Abbiamo conosciuto ed intervistato Halley Brisker a Venezia, durante la Mostra del Cinema di Venezia. Il perché è molto semplice o anzi, ce n’è più di uno: per l’occasione è stato l’hairstylist di Vanessa Kirby, elevando ogni suo look e dimostrandone la sua eleganza; lo seguiamo da tempo e ci piace il suo modo di comunicarsi dando importanza anche a temi come la salute mentale e, in poche parole, è bravo da impazzire.
Averlo conosciuto ci ha solo confermato una cosa: è una persona che vede il suo lavoro in modo unico e… vogliamo essere pettinati da lui.
I due look per i red carpet di Vanessa di cui ti sei occupato erano semplicemente perfetti: quale è stato il processo?
Per quest’occasione, il processo è stato interessante perché si è trattato di un momento molto importante per lei: sta diventando la protagonista del progetto. E non solo, per entrambi i film si è ritrovata coinvolta in qualcosa di cui era incredibilmente appassionata, da quel che ho capito.
Tenendo a mente questo, abbiamo davvero dovuto pensare a tutto, ma siamo anche nell’era del Covid-19, quindi c’è una certa sensibilità nei confronti di come le persone si sentono in questo momento. Vanessa era molto consapevole di come dovesse apparire e rivelarsi al mondo.
Quindi abbiamo pensato al vestito: andava bene? Sarebbe stato adatto per il momento? Racconta la storia giusta? Era troppo in alcuni punti? No, era incredibile. Era importante che il pubblico percepisse la sua forza e bellezza.
Doveva mostrarsi elegante e abbiamo realizzato che avremmo dovuto pensare molto attentamente a tutto. Vanessa si conosce molto bene, è molto sicura di sé, sa quali sono i piccoli dettagli che la fanno apparire al meglio, quei piccoli aggiustamenti nei capelli o nel makeup, come il modo di applicare l’eyeliner suoi sui occhi e simili. Abbiamo discusso di tutto, abbiamo provato le varie opzioni e ci siamo concentrati su quei punti su cui sapeva che sarebbe stata bellissima. E poi, io e Jo Baker lavoriamo molto bene insieme. Molte persone conoscono il nostro lavoro per la collaborazione con Lucy Boynton, quindi credo che sia stato un elemento importante per Vanessa averci nel suo team, perché è tutto basato sulla nostra collaborazione, su quanto Jo ed io lavoriamo bene insieme per mettere in risalto il carattere di una persona. Non tralasciamo nulla, è così che lavoriamo io e Jo.
I dettagli dovevano essere corretti. Alla fine, dal punto di vista dei capelli, dato l’abito, era importante raccoglierli lontani dal viso: doveva apparire semplice, pulito, elegante e serio. Tutto doveva essere corretto: il collo (per quanto riguarda l’abito rosso), la forma, non poteva sembrare disordinato in alcun modo.
“Non tralasciamo nulla, è così che lavoriamo io e Jo”.
Possiamo capire quello che ci hai appena detto perché, quello che fai con i tuoi clienti, penso venga proprio percepito.
Grazie! Sono molto affascinato dai dettagli. Penso che siano ciò che rende l’ordinario straordinario. Amo l’interior design, l’arredo, il cinema… Apprezzo molto quando si riesce a percepire il livello dei dettagli in qualcosa, e non è un fatto ordinario.
Cerco di inserire quest’aspetto nel mio lavoro, e non di presentarmi pensando: “A che ora finirò? Cosa possiamo fare? Ok, lo farò in fretta…” Cerco di dire ogni volta: “Come possiamo passare al livello successivo?” Sempre. Questo è il mio obiettivo quando si parla di lavoro, cerco di rispettarlo anche con i miei clienti. Questo riguarda anche il modo in cui mostro il mio lavoro: i social media sono diventati estremamente accessibili ora, ci sono tantissimi contenuti. Jo è brava con i social. Cerco solo di offrire qualcosa di più, in modo tale che la gente capisca il mio lavoro, che possa percepire la qualità della mia pagina.
Per noi, in quanto magazine online, è un po’ difficile… Ci sono così tanti contenuti, cerchiamo sempre di fare qualcosa di diverso.
C’è una discussione in atto sui social media, se siano un bene per la salute mentale o meno in questo momento. Sarò onesto, dal punto di vista lavorativo, devo accettare che siano un mezzo di comunicazione essenziale: mettiamo caso che faccia un progetto per Armani o chi per esso, potrebbe trattarsi di un bellissimo film sul loro sito web, ma quante persone deciderebbero spontaneamente di visitare il sito di Giorgio Armani? Probabilmente molte, certo, ma quante persone ci arriverebbero tramite i social? Tutti, dai 15 anni agli 80 anni. Il target di riferimento è enorme. Ma ci sono degli aspetti che non piacciono neanche a me dei social.
Parlo spesso nei miei post di quanto sia importante la salute mentale, e credo che i social media in qualche modo non siano d’aiuto. Stavo pensando di fare un post dopo la Mostra del Cinema di Venezia, e mi domandavo: “Qual è il mio lavoro? Sto vendendo la perfezione?” Perché non sarebbe una bella cosa, allora ho pensato: “No, mi piace vendere l’idea che tutti possiamo avere un momento in cui essere perfetti per uscire a cena con i nostri amici,” è bello divertirsi con la bellezza, ma è importante ricordare che anche gli attori tornano ad essere persone normali, ed è importante raccontare questa storia.
“Non mi piace l’idea di vendere la perfezione 24 ore su 24, 7 giorni su 7, perché è irraggiungibile, nessuno è perfetto per tutto quel tempo, è solo divertente giocare con la bellezza, questo è quello di cui dovrei continuare a parlare, così non danneggerò le persone nel mondo portandole a pensare: ‘Ah, non sarò mai così’.”
Il red carpet è anche un momento frenetico, ricco di adrenalina e aspettative: come lo gestisci a livello personale?
Principalmente con l’esperienza. E cercando di apparire calmo. Nel Regno Unito diciamo che devi essere come un cigno: sulla superficie stai scivolando, mentre sott’acqua stai nuotando freneticamente. Penso che l’energia che doni al mondo torni indietro in qualche modo, sono fortunato a non lavorare con persone difficili, ho un buon rapporto con la maggior parte dei miei clienti e le persone con cui lavoro per la prima volta sono genericamente essere attratte da me perché sono giovane, in termini di comprensione culturale e di interessi, ed è così che i miei clienti tendono ad apparire: belli e interessanti.
Per il resto si tratta di cercare di restare calmo quando serve, poi ci si può far prendere dal panico non appena se ne sono andati tutti. Ho trascorso i primi anni di lavoro senza alcuna esperienza alle spalle, ti rendono un po’ stressato, ma ora, nella mia mente, ho una certa comprensione dei capelli per sapere come cambiare le cose velocemente, che cosa sta bene alle persone, se faremo qualcosa all’ultimo momento, non ho intenzione di bloccarmi, e questo è dovuto a molti anni di esperienza.
Parlando di editoriali, segui un processo creativo “fisso” o ha tutto inizio dalla persona con cui stai lavorando, dal vestito, oppure è diverso di volta in volta?
Dipende da quello che sto facendo, da con chi sto lavorando. Il più delle volte, quando si tratta dei miei editoriali, il magazine lavora ad un concetto, me lo inviano per e-mail, mi chiedono cosa ne penso e poi il giorno in cui ci presentiamo sul set discutiamo di tutto, guardiamo i vestiti e ci divertiamo. Il bello degli editoriali è che si ha un po’ più di tempo per sbizzarrirsi. Quando lavoro a un editoriale, a meno che non ci sia un look definito in tutto e per tutto, realizzo il 20% del look nella stanza del makeup e poi faccio il resto direttamente sul set portandomi dietro ciocche di capelli, pettini, etc. Non so davvero quale sarà il look fino a quando non vedo la composizione realizzata dal fotografo.
“Penso che l’energia che doni al mondo torni indietro in qualche modo”.
Quali sono i must-have nel tuo kit?
In realtà sono alla disperata ricerca di prodotti nuovi perché alla fine ci si blocca e si continua ad usare sempre e solo quelli che conosci già. Ma non ho mai tempo per testare i nuovi prodotti perché se non funzionano, sono problemi. Per il mio lavoro su editoriali, sfilate e attrici, direi la linea originale di Bumble & Bumble, so che funziona sempre; non mi si ritorce contro e funziona su ogni tipologia di capelli, se non è nel mio kit, allora impazzisco di sicuro. Per la cura dei capelli, Kérastase è incredibile e affidabile: ho iniziato a usarlo per lo styling in minima parte, è abbastanza buono se non hai bisogno di texture davvero forti, e poi, per quanto riguarda gli strumenti, amo T3. E anche un marchio italiano, Davines: mi piacciono i loro prodotti, hanno una gamma molto vasta, a volte è un bene per il consumatore avere tutte queste opzioni.
Il prodotto in cima alla tua lista dei desideri?
Non ho ancora provato l’asciugacapelli Dyson. Non l’ho mai usato per il mio lavoro, l’ho tenuto in mano e l’ho acceso semplicemente, sembra davvero buono ma mi preoccupa perché tengo tutto nella mia borsa e sono sempre in viaggio, le cose si rompono molto facilmente. Mi piacciono le cose che sono un po’ come i carri armati.
Cosa significa libertà sul lavoro per te?
La libertà per me è piena fiducia. Non succede molto spesso, ma è la fiducia completa da parte di qualcuno, quando ti danno il pieno controllo e sanno che conosci il loro viso, i loro capelli e tutto il resto, e di conseguenza puoi fare quello che devi. Questa per me è libertà.
Hai una texture dei capelli preferita?
Adoro lavorare con la texture Afro. È interessante perché ci sono così tante opportunità di cui le persone non si accorgono per creare texture, forme e trecce pazzesche. La consistenza naturale dei capelli Afro di per sé è incredibile, ma anche i capelli leggermente decolorati rappresentano una bella texture per me, perché questo dona loro un minimo di forma. Non possono essere eccessivamente lavorati o spezzati, ma qualcuno con i capelli naturalmente forti che li ha decolorati, mi offre una possibilità completamente diversa in termini di quello che posso fare o di durata.
“La libertà per me è piena fiducia”.
Come è andata la quarantena? In che modo hai espresso la tua creatività?
Ho fatto questo progetto con mia moglie che ho condiviso su Instagram, mi ha davvero aiutato perché avevo una testa su cui lavorare [ride].
E ancora, nessuno mi ha detto cosa fare. Così, ho seguito questo progetto ed è durato circa tre settimane, ne realizzavamo uno ogni 3/4 giorni, poi avevo bisogno di tempo per regolare l’illuminazione con Photoshop. È stato un processo lungo tre settimane, ma non ha coperto tutto l’arco della pandemia: voglio dire, ho cercato di uscire all’aria aperta, non voglio mentire, è stata dura a volte, credo che la salute mentale sia stata la priorità per tutti.
Ho due bambini piccoli e non sai che passerai 12 settimane con loro ogni giorno, di solito c’è la scuola, il lavoro e le vacanze, non passi mai tutto questo tempo chiuso in casa dove esci solo per andare al parco. Mai nella nostra esperienza di genitori si è verificata una situazione simile.
Alcuni giorni sono stati frustranti, ad esempio quando la casa era davvero disordinata, cerchi di mantenere il tutto al meglio, pulisci la cucina cinque volte al giorno, e questo lo fai per una settimana, dieci giorni, tre settimane, ma è stato parecchio difficile a volte, mentre altre settimane sono state incredibili, c’era il sole fuori e del resto non ci importava.
Mi è piaciuto l’inizio perché è stato bello sapere che non c’era bisogno di competere con tutti, senza preoccuparsi del fatto che non stai andando a lavorare, perché nessuno sta lavorando. Ora è più difficile per tutti, per come si sentono, perché stiamo cercando di vivere di nuovo la nostra vita normale, stiamo lavorando meno, dobbiamo indossare le mascherine e vediamo altri sui social media e pensiamo: “Oh sono molto indaffarati, io sto lavorando abbastanza?” e questo sta accadendo a tutti. A volte è difficile, devo essere onesto.
“Non voglio mentire, è stata dura a volte, credo che la salute mentale sia stata la priorità per tutti”.
Qual è il tuo primo ricordo legato al mondo del beauty? C’è stato un momento, una sorta di click, in cui hai capito che volevi fare questo o è stato più un processo?
Un altro aspetto su cui sarò sincero: non ho mai voluto fare l’hairstylist, da piccolo non tagliavo i capelli delle bambole, non leggevo le riviste o simili. Giocavo a calcio. Per farla breve, dopo il liceo, non sono andato all’università e avevo bisogno di trovare un lavoro, ma mia madre non era felice all’idea che accettassi un lavoretto in un negozio perché temeva che non avrei mai trovato qualcosa di più serio, così ho detto: “Proverò a fare il parrucchiere”, e non riesco nemmeno a ricordare il perché, avevo solo 16 anni, pensavo che mia madre avrebbe detto di no invece ha detto: “Ok, va bene, ti aiuterò.”
Così alla fine sono andato al college per ottenere la licenza, è stato un po’ noioso, ma ho concluso rapidamente quei due anni e poi ho pensato: “Ok se ho intenzione di fare questo lavoro, dovrei mettermi alla prova in un buon posto di lavoro” così sono andato nella zona centrale di Londra e ho trovato lavoro in un posto famoso del momento. Per caso poi ho conosciuto una persona che lavorava con Guido, stava lavorando per lui ai suoi spettacoli, lei mi ha aiutato a entrare in questo settore, mi ha portata con sé in alcuni lavori, e quello è stato il momento in cui ho capito che c’era un altro modo per fare questo lavoro. Mi è piaciuto lavorare in salone, ma non ero sicuro di poterlo fare per 50 anni e poi quando mi ha mostrato questo tipo di lavoro, con i flash delle luci, la musica, mi è sembrato pazzesco, ho pensato: “Wow, questo sì è interessante” e QUELLO è stato il momento, mi è piaciuta quell’euforia, volevo fare quello.