Volevamo iniziare questo 2021 con qualcosa di speciale.
Allora abbiamo deciso di cominciarlo con qualcuno di davvero speciale.
Lo diciamo sempre ed è sempre ciò a cui aspiriamo quando incontriamo nuove persone, quando idee e menti creative si incontrano: cerchiamo sempre di creare una magia, che per noi equivale ad una connessione.
Non importa di chi stiamo parlando, con chi stiamo parlando e perché, il nostro obbiettivo è sempre quello: la collaborazione e il creare qualcosa che vada al di là di una pura idea, perché è solo così che si può creare qualcosa di, si spera, unico.
La nostra Cover di gennaio l’abbiamo dedicata all’attore Giuseppe De Domenico, che si è fatto conoscere con la serie tv “ZeroZeroZero”.
Lo abbiamo incontrato a Roma e non è stato difficile capire che con lui sarebbe nato qualcosa di speciale. In lui ci sono mille idee, mille progetti, voglia di fare ma anche di aspettare i progetti giusti (e che noi non vediamo l’ora di vedere).
Con lui abbiamo parlato di cosa significhi sentirsi a disagio, dell’esperienza enorme di “ZeroZeroZero” e di cosa significhi per lui ricercare l’arte dentro si sé. Senza dimenticarci di parlare della sua grande passione per l’interior design e l’ultima bugia che ha raccontato.
Vi presentiamo quindi Giuseppe, la nostra Cover di Gennaio e molto, molto di più.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
“Harry Potter e il Calice di Fuoco”. Ero alle scuole elementari e ricordo ancora oggi con precisazione la sensazione di attesa, di confusione e di delirante felicità. Ero uno di quelli che faceva le raccolte di figurine. Epico. Indimenticabile.
C’è qualcosa in particolare che cerchi nella sceneggiatura che ti fa dire, “sì, lo voglio fare”?
In particolare…? Cerco una storia che mi sembri più affine possibile con i dubbi e le gioie che in quel preciso momento della mia vita ho bisogno di approfondire. Come cercare il libro giusto in libreria prima di partire per un viaggio. Non sai bene quale sarà il titolo che sceglierai, ma hai un istinto che ti guida e ti dice “questo si, questo no”. Piuttosto la sfida sta nell’assecondare fino in fondo quella sensazione senza farsi distrarre dalla tentazione di prendere la scelta convenzionalmente giusta, you know what i mean… Ecco. Non cerco la cosa giusta, cerco una verità.
“Non cerco la cosa giusta, cerco una verità”.
Quanto di Giuseppe c’è nei tuoi personaggi?
Quanto di Picasso c’è nel Guernica?
C’è tutto e non c’è niente. Mi avete messo in crisi con questa domanda…
“ZeroZeroZero”, l’esperienza in una sola parola?
Vittoria.
Commento: ZeroZeroZero è, ad oggi, la sfida più importante e più difficile della mia carriera. Gli ho dedicato il meglio ed il peggio di me dal primo giorno all’ultimo. Se riguardo a tutti gli sforzi, i sacrifici, le nottate in bianco e le paure che mi avvolgevano…la mia risposta non può essere che questa: ho vinto.
“ZeroZeroZero: gli ho dedicato il meglio ed il peggio di me dal primo giorno all’ultimo”.
La prima cosa che ti viene in mente se ripensi al set di “ZeroZeroZero”?
Ricordo la prima settimana di riprese a New Orleans. Ricordo la troupe americana mescolata con inconfondibili commenti romani. Ricordo il quartiere transennato. La gente che provava a sbirciare ed io invece che ero sulla messa a fuoco della camera principale. Ricordo il caffè lungo e le uova strapazzate del solito bar vicino l’hotel.
E come hai costruito il tuo personaggio Stefano?
Sono partito incuriosito dal voler raccontare come il ‘male’ sia espressione della negazione del bene. Questo è stato il cuore pulsante di tutto. Nel pratico, invece, c’è stata tantissima analisi del testo e tanto cibo spazzatura. Con i copioni riesci a capire i ‘perché’ ed i ‘per come’ del personaggio. Avevo deciso di ingrassare per sentirmi più vicino allo stereotipo di un calabrese 34enne con moglie e figlio, ecco il perché del cibo.
“Sono partito incuriosito dal voler raccontare come il ‘male’ sia espressione della negazione del bene”.
Come affronti le sfide interpretative sul set?
Respiro, stretching e musica. Queste sono le mie armi. Poi sono abbastanza ossessivo nel lavoro. Tengo tutto molto sotto controllo e tendo a prevenire piuttosto che curare.
Ti piace cercare dello spazio per l’improvvisazione?
Si, mi piace.
L’ultimo film che hai visto e che è “rimasto” con te?
“Memories of Murder” di Bong Joon-ho. Nonostante la barriera linguistica mi è arrivato tutto dritto per dritto, senza sconti. Grazie a questo film posso rispondere anche alla domanda ‘chi è il tuo attore preferito?’.
Stai lanciando un nuovo progetto: un Laboratorio di Ricerca Artistica per attori performer. Ce lo puoi raccontare?
Isola di Stromboli. Iscrizioni per attrici, attori e performer insieme a professionisti dell’industria per affrontare insieme tre settimane di ricerca artistica. È un progetto importante e delicato che sto creando insieme al mio amico, collega e collaboratore Matteo Franco. Riscoprire se stessi in quanto essere umani, in quanto artisti, in quanto attori. Sarà un evento. Per tutto il resto…stay tuned!!!
Cosa significa “ricercare l’arte” dentro di te?
Significa combattere la paura, il pudore ed il giudizio. L’artista è colui il quale sublima questa battaglia nella condivisione. E condividendo innalza l’individuo all’universale.
Quando ti senti più libero di esprimere te stesso?
Nelle interviste di The Italian Rêve.
“…Significa combattere la paura, il pudore ed il giudizio”.
L’incontro cinematografico più significativo che hai avuto ad oggi?
Grazie al mio debutto televisivo su Rai1 con la docu- fiction su Paolo Borsellino ho avuto l’incredibile occasione di conoscere sul set la persona che stavo interpretando: Manfredi Borsellino. Vi assicuro che rimarrà un incontro difficile da superare.
Sappiamo che hai una grande passione per l’interior design. Se potessi lanciare una tua linea domani, quale sarebbe lo stile? E quali sarebbero i primi oggetti che svilupperesti?
Voi siete pazzi a farmi una domanda del genere! È una linea che sto portando realmente avanti e deve rimanere assolutamente top secret. Sono troppo geloso dell’idea e dei suoi dettagli per poterli divulgare prima ancora che siano concreti. Sorry guys!
L’arredo che hai in casa che più ti rappresenta?
Una scultura lignea di un artista siciliano. È un pezzo unico che racconta la leggenda di Diana, figlia del Sovrano di Cefalù. È un materiale organico, lavorato e prestato a servizio di un messaggio senza tempo.
Dato che parliamo di interior design, quali sono gli oggetti che ti fanno “sentire a casa”?
Un asciugamano bianco panna pulito e ripiegato. Una moka mezza piena. Un tappeto persiano. Uno svuota-tasche in pelle. Un’icona della Sacra Famiglia.
Parlando di design, il set design cinematografico preferito?
Devo essere sincero. Ho risposte a tutte le altre domande e sono tornato qua adesso per tentare di dare una risposta interessante. La verità è che non ne ho una. Ci sono film clamorosi dove il set design è pazzesco, mi vengono in mente “Avatar”, la trilogia di Batman, “Parasite” stesso…però non ho una scaletta né un vincitore.
L’ultimo bugia che hai raccontato?
Mi sono finto disoccupato con i proprietari di casa.
L’ultima cosa che hai scoperto di te stesso?
I pettorali. Sembra una battuta ma non lo è. Ho lavorato tanto sul mio fisico negli ultimi mesi e vi assicuro che è una scoperta a tutti gli effetti.
L’ultima pazzia che hai fatto?
Parapendio.
Hai paura…
Degli aghi.
Il primo DVD che hai comprato?
“The Phantom of the Opera”, blu-ray dello spettacolo per il 25esimo anniversario del musical di Andrew Lloyd Webber.
Il libro sul tuo comodino.
Al momento due: “12 principi potenti per il successo” di Bob Proctor e “The Doors of Perception” di Aldous Huxley.
Cosa vuol dire per te sentirti a tuo agio con te stesso? E come si tramuta questo quando devi interpretare un personaggio? Pensi che il “disagio” faccia parte del processo?
Io sono a mio agio con me stesso quando riesco ad affermare un punto di vista apparentemente fuori luogo. Mi permette di respirare meglio, di essere più rilassato e di sentirmi presente a me stesso. È collegato con la perdita di giudizio ma si scontra con la mania del controllo. Di conseguenza nel lavoro è mia la responsabilità di far presente cosa mi torna e cosa non mi torna.
Sentire disagio vuol dire mettersi in discussione. Vuol dire, per me, calpestare un terreno scomodo, non scontato. Un vero processo (di creazione) nasce dalla sperimentazione e dall’approfondimento di quel disagio, altrimenti è una replica.
Il tuo must have sul set.
La mia ventiquattrore di cuoio con dentro una barretta di cioccolato fondente con scorza d’arancia, cuffiette e pallina decontratturante.
“Io sono a mio agio con me stesso quando riesco ad affermare un punto di vista apparentemente fuori luogo”.
Epic fail sul lavoro.
Ero in Marocco e dovevamo girare il mio primo piano. Esterno giorno. Una macchina parcheggiata davanti l’ingresso di un palazzo. Ad azione si scendono le scale dell’ingresso, si attraversa la strada, si sale in auto e si parte. Bene. Autista pronto. Io prontissimo. Motore, azione! Esco dal palazzo, scendo le scale, attraverso la strada e l’auto… parte senza di me. Un secondo incredulo, con la camera sempre fissa su di me e poi urlo: TAXIIII.
Ripensandoci dovrei farmelo mandare quel take.
Il film che sai quasi a memoria.
“Chiedimi se sono felice” di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ogni singola battuta. Masterpiece!!!
Il personaggio del cinema che vorresti come amico?
Shorty di “Scary Movie”.
Cosa ci puoi svelare dei tuoi progetti futuri?
Che abbiamo aspettato la sceneggiatura giusta per poter tornare sul set e che l’abbiamo trovata. Le regole del gioco ci impongono silenzio, ma vi assicuro che non durerà ancora per molto. Sto lavorando per poter raccontare parti di me ancora inespresse…non vedo l’ora di potermi confrontare con voi anche su… ops!
Eh ragazzi ve l’ho detto…un altro poco di pazienza.
Photos and Video by Johnny Carrano.
Grooming by Chantal Ciaffardini.
Thanks to Woolcan.
Thanks to Giusy Ghisalberti, Ceo Founder di Location di Charme.
Thanks to Hotel Forum Roma.
Thanks to Attila&Co.
Look 1
Jacket: La Martina
Trousers: Boggi Milano
Look 2
Coat: Goretex
Trousers: Boggi Milano
Look 3
Shirt: Fred Perry
Trousers: Fred Perry