumo?
Per me sono ingredienti ma sono anche architettura. Gli ingredienti danno una sensazione molto rassicurante e confortevole, un po’ come i capi di Acne, che sono molto comodi da indossare e caldi. Quindi, mi trasmettono una sensazione di morbidezza.
È come metti insieme gli ingredienti, comunque, che fa la differenza.
Tra passato, presente e futuro dove collocheresti questo profumo?
Penso che sia molto presente.
Il futuro, io non so com’è: spero che appartenga anche al futuro e che fra 10 anni sarà ancora di quel tempo.
Non penso che possa appartenere al passato, anche se l’idea e l’architettura sono del passato.
Insomma, cos’è la creatività?
Penso che la creatività uno ce l’abbia o non ce l’abbia. Penso che tutte le persone creative siano anche persone curiose; c’è una sorta di inevitabilità anche nell’essere creativi, perché vuoi esserlo con tutto te stesso, ed è come qualcuno che non riesce a smettere di parlare: la creatività è qualcosa in te che esiste a prescindere. Di solito, la creatività porta alla creatività, è una spirale. Quindi, non scelgo di essere creativo, mi piace creare e lavorare in un’azienda che fa creatività, e perché ho lavorato con persone creative e in un certo senso ho avuto abbastanza successo nel creare nuovi profumi, mi ritrovo in una spirale molto positiva.
La creatività è qualcosa che tutti si aspettano da me, ma è anche una cosa naturale per me: non mi sveglio al mattino pensando, “Oggi cercherò di essere creativo”, io mi sveglio al mattino sperando che il tempo sia bello.
In che modo reinventarti e trovare sempre nuovi strumenti di espressione attraverso i profumi ti motiva ogni giorno?
Quando lavori con persone come Jonny o gli altri stilisti con cui ho lavorato, la sfida è lavorare con la loro logica, che è un esercizio scomodo ma anche generoso perché ti sei offerto di lavorare per loro.
Come dicevo prima, la creatività è un ritmo, e devi fare diversi passi in quello che è il processo di creazione di un prodotto, non comprometterti e fare delle scelte. Penso che molte persone non capiscano che la creatività non è una grande singola pennellata: un grande colpo di genio deriva da piccoli passi, e ad ogni passo devi prendere una decisione, ecco perché può essere così sfiancante. La somma di tutto ciò crea un prodotto, un’opera d’arte, che può essere bella o brutta, ma spesso è la somma di tutte le energie e di tutte le decisioni che hai preso, quindi può essere anche potente. Da un punto di vista romantico, è un lavoro duro.
I profumi sono un modo per connettere le persone con gli altri, con se stessi e con i loro ricordi/emozioni. Qualcuno ti ha mai sorpreso raccontandoti la storia di come un profumo li abbia emozionati?
Quello che mi piace, in realtà, è che ognuno vive i profumi in modo molto diverso. Spesso, sento che segnano un momento della loro vita.
Di recente ho parlato con un’amica-artista che ha scoperto che il suo ragazzo indossava lo stesso profumo che indossa lei: hanno avuto questa relazione violenta ma ora è finita, quindi lei vorrebbe proprio cambiare profumo! È una grande star, ma non dirò chi è… [ride]
Quali sogni e speranze hai per la tua eredità?
Spero solo di continuare ad aiutare le persone a capire che i profumi possono essere una manifestazione artistica e possono essere moderni. Prima che fondassimo con Editions de Perfume, molti pensavano che i profumi buoni fossero vecchi – spero di aver dimostrato che i profumi buoni possono davvero essere contemporanei. Se raggiungo questo obiettivo, è già qualcosa di grande per me, perché significa che sono stato io a convincere le persone che i profumi possono essere della loro generazione.
Qual è stato, nella tua carriera, il tuo più grande atto di ribellione?
Ce ne sono stati molti. Quando lavoravo per il laboratorio che ho menzionato prima, mi sono ribellato spesso. L’uomo che dirigeva questo laboratorio era una grande star nel suo settore: mi ribellavo contro di lui, e abbiamo avuto un grande litigio, siamo diventati rossi come succo d’arancia, e io ero solo un ragazzo quando è successo, un ragazzo che diceva, “No, tu hai torto ed io ho ragione” a un uomo di 60 anni che dirigeva una grande azienda.
Tuttavia, suppongo che la mia più grande ribellione sia stata l’apertura di Editions de Perfume quando tutti cercavano di accontentare Sephora.
Ad essere onesto, non mi ribello davvero, non è nelle mie corde: dico quello che penso e faccio quello che penso. Penso quello che faccio e faccio quello che penso. Sono autentico, lavoro e agisco secondo le mie condizioni.
Cosa significa per te sentirti a tuo agio nella tua pelle?
Sono a mio agio nella mia pelle perché credo in valori molto forti e mi attengo a quei valori ogni giorno. Non sarei a mio agio nella mia pelle se non mi attenessi a quei valori.
Un’altra cosa che mi rende più che a mio agio, che mi entusiasma, è lavorare con persone che sono anche amici, e che sono veramente creative: ci divertiamo molto, nutriamo rispetto e ammirazione reciproci. Far parte di questo microcosmo mi dà la carica ogni giorno.
Attraverso il tuo lavoro, qual è stata l’ultima cosa che hai scoperto su te stesso?
Che sono sensibile al jet lag! [ride]
Una cosa che non è davvero una scoperta, ma piuttosto una convinzione che ho, è che anche se sei tu a prendere le decisioni, anche se sei bravo in quello che stai facendo, non sei nessuno senza gli altri. Senza gli altri profumieri, non sarei qui davanti a te ora, nonostante la bellezza delle calze che indosso! È un bel tono di verde, vero?
Thanks to Estée Lauder Company.