Gaia Messerklinger, audace ed empatica nel lavoro come nella vita, questa volta ha “alzato l’asticella”: nel ruolo iconico di Moana Pozzi nella serie Netflix “Supersex”, disponibile dal 6 marzo, si è messa alla prova restituendo una versione tutta sua di una donna che ha fatto la storia. Condividendo pensieri e ricordi, Gaia ci porta nel cuore del suo più recente viaggio artistico e personale, svelandoci i dettagli del processo creativo e le emozioni coinvolte nell’interpretare un personaggio così complesso, noto, e amato.
Tra aneddoti e riflessioni sulla società contemporanea, esploriamo il suo legame con il cinema, le sfide e le scoperte su sé stessa e sulla natura umana, e l’importanza di “Supersex” nel contesto culturale e sociale di oggi: un racconto “molto ricco, complesso e anche coraggioso” è esattamente quello di cui abbiamo bisogno.
Qual’è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Più che un ricordo legato al cinema ne ho uno molto vivido legato a un film. Facevo le scuole medie, avrò avuto 13 anni, e vidi in televisione “Romeo+Giulietta” di Baz Lurhmann. Me ne innamorai follemente, registrai il film su una videocassetta che divenne una sorta di oggetto di culto. Me la portavo spesso a scuola e se capitava di andare a casa di un’amica, si guardava il film insieme. Non so quante volte l’ho visto e quante amiche ho costretto a vederlo con me (tra l’altro dura due ore!). Ma quel film aveva qualcosa di magico, ricordo che ogni volta che finiva mi sentivo come se avessi fatto un viaggio, stordita dalle emozioni e dalla potenza delle immagini.
Qual è stata la tua prima reazione quando hai ricevuto la sceneggiatura di “Supersex” e come hai affrontato la sfida di interpretare un personaggio così iconico come Moana Pozzi?
Quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura ne sono rimasta molto affascinata. In particolare per quanto riguarda le scene di Moana, Francesca Manieri ha scelto un linguaggio molto alto, metaforico, rarefatto. Ne sono stata molto felice, perché ha dato una identità molto precisa alla narrazione di Moana, rendendo giustizia alla complessità e all’intelligenza di questa donna.
Non nascondo che all’inizio insieme alla felicità di aver vinto questo ruolo – dopo un processo di provini molto lungo – ho provato diversi momenti di “terrore”, nel senso che ho sentito la responsabilità di far parte di un progetto così ambizioso e di interpretare una persona realmente esistita (era la prima volta per me) così discussa, amata, giudicata, osannata… questa paura però è stata un motore molto importante, amo le sfide e ho cercato di alzare l’asticella, prima di tutto con me stessa.
Che cosa sapevi di lei quando hai iniziato e qual è stata la più grande scoperta che hai fatto sulla sua vita?
Quando ho iniziato sapevo in realtà abbastanza poco, e non ero neanche così conscia del suo successo e di quanto sia ancora amata dal suo pubblico. Ho iniziato ad approfondire la sua vita già durante la fase dei provini (durata circa 4 mesi) e poi quando ho ottenuto il ruolo, ho cercato tutto il materiale video esistente su di lei e l’ho rivisto in loop per ore e ore. Più che conoscere nel dettaglio i particolari della sua vita, per me è stato importante osservarla, ascoltare quello che diceva, cogliere quello che non diceva e rubare ogni sguardo e ogni movimento che mi raccontasse qualcosa di lei. Ognuno ha una sua propria visione di questa donna, avevo bisogno di trovare la mia.
“Ognuno ha una sua propria visione di questa donna, avevo bisogno di trovare la mia”.
E la più grande scoperta che hai fatto su te stessa, interpretandola?
A un certo punto della preparazione del personaggio sentivo che mi mancava qualcosa. La cornice c’era, era anche graziosa, ma mancava il dipinto, la sostanza. Sentivo il bisogno di un aggancio più profondo al vissuto di questa donna, che mi permettesse di empatizzare con lei a un livello più viscerale. E questo aggancio l’ho trovato per caso, rileggendo delle vecchie pagine che avevo scritto da ragazzina, che mi riportavano a un momento della mia vita di cui non avevo nessun ricordo, e che apparentemente non avevano nessuna connessione con quello che stavo cercando. E invece ho trovato una chiave di lettura molto efficace che mi ha permesso di sentirmi molto più in connessione con il personaggio di Moana.
“Supersex” esplora aspetti inediti della vita di Rocco Siffredi. In che modo la tua interpretazione contribuisce a portare alla luce questi aspetti in modo autentico?
Una delle cose che ho amato molto della sceneggiatura è che in poche scene, in pochi momenti molto intimi, viene raccontata l’amicizia che c’era tra Rocco e Moana, che credo sia una chiave di lettura un po’ inedita per entrambi. Quando Rocco arriva a Diva Futura, Moana è già un personaggio, una diva, e lo prende un po’ sotto la sua ala protettrice. Si riconoscono, si capiscono, entrambi pagano il prezzo della libertà con una profonda solitudine.
Anche i contesti sociale e culturale sono importanti per l’autenticità di una serie. In che modo “Supersex” affronta questi elementi, e come li hai incorporati nella tua performance?
Il racconto di “Supersex” si inserisce nella cornice sociale e culturale dell’Italia di fine anni ‘80-inizio anni ‘90, dove fare il porno era qualcosa di profondamente sovversivo. Parliamo di una società molto bigotta, con un senso della morale e del pudore ancora fortemente legato ad una visione cattolica. Era una società dove “si fa ma non si dice”, mentre Rocco e Moana facevano e lo dicevano, senza vergogna. Viene quindi raccontata tutta la difficoltà che fare una scelta del genere comportava in un tale contesto, l’essere considerati dei reietti, il dolore e la solitudine. Anche perché spesso il giudizio e il rifiuto arrivavano in primis dai propri familiari. E dall’altra parte, la volontà di vivere la propria sessualità alla luce del sole, e di portare attraverso il proprio lavoro, la provocazione e il gioco, un messaggio di liberazione della sessualità, riconoscendola come componente naturale della vita umana, libera da giudizi e ipocrisie. Questo in Moana era molto forte, la consapevolezza che la sua scelta di libertà aveva un prezzo da pagare, molto alto, ma che allo stesso tempo quella era la sua strada, e l’avrebbe percorsa nonostante tutto. Cercando di godersi ogni momento.
“Un messaggio di liberazione della sessualità”
Qual è stato il momento più impegnativo durante le riprese? C’è stato un momento o una scena che ad oggi pensi che non dimenticherai mai?
La fase più impegnativa è stata quella della preparazione e dello studio. Ho davvero passato ore e ore, per mesi, a vedere video, provare la voce di Moana, cercare delle movenze simili alle sue. In questa fase è stato fondamentale il lavoro che ho fatto con l’acting coach della serie, Ilenia D’Avenia. Confrontarmi con lei mi ha arricchita tantissimo e sono fiera del lavoro che abbiamo fatto insieme. Sicuramente è stata anche molto impegnativa la fase di preparazione vera e propria sul set, che durava 4 ore (indosso delle protesi al seno che mi venivano applicate ogni volta), per cui ad esempio se la lavorazione iniziava alle 8 del mattino la mia preparazione al trucco e ai capelli iniziava a notte fonda. Penso che non dimenticherò mai la “scena del teatro”, io la chiamo così, e quando la vedrete credo capirete a cosa mi riferisco. Non posso spoilerare nulla, ma è una scena che ho preparato a lungo e in cui mi sono messa molto alla prova. Credo di non essermi mai divertita così tanto nel girare una scena da quando faccio questo lavoro, mi ha fatta sentire potentissima.
Alessandro Borghi interpreta Rocco Siffredi. In che modo avete lavorato insieme per sviluppare la dinamica tra i vostri personaggi?
Alessandro è un compagno di scena molto potente e generoso. Prima dell’inizio delle riprese abbiamo fatto alcune prove insieme, e da subito mi è stato chiaro che in scena la sua presenza era molto forte. Quando è così, lo scambio emotivo tra i personaggi viene abbastanza in automatico. Si è poi creata una bella sintonia, di reciproca stima e gioco, che sicuramente ci ha aiutati ad evitare qualsiasi tipo di imbarazzo nelle scene più intime. Quando riesci a sentirti così a tuo agio con un collega è indicativo del fatto che stai lavorando con un grande professionista. È stato molto bello condividere il set con lui.
Cosa speri che il pubblico trarrà dalla visione di “Supersex” e quale messaggio pensi che la serie trasmetta sul tema della sessualità e delle scelte di vita?
Io penso che “Supersex” sia anzitutto il racconto della storia di un uomo: la sua vita, il suo rapporto con l’amore, le sue contraddizioni e i suoi dolori. Allargando la prospettiva, c’è il racconto del mondo del porno, e quindi del sesso e della sessualità, che è un tema complessissimo, raccontarlo significa andare a toccare dei tasti molto delicati, il pudore, la vergogna, la libertà, l’identità di ognuno di noi, perché credo che la sessualità racchiuda in sé tutto questo. E la forza della serie sta nel raccontare un mondo così controverso con onestà, rifiutando sia la patina che il moralismo. È anche un racconto che parla di libertà, di cosa comporti fare delle scelte di vita libere, quando queste non sono accettate dalle persone che ti stanno vicino e dalla società. In fondo, Rocco – così come Moana – ha scelto la sua vita, ha fatto del sesso il suo linguaggio e il suo lavoro, affrontando tutte le relative conseguenze: amore, disprezzo, giudizio, fama, dolore. Credo che sia un racconto molto ricco, complesso. E anche coraggioso.
“La forza della serie sta nel raccontare un mondo così controverso con onestà, rifiutando sia la patina che il moralismo”.
Un epic fail sul set?
Qualche giorno fa sul set ero in attesa in camerino. A un certo punto decido di entrare dentro i teatri dove stavano girando, per vedere a che punto fossero. Mi avvicino a uno degli ingressi – di solito se in quel momento stanno registrando c’è una luce rossa che lo indica oppure qualcuno che blocca la porta, perché è fondamentale che ci sia assoluto silenzio tra l’azione e lo stop per non compromettere l’audio della scena e la concentrazione degli attori. Niente luce, né guardia, quindi entro bella tranquilla. La porta cigola riecheggiando in tutto il teatro – nel silenzio più assoluto –, vedo che da un angolo sbuca un ragazzo di produzione che mi fa dei cenni concitati con le braccia- stavano girando! A quel punto cerco goffamente di rimediare, mi allontano in punta di piedi alla Gatto Silvestro per andare a nascondermi in sartoria, ma avevo i tacchi per cui anche i miei passettini di fuga hanno creato un rimbombo terribile. Danno lo stop e sento il regista che inizia a urlare “chi è statoooooo?!?!?”. Ovviamente mi hanno beccata, hanno dovuto rifare il ciak e sono diventata la barzelletta del giorno.
Il tuo must have sul set?
Quando giro devo sempre avere con me le mie sceneggiature, dove prendo tantissimi appunti per contestualizzare la scena e darmi degli appigli emotivi. L’unica cosa è che poi devo nasconderle: se qualcuno le trovasse e leggesse quello che scrivo sarebbe terribile, sono cose molto personali. E poi…del cibo!
Il libro sul tuo comodino in questo periodo?
Sono due che alterno: “L’ultimo giro di giostra” di Tiziano Terzani e “Il codice dell’anima” di Hillman.
Qual è stato il tuo più grande atto di ribellione?
Andare a vivere da sola a 18 anni, mantenendomi autonomamente.
E la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Ho sempre detto “ti amo” quando me lo sentivo, senza aspettarmi nulla dall’altro. E infatti mi è capitato di riceve dei “grazie” in risposta, ma va bene così.
Di cosa hai paura?
Uso la paura come motore. Quindi potrei dirti di tutto e di niente.
Cosa, invece, ti fa sentire al sicuro?
La mia casa.
L’ultima persona o cosa che ti ha fatta sorridere?
Mentre rispondevo alle vostre domande ho fatto cadere prima sulla mia maglia e poi per terra delle gallette con la marmellata, che è finita dappertutto. A un primo momento di sgomento e frustrazione è seguita una bella risata.
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Guardarsi allo specchio e aver voglia di farsi un sorriso.
Qual’è la tua isola felice?
Oltre a casa mia e a chi ci sta dentro, i campi di beach volley dove mi alleno e gioco con il mio gruppo di amiche.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup and Hair by Micaela Ingrassia.
Styling by Valeria J Marchetti.
Styling Assistant Allegra Palloni.
Thanks to Lapalumbo Comunicazione.
LOOK 1
Coat: Vivetta
Stockings: Calzedonia
Shoes: Casadei
LOOK 2
Dress: Antonio Riva
Shoes: Loriblù
LOOK 3
Dress: Ginevra Odescalchi
Jewels: Bernar Delettrez
Sunglasses: Marc Jacobs
Scarpe loriblù
LOOK 4
Shirt: Anna Giulia Firenze
Skirt: Sara Roka
Shoes: Loriblù